lunedì 30 giugno 2008

E sempre torno a riveder le stelle

Quando vengo in Casentino


Antares





Clicca sulla foto per ingrandire.


La vedo sempre qui dalle Lame guardando verso sud in direzione Arezzo. Di questi tempi fa a gara con Giove, lì a fianco un po' sulla sinistra. Quellq che vedo ha impiegato 600 anni per arrivare fino ai miei occhi. Al sole bastano pochi minuti. E' la regina della costellazione dello Scorpione.

 Antares significa “rivale di Marte” perché con il suo colore arancione, questa gigante rossa sembra proprio voler gareggiare con il pianeta rosso.


Leggo da  wikipedia.



Antares è  stella di dimensioni enormi: il suo diametro è circa 500 volte più grande di quello del nostro Sole, e messa al suo posto arriverebbe all'orbita di Giove. Poiché la sua massa è di "solo" 15-18 volte quella del Sole, la sua densità è bassissima, cosa tipica per le stelle giganti e supergiganti, e i suoi strati esterni sono assimilabili ad un vuoto spinto. Gli strati esterni sono anche freddi (per una stella), e ciò le dà il colore rosso. Nonostante la bassa temperatura, il diametro enorme le permette di avere una luminosità totale circa 10.000 volte superiore a quella del Sole, e nonostante la grande distanza (600 anni luce) è una delle stelle più brillanti del cielo.


Quando Dante era in Casentino:


 Lo sol sen va", soggiunse, "e vien la sera;

non v'arrestate, ma studiate il passo,

mentre che l'occidente non si annera".  63

  Dritta salia la via per entro 'l sasso

verso tal parte ch'io toglieva i raggi

dinanzi a me del sol ch'era già basso.  66

  E di pochi scaglion levammo i saggi,

che 'l sol corcar, per l'ombra che si spense,

sentimmo dietro e io e li miei saggi.  69

  E pria che 'n tutte le sue parti immense

fosse orizzonte fatto d'uno aspetto,

e notte avesse tutte sue dispense,  72

  ciascun di noi d'un grado fece letto;

ché la natura del monte ci affranse

la possa del salir più e 'l diletto.  75

  Quali si stanno ruminando manse

le capre, state rapide e proterve

sovra le cime avante che sien pranse,  78

  tacite a l'ombra, mentre che 'l sol ferve,

guardate dal pastor, che 'n su la verga

poggiato s'è e lor di posa serve;  81

  e quale il mandrïan che fori alberga,

lungo il pecuglio suo queto pernotta,

guardando perché fiera non lo sperga;  84

  tali eravamo tutti e tre allotta,

io come capra, ed ei come pastori,

fasciati quinci e quindi d'alta grotta.  87


 
Poco parer potea lì del di fori;

ma, per quel poco, vedea io le stelle

di lor solere e più chiare e maggiori.
  90

  Sì ruminando e sì mirando in quelle,

mi prese il sonno; il sonno che sovente,

anzi che 'l fatto sia, sa le novelle.  93

  Ne l'ora, credo, che de l'orïente

prima raggiò nel monte Citerea,

che di foco d'amor par sempre ardente,  96

  giovane e bella in sogno mi parea

donna vedere andar per una landa

cogliendo fiori; e cantando dicea:  99

  "Sappia qualunque il mio nome dimanda

ch'i' mi son Lia, e vo movendo intorno

le belle mani a farmi una ghirlanda.  102

  Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno;

ma mia suora Rachel mai non si smaga

dal suo miraglio, e siede tutto giorno.  105

  Ell'è d'i suoi belli occhi veder vaga

com'io de l'addornarmi con le mani;

lei lo vedere, e me l'ovrare appaga".  108

  E già per li splendori antelucani,

che tanto a' pellegrin surgon più grati,

quanto, tornando, albergan men lontani,  111

  le tenebre fuggian da tutti lati,

e 'l sonno mio con esse; ond'io leva' mi,

veggendo i gran maestri già levati. 

(Purgatorio XXVII, 61-114)


Queste immagini ci riportano alle nottate passate da Dante tra Casentino, Mugello e Romagna in quegli anni terribili che vanno dal 1302 al 1308 (v. p.49 "La disperat ricerca di una via del ritorno" e capitolo che segue sul mio "Ivi è Romena").

sabato 28 giugno 2008

Summertime

Lucciole



Le riscopro in queste sere casentinesi, qui alle Lame di S.Piero in Frassino, tra Verna e Pratomagno. Ma non sono paragonabili, per quantità, a quelle che vedevo qui ancora nei primi anni sessanta. Mi ricordo una sera con Paola, al Belvedere, lungo la via allora sterrata che va dal bivio dei Guazzi, lì a Farneta, verso Camaldoli, passando a lato della Casa Bianca ove nato fui fino a Montanino: una miriade, come ne vedeva Dante nelle sue notti casentinesi. Poi sono arrivati i diserbanti...ma non voglio fare il laudator temporis acti. Quella sera con Paola, fidanzati ancora non dichiarati, non vedevo l'ottava bolgia del 26 dell'Inferno, ma un cielo rovesciato con tutte le sue stelle, sotto di noi, tra Avena e Poppi a est verso il Pratomagno, tra Bibbiena e Partina, direzione la Verna. Ora so che quello delle lucciole è un grande inno all'amore, nel loro caso troppo fugace, quasi crudele come spiegato sotto. Ma per me fu un abbraccio di natura destinato a durare. Tempo d'estate.




Video-audio



SUMMERTIME AND THE LIVIN´IS EASY

FISH ARE JUMPIN´ AND THE COTTON IS HIGH

YOUR DAD IS RICH AND YOUR MOMMA IS SO GOOD LOOKIN

´SO HUSH PRETTY BABY, DON´T YOU CRY

ONE OF THESE MORNINS YOU´R GONNA RISE UP SINGIN´

YOUR GONNA SPREAD YOUR WINGS AND YOU´LL TAKE TO THE SKY

UNTIL THAT MORNIN THERE AIN´T NOTHIN CAN HARM YOU

WITH DADDY AND MAMMY STANDIN BY. 





La maggior parte degli animali che emettono luce si trovano nei mari più profondi. Le lucciole sono gli unici animali terrestri che emettono luce. Come le nostre lampadine, la lanterna della lucciola è composta di tre parti. Uno strato con funzione di riflettore evita che la luce entri nel corpo. Le cellule di questo strato contengono minuscoli cristalli di sali che riflettono la luce. Nelle cellule che producono la luce, un elevato numero di mitocondri (la centrale elettrica delle cellule) producono l’energia. Infine uno strato trasparente può essere paragonato al vetro delle nostre lampadine, e racchiude l’organo fotogeno. La luce stessa viene prodotta dall’ossidazione o disidratazione di una sostanza chimica, la luciferina, per opera dell’enzima luciferase.


Nome comune: LUCCIOLA (Inglese: firefly)

Specie: Phausis splendidula

Famiglia: Lampiridi (Lampirydae)

Ordine: Coleotteri (Coleoptera)

Classe: Insetti (Insecta)

CARATTERISTICHE

La lucciola è un coleottero lungo 8-10 mm. Il maschio e la femmina sono molto diversi tra loro (dimorfismo sessuale). Il primo è un buon volatore e possiede delle ali membranose coperte da delle ali più coriacee, dette elitre. Al contrario la femmina, dall’aspetto larvale, non vola affatto.

Il corpo è color grigio bruno. Il capo è interamente, o quasi, coperto dalla prima porzione del torace che lo protegge, come un cappuccio.

Le larve hanno un corpo appiattito con capo retrattile e mandibole, atte a predare per un periodo molto lungo. Posteriormente possiedono una sorta di piede che permette di aderire con assoluta sicurezza al guscio delle lumache, le prede preferite.




