martedì 29 novembre 2011

Lucio Magri e il suicidio assistito

Riflessioni di Barbabianca:
Video

Storie di donne rom

Il libro di Paola verrà presentato da Franca Rinaldelli e Mariella Maglioni a Bibbiena sabato 10 dicembre alle 17 presso la Biblioteca comunale per iniziativa del Circolo Peter Levy

Locandina di Giovanni Caselli
Sarà anche proiettato un breve video sul laboratorio di cucito e stireria delle donne rom del Villaggio "Il poderaccio" situato nei pressi del ponte all'Indiano di Firenze, zona Isolotto.
Scheda e recensioni:

  • anno :2011
  • numero collana:critica, 20
  • pagine:81
  • ISBN:978-88-86780-82-7
  • prezzo:€ 10,00

Storie di donne rom
Fra tradizione e cambiamento. Dopo diversi anni di frequentazione delle donne attraverso il lavoro nella cooperativa Kimeta, ma anche all'interno delle loro case, accadeva che il mio interesse si concentrasse su aspetti particolari della loro vita. C'era la voglia di andare fin nell'intimità, di scoprire quali erano le loro aspirazioni profonde.
Erano contente di essersi sposate o di sposarsi a 15, 16 anni col ragazzo scelto dalla famiglia? Avevano altri desideri, altre aspirazioni come, per le giovani, lavorare o studiare?
Questo era ciò che mi interessava scoprire, anche se loro erano spesso reticenti e si chiudevano in se stesse come davanti a un intervento irrispetoso, quasi illecito. Non mi lasciavo scoraggiare. Era come giocare con le bambole russe. Si apre la prima e dentro ce c'è una più piccola di cui non puoi contentarti perché sai che dentro ce ne sono altre ancora. E tu vuoi arrivare all'ultima.


Lettera a Paola:
E' un libro ben fatto, sobrio e animato insieme che, lo capisco bene, ti è costato tempo e notevoli energie emotive tenute in equilibrio dal tuo sano realismo femminile.
Interrogare donne, cercare di creare con loro coinvolge profondamente la nostra femminilità, fa riaffiorare desideri, nostalgie, amarezze. Non è mai rasserenante, trovo, in quanto mostra sempre il gran lavoro che c'è da fare, che non ha fine per capire e capirsi nella diversità dei contesti, e che non esclude affatto, come tu fai percepire, le tante somiglianze.
Inoltre, anche se sono digiuna sull'argomento, capisco chiaramente che delle donne rom non se n'era mai parlato guardandole in loro stesse. Così, grazie a te, il libro fa pensare all'esistere di queste donne, e va diffuso.
...La storia del laboratorio Kimeta è importante. Con le tue compagne e con Giusa avete fatto un grande lavoro.
Gabriella Fiori (Fiorentina. traduttrice di testi in inglese e francese, autrice di pubblicazioni  su Simone Veil, Anna Maria Ortese ed altro)

Costrette a sposarsi a 13 anni, magari con un uomo che nemmeno conoscono. L’orizzonte costretto nel misero interno di una bidonville. “Si parla spesso dell’importanza delle tradizioni, ma la maggior parte delle tradizioni è semplicemente arretrata, incorpora i vizi del passato”, questi i termini del confronto proposto venerdì sera al Cafè de la Paix da Paola Galli, insegnante e scrittrice, impegnata da anni in diversi ambiti del sociale. Tema dell’incontro l’attuale condizione delle donne rom in Italia, parte di un programma più vasto organizzato dalla cooperativa il Germoglio per favorire una maggiore comprensione della cultura romanì. Dopo il primo incontro dedicato alla lettura di brani del testo “Zingari, storia di un’emergenza annunciata”, Paola Galli ha presentato il libro di testimonianza “Storie di donne rom”, una raccolta di appunti biografici nata dall’esperienza del laboratorio Kimete a Firenze.
“Nel quartiere dell’Isolotto c’è sempre stata una grande accozzaglia di persone diverse.  É una zona periferica, per molto tempo è stata una vera e propria bidonville – ha raccontato la scrittrice -. Molti rom hanno iniziato ad abitarci, soprattutto profughi dalla Macedonia e dal Kosovo. Con alcune donne il quartiere, supportato da una cooperativa sociale, ha iniziato un percorso di integrazione. Inizialmente sono stati organizzati dei corsi di alfabetizzazione, poi il corso di cucito che ha permesso di strutturare Kimete, il laboratorio sartoriale dove si effettuano piccole riparazioni e servizio di stireria”. La storia di questa attività è stata illustrata ai presenti attraverso la proiezione del documentario “Donne per le donne”, realizzato per il programma “Un mondo a colori” da RaiTv2.
Paola Galli ha poi approfondito la propria esperienza personale, esprimendo le proprie speranze e perplessità: “il libro è corale, raccoglie le vicende e i pensieri di due generazioni: le madri più anziane e le figlie più giovani. Non è sempre stato facile raccogliere le loro confidenze. La tradizione pesa molto sulle loro spalle: quelle considerate anziane hanno magari solo quarant’anni, ma possono ricordare un matrimonio imposto appena adolescenti, le botte della suocera, l’incapacità di gestire le prime gravidanze. Le figlie spesso accettano le stesse imposizioni, come il non poter scegliere il compagno della vita, reclutato dai genitori anche all’estero, ma lo fanno consapevoli della loro ingiustizia. Il desiderio di cambiamento è forte”.
Tanto che qualcuna osa ribellarsi. Come il caso di una delle testimoni cui il libro dà voce, “spedita” in Germania per un matrimonio combinato e tornata in Italia dopo un anno, fuggita da una casa che era diventata una prigione e da una relazione coniugale al’interno della quale il suo ruolo non andava oltre il sentirsi serva del marito.
Luciana Tufani, l’editrice che ha pubblicato il libro e ha introdotto la serata, ha considerato come “la situazione non è diversa da quella vissuta dalle donne italiane cinquanta anni fa. Si subivano grandi pressioni, ma si iniziava a essere coscienti della loro iniquità. Per iniziare a cambiare sul serio è servita l’indipendenza economica”.
Il ghetto è secondo Paola Galli l’ostacolo più difficile da superare: “bisogna che si abituino a vivere con il resto della città. Le più giovani hanno fatto la terza media, e almeno fino a quell’età – prima di andare spose – hanno potuto godere di una minima socializzazione con la realtà esterna. Per gli uomini è diverso, loro escono e hanno più coscienza di ciò che accade nel mondo, anche a livello economico e politico. Le donne è come se vivessero in una scatoletta, dove tutti si guardano e controllano. Le giovani generazioni a contatto con il mondo crescono, mutano, ma affinché questo percorso si realizzi è necessario un discorso serio sul valore della tradizione”.
Licia Vignotto
da Estense.com  22 ottobre 2011

lunedì 28 novembre 2011

Terra madre, aiutaci tu!


Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 27 novembre 2011
Storie dell’altro mondo: la storia di “Terra Madre”
riflessioni di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio
con l’intervento e la testimonianza di Giovanna Licheri
           
Indice
4.   Chi è Slow food………………………………………………………………………….6

1. Letture dalla Bibbia e dal Vangelo

E Dio disse: “La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto che facciano sulla Terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie”. E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuno secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie”. E Dio vide che era cosa buona (Genesi, 1, 11-12)
E Dio disse: “Ecco, vi dò ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde. Dio vide che quanto aveva fatto era cosa molto buona”. (Gen., 1,29-31)

Questi brani della Genesi mostrano come anche in tempi antichissimi, ed anche nella mitologia di creazione adottata da un popolo di pastori come quello ebraico, l’umanità aveva chiari (o voleva che fossero chiari) il valore, la bellezza e la bontà dei germogli, delle piante e degli alberi che producono frutto, dei semi, e di quella che oggi chiamiamo bio-diversità e che nella Genesi è indicata con l’espressione “ciascuno secondo la propria specie”.
Dal Vangelo di Matteo: Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e agli anziani del popolo che gli chiesero “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?”…. Ed Gesù disse loro: Ascoltate un’altra parabola: «Un uomo piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l'uva e vi costruì una torre; l'affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio. Al tempo della raccolta mandò a quei vignaiuoli un servo per ricevere da loro la sua parte dei frutti della vigna. Ma essi lo presero, lo picchiarono e lo rimandarono a mani vuote. Egli mandò loro un altro servo; e anche questo insultarono e ferirono alla testa. Egli ne mandò un altro e quelli lo uccisero; poi molti altri che picchiarono o uccisero. Aveva ancora un unico figlio diletto e quello glielo mandò per ultimo, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio”. Ma quei vignaiuoli dissero tra di loro: “Costui è l'erede; venite, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra”. Così lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna. Che farà dunque il padrone della vigna? Egli verrà, farà perire quei vignaiuoli e darà la vigna ad altri. Non avete letto la Scrittura: "La pietra che i costruttori hanno rifiutata, è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è una cosa meravigliosa ai nostri occhi?”» Essi cercarono di prenderlo, ma ebbero paura della folla; perché capirono che egli aveva detto quella parabola per loro. E, lasciatolo, se ne andarono”.
Abbiamo scelto questo brano perché, nell’esperienza di cui raccontiamo oggi, troviamo  “pietre scartate” che potrebbero diventare, che vorremmo diventassero, “testata d’angolo”. Vediamo perché…: l’agricoltura industrializzata, che si colloca nell’attuale modello economico che mira solo a massimizzare il profitto, ha prodotto risultati catastrofici per l’intera umanità: ha provocato l’abbandono delle campagne, la desertificazione, la deforestazione, l’impoverimento dei suoli, la comparsa di nuove malattie tra le specie animali (l’aviaria, la mucca pazza, la peste suina, etc..), ha importo ai contadini devastanti monoculture che ne limitano - quando non ne stroncano - la sussistenza alimentare e ha imposto alle popolazioni un’omologazione alimentare che ci impoverisce tutti.
L’umanità in questo contesto è destinata all’impoverimento generale.
Resistono però ancora nel mondo migliaia di esperienze (di cui molte si sono collegate nel movimento di cui vogliamo parlare oggi, il movimento di Terra Madre) che praticano una agricoltura tradizionale, spesso di sola sussistenza, comunque capaci di avvicinare la terra con rispetto, capaci di conoscere e custodire le risorse, i ritmi e le potenzialità della natura.
L’economia di mercato e il pensiero dominante, considera queste esperienze, come marginali, insignificanti, incapaci di incidere, nella migliore delle ipotesi utopiste o di “nicchia”.
Sono pietre scartate.
Noi invece pensiamo che se l’umanità ha una possibilità di salvarsi, questa possibilità abita proprio nelle “pietre scartate”, in queste esperienze di agricoltura capaci di produrre cibo e di vivere in armonia con la Terra. E vogliamo conoscerle, sostenerle, impegnarci con esse, perché ci sentiamo parte di questo modo di essere e di vivere, anche in loro si realizza il “regno di Dio”.

2. Terra Madre


Cos’è Terra Madre? Terra Madre è una rete di “comunità del cibo”, ossia una rete di comunità formate da tutti coloro che lavorano quotidianamente nel mondo dell’agricoltura, della pesca, dell’allevamento e dell’intera filiera alimentare, per preservare antichi metodi di produzione alimentare sostenibili, per promuoverne di nuovi che siano in armonia con la natura, per preservare il gusto, la biodiversità del cibo e le tradizioni culinarie locali. Al centro di questo impegno c’è un’attenzione particolare per i territori, per la difesa della biodiversità delle varietà vegetali e delle specie animali che ha permesso nei secoli di preservare la fertilità delle terre e la biodiversità.

