lunedì 9 giugno 2008

Dante e Firenze

Riabilitazione


Oggi, lunedi 9 giugno al Consiglio comunale di Firenze


   Ufficio Stampa - Comune di Firenze

Palazzo Vecchio - P.za Signoria, 1 - 50122 Firenze

Tel. 055 276 8075 - Fax 055 276 8282 

        


COMUNICATO STAMPA


Firenze, 07 Giugno 2008


NEL CONSIGLIO DI LUNEDÌ PROSSIMO LA MOZIONE PER «RIABILITARE DANTE ALIGHIERI»


Arriva in consiglio comunale la mozione per «promuovere una piena riabilitazione pubblica di Dante Alighieri revocandone formalmente la condanna inflitta nel 1302». Il documento, fatto proprio dalla quinta commissione, era stato presentato dai consiglieri Enrico Bosi e Massimo Pieri (Fi-Pdl), è all'ordine dei lavori della seduta di lunedì prossimo.

Tra le delibere quella che contiene il programma per «soppressione dei passaggi a livello e risanamento acustico» delle linee ferroviarie «Firenze - Chiusi - Firenze Campo di Marte - Firenze Rifredi» e quella per l'«adozione di una variante al piano regolatore generale relativa a cinque aree correlate al progetto definitivo di opera pubblica "Collettore emissario in sinistra d'Arno"».

Il consiglio comunale si aprirà alle 15 con le comunicazioni e le domande di attualità.


La storia


 Le condanne inflitte nel 1302 sono, appunto due, e non una. La prima al confino per 2 anni, la seconda a morte per fuoco (arso vivo). La terza arriverà nel Novembre del 1315 (decapitazione per lui e figli maschi).


 Prima condanna

27 gennaio 1302



In nome di Dio, amen.

Io Messer Cante dei Gabrielli da Gubbio, onorevole Potestà della Città di Firenze … nell’anno del Signore 1302, al tempo del Santissimo Padre Papa Bonifazio VIII, indizione quindicesima…

OMIS SIS

Essendomi  venuto alle  orecchie sulla base di pubbliche dicerie che

Dante Alighieri, durante il tempo del suo Priorato o dopo,

1 -aveva commesso per sé o per altri Baratterie, illeciti lucri, inique estorsioni in denaro o altre cose

2 – che lui o chi per lui aveva ricevuto denaro o altra utilità per far eleggere Priori o Gonfalonieri, ufficiali di distretto, per stanziamenti a favore di rettori e ufficiali del comune di Firenze;

3 – che aveva commesso frodi e baratterie di denaro o cose in danno del Comune di Firenze;

4 – che aveva fatto spendere denari contro il Sommo Pontefice e per impedire la venuta di re Carlo D’Angiò;

5 – che aveva commesso  o fatto commettere frode, falsità, dolo, malizia, baratteria e grave estorsione e aveva operato per dividere la città di Pistoia causando l’espulsione da detta città dei Neri fedeli alla Chiesa Romana, staccandola dall’alleanza con Firenze, dalla soggezione alla Chiesa romana e a re Carlo, paciaro in Toscana;

ordino che detto messer Dante, insieme a Palmerio, Orlanduccio e Lippo,…

venga multato di 5.000 fiorini piccoli, che restituisca quello che ha illegittimamente estorto.

Se non obbedisca alla condanna entro il terzo giorno da oggi

che tutti i suoi beni siano confiscati, devastati e distrutti; e devastati e distrutti restino di proprietà comunale; che, anche se pagante, resti fuori della provincia di Toscana a confino per due anni; che sia escluso per sempre dai pubblici uffici come falsario e barattiere, che paghi la condanna o no.

Tale è la nostra sentenza di condanna. (Libro del chiodo, Firenze Archivio di Stato)




Seconda condanna

 (10 marzo 1302)




In nome di Dio, amen.

noi Cante, predetto Podestà, diamo e proferiamo la sotto indicata Condanna:

Messer Andrea de Gherardini

Messer Lapo Saltarelli

Messer Palmerio Altoviti

Messer Donato Alberti

Lapo Ammuniti

Lapo Blondo

Gherardino Diodati

Corso di Alberto Ristori

Innami dei Ruffoli

Lapo Becca

Dante Allighieri

Orlanduccio Orlandi

  Messer Simone Guidalotti

   Messer Guccio Medico

   Guido Bruno dei Falconieri

contro i quali si è proceduto a seguito della inquisizione del nostro ufficio e della nostra Curia per il fatto pervenuto alle orecchie nostre e della stessa nostra Corte « fama publica referente »;

…che se qualcuno dei predetti in qualsiasi tempo cadrà in potere del detto comune, sia bruciato col fuoco finché muoia
. (Libro del chiodo cit.)


Lettera al Consiglio Comunale:                                              


  Al Presidente


  ai Capigruppo


  al Presidente Commisione Cultura   del Consiglio Comunale di Firenze


Per dare credibilità alla revoca formale del bando del 1302 contro Dante Alighieri, che verrà discussa in Consiglio comunale fiorentino il 9 giugno, evitando di ridurla a una umiliante trovata pubblicitaria, chiedo ai consiglieri di accogliere e assumere lo sguardo dell'esule e attualizzarlo.


Sembra che si possa definire la genialità di Dante, nel suo nucleo fondamentale, come la capacità di rovesciare in positivo il senso del torto subito. E' il principio etico che soggiace ad ogni resurrezione: trasformare la condanna a morte in germe di vita. Dante lo dice con particolare trasporto emotivo e con emergenza poetica nel XXVII canto del Paradiso non a caso di fronte a Beatrice e a colloquio con Cacciaguida.