VITA E ABITUDINI

Nelle notti estive è possibile ammirare il luccichio dei maschi che volano nei prati e inprossimità dell’acqua. Le femmine si fanno notare mentre si muovono tra i rami, cercando di comunicare al partner la disponibilità all’accoppiamento. I maschi, attirati dalla luce emessa dalla femmina, sono in grado di atterrare con estrema precisione e alla fine scorgono la partner seguendo la scia odorosa.

In estate la femmina depone le uova, a gruppetti di 70-100 unità, tra i sassi, tra le fessure del terreno oppure tra le foglie.

In autunno sgusciano le larve che, se le condizioni climatiche lo consentono, iniziano subito a cacciare. Le larve, infatti, sono carnivore e vivono tra le foglie umide oppure nel muschio.

Successivamente alla nascita e per un paio di anni, le larve hanno il solo obiettivo di nutrirsi e di crescere. Le larve sono delle predatrici agguerritissime. Le prede preferite sono chiocciole e lumache. Questa specializzazione preda-predatore si evidenzia dal fatto che la lucciola ha evoluto il proprio comportamento in funzione di quello della chiocciola e della lumaca: la larva esce dal nascondiglio di notte oppure dopo la pioggia. La larva non è in grado di vedere, ma è estremamente abile a seguire la scia lasciata dalla inconsapevole lumaca. Questa viene morsa più volte all’altezza della testa e in breve tempo, grazie anche al veleno iniettato, subentra la paralisi.

Consumato il lauto pasto, la larva si ritira in qualche nascondiglio per digerire. La digestione avviene in parte esternamente, come avviene nei ragni.

Via via che la larva cresce, la pelle viene mutata più volte. Questo processo si prolunga per due estati. Avvenuta l’ultima trasformazione, la vita degli adulti è estremamente breve (qualche giorno al massimo qualche settimana) e volta esclusivamente alla riproduzione. Infatti, non si nutrono e vivono grazie alle scorte energetiche accumulate durante la fase larvale.


E ancora


le lucciole – Phausis splendidula

Ordine: Coleotteri

Famiglia: Lampiridi

Lunghezza: 8–10 mm

Visibile : maggio/giugno. Dopo il tramonto.

Ambiente: boschi, giardini, sentieri, macchia. Volano a un’altezza di 1–1,5 m.

Area geografica: le lucciole che emettono segnali luminosi intermittenti si trovano nei tropici e in tutta l’Europa centrale e meridionale; molte rare in Europa settentrionale.

 

Caratteristiche: il dimorfismo sessuale è particolarmente marcato nelle lucciole. Il maschio ha vere e proprie ali, ricoperte di uno strato protettivo marrone e leggermente corrugato in senso verticale. Le ali delle femmine sono invece ridotte a minuscole squame, che non permettono di sollevarsi in volo e che lasciano intravedere i segmenti del corpo. Sulla parte ventrale dell’ultimo segmento si trovano gli organi luminescenti. I lampiridi sono tra i rari animali sulla terra che emettono luce.

 

Vita e sviluppo: in tutti gli stadi di sviluppo, questa specie è dotata di organi che emettono luce e che sono poi usati dagli adulti per trovare il partner. La luce viene generata tramite un materiale luminescente chiamato luciferina. Il segnale intermittente viene emesso solo dai maschi rivali che volano al buio cercando di attrarre l’attenzione di una potenziale sposa. Le 2000 specie di questa famiglia si differiscono dal ritmo dei messaggi d’amore che emettono. “Si tratta di ritmi molto precisi”, spiega la biologa Sara Lewis della Tufts University di Medford, Massachussets. “Ogni specie ha il proprio codice.”

 

Volano solo i maschi. Gli adulti non mangiano più e i maschi muoiono poco dopo l’accoppiamento. Le femmine sopravvivono per un paio di giorni, il tempo di deporre le uova nella terra.

   Riferimento online:


Fonte: Banca Dati Insecta Harlequin, Svizzera e Naturschutzbund (NaBu), Germania. Dr. Jiri Zahradnik, Dausien’s libro sugli insetti. 

 

Come le larve, gli adulti dei Lampiridi sono carnivori. Alcune specie sono elicofaghe, ma altre si nutrono di diversi insetti e talora persino dei loro simili.

Entomologi americani hanno potuto constatare che alcune femmine del genere Photuris sono in grado di modificare la frequenza e la luminosità della propria luce, in modo da simulare la luce delle femmine di altre specie di lampiridi, attirarne i maschi e poi divorarli (Milne & Milne, 1983).


E tu che credevi...


E forse nepure Dante:


 Quante 'l villan ch'al poggio si riposa,

nel tempo che colui che 'l mondo schiara

la faccia sua a noi tien meno ascosa,


come la mosca cede a la zanzara,

vede lucciole giù per la vallea,

forse colà dov' e' vendemmia e ara:


di tante fiamme tutta risplendea

l'ottava bolgia, sì com' io m'accorsi

tosto che fui là 've 'l fondo parea.


(Inferno XXVI, 25-33)


 


 


 


 

what a wanderful world


Il triangolo estivo: lo ritrovo tutti gli anni qui da Ortignano Raggiolo.

Guarda Denebola:  quella che vedi è di 1.400 anni fa, tanti sono gli anni luce della sua distanza. Luminosità di circa 80.000 volte quella del nostro Sole.  E' uno dei grandi fari del nostro universo. Dove io vedo una croce gli arabi vedevano un cigno (più ottimisti), dove io immagino la testa, quelli di Al Quaeda vedono la coda:


Il suo nome deriva dall'espressione araba Dhànab al-'Ukàb (La "coda" del cigno).  Questo mi dice Wikipedia.


What a Wonderful World audio e video


Louis Armstrong


WHAT A WONDERFUL WORLD

 (George Weiss / Bob Thiele)


 I see trees of green, red roses too

 I see them bloom for me and you

 And I think to myself, what a wonderful world


 I see skies of blue and clouds of white

 The bright blessed day, the dark sacred night

 And I think to myself, what a wonderful world


 The colours of the rainbow, so pretty in the sky

 Are also on the faces of people going by

 I see friends shakin' hands, sayin' "How do you do?"

 They're really saying "I love you"


 I hear babies cryin', I watch them grow

 They'll learn much more than I'll ever know

 And I think to myself, what a wonderful world

 Yes, I think to myself, what a wonderful world.


 Buona giornata dalle Lame.


NB. In giornata Stefano mi conclude il montaggio in DVD della serata al castello di Poppi, sabato 14 giugno u.s., presentazione del libro "Ivi è Romena". Penso di poter distribuire il video insieme al libro.

martedì 24 giugno 2008

Cuba, Venezuela, Bolivia

Stampa non rassegnata



La singolare scelta delle notizie sull'America Latina









di Ginni Minà - da Latinoamerica

L'informazione dei nostri media sull'America latina e particolarmente su nazioni indigeste agli Stati uniti come Cuba, Venezuela o Bolivia, è stata sempre scorretta e spesso perfino grottesca. Ma ci sono periodi, come quello attuale, di profonda crisi dell'immagine degli Stati uniti e della credibilità dell'Occidente, in cui questo atteggiamento diventa quasi un insulto per l'intelligenza degli stessi lettori.