Come è nata Terra Madre? Terra Madre è nata, su una idea di Slow Food, nell’ottobre del 2004 a Torino, quando si sono incontrati circa 5.000 contadini, piccoli allevatori e pescatori provenienti da 130 paesi di tutto il mondo. Migliaia di persone provenienti da villaggi sperduti dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina, ma anche da realtà poco conosciute di Europa e Nord America: erano (e sono) persone diversissime tra loro, molte delle quali non erano mai uscite dal loro villaggio, accomunate dal fatto di lavorare la terra con la volontà e la capacità di rispettarne i ritmi, di preservarne le risorse, di custodirne la biodiversità delle specie vegetali e animali, di custodirne le tradizioni culinarie locali. Non è stato facile spostare queste persone (che spesso non si erano mai spostate, che non conoscevano le lingue) ed ospitarle (furono ospitate da molte famiglie di Torino o di contadini piemontesi) ma poi tutto è andato bene. Queste persone attraverso il viaggio e l’incontro con altre realtà diverse ma simili, hanno visto riconosciuto il valore della loro fatica quotidiana (un lavoro che in genere assicura la sopravvivenza ma non dà ricchezza economica), hanno scoperto di non essere sole, hanno stretto amicizie e collaborazioni, hanno sviluppato occasioni di scambio di saperi, hanno acquisito consapevolezza e autostima. Il produttore biodinamico Markus Friedrich Schumacher di Tula (Russia) così si è espresso nel film che Ermanno Olmi ha girato nel 2009 per documentare questa esperienza: “Sono andato a questo meeting come un combattente solitario e quando sono tornato a casa non mi sono più sentito come un combattente solitario ma come parte di un grande movimento”.
Il fatto che queste persone abbiano potuto sentire e capire, in modo concreto, che il loro lavoro ha un enorme valore per la salvaguardia di tutto il pianeta e abbiano potuto accrescere il loro senso di autostima non è cosa da poco, anche perché per molti la tentazione di mollare tutto è forte: il loro lavoro è un lavoro duro, faticoso, che spesso non è remunerato in modo adeguato, che non consente di spostarsi, che non lascia tempo libero e che fa sentire “antichi, marginali”; la tentazione di andarsene, di andare in città pensando di andare a fare fortuna per molti è grande, anche perché molti non sanno che nella maggior parte dei casi i contadini che arrivano ai bordi delle megalopoli perdono tutto, e da poveri diventano miserabili.
Il nome da dare a questa rete “Terra Madre” è stato trovato subito, in onore a Pachamama la madre terra che venerano gli indios di tutta l’America Latina.
Questo primo incontro del 2004 si è poi ripetuto ogni due anni, ampliandosi, crescendo e articolandosi in molti modi: per esempio nel 2006 ha coinvolto i cuochi che hanno un ruolo fondamentale nel promuovere il valore dei cibi buoni, puliti e giusti (dove buono si riferisce alla qualità e al gusto degli alimenti, pulito a metodi di produzione rispettosi dell’ambiente, giusto alla dignità e giusta remunerazione dei produttori e all'equo prezzo dovuto dai consumatori) e nel promuovere e scegliere produttori locali di prodotti sani e qualità; e il mondo accademico che desiderava impegnarsi con i propri sapere su questi fronti. Successivamente Terra Madre si è allargata ai musicisti, i musicisti rurali, che da sempre con le loro tradizioni orali e musicali, accompagnano le mietiture, le semine, le stagioni, e le occasioni di convialità.

Terra Madre si oppone ad un sistema economico e ad un modello di sviluppo scriteriato che ricerca un continuo aumento dei profitti, che ha imposto in molti paesi scellerate monoculture, che mira alla omologazione della alimentazione dei popoli (cioè che spinge tutta la popolazione mondiale a mangiare le stesse cose prodotte da alcune poche multinazionali), che ha trasformato i cibi - il grano, il mais, il riso, il caffè e infiniti altri cibi .. in merci con prezzi sul mercato globale mentre dovrebbero essere cibi che prima di tutto sono fatti per essere mangiati dalle comunità che le producono. Tutto questo ha ripercussioni pesantissime su tutti noi, sulle risorse della Terra, sulla fertilità dei suoli, sulla possibilità di sopravvivenza dei popoli poveri e sulla sopravvivenza di tutti noi.

Terra Madre ha un sogno, quello di far sentire uniti, importanti quelli che sono sempre stati considerati gli umili, i marginali, l’ultima ruota del carro. L’importanza vera di questa umanità è sempre stata sottovalutata. I contadini e i produttori di cibo sostenibile sono sempre stati considerati come dei perdenti, un pezzo di mondo rimasto indietro, non al passo con i tempi, “sottosviluppati”. Ma quelli che la pensano così si sbagliano!

Terra Madre è una vera e concreta speranza: C’è chi ha visto in questi grandi incontri di gente semplice, umile ma piena di dignità e ritrovato coraggio, una specie di spettacolare parata dei poveri in abiti tradizionali, una sorta di festa terzomondista o un richiamo nostalgico ad un mondo agreste marginale. In ogni caso una realtà utopica. Ma si sbagliano!
La realtà è che il modello economico nel quale viviamo da oltre un secolo - un modello che mira solo a massimizzare i profitti - ha spogliato la terra, messo a rischio l’acqua, impoverito e desertificato i suoli, deforestato i territori, creato montagne di rifiuti, imposto ai contadini terribili monoculture, e alle popolazioni una omologazione dei cibi e delle culture. La realtà è che con questo modello economico e culturale l’umanità è destinata alla catastrofe.
Ma una alternativa esiste, ed esiste già! ed è nascosta tra le pietre scartate, in tutti coloro irrisi e marginali, che nella realtà che conoscono, amano e custodiscono le risorse e le potenzialità della natura, della Madre Terra, che se è amata e custodita sa essere dispensatrice di molti, buoni frutti. Se l’umanità ha un futuro questo futuro abita qui.

Terra Madre che obiettivi ha? Cosa intende fare? Terra Madre è nata per aumentare, nelle comunità dei produttori e nell’opinione pubblica, la consapevolezza di quanto è prezioso il loro lavoro. Per dare ai produttori qualche strumento in più per continuare a lavorare in condizioni migliori, per il bene di tutti noi e del pianeta. Per queste ragioni, costruire una rete mondiale – che disponga di strumenti di condivisione delle informazioni e che offra la possibilità di imparare dalle esperienze altrui e di collaborare con gli altri – è sembrato fondamentale. L’obiettivo di Terra Madre è sostenere le persone che nel mondo custodiscono terre, saperi e cibi sani, giusti e buoni; è continuare ad avere terre fertili, dove germoglino e crescano piante e animali adatti a quei particolari ambienti, piuttosto che dopati con sostanze chimiche che li fanno fruttare o ingrassare artificialmente.

