sabato 28 ottobre 2006

La forza dell'abitudine

di Thomas Bernhard

traduzione e adattamento

Alessandro Gassman e Carlo Alighiero

con

Sergio Meogrossi, Paolo Fosso

e con il circo di Walter, Giancarlo, Kevin e Aileen

COLOMBAIONI

regia Alessandro Gassman


".."La forza dell'abitudine" è, come tutti i testi di Bernhard, una meravigliosa metafora della vita e dell'incapacità degli artisti a veder realizzata compiutamente la propria arte. Un'utopia che il nostro protagonista, il direttore Caribaldi, da anni non solo anela di raggiungere ma che tenta di imporre ai propri squinternati "subalterni".

La comicità assurda che scaturisce dal gruppo di circensi descritti dall'autore, coinvolge inevitabilmente tutti noi: chi di noi non ha, almeno una volta nella vita, desiderato di raggiungere nell'arte, nel lavoro, mete più alte di quelle che prevedibilmente si era prefissato? Il raggiungimento della perfezione, senza compromessi, senza interruzioni, senza volgarità?

Il mio semplice intendimento sarà quello di far emergere la straordinaria capacità di Bernhard nel descrivere tutti noi, attraverso le ridicole e tenere imprese del direttore Caribaldi, del giocoliere, del domatore, della ballerina sul filo e del buffone. Il comico tentativo dei nostri eroi di suonare tutte le sere, dopo lo spettacolo, il quintetto de La trota di Schubert, l'incapacità tecnica e psicologica che li attanaglia, l'incomprensione per l'importanza della "missione", scatena nel direttore una rabbia crescente. La sua maniacale ansia di perfezione e lo sgomento di non riuscire nel suo intento, ne fanno un protagonista esilarante, a volte tirannico (nel quale onestamente mi riconosco, condividendone, ahimé, ansie e paure), al quale forse dovremmo tutti volere un po' bene..."
Alessandro Gassman


Visto stasera al Puccini di Piazza Puccini, assieme a Paola, Marisa, Simone.  Ci siamo un po' annoiati. Alessandro Gassman è troppo giovane per fare la parte del vecchio capocirco Garibaldi. Ci sarebbe voluto Salvo Randone.  Tutto sommato la metafora si è realizzata: incapacità degli artisti a veder realizzata compiutamente la propria arte. 

Spettacolo nello spettacolo: la passeggiata A/R a piedi dall'Isolotto a Piazza Puccini, attraverso le Cascine, Architettura, vecchio tabacchificio, in una tiepida serata estiva. (Ossessione di spostarsi in macchina nella Firenze work in progress fino al 2010).

Nota di colore acustico: ritornando da Piazza Puccini, sul piazzale antistante la facoltà di architettura una macchina a sportelli aperti, radio a tutto volume con "quanto sei bella Roma", due gambe in mostra fuori dallo sportello di guida. Anche per vendere la p. bisogna alzare i decibel. 

Per associazione di idee: A proposito di Thomas Bernhard, tutta un'altra cosa la delizia di spetacolo di pochi mesi addietro al piccolo teatro Goldoni di via dei Serragli  "L'apparenza inganna" con Sandro Lombardi e Massimo Verdastro, regia Federico Tiezzi.

lunedì 23 ottobre 2006


clicca sulla foto per ingrandirla




Domenica alle Cascine.


Salvato da un raggio di sole.