La preoccupazione più palese dei nostri media, negli stessi giorni di queste notizie, era che Raúl Castro, riaprendo le porte degli alberghi di lusso ai cubani, non avesse considerato il fatto che, magari, una notte al mitico hotel Nacional de l’Avana costasse a un cittadino medio l’equivalente di dieci stipendi. Come se tutti i francesi, specie quelli delle banlieues, si potessero permettere una suite al Ritz di Parigi, o come se i milioni di esseri umani che in Brasile vivono nelle favelas avessero la consuetudine di passare qualche giorno negli alberghi di Ipanema o di Leblon a Rio de Janeiro. Se è lo stato a vietarti un consumo per assicurarti magari un’assistenza, una tutela, non è accettabile. Ma se te lo nega il mercato invece sì. Quando, negli anni ‘90, crollò il comunismo sovietico e vennero meno i rapporti economici con i paesi del Comecon, Cuba, che [forse è il caso di ricordarlo] è un’isola dei Caraibi e non il Liechtenstein, l’Olanda o la Spagna, puntò tutto sul turismo. Ma, come ha ricordato in questo numero di Latinoamerica Salim Lamrani, non aveva abbastanza strutture per accogliere la massa di turisti che avrebbero assicurato la sopravvivenza al paese, ancora strangolato dall’immorale e antistorico embargo degli Stati uniti. Dare quindi la precedenza ai turisti stranieri, portatori di valuta pregiata, è stata per lungo tempo una scelta obbligata. Ma per cogliere questi aspetti ci vorrebbe un po’ di onestà intellettuale, che per Cuba dalle nostre parti non c’è mai.



Così si preferisce scoprire l’acqua calda segnalando la voglia di consumi di molti giovani, dimenticandosi sistematicamente, per esempio che, nello stesso continente, ci sono 40 milioni di nordamericani che sognano uno straccio di assistenza sanitaria e 60 milioni di brasiliani per i quali il presidente Lula ha dovuto inventare il piano Fame zero, il più grande progetto di assistenza alimentare mai varato al mondo, per assicurare tre pasti al giorno a ognuno di questi indigenti. Questo panorama non impedisce però, per esempio, alla collega Alessandra Coppola del Corriere della Sera, di dolersi per il nascente fenomeno rappresentato da alcuni cubani che lasciano le loro anguste realtà native sognando una realtà migliore a l’Avana, la grande capitale, dove sono già nate piccole baraccopoli. È inutile ricordare che, proprio per quello che abbiamo imputato sempre alla Rivoluzione, la sua chiusura, la sua diffidenza verso gli stili di vita del capitalismo trionfante, Cuba si era finora salvata dal fenomeno dell’urbanizzazione che ha reso un incubo la vita della maggior parte degli abitanti di megalopoli come Città del Messico, Mumbai, San Paolo del Brasile, Buenos Aires o Nairobi, dove un’umanità privata di igiene, istruzione, sanità e di qualunque altra assistenza, dovrebbe, per le logiche dell’economia neoliberale, sopravvivere con meno di un dollaro al giorno. Sempre sul Corriere Claudio Magris si chiede se “il regime avrà la capacità o meno di attuare una reale trasformazione, ossia di gestire il proprio trapasso in una società democratica e liberale”.



Al professore umilmente segnalo che, visti i risultati che la parola “liberale” ha partorito in America latina, mortificando perfino la parola democrazia, è molto difficile che Cuba, malgrado tutte le sue contraddizioni e i suoi problemi, si consegni mani e piedi a questa dottrina politico-economica. E tanto meno i cubani, se li conosco bene dopo più di trent’anni che frequento l’isola, giudicherebbero una vittoria e un merito una “graduale auto-abolizione della Rivoluzione”.



In questi mesi in cui fioccavano le efferatezze che ho prima messo in fila e la grande stampa, imperterrita, come fa da mezzo secolo, continuava, sbagliando le previsioni, a chiedersi dove andasse Cuba dopo Fidel, mi è piaciuta una risposta di Padura Fuentes, uno scrittore spesso critico con la Rivoluzione e per questo molto più intervistato di Senel Paz o di altri: “Cuba cambierà? Dipende dagli Usa”. Perché questa è la realtà. Non a caso Obama è stato l’unico a criticare, anche se con prudenza, l’embargo e ad accennare la possibilità di ridimensionarlo o di cancellarlo. La Cuba di Raúl sta lanciando dei segnali, ma se gli Stati uniti risponderanno con i soliti accenti, la Rivoluzione non aspetterà molto a rivedere alcune aperture fatte. Sempre che la realtà in divenire dell’America latina tesa al raggiungimento dell’unità continentale, non rassicuri Cuba che il tempo di vivere assediata è finito. Ma non sarà facile raggiungere questo risultato. Gli Stati uniti di Bush jr, anche nell’anno appena trascorso, hanno stanziato 140 milioni di dollari per favorire l’agognato “cambio” politico nell’isola, che significa poi il solito funzionario Usa, preferibilmente proveniente dalla Cia, che prepara il terreno per le razzie delle multinazionali e per mettere al governo fidati esecutori delle direttive che arrivano dall’economia Usa.


Per leggere tutto l'rticolo apri il titolo, sopra. Ne vale la pena.

lunedì 23 giugno 2008

Italia-Spagna

Ei non fu




Alla prossima.


Comunque ha vinto la squadra migliore. Pace.

domenica 22 giugno 2008

Domenica 22 giugno

Ma stasera?




Henri Rousseau, Les Joueurs de football, 1908


 Attendi attendi,

Magnanimo campion ,.. attendi e il core

Movi ad alto desio. Te l'echeggiante

Arena e il circo, e te fremendo appella

Ai fatti illustri il popolar favore;

Te rigoglioso dell'età novella

Oggi la patria cara

Gli antichi esempi a rinnovar prepara.




Dal rimembrar delle passate imprese.

Alla patria infelice, o buon garzone,

Sopravviver ti doglia.


Chiaro per lei stato saresti allora

Che del serto fulgea, di ch'ella è spoglia,

Nostra colpa e fatal. Passò stagione;

Che nullo di tal madre oggi s'onora:

Ma per te stesso al polo ergi la mente.


Nostra vita a che val? solo a spregiarla:

Beata allor che ne' perigli avvolta,

Se stessa obblia, nè delle putri e lente

Ore il danno misura e il flutto ascolta.

Beata allor che il piede

Spinto al varco leteo
, più grata riede.

(Leopardi, a un vincitore nel pallone)


nota esplicativa:

il piede: di Toni

varco leteo=porta della Spagna




Andrei Arshavin

Goal



Il portiere caduto alla difesa

ultima vana, contro terra cela

la faccia, a non veder l'amara luce.

Il compagno in ginocchio che l'induce,

con parole e con mano, a rilevarsi,

scopre pieni di lacrime i suoi occhi.



La folla - unita ebbrezza - par trabocchi

nel campo. Intorno al vincitore stanno,

al suo collo si gettano i fratelli.

Pochi momenti come questo belli,

a quanti l'odio consuma e l'amore,

è dato, sotto il cielo, di vedere.



Presso la rete inviolata il portiere

- l'altro - è rimasto. Ma non la sua anima,

con la persona vi è rimasto sola.

La sua gioia si fa una capriola,

si* fa baci che manda di lontano.

Della festa - egli dice - anch'io son parte.


Umberto Saba


 



Son contento per due motivi:

1- la Russia ha giocato meglio;

2- a godere la vittoria sono state 148.249.000  persone invece di 16.318.199.


Dove qualità e quantità vanno d'accordo.


Piccola riflessione morale: ma se tu ti fermavi alle immagini TV avresti creduto il contrario: 100 milioni di olandesi contro 10 milioni di russi.


Da cui l'insegnamento: la TV ti inganna; tutto quello che sai da lei è falso (oddio, non proprio tutto). Comunque meglio internet con i suoi blog interattivi e i feeds di bloglines. Understood?

sabato 21 giugno 2008

Croazia-Turchia

Che finale di partita!


 

Ancora extracomunitari?




Oh degli intenti umani antiveder bugiardo!