In sostanza, Dante attraverso il suo trisavolo rivela il principio etico che soggiace a tutta l'opera: il bando e la condanna a morte, che avrebbero potuto annullare lui e ferire profondamente la città tutta, dovrà trasformarsi con l'impegno di tutta la vita, con l'ingegno, con la capacità di comunicare, in fermento di crescita e di trasformazione creativa per tutti.


Cacciaguida lo invita a comunicare con coraggio la sua esperienza di vita, anche se a taluni ciò potrà dispiacere ("Ma nondimen, rimossa ogni menzogna, / tutta tua vision fa manifesta; / e lascia pur grattar dov'è la rogna"). Se la voce di Dante risulterà in un primo tempo molesta, quando sarà digesta (digerita) procurerà a tutti un nutrimento di vita (Questo tuo grido farà come vento,/ che le più alte cime più percuote).


Senza la forza interiore con cui Dante visse l'esilio e la condanna, senza il suo grido, senza la geniale scoperta di questo principio esistenziale ed etico capace di trasformare la morte in vita, forse non ci sarebbe stata la Divina Commedia.


E oggi il Consiglio e la Giunta comunali per rendere credibile l'annullamento della condanna sono chiamati ad assumere lo sguardo di Dante rivolgendolo alla realtà attuale: trasformare in risorsa positiva l'esperienza dei fuorusciti che vivono oggi a Firenze; "far manifesta la visione" di quanti oggi provano sulla loro pelle "come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e 'l salir per l'altrui scale", in modo da aiutare i fiorentini stessi a gestire positivamente e rendere "digesta" l'insicurezza e la paura.


Allora, il vero pregnante gesto di pentimento e di riscatto verso il "bandito" antico dovrebbe consistere nel rivedere nella sostanza se non annullare le recenti ordinanze e i progetti di modifica dei regolamenti di polizia comunale contro i "banditi" di oggi: lavavetri, accattoni, barboni, immigrati, dannati in genere. Lasciando il compito giustamente repressivo dell'illegalità delinquenziale agli organi statali preposti e potenziando invece come amministrazioni locali i servizi di socialità e accoglienza.


A causa di quei provvedimenti repressivi, Firenze, perfino lei, la città gentile dell'armonia e della misura, ha cambiato volto agli occhi del mondo, assumendo le sembianze arcigne della società della guerra mercantile globale di tutti contro tutti.


E' questo il messaggio che inevitabilmente è rimbalzato nei media diventando notizia di interesse mondiale. La "città sul monte", che nel secolo scorso ha animato e nutrito, nell'intero paese e a livello internazionale, la cultura della solidarietà, dell'accoglienza, della pace nella giustizia, grida la propria sconfitta di fronte al montare della violenza, dell'insicurezza e della paura e si piega fino a diventare apripista e capofila di una politica repressiva e intollerante. Non potendo aggredire le vere cause dell'insicurezza ci si affida al collaudato meccanismo del capro espiatorio: risorsa potente dell'impotenza politica.


Questo messaggio distruttivo potrebbe essere ribaltato o almeno attenuato se si assumesse l'etica dell'esule che ha animato la Divina Commedia.


La bandiera dantesca del riscatto degli esuli è stata tenuta alta a Firenze da tanti, individui ed associazioni, che non si sono mai piegati alle ricorrenti folate di vento xenofobo ma hanno lavorato spesso nel nascondimento per attualizzare la lezione dantesca.


Quest'anima solidale della città chiede che quella bandiera ideale dell'esule Dante venga attualizzata e fatta propria dal Consiglio e dalla Giunta comunali.


        Firenze 8 giugno 2008                  Enzo Mazzi


Riferimenti:


Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose


di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie


che dietro a pochi giri son nascose.


       Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,


poscia che s'infutura la tua vita


vie più là che 'l punir di lor perfidie».


       Poi che, tacendo, si mostrò spedita


l'anima santa di metter la trama


in quella tela ch'io le porsi ordita,


       io cominciai, come colui che brama,


dubitando, consiglio da persona


che vede e vuol dirittamente e ama:


       «Ben veggio, padre mio, sì come sprona


lo tempo verso me, per colpo darmi


tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona;


       per che di provedenza è buon ch'io m'armi,


sì che, se loco m'è tolto più caro,


io non perdessi li altri per miei carmi.


       Giù per lo mondo sanza fine amaro,


e per lo monte del cui bel cacume


li occhi de la mia donna mi levaro,


       e poscia per lo ciel, di lume in lume,


ho io appreso quel che s'io ridico,


a molti fia sapor di forte agrume;


       e s'io al vero son timido amico,


temo di perder viver tra coloro


che questo tempo chiameranno antico».


       La luce in che rideva il mio tesoro


ch'io trovai lì, si fé prima corusca,


quale a raggio di sole specchio d'oro;


       indi rispuose: «Coscienza fusca


o de la propria o de l'altrui vergogna


pur sentirà la tua parola brusca.


       Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,


tutta tua vision fa manifesta;


e lascia pur grattar dov'è la rogna.


       Ché se la voce tua sarà molesta


nel primo gusto, vital nodrimento


lascerà poi, quando sarà digesta.


       Questo tuo grido farà come vento,


che le più alte cime più percuote;


e ciò non fa d'onor poco argomento.


       Però ti son mostrate in queste rote,


nel monte e ne la valle dolorosa


pur l'anime che son di fama note,


       che l'animo di quel ch'ode, non posa


né ferma fede per essempro ch'aia


la sua radice incognita e ascosa,


       né per altro argomento che non paia».


(Paradiso, XVII,  94-142)



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