 Dopo due giorni di pioggia continuata una domenica di sole: un po’ tra le nuvole, ma tiepido ed accogliente, con quel sapore d’autunno che ti richiama i funghi di Raggiolo, le castagne di Garliano, la marmellata di cotogne di Paola, il prosciutto stagionato di Abbenante in quel di Buiano. Ma oggi non siamp in Casentino, siamo qui a Firenze, quartiere Isolotto, l’Arno si è lavato con l’acqua novella e ha sospinto al mare le sue acque spurie, l’aria diffonde luce, il cielo sorride tra le nuvole soffiate via dolcemente dallo scirocco tiepido.  L’aereo decollato da Peretola sfiora le cime degli alberi direzione nord-ovest. Tra qualche mese ci sarò anch’io sopra, direzione Lisbona, con transfer a Monaco. Già perché abbiamo combinato con Seniorhomeexchange uno scambio casa con una coppia canadese della British Columbia che ha un condo con due camere e annessi a Costa de Coparica, 15 minuti da Lisbona…Loro, Donna e Luciano, ci vengono a svernare perché in Canada d’inverno fa davvero freddo e loro sono in pensione come noi e da due anni si sono iscritti all’Agenzia scambi casa ed sono al primo scambio …Ma ecco un secondo aereo, rasente sul ponte all’Indiano, che punta su Peretola. Il mio sarà già su Genova. Torniamo a bomba. Tante volte siamo stati a camminare alle Cascine e mai c’eravamo accorti del sentiero natura. Dev’essere una cosa dell’estate. Una novità simpatica. Dstinguere un olmo da un acero, un carpino da un tasso, un pioppo da un frassino, sapere che la grande quercia è lì dalla prima metà dell’ottocento e si chiama Farnia, un grande leccio, come quello bello enorme gigante delle Lame che sarà alto 40 metri. Insomma qui alla destra della mia tastiera, di là dalla finestra mi fanno compagnia un grande olmo ( non un ontano) e un bel frassino. Mi ero inventato un pioppo canadese; ora so di sicuro che è un frassino. Non è mai troppo tardi. Le foto qui.


Scrivendo questo devi apprezzare il fatto che ti ho risparmiato:


1 – il post di Beppe Cara-lamia-vita;


2 – il post di Beppe Grillo; aggiungo anche questo.


3 – la relazione che mi sono sentito stamani alle baracche verdi dell’Isolotto da Roberto Bartoli sul sistema finanziario mondoglobale proprio della accumulazione capitalistica. In due parole: negli ultimi 20 anni i soldi si sono quadruplicati ma ora mancano per le pensioni. Agli inizi degli anni 80 i poveri del mondo stavano meglio di oggi.  Chi se li tiene? Questa massa enorme di liquidità finisce nella manomorta dell'economia finanziaria (le banche) che si diverte a giocare con 3 mila miliardi di dollari al giorno nel giochino delle monete che si moltiplicano fra se stesse. E addio produzione e distribuzioni di beni tipo medicine, istruzione, macchine agricole...E chi inventa le medicine le brevetta per impedire agli Stati di riprodurle per i loro poveri...


Ho scritto questo per evitare di guardar Report che in questo momento (TG3, ore 22c.) sta rivelando gli stipendi dei nostri disamministratori delle Grandi Aziende pubbliche. E la buona uscita in milioni di euro per chi ha portato l'Azienda al fallimento. (v.Nota)


E salvarmi così dal mal di stomaco.


 


Adesso termino per vedere la domenica sportiva con i 3 gol della Fiorentina all’incolpevole Reggina.




 E la felicità di Felipe Massa - età 25, h. 1,60 - che partendo col somarello dei suoi nonni pugliesi (Cerignola, patria del grande Di Vittorio) dopo un viaggio di qualche decina d’anni è arrivato sul podio di S.Paolo do Brasil a cavallo di una Ferrari, davanti al grande calzolaio tedesco che in questi anni ha fatto le scarpe ai migliori piloti di formula uno.


 


Nota (dal sapor di forte agrume)


 CATTIVI CONSIGLI

di Giovanna Boursier

In onda domenica 22 ottobre alle 21.30 su RAI 3

 


Eni, Enel, Alitalia, Anas, Ferrovie dello Stato, Sviluppo Italia sono le grandi aziende pubbliche che dovrebbero far funzionare i servizi nel nostro Paese e sviluppare attività.


Nei loro Consigli d’Amministrazione siedono manager noti e ben retribuiti che in genere vengono sostituiti quando cambia il governo. Il numero minimo di consiglieri previsto per far funzionare un Cda sarebbe di 3, ma alle Poste sono 11 così come per Fincantieri. La Rai ne ha 9, il Poligrafico dello stato 10, Alitalia e Ferrovie 5. All’Eni i consiglieri sono 12 e all’Enel 9.


I Cda costano tanto,anche perché ogni azienda a sua volta ha delle società controllate e cosí i consiglieri aumentano: 111 per le Poste, 197 per la Rai, 165 per l’Enel e addirittura 316 per le Ferrovie. Il Cda dell’Enel, per esempio, costa dai 3 ai 15 milioni di euro ogni anno, dipende dalle liquidazioni che vengono elargite ai grandi manager. L’anno scorso l’ex amministratore delegato Paolo Scaroni se n’è andato con 5 milioni 997 mila e 675 euro ed anche l’amministratore delegato di Ferrovie, Elio Catania, è stato liquidato con più di 5 milioni di euro.