Fotogalleria

giovedì 19 giugno 2008

Quando si guarda al Casentino

da Frònzola




Il colle di Fronzola si eleva in posizione dominante e strategica rispetto alla valle, a controllare il corso dell’Arno, quello della Teggina, dell’Archiano e lo sbocco del Corsalone. Dall’alto si domina il paesaggio a 360 gradi. Salendo sui resti delle mura del casserum del castello e ruotando lo sguardo tutto intorno si scorge un paesaggio incredibilmente affascinante. Verso sud si vedono la torre massiccia di Ortignano a quella di Risecco, in alto il valico di Civitella che conduce verso la vallata di Castelfocognano, poi la cresta collinare di Giogalto ed ancora più a sud est, a chiudere, l’accesso al catino della valle il colle dove si trovava il castello di Oci e poco più sotto nella zona di Fontechiara si scorgono le colline di Montecchio e Vignoli. Più in alto si individua il castello di Sarna, il valico della croce di Sarna verso Chitignano e la valle del Rassina, quindi sul crinale della montagna della Verna si scorgono le case di Dama e molto in alto lo scuro triangolo rettangolo della Verna con il passo di Chiusi verso la Val Tiberina. Più in basso si adagia Bibbiena con le sue torri e campanili e sotto la collina di Bibbiena si intravede il luogo detto Castellare sede della Pieve e delle antiche rovine romane; ancora poco sopra si vede il castello di Gressa, Marciano, Soci più in basso sulla pianura dell’Archiano. Tra le montagne aspre e scure dell’Appennino, verso nord est, si scorge il colle appuntito di Montefattucchio dove si trovava il castello che dominava la via Romea dell’alpe di Serra, in alto la giogana appenninica si abbassa verso  il passo di Serra. Poi ancora più a nord sulla scura foresta di Camaldoli biancheggiano Serravalle, Moggiona e  più in basso il paese di Lierna con il suo castello ed ancora più sotto il luogo dove si trovano le antiche rovine del castello di Ragginopoli; accanto si stende la montagna di Camaldoli che sale verso l’eremo. Proprio ai piedi del colle di Fronzola si adagia mollemente il colle Tenzino e la collinetta successiva di Poppi con il magnifico castello che mostra il suo ingresso, il grande piazzale antistante, la torre dei diavoli, la porta a Fronzola, i campanili delle chiese dalla pieve di San Lorenzo a quella di San Fedele, l’antica chiesa, ora restaurata, dedicata a San Lorenzo. Più in basso le case di quello che un tempo era Strumi, poi Filetto ed il passaggio verso Castel San Niccolò e lo sbocco del Solano nell’Arno. Infine verso nord ovest si scorgono nella lontananza i castelli di Porciano, Romena e si individuano le alture dove si trovavano i formidabili castelli di Castelcastagnaio e Battifolle, ormai ridotti a pochi ruderi, ancora in alto Montemignaio ed i  passi verso Firenze ed il Mugello. Molto più vicino, proprio accanto a Fronzola, ad occidente, il campanile e le case di Larniano.

Si può seguire distintamente tutto il corso dell’Arno, dai contrafforti del Falterona fino alle pianure in basso, dove serpeggiava nella piana di Campaldino, nel piano della Tomba, alla confluenza con l’Archiano ed il Corsalone.

Naturalmente si scorge chiaramente il corso dell’antica rete viaria, della “Casentinensis maior” e delle sue derivazioni, la sede della pieve di Arcina ai piedi di Bibbiena, le pievi di Buiano, Strumi, Romena e nella lontananza Stia.



Italo Galastri, qui.



L'ho incrociato sabato 16 febbraio, mentre risalivo in macchina da Poppi, appena superate le curve che fiancheggiano il più bel campo di golf a 9 buche d'Italia, intento a bonificare le adiacenze di Fronzola, come dalla foto.


L'ho ritrovato l'ultima volta al Castello di Poppi il 14 giugno u.s. nella serata dedicata alla presentazione del libro "Ivi è Romena", quando mi aveva accennato ad un suo blog appena nato; ed infatti google me lo ha rintracciato. Benvenuto, Italo. Un invito ad aprire una serie di blog casentinesi, ora che l'ADSL pare finalmente sia estesa al territorio aretino.


Cito ancora dal suo blog:


Il toponimo Fronzola probabilmente deriva da “fronda” (di quercia o di castagno), cioè dalla folta vegetazione che circonda il paese e si stende sulle colline intorno; prevale la quercia, il rovere e, soprattutto tra Fronzola, Ortignano e Quota, si trovano antichi castagneti. Ritengo che debba essere presa in considerazione anche la derivazione da fionda (cfr mazzifronzola come viene chiamata in dialetto locale) o forse che debbano essere prese in considerazione altre derivazioni più antiche e meno semplicistiche. Sulla sommità del colle che sovrasta Poppi a mezzogiorno, ad una altezza di circa 600 metri, si trovano i resti del formidabile castello medioevale e di una muratura più antica, forse di epoca etrusca.


Dal blog si può risalire al sito curato da Italo e riguardante il suo tentativo di recuperare  Fronzola al circuito anche produttivo casentinese.


Nota:

Proverbio imparato da Barbabianca piccino:

Quando Fronzola sfronzolava, Poppi, con Bibbiena, tremava.


Ciao, Italo. Buona giornata a te e Franca. E grazie per avermi fatto conoscere Catherine Adoyo.


martedì 17 giugno 2008

Dante in Casentino

Castello di Poppi, 14 giugno 2008




clicca sulla foto per ingrandire


Antonella Natangelo, soprano arpa celtica, è stata la Matelda della serata. Guardala qui


Cito dai commenti del post di sabato 7 giugno (Dante e Virgilio):



Dopo i dovuti ringraziamenti a siffatta parafrasi...con collegamenti diretti anche alle metamorfosi di ovidio...non posso che domandare come è andata la giornata di sabato 14 al castello di poppi...nonchè avere la vostra opinione sulla"riabilitazione" dopo quasi 800 anni del sommo poeta da parte del comune di firenze.... aspetto vostre notizie grazie.

Distinti saluti Riccardo


Risposta a Riccardo:

Al castello di Poppi è stata una seduta medianica: è apparso Dante, si è affacciata alla veranda Gherardesca di Battifolle, Si è aperto il cielo (chiuso fino ad allora) in tempo per farci intravedere Dante che spicca il volo con Beatrice, dopo che Matelda l'ha tuffato nelle acque limpide del Leté per offrirlo all'abbraccio delle quattro belle. Da non credere. Uscirà il video della serata.

Quanto al Consiglio comunale, aspetto di vedere nel sito del Comune la registrazione della seduta. Poi cercherò di rintracciare Dante, se un'astronave mi porterà sulla costellazione dei Gemelli. Forse basterà un contatto radio. Vedremo.


Ma la serata merita un più ampio commento. Nel frattempo ecco il cast della presentazione:


Antonella Natangelo, arpa e canto,

Catherine Adoyo, voce di Ella Noyes,

Gabriella Gualtieri, Ella noyes e voce fuori campo,

Lola Poggi, Gherardesca di Battifolle,

Rolando Milleri, Dante,

Stefano Masetti, Dante,

Giovanni Terreni, araldo del comune di Firenze,

Urbano Cipriani, narratore.



Nota: Catherine Adoyo è borsista alla normale di Pisa per conto dell'università di Harvard, sul tema di ricerca: "La struttura della Divina Commedia". Come dire "Dante il Renzo Piano dell'urbanistica celeste". Chiederò a Catherine di presentarsi in prima persona su questo blog.

lunedì 9 giugno 2008

Dante e Firenze

Riabilitazione (II)

(seguito del post precedente)


Oggi, lunedi 9 giugno al Consiglio comunale di Firenze


   Ufficio Stampa - Comune di Firenze

Palazzo Vecchio - P.za Signoria, 1 - 50122 Firenze

Tel. 055 276 8075 - Fax 055 276 8282 


L'altra volta era andata così:



Il Sindaco-Podestà si chiama Guido (dei Guidi di Poppi).
Siamo nel maggio 1315.  Il 24 giugno è la festa di S. Giovanni a Firenze, città ormai stanca di risse e di vendette. Il nuovo Podestà è stato chiamato per riportare pace e serenità. Manca un mese alla festa. Niente di meglio che una bella Ordinanza che riporti in patria vecchie conoscenze, nobili, mercanti, artigiani, poeti ex ambasciatori e ormai noti personaggi. L'Impero non fa più paura, il papa si è trasferito in Francia, le gualchiere lungo l'Arno battono i panni a pieno ritmo, è l'inizio del boom che porta i lanieri fiorentini fin nei porti del Baltico, i banchieri della città del fiore prestano fiorini anche agli ebrei, si prepararano a raccoglier le tasse a romani e napoletani per conto del papa e degli angioini di Francia. Avanti c'è posto. Una bella processione per le vie di Firenze inargentate, un velo da penitente sulla testa, una preghiera pubblica a S.Giovanni Battista, una multa simbolica a sconto di tutti gli abusi edilizi e il condono è fatto. Per tutti, anche per lui.