I valori di Terra Madre: Terra Madre è formata da un’umanità umile, povera, piena di dignità, profondamente eterogenea, alle prese con la volontà e la capacità di preservare i saperi antichi e la volontà di acquisire quei saperi moderni che siano rispettosi della madre-terra. Negli incontri che si sono susseguiti si sono sviluppati aspetti che sono connaturati alla vita di questa umanità e che sono stati riassunti con la parola “intelligenza affettiva”: il rispetto per la diversità di ogni esperienza, un profondo senso di gratitudine e di fratellanza, una grande curiosità che stimola l’intelligenza e l’apprendimento, una spinta all’impegno politico nel senso più ampio e positivo, di democrazia partecipativa.
Un altro aspetto che caratterizza Terra Madre è che gli organizzatori pongono le condizioni organizzative necessarie perché gli incontri possano avvenire nel modo migliore, ma non c’è nessuno che comanda, che indica la strada, che ha la pretesa di dire quel che si deve fare: il tutto si svolge in una “austera anarchia”, in cui tutti fanno la loro parte. Chi pensa dunque che questa umanità sia un “esercito di gente chiamata a rapporto ogni due anni”, ragiona con i criteri di violenza e di omologazione che permea l’attuale modello culturale ed economico; al contrario gli organizzatori di questi incontri hanno una solida fiducia sulle capacità creative della auto-organizzazione e sanno che le comunità, se si danno adeguate possibilità di esprimersi, hanno tutte le capacità per trovare le loro strade, strade da individuarsi in modo lento, partecipato, complesso ma che aprono orizzonti di sostenibilità, di fraternità, di vero benessere. 

Quali sono i nodi della rete di Terra Madre? I primi nodi di questa rete sono state le comunità del cibo, cui si sono poi aggiunti i cuochi e i rappresentanti del mondo accademico.
Ø  Le comunità del cibo sono gruppi di persone che producono, trasformano e distribuiscono cibo di qualità in maniera sostenibile e sono fortemente legate a un territorio dal punto di vista storico, sociale e culturale. Le comunità condividono i problemi generati da un’agricoltura intensiva lesiva delle risorse naturali e da un’industria alimentare di massa che mira all’omologazione dei gusti e mette in pericolo l’esistenza stessa delle piccole produzioni.
Ø  I cuochi hanno un ruolo fondamentale. Sono gli interpreti di un territorio, che valorizzano attraverso la loro creatività. I cuochi di Terra Madre hanno capito che non si può separare il piacere dalla responsabilità verso i produttori, senza i quali non esisterebbe una cucina di successo. I ristoranti sono il luogo ideale per trasmettere questa filosofia ai consumatori. I cuochi rafforzano le comunità del cibo dialogando e collaborando con i produttori, e per questa via lottano anch’essi contro l’abbandono delle culture tradizionali e la standardizzazione del cibo.
Ø  250 università e centri di ricerca, con oltre 450 accademici in tutto il mondo, fanno parte della rete di Terra Madre e si impegnano, nel proprio ambito e con gli strumenti a loro più consoni, a favorire la conservazione e il rafforzamento di una produzione di cibo sostenibile, attraverso l’educazione della società civile e la formazione degli operatori del settore agroalimentare. Il mondo accademico che condivide i valori di Terra Madre cerca di coltivare un rapporto di reciprocità con la produzione, mettendo a disposizione le proprie conoscenze scientifiche per favorire scambi tra comunità locali ma anche mettendosi all’ascolto delle comunità, là dove queste hanno elaborato soluzioni ed esperienze ancora insondate dal mondo scientifico.

Fare l’orto, la conserva, la raccolta delle olive…. E’ necessario capire che ci sono pratiche di valore, che magari non sono convenienti in termini monetari – come fare la conserva in casa, perché ci costerebbe sicuramente meno comprarla già fatta – ma che ci fanno guadagnare dal punto di vista della convivialità, della gratificazione personale, del servizio alla comunità, della salvaguardia dell’ambiente, in una parole: del benessere.

3. Testimonianze di Gente di Terra Madre

Riportiamo alcune testimonianze registrate  durante l’incontro di “Terra Madre” del 2008 e riprese dal DVD “Gente di Terra Madre”, allegato al libro di Carlo Petrini “Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo”.

Vandana Shiva. Vice Presidente Internazionale dello Slow Food. India.
“La crisi finanziaria, la crisi alimentare, la crisi ambientale, compresi i cambiamenti climatici, dipendono tutte dalle stesse cause. In primo luogo siamo stati dominati dall’avidità. Come diceva Gandhi:  “la terra ha abbastanza per le necessità di tutti, ma non ha abbastanza per l’avidità di certe persone”. Il sistema attuale parte dal presupposto che sia tutto una merce, che tutto abbia un prezzo e che niente abbia un valore. I semi sono una merce, la terra è una merce, l’acqua è una merce, le persone sono una merce, il cibo è una merce. No!! Le sementi sono la nostra vita, la terra è la nostra vita, ognuno di noi ha importanza. Noi fermeremo questa mercificazione del mondo, noi rivendicheremo l’integrità e il valore intrinseco di ogni vita sulla terra.”

Carlo Petrini. Presidente dello Slow Food-Italia
La Terra fa appello all’umanità per una redenzione, questa redenzione è nel nostro buon senso, nella nostra rettitudine. L’intero impianto economico è dentro una sconfitta storica di quella che molti hanno definito finanza creativa e che io invece penso sia una finanza canaglia. Essa, dopo aver speculato sulle abitazioni della povera gente, dopo aver speculato sull’energia e sul petrolio, ha deciso di speculare sul cibo. Il prezzo del grano, del riso, del mais si è quintuplicato e non è uguale il risultato il ogni angolo del pianeta, infatti in tanti paesi del mondo, per mangiare, si spende il 50, 60, in alcuni casi l’80% del reddito….La terza rivoluzione industriale partirà dai vostri villaggi, dalle vostre aziende, dalle vostre campagne. Come realizzeremo questo? Ciò che fate voi è già virtuoso, continuate a fare quello che fate.. Per anni hanno detto che l’economia della natura era un’economia marginale, l’economia della natura salverà il pianeta dalla folle economia di mercato.”