Alitalia è in passivo ma l’amministratore delegato, Giancarlo Cimoli prende 2 milioni e 800.000 euro l'anno,quattro volte lo stipendio dell'amministratore delegato di KLM e il triplo rispetto a quello di British Airways, due compagnie che hanno bilanci in utile.




Ma non ti darò pace. Come Catone al termine dei suoi discorsi in Senato continuo il mio gloria patri: Ceterum censeo northamerican gang delendam esse. 

giovedì 19 ottobre 2006




Divertissement  - dei beni facemmo ali al folle volo


La borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria.


Dove ha raggiunto il dominio, la borghesia ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l'uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo "pagamento in contanti". Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco, della malinconia filistea. Ha disciolto la dignità personale nel valore di scambio e al posto delle innumerevoli libertà patentate e onestamente conquistate, ha messo, unica, la libertà di commercio priva di scrupoli. In una parola: ha messo lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido al posto dello sfruttamento mascherato d'illusioni religiose e politiche. La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le attività che fino allora erano venerate e considerate con pio timore. Ha tramutato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l'uomo della scienza, in salariati ai suoi stipendi. La borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto familiare e lo ha ricondotto a un puro rapporto di denaro. La borghesia ha svelato come la brutale manifestazione di forza che la reazione ammira tanto nel medioevo, avesse la sua appropriata integrazione nella più pigra infingardaggine. Solo la borghesia ha dimostrato che cosa possa compiere l'attività dell'uomo. Essa ha compiuto ben altre meraviglie che le piramidi egiziane, acquedotti romani e cattedrali gotiche, ha portato a termine ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate. Qui



 Gonfio della propria levità, l’Occidente si stacca dal mondo e vola in alto.



Solo un lungo tubo lo collega ancora al resto dell’umanità: un tubo attraverso cui scorrono gorgoglianti il petrolio, le badanti, i diamanti, la cocaina, gli spazzini, le prostitute, le discariche, le spiagge, la carne animale e il sangue umano di cui ha bisogno per nutrirsi.

Dall’alto, addosso alla terra lontana, l’Occidente riversa il proprio terrore, ma nel grande dirigibile, tutto è delicatamente insonorizzato.

Per staccarsi da terra, ha tagliato tutte le proprie, contraddittorie radici, di cui però si vanta nell’esatta misura in cui le ha distrutte.

Ha ucciso le forme pagane, ha distrutto il cristianesimo, ha messo a morte l’illuminismo e ha svuotato la democrazia.

L’Occidente ha annichilito ogni costume diverso, per mercificarlo poi come folklore.

Ha trasformato mille paesaggi in un unico luogo identico, dove all’uscita della discoteca, la pista da sci scende giù alla spiaggia privata.

Ha liquidato gli aristocratici come i contadini, i borghesi come i proletari, il clero come gli atei, la famiglia come il quartiere, il villaggio come la fabbrica.

Per farlo, non ha usato il bastone: il massacro mortale che esercita senza limiti, lo usa solo fuori da sé. Non è più tempo di potere.

Ma non ha usato nemmeno la carota: perché mai i prestigiatori dell’economia illusoria dovrebbero spartire qualcosa, con chi non produce più nulla, se non servizi?

Nel Giorno del Giudizio ci verrà chiesto perché non ci siamo ribellati a ciò che non potevamo non vedere.

Allora, per difenderci davanti all’Angelo, potremo solo citare il proverbio cinese: “Il punto più oscuro è sotto la lampada.”

