giovedì 4 settembre 2008

Sorella morte





Ennio


Firenze, 2 settembre 2008 - Se n’è andato in una mattina di sole, guardando il verde delle colline intorno a casa sua, a Settignano.


 Pensare che non vedremo più Ennio arrivare in redazione con la giacca blu e la camicia slacciata anche in pieno inverno; con i quadernetti neri sempre uguali, sui quali prendeva con ordine gli appunti per i suoi articoli; con il passo svelto e i capelli arruffati; pensare a tutto questo significa rendersi conto che ieri se n’è andato anche un pezzo della nostra vita.

Ma fra tutti i viaggi che ha fatto è rimasto legato solo a una terra, l’Eritrea, dopo esserci stato alla fine degli esami di maturità. Ad Asmara è tornato tutti gli anni. Ha seguito la guerra, il referendum e ha intrecciato rapporti personali con la gente comune e con le autorità di governo. Ennio è stato un ponte fra Asmara, dove aveva adottato tre bambini, e Firenze. La sua casa è stata per tre mesi la casa di un combattente eritreo, rimasto mutilato nel conflitto. Laggiù, in quella terra che amava tanto, c’è voluto tornare anche a giugno, nonostante la malattia.


...ha voluto affrontare un viaggio a Milano per andare a ringraziare i medici che lo avevano avuto in cura. Un congedo anche dalla speranza.


Lo scrive Nicola Coccia su La Nazione di oggi


E io ringrazio i medici di Firenze che l'hanno aiutato a ritornare in grembo a madre Natura in maniera dolce e dignitosa, grazie alle premure antidolore che stanno diventando pratica professionale oltre che patrimonio morale della mia Toscana.

La cugina Lola che da parecchi mesi lo seguiva passo passo in questo tormentato cammino di rientro mi ha dato testimonianza di questo umano quanto possibile dolce accompagnamento nel processo del morire. "Adesso fatemi dormire" ha chiesto ai medici. Un abbraccio a Elia, la mamma.  Perché, cari amici, quello che fa veramente paura non è la morte, ma il processo del morire. Su questo punto dobbiamo pretendere sempre di più dal servizio sanitario.  Come Ennio ha potuto ringraziare i medici di Milano, così io credo che Peppino Englaro avrebbe diritto di ringraziare i medici della Lomardia. E invece non è così. Ma il fatto che i mass media siano costretti a parlarne è segno di speranza.




Chi ha letto quanto sopra ha diritto, come uno zuccherino in qualche modo consolatorio, a questo augurio che io accompagno all'immagine dolce e buona di Ennio, al suo sorriso arguto, al suo spirito libero.  E' come se lo sentissi recitare questa poesia, per me, per noi che rimaniamo. Perché, Ennio caro, il tuo non è un cenere muto.




Ti auguro tempo



Non ti auguro un dono qualsiasi,

ti auguro soltanto quello che i più non hanno.

Ti auguro tempo per divertirti e ridere;

se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa.

Ti auguro tempo per il tuo fare e il tuo pensare,

non solo per te stesso

ma anche per donarlo agli altri.

Ti auguro tempo non per affrettarti e correre,

ma tempo per essere contento.

Ti auguro tempo non soltanto per trascorrerlo.

Ti auguro tempo perché te ne resti:

tempo per stupirti e tempo per fidarti

e non soltanto per guardarlo sull’orologio.

Ti auguro tempo per toccare le stelle,

e tempo per crescere, per maturare.

Ti auguro tempo per sperare nuovamente

E per amare.

Non ha più senso rimandare.

Ti auguro tempo per trovare te stesso,

Per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora

Come un dono.

Ti auguro tempo anche per perdonare.

Ti auguro di avere tempo,

tempo per la vita.

(poesia indiana)


 


 

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