Dante riceve sollecitazioni ripetute e insistenti da  parenti e conoscenti. Ha davanti tante lettere e messaggi, di amici, di nipoti, di persone buone e influenti. Tra queste un monaco, un francescano dei tempi di Santa Croce o un domenicano di Santa Maria Novella, chissà.

Potrebbe davvero rientrare tra i suoi, ritrovare ogni cosa diletta più caramente, passeggiare per le vie di Firenze inargentate, contemplare l’Arno balsamo fino, ritrovare Gemma, i figli Pietro, Iacopo, Atonia, il fratello Francesco, la sorella Tana, gli amici di giovinezza, musici e letterati,  poeti e stornellatori...

 Qualche ora tormentata davanti allo scrittoio, forse una notte insonne, una risposta abbozzata, stracciata, ricomposta e poi ancora distrutta. Finalmente eccola qui, giunta fino a noi nella sua interezza.


Il grande rifiuto


(XII Lettera a un amico fiorentino  maggio 1315)


Amico Fiorentino (All’amico fiorentino - la lettera è in latino)



Nella vostra lettera ricevuta con l’affettuoso rispetto dovuto ho appreso con mente grata e attenta considerazione quanto il mio ritorno in patria vi sia a cura e a cuore; e perciò tanto più strettamente mi avete obbligato quanto più di  rado capita che gli esuli trovino amici. 

Ma la risposta al contenuto di quella, anche se non sarà quale forse la pusillanimità di alcuni vorrebbe, io chiedo sentitamente che, prima di ogni giudizio, sia passata al vaglio della vostra saggezza.  

 Ecco dunque ciò che dalle lettere vostre e di mio nipote nonché di parecchi altri amici mi è stato comunicato, per l’ordinamento testé fatto a Firenze sull’assoluzione degli sbanditi, che
se volessi pagare una certa quantità di denaro e volessi sopportare la vergogna dell’offerta, potrei essere assolto e ritornare subito.  

 Nella quale assoluzione invero due cose sono risibili e mal suggerite, o padre; dico mal suggerite da coloro che tali cose hanno scritte, giacché la vostra lettera formulata con diverso discernimento e saggezza niente di ciò conteneva.   

Estne ista revocatio gratiosa qua Dantes Alagherii revocatur ad patriam, per trilustrium fere perpessus exilium? Hocne meruit innocentia manifesta quibuslibet? Hoc sudor et labor continuatus in studio?  

E’ questa la grazia del richiamo con cui Dante Alighieri è richiamato in patria dopo aver patito quasi per tre lustri l’esilio? Questo ha meritato una innocenza evidente a chiunque? Questo i sudori e le fatiche continuate nello studio?

 

Lungi da un uomo familiare della filosofia una bassezza d’animo a tal punto fuor di ragione da accettare egli, quasi in ceppi, di essere offerto, a guisa di un Ciolo e di altri disgraziati.  

Absit a viro predicante iustitiam ut perpessus iniurias, iniuriam inferentibus, velut benemerentibus, pecuniam suam solvat!   


Lungi da un uomo che predica la giustizia il pagare, dopo aver patito ingiustizie, il suo denaro ai persecutori come a benefattori.  

Non est hec via redeundi ad patriam, pater mi; sed si alia per vos ante aut deinde per alios invenitur que fame Dantisque honori non deroget, illam non lentis passibus acceptabo; quod si per nullam talem Florentia introitur, nunquam Florentiam introibo.


Non è questa la via del ritorno in patria, o padre mio; ma se una via diversa da voi prima o in seguito da altri si troverà che non deroghi alla fama e all’onore di Dante, quella non a lenti passi accetterò; che se non si entra a Firenze per una qualche siffatta via, a Firenze non entrerò mai.  

 Quidni? nonne solis astrorumque specula ubique conspiciam? nonne dulcissimas veritates potero speculari ubique sub celo, ni prius inglorium ymo ignominiosum populo Florentineque civitati me reddam? Quippe nec panis deficiet.

E che mai? Forse che non vedrò dovunque la luce del sole e degli astri? Forse che non potrò meditare le dolcissime verità dovunque sotto il cielo, se prima non mi riconsegni alla città, senza gloria e anzi ignominioso per il popolo fiorentino? Né certo il pane mancherà.


PS. Però, che carattere!

 Restiamo in attesa della risposta di Dante all'Ordinanza 9 giugno 2008 del Comune di Firenze.  Se non risponde, si può tentare con la richiesta di un'intervista.


 


Dante e Firenze

Riabilitazione


Oggi, lunedi 9 giugno al Consiglio comunale di Firenze


   Ufficio Stampa - Comune di Firenze

Palazzo Vecchio - P.za Signoria, 1 - 50122 Firenze

Tel. 055 276 8075 - Fax 055 276 8282 

        


COMUNICATO STAMPA


Firenze, 07 Giugno 2008


NEL CONSIGLIO DI LUNEDÌ PROSSIMO LA MOZIONE PER «RIABILITARE DANTE ALIGHIERI»


Arriva in consiglio comunale la mozione per «promuovere una piena riabilitazione pubblica di Dante Alighieri revocandone formalmente la condanna inflitta nel 1302». Il documento, fatto proprio dalla quinta commissione, era stato presentato dai consiglieri Enrico Bosi e Massimo Pieri (Fi-Pdl), è all'ordine dei lavori della seduta di lunedì prossimo.

Tra le delibere quella che contiene il programma per «soppressione dei passaggi a livello e risanamento acustico» delle linee ferroviarie «Firenze - Chiusi - Firenze Campo di Marte - Firenze Rifredi» e quella per l'«adozione di una variante al piano regolatore generale relativa a cinque aree correlate al progetto definitivo di opera pubblica "Collettore emissario in sinistra d'Arno"».

Il consiglio comunale si aprirà alle 15 con le comunicazioni e le domande di attualità.


La storia


 Le condanne inflitte nel 1302 sono, appunto due, e non una. La prima al confino per 2 anni, la seconda a morte per fuoco (arso vivo). La terza arriverà nel Novembre del 1315 (decapitazione per lui e figli maschi).


 Prima condanna

27 gennaio 1302



In nome di Dio, amen.

Io Messer Cante dei Gabrielli da Gubbio, onorevole Potestà della Città di Firenze … nell’anno del Signore 1302, al tempo del Santissimo Padre Papa Bonifazio VIII, indizione quindicesima…

OMIS SIS

Essendomi  venuto alle  orecchie sulla base di pubbliche dicerie che

Dante Alighieri, durante il tempo del suo Priorato o dopo,

1 -aveva commesso per sé o per altri Baratterie, illeciti lucri, inique estorsioni in denaro o altre cose

2 – che lui o chi per lui aveva ricevuto denaro o altra utilità per far eleggere Priori o Gonfalonieri, ufficiali di distretto, per stanziamenti a favore di rettori e ufficiali del comune di Firenze;

3 – che aveva commesso frodi e baratterie di denaro o cose in danno del Comune di Firenze;

4 – che aveva fatto spendere denari contro il Sommo Pontefice e per impedire la venuta di re Carlo D’Angiò;

5 – che aveva commesso  o fatto commettere frode, falsità, dolo, malizia, baratteria e grave estorsione e aveva operato per dividere la città di Pistoia causando l’espulsione da detta città dei Neri fedeli alla Chiesa Romana, staccandola dall’alleanza con Firenze, dalla soggezione alla Chiesa romana e a re Carlo, paciaro in Toscana;

ordino che detto messer Dante, insieme a Palmerio, Orlanduccio e Lippo,…

venga multato di 5.000 fiorini piccoli, che restituisca quello che ha illegittimamente estorto.