Qui



venerdì 13 ottobre 2006


D'accordo, bravo Grillo


«Ben veggio, padre mio, sì come sprona

lo tempo verso me, per colpo darmi

tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona;                  108

  per che di provedenza è buon ch'io m'armi,

sì che, se loco m'è tolto più caro,

io non perdessi li altri per miei carmi.                    111

  Giù per lo mondo sanza fine amaro,

e per lo monte del cui bel cacume

li occhi de la mia donna mi levaro,                         114

  e poscia per lo ciel, di lume in lume,

ho io appreso quel che s'io ridico,

a molti fia sapor di forte agrume;                          117

  e s'io al vero son timido amico,

temo di perder viver tra coloro

che questo tempo chiameranno antico».                       120

  La luce in che rideva il mio tesoro

ch'io trovai lì, si fé prima corusca,

quale a raggio di sole specchio d'oro;                      123

  indi rispuose: «Coscïenza fusca

o de la propria o de l'altrui vergogna

pur sentirà la tua parola brusca.                           126

  Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,

tutta tua visïon fa manifesta;

e lascia pur grattar dov'è la rogna


Paradiso XVII


PS A proposito dell'indulto che Beppe Grillo punisce cin 3 punti, mi viene qui di ricordare un intervento dell'ex Presidente del mio Quartiere Isolotto, ora Presidente del Consiglio Comunale di Firenze, Eros Cruccolini, che stimo troppo per sottovalutare il suo pensiero. Che qui riporto. Eros si rivolge a un compagno di partito, diessino, che ha restituito la tessera a causa dell'indulto.

 

Sulla questione dell’indulto.

A favore di tale provvedimento stanno molte ragioni, le cui radici profonde si ritrovano in una civiltà giuridica che viene da lontano - da Beccaria e dai suoi ragionamenti “sui delitti e sulle pene” – e che è stata ripresa dai nostri Padri Costituenti.

L’obiettivo prioritario, nella situazione attuale, consisteva nel rendere il carcere “vivibile”, ripristinando le condizioni per cui fosse possibile il recupero del condannato (e, quindi, la pena non si mutasse in “vendetta”, o in una specie di tortura).

Vi era un’urgenza, in tal senso, essendo la situazione del carcere divenuta insostenibile.

Ciò, intrecciato alla necessità della maggioranza dei 2/3 in Parlamento per approvare l’indulto, ha causato degli spiacevoli “effetti collaterali”, riguardanti l’inserimento nel provvedimento di alcuni crimini (finanziari, di corruzione e simili) che sarebbe stato preferibile tenere fuori.

Va anche detto che l’indulto non estingue il reato, ma riduce gli anni di carcere, e che, di solito, i soggetti autori dei crimini di cui sopra (Previti compreso)  di galera comunque se ne fanno ben poca.

Certo, se all’indulto non seguiranno, a breve, interventi più in profondità, relativi alla depenalizzazione di alcuni reati (quelli che riempiono le carceri di immigrati e di tossicodipendenti), all’aumento di misure alternative alla carcerazione, allo sveltimento dei processi etc., e misure sociali rivolte alle persone che escono di galera, questo provvedimento sarà servito a poco.

Ma occorreva, a mio parere, partire da lì.

La diminuzione, nell’immediato, della popolazione carceraria  era il primo passo.

L’alternativa, sbagliata ed in ogni caso non raggiungibile in tempi brevi, consiste nella costruzione di nuove prigioni (la “via statunitense”, che ha portato, negli Stati Uniti, ad oltre due milioni di detenuti ed al “business” della gestione del carcere, in parte privatizzata).

Vi sono indicazioni e controindicazioni, rispetto alla questione dell’indulto: se ne può discutere, senza però trarne conseguenze ultimative (come, appunto, le dimissioni), e continuando ad avere come punto principale da raggiungere la riforma della politica.

Spero che ci si possa ancora confrontare come iscritti ai DS del Quartiere 4 e che, comunque, si possa riparlare insieme delle questioni qui accennate.

Un saluto cordialissimo.

Eros Cruccolini

L'intero dibattito avvenuto tra i diessini dell'Isolotto lo puoi leggere qui.


 Ceterum censeo North American Gang delendam esse.

mercoledì 11 ottobre 2006

Ma c'è fungo e fungo




La nostra mente si protegge di fronte a interpretazioni della realtà che essa non è pronta ad affrontare, conservando una visione familiare e rassicurante della cose. La mente giunge alle conclusioni alle quali ha convenienza a giungere.  Si chiama BIAS  (tendenza) - Babylon legge baias, anche se è parola greca -  ben conosciuto dagli psicologi, compresi quelli assunti in forza nei Servizi Segreti di tutto il mondo.

Essi sapevano che la gente avrebbe fatto fatica a credere all'evidenza di 2 torri e un Trade Center n.7 che vengono giù in una demolizione controllata. Quasi in punta di piedi per dare il tempo a fotografi e cameramen già appostati di eternare il più grande dei reality show della storia moderna.



