domenica 30 marzo 2003

 


Dove il sì suona


Gli italiani e la loro lingua


Questo è il titolo e sottotitolo della mostra della lingua italiana nella sua storia ed evoluzione (Firenze, Uffizi)


Sono stato a vederla oggi pomeriggio, sabato 29 marzo, con Paola che si era preparata e che mi ha fatto da guida. La mostra è dentro il Museo degli Uffizi, stesso orario(8,15-19, chiusura il lunedi), stessi prezzi. Euro 8,00 (Lit. 15.500). Euro 4,00 (Lit. 7.800) per i cittadini della Comunità europea di età tra i 18 e i 25 anni.
Ingresso gratuito per i cittadini italiani al di sotto dei 18 anni e al di sopra dei 65 anni e per i cittadini stranieri dei paesi per i quali esiste la reciprocità.


Consiglio di prenotare via telefono: si evita la coda.


La mostra va avanti fino al 30 settembre. Vale la pena di vederla. Il biglietto dà l'accesso sia al Museo che alla mostra; può sembrare un vantaggio, ma nella pratica è un tormento, perché una volta dentro devi comunque salire le scale, attraversare i lunghi corridoi, ammirare estatico la vista dalla vetrata centrale praticamente sospesa sul Ponte Vecchio (veduta del Piazzale, Forte Belvedere, tutti i ponti in prospettiva, la sequenza del tettino del Corridoio Vasariano che ti parte da sotto i piedi, scivola su Ponte Vecchio e si va a fermare a Pitti), percorrere il secondo mezzo corridoio sul quale sporgono le sale con dentro Michelangelo, Tiziano, Botticelli e quisquiglie simili, far finta di niente, scendere le scale che avviano all'uscita, fermarsi al piano immediatamente sottostante e finalmente trovare le stanze "Dove il sì suona". Insomma per arrivare all'Isola dei Feaci si rischia di rimanere irretiti dalle sirene della maga Circe. Bisogna quindi avere già visto gli Uffizi, non avere prenotato la visita al Corridoio Vasariano, chiudere gli occhi passando davanti alle stanze dei Grandi e dirigersi a passo di marcia verso l'uscita, senza uscire, beninteso.


L'emozione provata a vedere (in originale):


1 - il Placito di Capua, un atto notarile del 960, scritto in latino ma costretto a riferire le parole dei testimoni analfabeti così come erano state pronunziate. Ve lo ricordate? " Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene treta anni le possette parte Sancti Benedicti" (prima liceo o terza Istituto Tecnico); gli studiosi hanno stabilito che questo è il primo vagito della nostra bella lingua (bella, perché è bella, perché piaceva a Mozart e incantava Goethe);


2 - una lettera autografa del Petrarca che sembra scritta da un amanuense artista, con tanto di disegnino in miniatura (la prima lettera del IX libro delle Senili, scritta a...non mi ricordo chi, e me ne dispiace);


3 - il Decamerone autografo di Giovanni Boccaccio, scritto su due colonne, perfetto nella disposizione delle righe, nella grafia delle lettere...incredibile.


4 - La Divina Commedia manoscritta (perfetta anche questa) che Boccaccio regalò a Petrarca. Boccaccio stravedeva per Dante e doveva ammirare infinitamente il Petrarca per regalargli una cosa simile; per quei tempi, non so, come regalare una Ferrari o una villa...


5 - la Bibbia di Gerolamo Savonarola, annotata da Gerolamo sui quattro bordi di ciascuna pagina, con una calligrafia così minuta che più che la lente dell'orologiaio ci vuole il microscopio del laboratorio di fisica e chimica; senza uno sbaffo, una macchiolina; ma che razza di penna o di inchiostro...Pazzesco! Dove si capisce che quest'uomo era davvero fuori del normale;


E poi, non so, un lettera di Giuseppe Verdi, dove di parla del noleggio di una carrozza un po' sgangherata, o i bigliettini di Emilia Luti, fiorentina, Istitutrice per un po' di tempo di casa Manzoni, che, ritornata a Firenze, continua per iscritto le sue lezioni di italiano e chiarisce al Conte Alessandro la differenza che c'è nel linguaggio fiorentino tra scala e scaleo, con tanto di disegnino esplicativo.


O la pala da forno di Lorenzo Magalotti, che per essere riconosciuto Accademico della Crusca, lui grande scenziato, si dà il nome di Sollevato e disegna una fetta di pane immersa verticalmente e solo in parte in un catino; la quale fetta, inzuppandosi, con l'aumento di volume si è solleva quel tanto che è dimostrato dalla rigatura bagnata sporgente fuori dall'acqua; con scritta esplicativa: "que per sé non sale".


Insomma mi sono divertito; tanto divertito che sul più bello due gentili commesse mi hanno ricordato che era l'ora di chiusura (le 19) e che bisognava smammare. Così dovrò ritornarci per vedere il buon terzo restante della mostra. Lo farò, anche perché, facendo parte della Cumunità Europea, ed essendo al disotto dei 18 anni, come avrete capito, ho l'entrata gratis. Sì, io posso passare tutto il tempo che voglio dentro gli Uffizi, attraversare l'Arno passando per il Corridoio Vasariano, camminare non visto sopra le botteghe orafe di Ponte Vecchio, uscire a Pitti e finire la giornata al Giardino di Boboli - senza scucire una lira.


Alla faccia dello zio d'america.


Al quale dedico questi versi:


Ahi Pisa, vituperio delle genti


del bel paese là dove il sì suona;


poi che i vicini a te punir son lenti,


muovasi la Capraia e la Gorgona,


E faccian siepe ad Arno in su la foce,


sì ch'egli annieghi in te ogni persona!


INFERNO, XXXIII, 79-84).


( ove per Pisa leggasi Camp Derby).


Amen.

1 commento:

  1. ....che èri giovane di spirito lo sapevo , ma che avevi meno di 18 anni...
    Grazie per l'infarinatura della mostra ...ci hai preceduti,vogliamo andarci anche Io e Giovanna..

    nota tecnica: le foto ancora non riesco a inserirle...forse ci vorrà un aiuto da Simone...?

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