Se non obbedisca alla condanna entro il terzo giorno da oggi

che tutti i suoi beni siano confiscati, devastati e distrutti; e devastati e distrutti restino di proprietà comunale; che, anche se pagante, resti fuori della provincia di Toscana a confino per due anni; che sia escluso per sempre dai pubblici uffici come falsario e barattiere, che paghi la condanna o no.

Tale è la nostra sentenza di condanna. (Libro del chiodo, Firenze Archivio di Stato)




Seconda condanna

 (10 marzo 1302)




In nome di Dio, amen.

noi Cante, predetto Podestà, diamo e proferiamo la sotto indicata Condanna:

Messer Andrea de Gherardini

Messer Lapo Saltarelli

Messer Palmerio Altoviti

Messer Donato Alberti

Lapo Ammuniti

Lapo Blondo

Gherardino Diodati

Corso di Alberto Ristori

Innami dei Ruffoli

Lapo Becca

Dante Allighieri

Orlanduccio Orlandi

  Messer Simone Guidalotti

   Messer Guccio Medico

   Guido Bruno dei Falconieri

contro i quali si è proceduto a seguito della inquisizione del nostro ufficio e della nostra Curia per il fatto pervenuto alle orecchie nostre e della stessa nostra Corte « fama publica referente »;

…che se qualcuno dei predetti in qualsiasi tempo cadrà in potere del detto comune, sia bruciato col fuoco finché muoia
. (Libro del chiodo cit.)


Lettera al Consiglio Comunale:                                              


  Al Presidente


  ai Capigruppo


  al Presidente Commisione Cultura   del Consiglio Comunale di Firenze


Per dare credibilità alla revoca formale del bando del 1302 contro Dante Alighieri, che verrà discussa in Consiglio comunale fiorentino il 9 giugno, evitando di ridurla a una umiliante trovata pubblicitaria, chiedo ai consiglieri di accogliere e assumere lo sguardo dell'esule e attualizzarlo.


Sembra che si possa definire la genialità di Dante, nel suo nucleo fondamentale, come la capacità di rovesciare in positivo il senso del torto subito. E' il principio etico che soggiace ad ogni resurrezione: trasformare la condanna a morte in germe di vita. Dante lo dice con particolare trasporto emotivo e con emergenza poetica nel XXVII canto del Paradiso non a caso di fronte a Beatrice e a colloquio con Cacciaguida.


In sostanza, Dante attraverso il suo trisavolo rivela il principio etico che soggiace a tutta l'opera: il bando e la condanna a morte, che avrebbero potuto annullare lui e ferire profondamente la città tutta, dovrà trasformarsi con l'impegno di tutta la vita, con l'ingegno, con la capacità di comunicare, in fermento di crescita e di trasformazione creativa per tutti.


Cacciaguida lo invita a comunicare con coraggio la sua esperienza di vita, anche se a taluni ciò potrà dispiacere ("Ma nondimen, rimossa ogni menzogna, / tutta tua vision fa manifesta; / e lascia pur grattar dov'è la rogna"). Se la voce di Dante risulterà in un primo tempo molesta, quando sarà digesta (digerita) procurerà a tutti un nutrimento di vita (Questo tuo grido farà come vento,/ che le più alte cime più percuote).


Senza la forza interiore con cui Dante visse l'esilio e la condanna, senza il suo grido, senza la geniale scoperta di questo principio esistenziale ed etico capace di trasformare la morte in vita, forse non ci sarebbe stata la Divina Commedia.


E oggi il Consiglio e la Giunta comunali per rendere credibile l'annullamento della condanna sono chiamati ad assumere lo sguardo di Dante rivolgendolo alla realtà attuale: trasformare in risorsa positiva l'esperienza dei fuorusciti che vivono oggi a Firenze; "far manifesta la visione" di quanti oggi provano sulla loro pelle "come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e 'l salir per l'altrui scale", in modo da aiutare i fiorentini stessi a gestire positivamente e rendere "digesta" l'insicurezza e la paura.


Allora, il vero pregnante gesto di pentimento e di riscatto verso il "bandito" antico dovrebbe consistere nel rivedere nella sostanza se non annullare le recenti ordinanze e i progetti di modifica dei regolamenti di polizia comunale contro i "banditi" di oggi: lavavetri, accattoni, barboni, immigrati, dannati in genere. Lasciando il compito giustamente repressivo dell'illegalità delinquenziale agli organi statali preposti e potenziando invece come amministrazioni locali i servizi di socialità e accoglienza.


A causa di quei provvedimenti repressivi, Firenze, perfino lei, la città gentile dell'armonia e della misura, ha cambiato volto agli occhi del mondo, assumendo le sembianze arcigne della società della guerra mercantile globale di tutti contro tutti.


E' questo il messaggio che inevitabilmente è rimbalzato nei media diventando notizia di interesse mondiale. La "città sul monte", che nel secolo scorso ha animato e nutrito, nell'intero paese e a livello internazionale, la cultura della solidarietà, dell'accoglienza, della pace nella giustizia, grida la propria sconfitta di fronte al montare della violenza, dell'insicurezza e della paura e si piega fino a diventare apripista e capofila di una politica repressiva e intollerante. Non potendo aggredire le vere cause dell'insicurezza ci si affida al collaudato meccanismo del capro espiatorio: risorsa potente dell'impotenza politica.


Questo messaggio distruttivo potrebbe essere ribaltato o almeno attenuato se si assumesse l'etica dell'esule che ha animato la Divina Commedia.


La bandiera dantesca del riscatto degli esuli è stata tenuta alta a Firenze da tanti, individui ed associazioni, che non si sono mai piegati alle ricorrenti folate di vento xenofobo ma hanno lavorato spesso nel nascondimento per attualizzare la lezione dantesca.


Quest'anima solidale della città chiede che quella bandiera ideale dell'esule Dante venga attualizzata e fatta propria dal Consiglio e dalla Giunta comunali.


        Firenze 8 giugno 2008                  Enzo Mazzi


Riferimenti:


Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose


di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie


che dietro a pochi giri son nascose.


       Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,


poscia che s'infutura la tua vita


vie più là che 'l punir di lor perfidie».


       Poi che, tacendo, si mostrò spedita


l'anima santa di metter la trama


in quella tela ch'io le porsi ordita,


       io cominciai, come colui che brama,


dubitando, consiglio da persona


che vede e vuol dirittamente e ama:


       «Ben veggio, padre mio, sì come sprona


lo tempo verso me, per colpo darmi


tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona;


       per che di provedenza è buon ch'io m'armi,


sì che, se loco m'è tolto più caro,


io non perdessi li altri per miei carmi.


       Giù per lo mondo sanza fine amaro,


e per lo monte del cui bel cacume


li occhi de la mia donna mi levaro,


       e poscia per lo ciel, di lume in lume,


ho io appreso quel che s'io ridico,


a molti fia sapor di forte agrume;


       e s'io al vero son timido amico,


temo di perder viver tra coloro


che questo tempo chiameranno antico».


       La luce in che rideva il mio tesoro


ch'io trovai lì, si fé prima corusca,


quale a raggio di sole specchio d'oro;


       indi rispuose: «Coscienza fusca


o de la propria o de l'altrui vergogna


pur sentirà la tua parola brusca.


       Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,


tutta tua vision fa manifesta;


e lascia pur grattar dov'è la rogna.


