domenica 2 settembre 2007

Portogallo V



Come ho visto Lisbona


Scrivo sulla terrazza assolata di fronte ai campi con le tre palmette che fanno paesaggio da America latina, con i costoni giallo ocra dietro. A quest'ora restano un po' in ombra, mentre la sera dientano dorati per la luce del tramonto. Noto che la striscia di marmo all'ingresso della terrazza ha venature azzurrine che la fanno assomigliare a un azulejo. Amalia che canta mi fa compagnia.


Credo che quando pensero' a Lisbona, vedro' soprattutto la rua Garrett che sale dall'elevator di S.Justa e s'inoltra fra i palazzi alti e stretti, dalle finestre anche loro lunghe e strette, fino alla Piazza de Camoes dove ci siamo seduti a riposare e a guardare Pessoa, anche lui seduto con la tipica espressione enigmatica al caffe' La Brasileira, dove usava sedersi abitualmente. Ora accanto a lui c'è sempre una sedia di metallo vuota dove si siedono i turisti per farsi la fotografia. L'abbiamo fatto anche noi. Rua Garrett rappresenta bene un aspetto di Lisbona elegante ma non lussuoso. Niente nella citta' ha l'aspetto del lusso. Come in una signora di buon gusto, che e' signora, ma non per ricchezza. La rua continua poi scendendo e le case diventano meno belle, piu' vecchie, e lo si vede anche dai molti azulejos sulla facciata. Anche questa parte che va verso S.ta Caterina e Sao Bento mi e' sembrata molto significativa.. Una Lisbona vecchia, piu' povera ma sempre dignitosa coi negozietti vecchissimi e le persone con l'aspetto quasi paesano. Anziane donne in nero e uomini piuttosto piccoli di statura, che abbassano lo sguardo quando passa lo straniero. Ho letto sulla guida che l'aspetto "conservatore" della citta' e' stato mantenuto volutamente dalla dittatura. E' stata comunque una scelta giusta perche' il centro di Lisbona non ha avuto intrusioni di stile e il moderno, molto bello del resto, e' tutto fuori, alla periferia. Una scelta felice anche quella di non ricostruire la chiesa do Carmo, semidistrutta dal terremoto del 1775. Cosi' senza dubbio e' certo piu' bella dell'orrenda  ricostruzione del castello di Obidos, fatta con legno e cartapesta. Mi viene in mente, sentendo Amalia, che la citta' ancora si accompagna bene alla sua musica, al fado, espressione di un sentire popolare non moderno, ma non per questo meno vivo nel tempo. Come la canzone napoleana che e' bella ancora oggi e non solo a Napoli, anche se a Napoli ha una cornice piu' adatta. Quando l'ho sentita ammodernata (da M. Ranieri) mi e' sembrato perdesse molto, una vera offesa. Penso sia lo stesso col Fado. Non esco dal tema se ricordo le pastelarias che anche loro hanno fatto in genere la scelta giusta. Le loro pasteis piu' buone sono quelle tradizionali, con la crema brunita e caramellata che si vendono in grande quantita' e si mangiano in due bocconi. Le ho sempre accarezzate con gli occhi queste pastelerias mentre camminavo (tanto!) per le strade di questa citta' non chiassosa non invadente, un po' timida, un po' segreta.

E non e' un caso che si riconosca in Pessoa lo scrittore che la rappresenta.

Primo settembre ore 11 am

Paola.


Sei foto


Divagazione su Pessoa

Tabucchi parla della produzione letteraria pessoana come di "un baule pieno di gente" perché ci ha lasciato «i suoi molteplici spiriti ben impachettati in fascicoli manoscritti tenuti con lo spago e contrassegnati da firme diverse».

E' lo stesso poeta ad analizzare con estrema lucidità la sua eteronimia e a descriverla all'amico Adolfo Casais Monteiro nel 1935 in una lettera. Una caratteristica che inizia nell'infanzia e che persiste per tutta la vita:


Ebbi sempre, da bambino, la necessità di aumentare il mondo con personalità fittizie, sogni miei rigorosamente costruiti, visionati con chiarezza fotografica, capiti fin dentro le loro anime. Non avevo più di cinque anni, e , bimbo isolato e non desideroso se non di stare così, già mi accompagnavano alcune figure del mio sogno, un capitano Thibeaut, Chevalier de Pas e altri che ho dimenticato […]. Ciò sembra la semplice immaginazione infantile che si diverte con l'attribuire vita a fantocci e a bambole. Era però qualcosa di più: io non avevo bisogno di bambole per concepire intensamente quelle figure. Chiare e visibili nel mio sogno costante, realtà esattamente umane per me, qualunque fantoccio, poiché irreale, le aveva sciupate. Erano gente.


…Questa tendenza non passo con l'infanzia, si sviluppò nell'adolescenza, si radicò con la crescita, divenne alla fine la forma naturale del mio spirito. Oggi ormai non ho personalità: quanto in me ci può essere di umano, l'ho diviso tra gli autori vari della cui opera sono stato l'esecutore.sono oggi il punto di riunione di una piccola umanità solo mia.


…E così mi sono fatto, e ho propagato, vari amici e conoscenti che non sono mai esistiti, ma che ancora oggi, a quasi trent'anni di distanza, io ascolto, sento, vedo. Ripeto: ascolto, sento, vedo…E ne ho nostalgia


Come che sia, l'origine mentale dei miei eteronimi sta nella mia tendenza organica e costante alla spersonalizzazione e alla simulazione. Questi fenomeni, fortunatamente per me e per gli altri, in me si sono mentalizzati; voglio dire che non si manifestano nella vita pratica, esteriore e di contatto con gli altri; esplodono verso l'interno e io li vivo da solo con me stesso.


L'eteronimia è la manifestazione del labirinto di Pessoa, del vortice in cui si sente avvolto e sente che ogni uomo è avvolto. «L'eteronimia non è altro che la vistosa traduzione in letteratura di tutti quegli uomini che un uomo intelligente e lucido sospetta di essere» scrive Tabucchi.


Dio non ha unità,

come potrei averla io?

(da "Episodi")


Rientro e chiudo la finestra.

Mi portano il lume e mi danno la buona notte.

E la mia voce allegra dà la buona notte.

Magari la mia vita fosse sempre questo:

il giorno peno di sole, o addolcito dalla pioggia,

o tempestoso come se finisse il Mondo,

la sera mite e la gente che passa

guardarla con interesse dalla finestra,

l'ultimo sguardo amico alla quiete delle piante,

e poi , chiusa la finestra, il lume acceso,

senza leggere niente, senza pensare a niente, senza neanche dormire,

sentire la vita scorrere in me come un fiume nel suo letto.

E fuori un grande silenzio, come un dio che dorme.


(da Il guardiano di greggi - Poesie di Alberto Caei)


http://web.dsc.unibo.it/~lorenzet/ig/

1 commento:

  1. Paola scripsit come il solito nel suo stile inconfondibile.Sono contenta che vi sia piaciuto quasi tutto. A Paola telefonerò. Siamo tornati oggi 2 settembre orni

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