Pedro Burgos. Piccolo produttore di caffè. Colombia.
“Questo è il paradiso in cui viviamo. E’ uno spazio…un pezzetto di Colombia…un pezzetto del pianeta, una porzione di foresta che volevamo recuperare e risistemare. Finchè, magicamente, abbiamo scoperto che c’era una varietà di caffè, caffè abbandonato, dimenticato dai tecnici e dagli esperti. Non sembrava neppure caffè, era una cosa in mezzo alle erbacce e agli alberi. Dovevamo modificarlo, cambiarlo, ma abbiamo scelto di non cambiarlo perché ci importava di più la vita del denaro. Siamo multimilionari in molte cose, in denaro non tanto. Qualcuno dirà: allora Pedro non commercia, non prende soldi, non vende il caffè. Certamente!. Commerciamo e vendiamo anche, però non è la nostra priorità. Siamo felici proprio perché abbiamo scoperto che per essere felici il denaro non poteva essere la nostra priorità, erano le altre cose, quelle che il denaro non può comprare”.

Nammalvar Govindaswamy. Agricoltore biologico, dottore in scienze honoris causa. India.
“Il mio nome è Nammalvar e sono un agricoltore biologico. Ho creato una fattoria biologica di 80 ettari dove tutti i contadini coltivano in modo corretto, oppure vengono educati a farlo. A causa dell’agricoltura chimica il terreno ha perso la sua energia vitale, i contadini perdono i loro guadagni e ci sono suicidi in tutta l’India:  15000 contadini si sono suicidati negli ultimi 10 anni! Ciò che noi insegniamo è l’agricoltura ecologica, biologica, che significa confrontarsi con la natura. E’ un metodo universale, sostenibile, il solo che salverà il terreno, il pianeta, la Terra Madre.”

 

4. Chi è Slow food

1986 - Si costituisce nelle Langhe (Piemonte) l'associazione Arcigola. In Italia Carlo Petrini fonda  Slow Food
1989 - Nasce all'Opéra Comique di Parigi il Movimento Internazionale Slow Food e ne viene sottoscritto il Manifesto
Slow Food è un'associazione internazionale no-profit, conta 100 000 iscritti, volontari e sostenitori in 150 Paesi, 1300 Condotte - le sedi locali - e una rete di 2000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, di qualità. Il motto di Slow Food è buono, pulito e giusto. Tre aggettivi che definiscono in modo elementare le caratteristiche che deve avere il cibo. Buono relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni identitarie derivanti dal valore affettivo del cibo; pulito ovvero prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell'ambiente; giusto, che vuol dire conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di commercializzazione.
2004 - La Fao riconosce ufficialmente Slow Food come organizzazione no profit con cui instaurare un rapporto di collaborazione
 Slow Food è presente nel territorio con sedi locali che in Italia sono chiamate Condotte e nel resto del mondo Convivia. Sono attivi più di 800 Convivia in 65 paesi, comprese le 350 Condotte Italiane.Ogni Condotta è coordinata da un Fiduciario e sceglie in assemblea un Comitato di Condotta, composto da un numero variabile di soci con compiti diversi. A coadiuvare il lavoro del Comitato di Condotta esiste un Comitato Allargato, organizzato per aree tematiche e composto da 20-25 soci che seguono da vicino le attività.
È aperto a tutti i soci che hanno voglia di dedicare un po’ del loro tempo nelle modalità più consone alle proprie esigenze
Cosa fa Slow Food:
Slow Food attraverso la sua rete di persone attive sul territorio locale, nazionale e internazionale:
  • coordina e realizza progetti di ricerca, catalogazione e promozione per la salvaguardia della biodiversità alimentare
  • promuove iniziative per lo sviluppo di forme di agricoltura ecocompatibile;
  • preserva e valorizza l'identità storico-culturale di un territorio specifico, cui si lega una particolare produzione, in particolare attraverso l'istituzione di Presìdi per la difesa della biodiversità;
  • sviluppa relazioni, attività e iniziative con e fra le comunità del cibo, formate da tutti i soggetti che operano nel settore della produzione e della trasformazione del cibo;
  • favorisce la riduzione della filiera distributiva, il rapporto diretto tra produttore e coproduttore, e l'organizzazione di attività di turismo enogastronomico;
  • promuove, organizza, gestisce e partecipa ad attività educative anche nel campo della scuola e dell'università attraverso progetti di ricerca, coordinamento, formazione e aggiornamento, finalizzati a una piena attuazione del diritto allo studio, all'educazione alla salute, all'educazione sensoriale e del gusto, allo sviluppo di una corretta cultura alimentare;
  • propone e organizza programmi di cultura alimentare e sensoriale diretti ai soci, a tutti i cittadini e agli operatori del settore enogastronomico, per una più diffusa conoscenza delle radici storiche e dei processi produttivi in tutti i settori merceologici;
  • stimola iniziative tese al miglioramento dell'alimentazione quotidiana, anche rispetto alle forme di ristorazione collettiva.
  • pubblica guide, saggi, una rivista associativa
Terra Madre e la Condotta di Firenze
Il nostro è un territorio difficile, perché abbiamo dedicato gran parte del territorio alle eccellenti colture dell’olivo e della vite, sacrificando produzioni diversificate, legate alla tradizione e a un’agricoltura di sussistenza. Esistono rari esempi di Comunità del Cibo che continuano a preservare una filosofia di produzione del cibo attenta alla qualità organolettica, alla sostenibilità, alla equità sociale. Schiacciate dalle regole del mercato globale, dalle logiche industriali, dell’agricoltura, dell’allevamento e della produzione di massa sono state spazzate via o sono in serio pericolo di estinzione.
 I nostri obiettivi
• Valorizzare la Comunità dei Trippai fiorentini e salvaguardare questa antica tradizione di cibo di strada dal proliferare di chioschi che offrono di tutto, hot-dog compresi.
• Salvare dall’estinzione varietà pregiate del nostro territorio come le Pesche di Rosano, le Zucchine Fiesolane, il Pomodoro Costoluto Fiorentino: facendoli conoscere ed apprezzare e sostenendo i produttori.
• Sollecitare la riscoperta e la rinascita delle Antiche Friggitorie Fiorentine.
• Far conoscere e sostenere i giovani agricoltori fiorentini che, con tenacia e coraggio, stanno applicando le antiche tecniche agricole, quelle biodinamiche o biologiche.
• Favorire la creazione di una rete fra tutti quegli artigiani del buon cibo, gelatai, osti, cioccolatieri, pasticceri, ristoratori, albergatori del nostro territorio che operano secondo i principi del buono, pulito e giusto. Affinché attraverso il dialogo, il confronto, il lavoro comune possano rafforzare la loro presenza, acquisire maggiore visibilità, vedere premiata la passione per le attività che svolgono e ottenere il giusto riconoscimento per il loro impegno.
BibliOrto c/o BiblioteCaNova Isolotto – via Chiusi, 4/3A – Firenze
Se andate sulla terrazza al secondo piano di BiblioteCaNova Isolotto avrete la piacevole sorpresa di incontrare Cavoli, Insalata, Melanzane e molte altre verdure. Siete arrivati al BibliOrto: un orto – assolutamente biologico – coltivato grazie all’impegno di un gruppo di volontari appassionati. Persone che poco avevano avuto a che fare con la terra si stanno appropriando di nuove tecniche e saperi; e la terra (anche se pensile) li ripaga. I BibliOrtolani si sono organizzati: oltre a progettare e realizzare un primo terreno (con impianto di irrigazione, compostiere, pacciamatura) stanno allargandosi per coltivare tutta la terrazza e avvieranno nuove colture in una parte nel giardino sottostante, con l’idea di coinvolgere sempre più persone interessate a questa forma di apprendimento. Nato dalla collaborazione fra Slow Food Toscana e Quartiere 4-Comune di Firenze, BibliOrto è un progetto di educazione sensoriale, ambientale e al consumo voluto in biblioteca per arrivare a un pubblico diverso da quello degli orti sociali e scolastici.
 Notizie su “Slow food”   da  : http://www.slowfood.it/  e da  http://www.slowfoodfirenze.it/