       Ché se la voce tua sarà molesta


nel primo gusto, vital nodrimento


lascerà poi, quando sarà digesta.


       Questo tuo grido farà come vento,


che le più alte cime più percuote;


e ciò non fa d'onor poco argomento.


       Però ti son mostrate in queste rote,


nel monte e ne la valle dolorosa


pur l'anime che son di fama note,


       che l'animo di quel ch'ode, non posa


né ferma fede per essempro ch'aia


la sua radice incognita e ascosa,


       né per altro argomento che non paia».


(Paradiso, XVII,  94-142)



sabato 7 giugno 2008

Virgilio e Dante

 Dante al tempo della Vita Nova




clicca sulla foto per ingrandirla


Virgilio a Dante



Maggior difetto men vergogna lava


...che 'l tuo non è stato


Però d'ogni tristizia ti disgrava


e fa' ragion ch'io ti sia sempre a lato...


Le altre foto


 Si chiama Riccardo, è di Pratovecchio, studia scienze politiche a Firenze, fa il cameriere a Stia, sabato 14 non sarà al castello di Poppi perché è a Madrid dalla sua Beatrice. Ha visto il libro in un chiosco di Pratovecchio ed è rimasto folgorato. Il motivo ce lo dirà lui a comodo.

Bargello, Palazzo non finito

Sandro Lombardi in 'Erodiade' di Testori


Nel Cortile del Museo Nazionale del Bargello fino al 6 giugno la tragica eroina impersonata da un attore brianzolo...

Nel Cortile del Museo Nazionale del Bargello fino al 6 giugno la tragica eroina impersonata da un attore brianzolo... | Fino all'8 giugno ore 21.15

CORTILE DEL MUSEO NAZIONALE

DEL BARGELLO

Soprintendenza Speciale P.S.A.E. e per il Polo Museale della Città di Firenze

Museo Nazionale del Bargello - Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Eti - Teatro della Pergola - Associazione "Amici del Bargello"

ERODIAS di Giovanni Testori

con un prologo da Mallarmè

di Patrizia Valduga

uno spettacolo di e con Sandro Lombardi

e con Ciro Masella

allestimento scenico Patrizia Scassellati

costumi Marion D'Amburgo

musiche originali Giancarlo Cardini

luci Gianni Pollini

suono Antonio Lovato

costumi Marion D'Amburgo

regista assistente Francesco Torrigiani

maestro di canto Francesca Della Monica



con il sostengo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Toscana



In occasione della mostra I grandi bronzi del Battistero l'arte di Vincenzo Danti discepolo di Michelangelo Museo Nazionale del Bargello, 16 aprile/7 settembre 2008 visitabile gratuitamente prima e dopo lo spettacolo.



Dopo i consensi riportati con Edipus, 1994, Cleopatràs, 1996, Due lai, 1998 e L'Ambleto, 2001, per ciascuno dei quali ha ricevuto il Premio Ubu come miglior interprete maschile dell'anno, Sandro Lombardi torna al teatro di Giovanni Testori.



Erodiàs costituisce il pannello centrale di un trittico, pubblicato postumo con il titolo Tre lai nel 1994. Si tratta di tre lamenti di morte, il primo dedicato a Cleopatra, l'ultimo alla Madonna, al centro del quale si colloca una delle eroine su cui più volte era tornato Testori: Erodiade, l'antica concubina di Erode che, presa di folle amore per Giovanni Battista e furente per il rifiuto oppostole, spinge la figlia Salomè a chiederne la testa.



In un teatrino di qualche cittadina brianzola, un attore, identificandosi con Erodiade, intona uno strampalato canto funebre e, rimproverando il Battista di esserle apparso troppo bello e seducente, si abbandona a un soliloquio appassionato e disperato. Repentini scarti d'umore spostano il clima dai toni alti della tragedia alla situazione quotidiana, anche baraccona e grottesca, di una stanca 'subrettona' dalle bellezze appassite. Lo spettacolo si gioca tutto nel contrasto tra il riferimento biblico col suo sfondo palestinese e la fastosità barocca di un linguaggio da teatro di varietà.



Ma un conto leggerlo nella scheda,


un conto vederlo


 la sera del 6 giugno


 (insieme a Paola, Gabriella, Rita).


 Il cortile del Bargello


 la sera è più che bello,


anche se ti vieni a trovar


 sotto l'ombrello.


Il Bargello è un luogo molto adatto per rappresentare la morte: da lì partivano i condannati per esser condotti all'ultimo supplizio. Girando la cantonata trovi la porta della cappella  con la prima fermata della via mortis (fuoco o decapitazione) che ti accompagnava fino al "luogo di giustizia" come ricorda il pannello sulla facciata:

Al primo piano del duegentesco Palazzo si trova la Cappella di Santa Maria Maddalena, dove sostavano i condannati a morte prima di iniziare il loro cammino verso il patibolo, assistiti dai confratelli della Compagnia dei Neri.


Il Bargello è un luogo molto adatto per rappresentare il ritorno alla vita: fu proprio qui, nel cortile aperto sul cielo, che Pietro Leopoldo di Lorena fece fondere, nella seconda metà del '700, gli strumenti di tortura, nel mentre l'araldo comunicava al mondo la fine per legge di quell'estrema tortura che si chiama condanna a morte per mano del boia.


Ragione per cui oggi tale diritto è rimasto in mano solo a 'drangheta, mafia, servizi segreti, e "governi canaglia".

Insomma ai terroristi.


Non per niente il Bargello s'intitola "palazzo non finito".


Scheda storica





Il cortile delle carceri




Teatro delle vicende politiche che videro contrapposti Papato e Impero, guelfi e ghibellini, nonché le fazioni cittadine in lotta per il potere, il palazzo fu testimone del progressivo decadere delle istituzioni repubblicane: all’affermarsi dell’egemonia medicea nella seconda metà del Quattrocento, con il trasferimento delle funzioni politiche a Palazzo Vecchio, divenne prima la sede del Consiglio di Giustizia e dei Giudici di Ruota, e dal 1574, sotto il principato di Cosimo I de’ Medici, fu trasformato in carcere cittadino. Dal Bargello (capo delle Guardie o di Piazza), che con l’aiuto dei suoi sbirri arrestava, interrogava e provvedeva anche ad eseguire le condanne, il palazzo ha derivato il nome che porta ancora oggi.

La trovi qui


venerdì 6 giugno 2008

Ahmadinajad 2


 The  covering fire has begun.


Il fuoco di copertura è incominciato.


My supposition is that, since Iran has been targeted for bombing by Bush (and openly by Olmert the other day), the press is jumping on the band  wagon to label everything that Iran (and its ruler) do as extremism.  The  covering fire has begun.


La mia supposizione è che, siccome l'Iran, per Buhs e per Olmert,  è l'obbiettivo da bombardare, la stampa salta sul loro carro ed etichetta tutto quello che fa l'Iran e il suo capo come estremismo. Il fuoco di copertura è incominciato.


Vedi qui (in inglese).


Distraiti un po' con Angeli distratti (intervista a Simona Torretta).

giovedì 5 giugno 2008

Piccioni



E' dal mese di febbraio, come tutti gli anni. Una coppia di piccioni si installa in terrazza e ne vuol prendere possesso: nido poi uovo. E cacche. Sono due piccioni israeliani e pensano di essere in un terrazzo di Palestina. Basta star via due giorni e l'occupazione è fatta. Provo con la rete, poi lo spray, poi il repellente...Niente da fare; solo l'omicidio mirato. Ed ecco che l'israeliano sono io. Ma non l'ho ancora fatto. Insisto con il repellente (€ 8,50), "innocuo per gli uomini". Ma sogno il lab CIA della peste alle galline cinesi e tedesche per un virussino collaterale anti polli, non infettivo per l'uomo. Difficile. Neppure the US Army c'è arrivato con l'uranio non sufficientemente impoverito. 