IL GIORNO DI DIONISO
- Un film italiano fa luce sui misteri dell'11 settembre


Ho finito ora di vedere online su Arcoiris l'incontro-dibattito su "Il giorno di Dioniso", documentario in preparazione  presentato da Dario Fò, Claudio Fracassi, Giulietto Chiesa.

Le cose (nuove) che ho imparato: Bin Laden - in voce e in video - è virtuale, un vero fantasma che può comparire due giorni prima delle elezioni americane per minacciare l'America e far guadagnare a Bush almeno 2 milioni di voti; l'aereo-missile sul Pentagono sparato da una nave in crociera nel golfo del Messico; la favola che Bush raccontava ai bambini (si sa qual'è e presto la verremo a sapere tutti) è bruttina e banale(dice Dario Fò) ma ha servito (dico io) a far bere agli adulti del mondo la favola incredibile e davvero fantastica dell'Undicisettembre, dove la realtà ancora una volta ha superato la fantascienza; gli arabi dirottatori indicati dal governo americano non erano a bordo di nessuno dei 4 aerei; anche Chomsky si è piegato rassegnato: "non sapremo mai la verità sull'11 settembre".


Per mandare un contributo al film in preparazione vai qui e poi in alto a sinistra.


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Nel commento di risposta alla domanda di Ornella ho scritto: sto con Giulietto Chiesa: questo. 

sabato 7 ottobre 2006

Ma il porcino (casentinese) è un'altra cosa.







Martedi 3 ottobre 2006, località Raggiolo (sotto il Pratomagno), sottobosco di castagno, altezza 700-800 metri. In mattinata tra le 9,30 e le 12. Insieme a Stefano.

Per vederne  altri - ma non tutti - clicca sulla foto.


Scheda "tecnica" per la ricerca dei funghi.


Permesso settimanale per la ricerca dei funghi: Euro 12,91 ( notare la finezza sul centesimo - la fantasia dei nostri amministratori).

Vale per 7 giorni anche non consecutivi. Sul retro del CCP ci scrivi la data della giornata . Devi avere un documento di riconoscimento. Il permesso si fa presso i Comuni.

Valido per la zona ovest   (Pratomagno). Sulla zona est (Camaldoli-Falterona) è escluso il Parco delle Foreste Casentinesi, per il quale occorre un versamento annuale di 16 € per i non residenti, 9€ per i residenti nei comuni del Parco. Permesso giornaliero: € 6. La raccolta nel parco non può essere effettuata il lunedi e venerdi.

 Il permesso
si fa sicuramente a Pratovecchio dov'è la sede centrale e, penso, anche a Badia Prataglia.

Per informazioni anche la Comunità montana (sede a Ponte a Poppi).



Multe:

€ 33
per ogni fungo sotto i 3 cm di misura.

€ 100 se sprovvisti di permesso più, se non sbaglio, 33 € per ogni fungo valido (per questo devo aver conferma, magari anche da un commentatore. Comunque cifre esagerate, non c'è da scherzare.


Ceterum censeo North American Gang delendam esse.

venerdì 6 ottobre 2006

Mariella Maglioni

Storie di troppo




Mariella (seconda da destra) sta pronunciando le parole che puoi sentire nel file audio sotto allegato.

Da sinistra: F. Toniarini, vicesindaco di Poppi, Giuseppina Magnaldi, Anna Franca Rinaldelli, Mila Milanesi, Mariella Maglioni, Sergio Bianchini Presidente della Società della Salute del Casentino.

Ho già presentato su questo blog il libro di Mariella trascrivendone l'ultimo capitolo. E' stata una grande emozione collettiva quella che abbiamo vissuto sabato 30 settembre nel bel salone del castello di Poppi, gremito come poche volte. Le 21 donne anziane curate dall'infermiera professionale Mariella nel corso di una decina d'anni sono comparse come per miracolo sulla collina di Spoon River - Colle dei Cappuccini - e hanno parlato direttamente con la voce di Alessandra Aricò, accompagnate dal violino di Marna Fumarola, rievocate come in uno spell di magia da Mila Milanesi, proiettate in un'aura antica e mitica da Giuseppina Magnaldi. Franca Rinaldelli ha presentato il libro e presieduto la riunione. Il suo intervento lo puoi leggere qui.