5. L’esperienza di Giovanna Licheri

Quello che abbiamo cercato di costruire, almeno dall’ultimo Congresso nazionale  del 2006 (Visione e progetti), ha alla base una serie di analisi e riflessioni che Slow Food ha fatto negli ultimi anni, in particolare sui grossi cambiamenti in atto a livello mondiale (cambiamenti che hanno generato l’esplosione di grandi crisi planetarie) e sulla necessità di individuare nuove strategie per contribuire , almeno, a porre le basi per un futuro migliore per tutti. Soprattutto Terra Madre (evento mondiale che si tiene ogni due anni a Torino) ci ha fatto prendere coscienza del rapporto vitale tra cibo, agricoltura, cambiamenti climatici, salvaguardia della salute, del paesaggio, della bellezza degli ecosistemi, della difesa della sostenibilità, e dell’utilizzo di nuova energia pulita. In Toscana Slow food ha voluto, da subito, riproporre la sua Terra Madre. Abbiamo costruito un progetto con la Regione e a Ucodep (ONG) che prevedesse l’incontro dei vari territori toscani (rappresentati da condotte Slow Food, enti locali, produttori, comunità del cibo, Presidi, orti scolastici,ecc) con alcune delegazioni delle comunità del cibo presenti a Torino. Nel 2006 e nel 2008 subito dopo l’evento di Torino, nel 2010 subito prima, abbiamo accolto comunità del cibo dei Paesi del Sud America, Asia, Europa e Africa. Insieme abbiamo cercato di costruire progetti di collaborazione e di scambio (come nell’impostazione dei progetti della Fondazione Slow Food per la biodiversità onlus). Abbiamo voluto costruire concretamente una Rete di Terra Madre che non si incontrasse soltanto ogni due anni, ma operasse anche nell’intervallo del grande evento, naturalmente raccogliendo fondi per tutti i progetti riguardo al cibo, alla difesa delle comunita, delle identità locali, delle economie locali: ci siamo ritrovati in assemblee, workshops, cene conviviali, incontri con in produttori..
Abbiamo conosciuto quali sono i reali bisogni di queste comunità (non i soliti aiuti assistenziali a cui sono abituati dal mondo della cooperazione e dai Paesi cosiddetti sviluppati). Sono stati impoveriti da un sistema economico “globale” che gli ha privati della loro sovranità alimentare, gli ha imposto un modello alimentare legato all’industria e modificato le loro abitudini alimentari (prodotti della terra, piatti,ecc). Gli ha tolto in pratica la libertà di decidere la loro vita.
Abbiamo portato la nostra esperienza al Congresso internazionale del 2007 a Puebla in Messico e  dopo di noi sono nate Terra Madre Irlanda, Terra Madre Austria, Terra Madre Trentino, ecc
Da tutta questa esperienza abbiamo capito che la strada migliore per ricostruire un tessuto economico sia partire dalla dimensione locale, cercare soluzioni all’interno del contesto locale in cui come Slow Food agiamo quotidianamente e costruire un’alleanza con la grande varietà di soggetti presenti  (produttori, associazioni, istituzioni, ristoratori, scuole, ecc.), tutti coloro che, pur nella diversità delle competenze, professionalità, ruoli, interessi e passioni, sono impegnati a  difendere, sviluppare e valorizzare le identità locali, si riconoscono nei contenuti di Terra Madre e nei suoi obiettivi, primo fra tutti la salvaguardia della comunità globale fatta da comunità e identità diverse ma tutte di pari dignità. In tutto questo rimane necessariamente  fondamentale il nostro impegno verso i temi dell’educazione, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni (orti, mense scolastiche, ecc.).
Il nostro impegno, favorito dall’esperienza maturata in Toscana su questi temi, sia a livello di Istituzione Regione che di istituzioni locali, dalla presenza di una fitta rete di associazionismo culturale,  è stato quella di aprirsi a tutto il territorio e alle sue rappresentanze sociali, con modalità di relazioni che facilitassero lo sviluppo di questo rapporto tra “diversi”, e ci siamo fatti promotori della costruzione  di  un’alleanza fra tutti questi soggetti. Per potere confrontarsi con gli altri è necessario avere chiari obiettivi e  strategie da portare avanti, e a livello locale, come associazione,  non eravamo adeguati;  è stato necessario cominciare a cambiare prima di tutto il nostro modo di operare, imparare a programmare, tenere conto della complessità di richieste provenienti da quanti a vario titolo, e in base ai progetti che portavamo avanti, erano stati coinvolti, via via, nel percorso di Slow Food: dai soci ai cuochi, dai produttori alle comunità di Terra Madre, dalle università ai bambini che partecipano alle iniziative di educazione al gusto. Darsi  come principali obiettivi la difesa e il mantenimento dell’agrobiodiversità, lo sviluppo dei piccoli produttori, la ri-localizzazione dei consumi alimentari, il recupero e la salvaguardia dell’identità dei territori: non è stato un compito facile e non è certamente concluso, ma il futuro di Slow Food è dentro Terra Madre e con Terra Madre.
Ed era necessario trovare uno strumento che comunicasse sia all’interno dell’associazione che al maggior numero di cittadini il percorso che stavamo facendo.  E’ nato il Diario Slow Food: 365 giorni in Toscana (di cui a Chianciano uscì la prima edizione) che  non avrebbe potuto realizzarsi senza il contributo fondamentale della Regione Toscana, partner principale della Rete insieme alla Fondazione Slow Food per la biodiversità. Il Diario è stato diffuso in 20.000 copie, ……………: molti hanno potuto conoscere non solo il tipo di struttura organizzativa e le attività programmate annualmente a tutti i livelli della nostra associazione, ma soprattutto i principi e la filosofia che stanno alla base di questa attività e, in primo luogo, i principi e i progetti della Rete. (…..)
A Chianciano, nel gennaio del 2008, nel primo Parlamento, ormai consapevoli che in questa alleanza avremmo trovato più forza anche per il cambiamento    abbiamo approvato finalmente  le linee guida e gli obiettivi della Rete di Terra Madre Toscana
                                         