Ma perché non deviare la caccia dai sinti romeni ai piccioni cacherecci, con libertà di uccidere? Sarebbe una soluzione per Alemanno: i piccioni non hanno l'anima e il Vaticano non difende i loro embrioni, i verdi e gli animalisti sono fuori dal Parlamento insieme ai comunisti. Aspetto un decreto di Maroni che liberalizzi la caccia al piccione di città, in modo da farli sparire da Firenze (e dalla terrazza di casa mia) come sono spariti i lavavetri. E qui rivinceremo le elezioni, anche se la tranvia non fosse finita.

Ma passiamo dalle stalle alle stelle:

Si chiamava Ratzel (quasi ratsinger) e coniò per tutti una parola: raum. Lebens raum. Lo spazio vitale.

Ieri alla FAO "i grandi hanno litigato su tutto" (Repubblica quarta pag), ma sono "stati uniti" contro Amadinejad (Repubblica prima pag. cubitale quasi vomitale) . E siccome l'unione fa la forza, il pianeta è salvo. Perché, finché Israele non avrà sicurezza, non ci sarà pace sulla terra (Presidente Napolitano). Qui nei bar dell'Isolotto tutti i discorsi vertono su Israele e il suo strazio, ora che è passata la paura che la Fiorentina non arrivasse al quarto posto (anacoluto d'onore).

Dunque alla FAO i grandi hanno litigato su tutto perché ormai "tutto lo spazio" del pianeta è occupato. E tutti abbiamo i nostri piccioni sul terrazzo di casa. Ma questo c. di pene lo vogliamo regolamentare? Ma quello degli africani è fuori controllo (ministro francese di cui non ricordo il nome). I cinesi stanno provando, un figlio a testa. Noi toscani siamo già a posto. Ma il guaio è che nelle case dei poveri del terz'ultimo mondo i figlioli si moltiplicano come i pidocchi. Pierluigi mi dice sommessamente che anche se in terra fossimo la metà di quelli che siamo sarebbe uguale. Io non sono d'accordo. Poco fa Arté mi faceva vedere la distruzione di un bosco in..? sottotitoli francesi, lingua slava. E l'ultima nonna contadina piangeva su un pino abbattuto, quello della sua fungaia sotto casa. Gli americani, stupidi ormai conclamati, hanno dichiarato lo spazio interstellare "cosa loro" mentre in Italia ci accontentiamo di cosa nostra al governo e una grande loggia propaganda in TV, giornali e stato città vaticano.

Ma volevo passare dalla stalle alle stelle:

ragioniamo seri.

Forza internet. Cominciamo da


http://it.wikipedia.org/wiki/Gregor_Mendel


No, il buon monaco che sa tutto sui piselli, qui non serve.


Meglio qui:


...la popolazione umana continua a crescere. Nel 2006 abbiamo superato i 6,5 miliardi di abitanti. Il tasso di crescita della popolazione mondiale è sceso dal 2,1% del 1970 a circa l'1,2% attuale, ma l'1,2% su di una popolazione di 6,5 miliardi significa un incremento annuale di circa 70 milioni di esseri umani. Gli esperti demografi delle Nazioni Unite ci dicono che la popolazione umana raggiungerà, con ogni probabilità, gli 8 miliardi nel 2025 e i 9,1 miliardi nel 2050.


La crescita della maggioranza di questa popolazione, il 95%, avrà luogo nei paesi cosiddetti in via di sviluppo e l'Africa presenta il tasso di crescita superiore rispetto agli altri continenti, il 2,4% annuale. Ci si aspetta che la popolazione di questo continente andrà a oltre il raddoppio nel 2050, raggiungendo i 2,3 miliardi.


Ratzel va preso sul serio


Anche Blache afferma che il pensiero di Ratzel è incompleto, ma non errato. Blache dice che è vero che la distribuzione spaziale dei fatti umani può dipendere da fatti fisico – ambientali, ma è anche vero che spesso dipende dall’organizzazione sociale dell’uomo.


Buono questo art. su Carta:  http://www.carta.org/articoli/8985


Il documento certifica un passaggio cruciale nella politica imperiale americana, da lungo tempo preparato e teso ad affermare il principio che “la libertà di azione nello spazio è importante per gli Stati uniti come la potenza aerea e marittima” e si traduce nel negare l’accesso allo spazio a chiunque sia “ostile agli interessi americani”, il che implica il respingimento a priori di eventuali futuri accordi sul controllo delle armi che possano limitare la “flessibilità d’azione” degli Stati uniti nello spazio.


...da sempre la cosiddetta “difesa degli interessi americani” va di pari passo con la rivendicazione dello spazio vitale – ciò costituisce il cuore del lebensraum a stelle strisce – e la National Space Policy prosegue spedita lungo questo binario.


Sia quel che sia, da oggi i pionieri americani hanno ufficialmente depositato il certificato di proprietà di un nuovo territorio al di là della frontiera e d’ora in avanti chiunque dovrà fare i conti con loro.


Continuo io:


Hitler s'accontentava dell'Europa orientale e dell'alto adige per garantire ai tedeschi mille anni di felicità. Got mit uns. Uno gnomo in confronto alla National Space Policy a stelle e strisce, In god we trust.


Ma Ratzel va preso sul serio, non lasciamolo a Adolfo né a Giorgio W.


Vado a dare un'occhiata alla terrazza.

Ahmadinajad

Ahmadinajad's speech

   


Dear all,

  I was surprised to see how the Italian media dealt with President Ahmadinajad's speech delivered yesterday at the FAO. It seemed to me little difference was accorded to the speech content: the Italian media had already prepared their reactions. 

  

  I personally found it more balanced than what I had expected but certainly less diplomatic than what one would expect to hear in such meetings, and to be honest, I don't think that was a bad thing. At least it contained more thruth than the Brazilian president speech that did not disclose the social effects of biofuels (but was largely applauded).

  

  You can find the english translation of the speeches on

  
http://www.fao.org/foodclimate/conference/statements/day1-am/en/

  

  Now, I wonder if we could have a role in communicating the true content if the Iranian speech at least to the alternative media? Any suggestions? 

     

 Cherine  Khallaf


Audio of the speech 


French translation


English translation


(ANSA) - ROMA, 3 GIU - Il mondo e' oggi 'gestito da incompetenti'. Lo ha detto il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, in una conferenza stampa alla Fao.


Qualche dubbio?


Coraggio, mai perdere la speranza.

lunedì 2 giugno 2008

Romena riaperta al pubblico



clicca sulla foto per ingrandire


Una giornata splendida di sole, a braccetto con i mille anni di Romena e i settecento di Dante. Il castello riaperto al pubblico dopo 4 anni di chiusura e il primo scopo è raggiunto. Il secondo sarà la riapertura della via Romea Bagno di Romagna-Bibbiena, il terzo la segnaletica del passaggio di Dante tra Arezzo-Casentino-Mugello-Romagna: trekking e cartelli indicatori, il quarto dovrà essere il recupero del castello e del villaggio di Fronzola...

Nel corso della cerimonia ho avuto modo di presentare il libro, accennando al fatto che son già pronte le versioni inglese e Francese di Francesca White e Lola Poggi. La vendita dell'edizione italiana potrà così finanziarne la stampa. Al che la signora Daniela, moglie tedesca del proprietario di Romena Niccolò Goretti de' Flamini, in uno scambio di idee al momento del picnic sul prato, mi ha accennato alla possibile traduzione di "Ivi è Romena" nella lingua di Lutero, di Goethe, di Carlo Marx e di Einstein...Ho preso la palla al balzo e l'ho quasi impegnata; lo leggerà e poi ne riparliamo. Nel frattempo domanderò ai catalani di Palafolls, gemellati con Poppi, di provvedere alla traduzione nella lingua di Cervantes, di S. Juan de la Cruz, di Machado... e di Zapatero.


Le foto