L'emozione è stata grande e ben visibile sulle facce, per esempio, dei colleghi di lavoro di Mariella, anch'essi presenti con le loro interviste nel libro. E' stato bello esserci. A sigillo metto nel post alcune foto e - prima assoluta nel mio blog - il file sonoro con la voce di Mariella che conclude la serata. Chiedo scusa per i disturbi in sottofondo. Saranno migliori - tecnicamente - i prossimi files audio.

Un abbraccio a Mariella e Stefano.


Questo è l'audioMariella (dura 12' 20''  - Windows Media Player).

Queste le foto.


Scheda




Clicca sulla copertina per l'acquisto online.


Introduzione

Questo libro racconta la storia di alcune donne che vivevano, alla fine degli anni ottanta, in una casa di riposo — anche se il termine potrebbe qui far discutere — di un piccolo paese della Toscana. Un’istituzione pubblica il cui fine dichiarato era l’accoglienza e la cura degli anziani soli, indigenti, malati, dove i livelli delle prestazioni e dei servizi erano da ritenersi — vista anche la situazione più generale — sicuramente soddisfacenti dato che vi si praticavano quelle che oggi verrebbero definite buone prassi di assistenza.

Dentro quell’istituzione io ci lavoravo come infermiera, un lavoro che avevo scelto non solo perché mi consentiva di essere economicamente indipendente, ma perché mi piaceva.

Lavoravo al piano degli anziani non autosufficienti con mansioni di assistenza diretta. Significa che, oltre a somministrare i farmaci, controllare le diete, misurare le temperature, medicare le ferite, entrando in contatto diretto con loro, li vestivo e li spogliavo, li lavavo, li imboccavo se non erano in grado di mangiare da soli, li mettevo a letto, li portavo in bagno e li accompagnavo, quando il tempo lo permetteva, a prendere una boccata d’aria.

Un lavoro facile solo in apparenza, che richiedeva competenze infermieristiche specifiche, ma anche abilità sociali ed energie psichiche e che, una volta intrapreso, ridimensionava i primi entusiasmi collocando ognuno al suo posto e dando subito una chiara idea di quella realtà.

Non era un caso che molti di noi, dopo un po’ di tempo che lavoravano lì, chiedessero di essere trasferiti.


Recensione


Due libri, un’unica grande denuncia

Spesso l’uomo moderno è stato tacciato di menefreghismo verso i deboli; spesso di miope stupidità. Difficilmente di entrambe le cose contemporaneamente. Un’eccezione è proprio rappresentata dalla problematica degli anziani. Alla crudeltà intrinseca per il loro abbandono va di fatti affiancata la deficienza prospettica dei giovani che non si rendono conto che abbandonando e dileggiando i vecchi non fanno altro che preparare – a mo’ di harakiri – un proprio tetro futuro.

Una situazione tristissima che tocca trasversalmente tutti i ceti sociali ma che si aggrava notevolmente quando, alla vecchiaia, si aggiunge un persistente stato di povertà.

Due libri, un solo obbiettivo: denunciare un ingiustificato oblio nei confronti di tutti coloro che il tempo hanno accumulato, e negli occhi dei quali si può invece sfogliare l’esperienza del vivere. Vivere che in loro la modernità vuole mettere a tacere in un assurdo boicottaggio.

Due libri che si compenetrano e si “contengono”, in quanto analizzano tale problema nel particolare e nell’universale.



Donne dai capelli bianchi e dagli occhi tristi

A farci un quadro, parziale per i soggetti analizzati ma completo nell’analisi di essi, è un’autrice che conosce tale problema nei suoi angoli più nascosti e spesso comodamente taciuti. È una situazione che padroneggia benissimo perché ha lavorato in una struttura sanitaria per anziani, a Poppi (Ar) in Toscana, e l’ha analizzata tramite interviste e diari giornalieri in cui appuntava l’amaro contesto, facendo trovare a tutto ciò spazio e collocazione in un’accurata ricerca. L’autrice in questione è Mariella Maglioni, che ha pubblicato le sue osservazioni nel libro intitolato Storie di troppo. Donne in casa di riposo (Rubbettino, pp. 172, € 10,00), in cui la sua indagine assume un carattere olistico (si dice di un insieme di cose che formano un tutt'uno ndr), data l’attenzione prestata non solo agli anziani ricoverati, ma anche a chi, come lei, vi lavorava a contatto, e cioè medici, infermieri, ausiliari e assistenti sociali.