La rete di Terra Madre Toscana
       rappresenterà l’unione dei bisogni e delle proposte di tutti, l’incontro fra libertà e solidarietà
       si baserà sulla forza delle idee e sulla capacità degli uomini di agire per migliorare concretamente la vita della comunità attraverso la pratica del Buono, Pulito e Giusto e l’affermazione dei principi di  libertà, uguaglianza e solidarietà
       sarà un nodo importante della rete internazionale di Terra Madre

                                              Obiettivi della rete

       La democrazia alimentare, intesa come diritto dei cittadini all’accesso al cibo e ad un’alimentazione sana e sicura
       La giustizia alimentare, intesa come diritto degli agricoltori ad un reddito dignitoso, libertà di accesso da parte dei produttori alle sementi e alle conoscenze
       La responsabilità alimentare, intesa come responsabilità collettiva nella salvaguardia della biodiversità agricola, responsabilità dell’impresa agricola e agro-alimentare nella salvaguardia dell’ambiente e dei diritti sociali
       La qualità alimentare, intesa come diritto dei cittadini ad un cibo che contribuisca in modo sostanziale alla qualità della vita attraverso il gusto e la convivialità;
       La condivisione della conoscenza, attraverso scambi di informazioni e gemellaggi fra le diverse comunità del mondo.

Da “Le conseguenze del piacere” ,documento approvato al Congresso nazionale di Slow Food Italia nel maggio 2010.
I valori del nostro impegno:

Il piacere materiale, il piacere di stare assieme, il piacere di condividere grandi e piccole esperienze, il piacere di impegnarsi per un mondo sostenibile . Coltivare un orto è un piacere, fare un mercato e andare al mercato è un piacere come educare e l’educarsi, come lavorare per la propria sovranità alimentare, come il riuso, come il risparmio, come l’honesta voluptate che si può praticare tutti i giorni a tavola con i propri cari. Il piacere non è elitario e non ama gli eccessi, anzi ha piuttosto a che fare con la misura. (Tutto questo abbiamo potuto impararlo soprattutto dall’incontro con le comunità del cibo dei Paesi del Sud del mondo)
La convivialità.
La diversità, il principio che ci fa amare le differenze, il particolare, le specificità che diventano patrimonio fondamentale, indispensabile, attorno al quale una comunità nasce, nel quale si identifica e si rafforza.
Complicità e fraternità.
La dimensione etica individuale e complessiva di Slow Food
Il dubbio e la curiosità: non smettere mai di porsi domande e cercare risposte, la capacità di mettersi sempre in discussione per andare avanti e fare sempre meglio.
La ricerca della bellezza (unione di etica ed estetica) e della felicità

“La nostra “visione” è che Slow Food e Terra Madre diventino le due parti di un tutto. Slow Food  è la nostra casa e Terra Madre il nostro grande progetto. Da evento (4 eventi mondiali dal 2004 al 2010) a progetto.  Slow Food è ciò che siamo e Terra Madre è ciò che facciamo, rappresenta cioè la nostra prospettiva per guardare al mondo del cibo nella sua complessità e ai legami di interdipendenza che esistono al suo interno. Terra Madre è “austeramente anarchica”, perché le comunità esistono, nascono e funzionano autonomamente, ma Slow Food può farle emergere, metterle in rete, aiutarle ad avere maggiore peso politico……( Le Visioni da Le conseguenze del piacere, pag.9). Terra madre si fa prima di tutto a casa nostra, diventando capaci di sostenere l’economia locale della comunità in cui viviamo e continuando a contribuire ai progetti internazionali,in base alle richieste di quelle comunità  (come quello di 1000 Orti in Africa).
Letture consigliate. C.Petrini, Buono, pulito e giusto, Einaudi 2005
                                C. Petrini, Terra Madre, Slow Food Editore – Giunti Ed. 2009
                                Enzo Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi 2008
                                Enzo Bianchi, Ogni cosa alla sua stagione
Testi della collana Terra Madre di Slow Food Editore:
                               C.Tudge, Nutrire il mondo è facile
                               E.F.Schumacher, Piccolo è bello
                               W. Tasch, Slow Money

