giovedì 14 agosto 2003

Il sentiero della libertà


 


Il sentiero della libertà.


Mercoledì 13 agosto 2003, visita a Vallucciole, luogo dell’eccidio del 13 aprile 1944.
Barbabianca è in compagnia delle sorelle Ella e Dora Noyes, redivive nelle persone di Paola e Mariella.
Dopo secoli la spada della guerra è ritornata su questa valle: non più lance e balestre, guelfi e ghibellini, Guidi contro Guidi, ma questa volta fucile e mitraglia, fascisti e antifascisti, tedeschi e alleati.
Non siamo ancora fuori dall’età delle caverne.
Tempo al tempo…



Percorriamo la strada Stia – Londa, in direzione Mugello, lungo il corso dell’Arno, qui ancora lattante anche se a tratti irruente per le cascate: Porciano con il castello dantesco ci incombe sulla destra; pochi km ed ecco l’indicazione per S.Maria delle Grazie, una chicca umanistico rinascimentale, sperduta in mezzo al bosco. Pochi km ancora ed siamo al bivio per Vallucciole. Ad accoglierci un bel cartello a colori intitolato: Cartina del rastrellamento tedesco e fascista del 12-23 aprile 1944. A cura del Parco delle Foreste Casentinesi.
La strada è sterrata e piena di buche. Si lascia la Uno Fiat al primo rientro e ci si incammina a piedi: 2,5 km da percorrere, parte in ombra parte al sole. Siamo molto vicini alle sorgenti dell’Arno, proprio sotto il Falterona. Il castagno qui regna sovrano. Ce n’è uno immenso: ha visto tanta storia; era lì anche il 13 aprile 1944, il giorno dell’eccidio.


Camminiamo sotto il sole consapevoli che questo è il sentiero della libertà, come è scritto in tutti i cartelli che via via si incontrano lungo le vecchie strade partigiane, giusta l’affermazione di Pietro Calamandrei:


“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità lì è nata la democrazia, lì è nata la Costituzione italiana”.


Incontriamo per prima la chiesetta-sacrario e leggiamo il cartello commemorativo:



Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Falterona-Campigna – Sentiero della libertà.


Vallucciole



Questo borgo montano, situato in comune di Stia, poco sopra la strada che da Stia conduce a Londa e a Firenze, il 13 aprile 1944 fu distrutto dai tedeschi della divisione Herman Goering e dai collaborazionisti fascisti. Lo stesso giorno, altri reparti tedeschi seminavano il terrore, uccidendo 29 civili a Partina, 8 a Moscaio, 7 a Castagno d’Andrea e 4 a Badia Prataglia. In esecuzione di ordini impartiti dal comandante supremo delle truppe tedesche in Italia feldmaresciallo Kesserling, l’obiettivo dei tedeschi era di cacciare la popolazione civile dalla zona e costringerla a recidere ogni forma di solidarietà con i gruppi partigiani. A Vallucciole nell’ottobre 1943 si era infatti costituito il primo gruppo partigiano del Casentino.
Nel febbraio-marzo del 1944, in conseguenza dell’emanazione dei bandi della repubblica sociale” che comminavano la pena di morte ai giovani che non si arruolavano nell’esercito fascista, le formazioni partigiane ingrossarono notevolmente i loro effettivi. Esse costituivano una minaccia per i rifornimenti delle truppe tedesche attestate a sud della Linea Gustav, e per i lavori di fortificazione della Linea Gotica. Il 12 aprile 1944 le truppe tedesche iniziarono il rastrellamento della zona compresa fra le strade di Bibbiena-Cesena e Firenze-Faenza. Vi impegnarono una delle migliori e più preparate divisioni, la corazzata Hermann Goering. Quello stesso giorno, a Molin di Bucchio, i partigiani del distaccamento Faliero Pucci, si scontrarono con una pattuglia di tre soldati tedeschi in abiti civili giunti in auto in azione di perlustrazione. Due tedeschi rimasero uccisi.
Il 13 aprile formazioni tedesche e fasciste marciarono verso i casali e le frazioni vicine a Molin di Bucchio, giungendo in breve tempo a Serelli, Vallucciole e Moiano. Ovunque gli uomini validi furono costretti ad uscire dalle case e a portare pesanti cassette di munizioni lungo il sentiero che conduce al Monte Falterona. Chi si fermava esausto venne ucciso lungo il tragitto. I superstiti vennero ricondotti a valle e fucilati in località Giuncheto. Contemporaneante altri reparti tedeschi penetrarono nelle case compiendo ogni forma di violenza contro donne, anziani e bambini, e incendiando Vallucciole e i casolari. 108 furono gli abitanti massacrati: 43 uomini, 43 donne e 22 bambini.
In questi luoghi del sacrificio di contadini, massaie e bambini è nata la democrazia e la Costituzione italiana.
Allegata una vecchia stinta fotografia che fa intravedere una donna anziana riversa su altri cadaveri, con la bocca semiaperta.



Scendiamo di pochi metri e troviamo la frazione, per metà diroccata per metà ristrutturata da alcune famiglie fiorentine (si capisce dall’accento, così come Dante veniva sempre riconosciuto dall’accento). Barbabianca scatta qualche foto con la sua digitale. Appena possibile si potranno vedere sull’Albo on line in fase di costruzione.
Più sotto il vecchio cimitero, un quadrato di terra murato, un cancello di ferro, la catena di chiusura apribile, proprio come tutti gli altri vecchi riposanti cimiteri di campagna. Ma troppo abbandonato: lapidi quasi illeggibili, fotografie stinte, manca l’elenco nominativo dei “caduti” del 43. A Proposito, l’unico superstite – ci dice Mariella – è morto 4 anni fa a Stia: era l’ultimo della fila e un soldato tedesco, non visto dai suoi ufficiali, lo spinse giù per la scarpata, salvandogli la vita. Tutto raccontato dalla nuora, Anna Sperandio, maestra e collega di Mariella.
Si decide di scrivere una lettera al Sindaco di Stia, perché rimedi al più presto a questa situazione di abbandono e trascuratezza.
Il ritorno, veloce, in picchiata lungo il tracciato aperto per i pedoni a traverso la vecchia strada franata non molti anni fa. Ci si ritrova sulla statale, al Mulin di Bucchio, là dove un cartello stradale recita: “Capo d’Arno”.
Barbabianca risale a piedi fino alla macchina e mentre cammina sotto il sole ora cocente rivive le estati del 43 e del 44, 11 anni, zona di Lierna, tedeschi acquartierati a Guzzigli, casa della nonna: gentili e cordiali. Avvertivano: qui si prepara un’altra Cassino, verranno momenti duri e persone cattive…Guzzigli fu fatta saltare con la dinamite: lo zio Santi dentro, salvato in un angolo dal grosso buratto, mobile di castagno o quercia, e da una trave che gli si posò sopra la testa, come un ombrello protettore.
Santi era reduce da Caporetto (1917).
Siamo sempre all’età delle caverne.
Quanti uomini dovranno ancora morire, prima che il cannone cessi di ruggire?
The answer is blowing in the wind.
Quanto dovrà ancora scavare la vecchia talpa della rivoluzione?

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