Il testo fa parte di una collana, Altera, che si occupa di problematiche sociali, e che è diretta dalla nota sociologa di origine tedesca Renate Siebert, fortemente interessata ai mutamenti che avvengono nella società e all’alienazione che spesso provocano nei soggetti più deboli ed emarginati.

Le interviste riguardano esclusivamente le donne, e questo per un motivo preciso: «esse mostrano, fin dal primo impatto con la realtà istituzionale, di essere più esposte degli uomini agli effetti negativi che essa produce», in quanto «si trovano a dover subire una restrizione proprio nell’attività che più gli si addice, cioè la cura della casa e di tutto quello che la donna si crea nel suo ambiente perché è abituata a creare il suo spazio secondo i suoi gusti. […] L’uomo invece ha più modo di svagarsi e non ha problemi del genere perché è abituato a trovare l’ambiente e la casa organizzato da altri».



Quando gli affetti voltano le spalle

Il libro ritrae più che altro donne di ceto basso, che si sono ritrovate in una casa di riposo perché il loro bisogno di assistenza e di aiuto non poteva essere sostenuto da un reddito alquanto esiguo. Lavoratrici instancabili per una vita intera, casalinghe o cameriere nella maggior parte dei casi, sono state costrette a scegliere quel luogo come ultima tappa della vita. Costrette dalla povertà, ma anche dalla solitudine: infatti molte di loro hanno figli e parenti, che però avvertono il peso dei loro anni come eccessivo per prendersene cura e farle vivere in una situazione più ricca di calore e di amore, che non le riduca a semplici numeri in attesa della morte per lasciare il posto letto a qualche altro vecchietto sfortunato. Tale ripudio nei confronti degli anziani non si ferma al semplice sistemarli in un’istituzione che di familiare ha ben poco, ma si manifesta anche nella frequenza delle visite che in moltissimi casi sono inesistenti: «Piango disperatamente in un angolo – dice Ada A., un’anziana intervistata – Da me non viene mai nessuno e tutti lo notano».



Trattamento in blocco: quando si diventa numeri

L’autrice sottolinea come il vortice di solitudine che attanaglia le fragili vite degli anziani negli ospizi sia accentuato ulteriormente dal fatto che lì non trovano una comunità pronta ad accoglierli come vorrebbero, perché la situazione non è semplice per nessuno.

Non è semplice per i ricoverati, costretti a condividere poco spazio con sconosciuti (spesso anche labili psicologicamente), non liberi di scegliersi i propri compagni di stanza, sottoposti a cambiamenti di abitudini decise da altri e uguali per tutti.

Non è semplice per chi vi lavora, che si trova ad avere a che fare con un mondo in cui la sofferenza e la solitudine sono accompagnate da situazioni incresciose come l’incontinenza e le turbe psichiche; per non parlare del numero del personale che è molto più basso rispetto a quello richiesto: questo porta ad un lavoro sicuramente superiore (e dunque più estenuante) per ogni singolo infermiere e ausiliario, inducendo il personale spesso a soglie di sopportazione molto basse. L’autrice stessa amaramente ricorda, a tal proposito, un suo violento scontro con una ricoverata, scontro in cui lei afferma di essersi ritrovata a comportarsi come mai avrebbe voluto! Tutto ciò porta ad un clima generale di ostilità che di certo non facilita la vita quotidiana.

Una lenta e ineluttabile agonia raccontata magistralmente dalla Maglioni in queste pagine pregne di storie reali e degne di nota, perché non cadano ingiustamente nell’oblio, «perché nessuna di esse possa essere considerata una storia di troppo».

Abbandonati in un ambiente non proprio, trattati come numeri, senza la possibilità di coltivare grandi amicizie e serene convivenze, gli anziani si ritrovano a perdere ogni interesse per la vita e a non dare neanche più importanza alla conoscenza dell’ora o del giorno corrente: «Pensano: “Ma quando farà buio?”». Tutto per loro scorre allo stesso modo, fra le mura di una sistemazione che vivono come definitiva, in una lenta e rassegnata attesa della morte, perché l’unica tappa successiva ad una condizione disumana.



Per l'altro libro continua qui


Ceterum censeo North American Gang delendam esse.