Film  Centochiodi di Ermanno Olmi
        Terra Madre  di Ermanno Olmi


5. L’impoverimento del suolo

E’ ormai noto che lo sfruttamento industriale in maniera intensiva dei terreni coltivabili porta ad un progressivo impoverimento del suolo che, nonostante vengano utilizzati concimi, fertilizzanti e antiparassitari,  risulta progressivamente compromesso.
La desertificazione è un processo indotto dall’attività umana più che dai cambiamenti climatici; in genere deriva dall’eccessivo sfruttamento del terreno per uso agricolo e viene spesso accelerato per effetto del vento e del dilavamento delle piogge in aree a scarsa copertura di piante di alto fusto.
Le pratiche che portano all’impoverimento del suolo e alla desertificazione sono :
a)  pratiche agricole intensive                            a1)   uso di pesticidi inorganici
b)  processi estrattivi e di raffinazione              a2)  uso di compost inquinato
c)  processi industriali                                       a3)  irrigazione con acque inquinate
d)  traffico dei veicoli



L’agricoltura sostenibile combina tre obiettivi fondamentali – un ambiente sano, il rendimento economico e l’equità sociale ed economica. Ad essa hanno contribuito diversi orientamenti filosofici, molte politiche e pratiche. Soggetti con competenze diverse, dagli agricoltori fino a consumatori, hanno condiviso questa visione e hanno contribuito al suo sviluppo.
Nel 1990 l’ Organizzazione delle Nazioni Unite ha definito la sostenibilità in termini di
“soddisfazione dei fabbisogni attuali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri fabbisogni”. Per questo motivo la gestione sia delle risorse ecologiche e ambientali che di quelle umane è di estrema importanza. La gestione delle risorse umane comprende anche la gestione delle responsabilità sociali come le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori, i bisogni delle comunità rurali, la salute e la sicurezza dei consumatori sia nel presente che nel futuro. Gestire le risorse territoriali e ambientali vuol dire mantenere a lungo termine o accrescere questa fonte di vita fondamentale.

Levitico 25, 1-7 e 23

Il Signore disse ancora a Mosè sul monte Sinai:  «Parla agli Israeliti e riferisci loro: Quando entrerete nel paese che io vi dò, la terra dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore. Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna. Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dal seme caduto nella tua mietitura precedente e non vendemmierai l'uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di completo riposo per la terra.  Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te, al tuo schiavo, alla tua schiava, al tuo bracciante e al forestiero che è presso di te;  anche al tuo bestiame e agli animali che sono nel tuo paese servirà di nutrimento quanto essa produrrà.
Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini.

domenica 27 novembre 2011

venerdì 25 novembre 2011

Manie di grafica - Grafica per blog e siti web: Trasferire blog da splinder a blogspot

In attesa di fare il trasloco da splinder a blogspot:
Manie di grafica - Grafica per blog e siti web: Trasferire blog da splinder a blogspot: Ciao ragazzi....Ho pensato di scrivere questa semplice guida per chi ha intenzione di trasferire il blog dalla piattaforma splinder a quell...

mercoledì 23 novembre 2011

Una rete mondiale di libere vie


Per creare una rete globale di vie storiche 
dove chiunque cammini,
 possa transitare senza impedimenti senza frontiere,
 incontrarsi e parlare per ristabilire un Ecumene di civiltà
 come esisteva prima dell'invenzione delle nazioni.
E' stato un piacere, venerdi 18 novembre, ascoltare la conversazione di Giovanni Caselli, nella sala della biblioteca di Bibbiena, sulle strade del mondo, non le autostrade dell'uomo tecnologico, ma quelle dell'uomo che era appena disceso dagli alberi e che aveva messo tutta la sua passione per affinare questa nuova grande esperienza del camminare che lo portava pian piano dal viver come bruto a seguir virtute e conoscenza. mai lungo i fiumi, infidi, sempre sulle alture, per montagne per valli...ed ecco i tracciati della francigena, anzi delle francigene e romee e della seta...un seguito di immagini originali di Giovanni grande esploratore a piedi a cui si confà la canzone di Machado:
caminante, se hace camino a l'andar, camminatore, la strada si traccia camminando. Bravo Giovanni, e grazie.
Canzone cantata da Serrat:
Video

Tutto passa e tutto resta,
però il nostro è passare,
passare facendo sentieri,
sentieri sul mare.

Mai cercai la gloria,
né di lasciare alla memoria
degli uomini il mio canto,
io amo i mondi delicati,
lievi e gentili,
come bolle di sapone.

Mi piace vederle dipingersi
di sole e scarlatto, volare
sotto il cielo azzurro, tremare
improvvisamente e disintegrarsi…
Mai cercai la gloria.

Viandante, sono le tue orme
il sentiero e niente più;
viandante, non esiste il cammino,
il camminosi fa camminando.

Camminando si fa il cammino
e girando indietro lo sguardo
si vede il cammino che mai più
si tornerà a calpestare.

Viandante non esiste il cammino,
ma solamente scie nel mare…

Un tempo in questo luogo dove
ora i boschi si vestono di spine,
si udì la voce di un poeta gridare
“Viandante non esiste il cammino,
il cammino si fa camminando…”

Colpo a colpo, verso dopo verso…

Il poeta morì lontano dal focolare.
Lo copre la polvere di un paese vicino.
Allontanandosi lo videro piangere.
“Viandante non esiste il cammino,
il cammino si fa camminando…”

Colpo a colpo verso dopo verso…

Quando il cardellino non può cantare.
Quando il poeta è un pellegrino,
quando non serve a nulla pregare.
“Viandante non esiste il cammino,
il cammino si fa camminando…”