lunedì 3 gennaio 2011

Tantum religio potuit suadere malorum


“Inutile fare poesia sui diritti se si rimane silenziosi e

indifferenti di fronte a questi abusi “,  così  scrive l’On

Sandro Gozi sul suo profilo facebook, commentando la lettera che

ancora qui sotto riportiamo. La denuncia della signora Gaia, del

trattamento subito in un momento cosi delicato della vita


 


 



 


 


 

1893 - LA MANCANZA DI UMANITA’ NEGLI OSPEDALI - DI CORRADO AUGIAS

da: la Repubblica di domenica 12 dicembre 2010

Caro Augias, giorni fa, dopo I’ecografia alla ventesima settimana ci viene comunicato che il bambino, desiderato, è affetto da danni al sistema cerebro-spinale “incompatibili con la vita”. Può immaginare lo shock ed il dolore. Dopo due giornate angosciose - tutti che facevano le condoglianze mentre lui era ancora vivo entro di me - vengo ricoverata per essere sottoposta a stimolazioni volte a favorire il travaglio ed il parto. Inizia il mio incubo e quello della mia famiglia.

Nella struttura tutti gli operatori di ginecologia si dichiarano “obiettori di coscienza”, tranne due medici e un'ostetrica. Se mancano loro, gli altri si astengono da qualsiasi azione. Rispetto le convinzioni altrui e sono fondamentalmente religiosa. Quindi capisco alcune delle motivazioni; non però che questa scelta sconfini nel negare ogni assistenza. Dalla data del ricovero, nessuno dei presunti "obiettori” mi ha rivolto la parola, se non per dirmi che non potevo fare la Comunione, che non avrei potuto battezzare il bambino perché frutto di un aborto {anche se vorrei capire che cosa c'entra il bambino nella mia decisione, peraìtro indicata dai medici), che dovevo solo aspettare i medici non obiettori.

Quando il travaglio è partito i medici non obiettori non c’erano. Quando la frequenza e intensità delle contrazioni è aumentata ho chiesto a mia madre di chiamare qualcuno. Si sono rifiutati finché mia madre non ha alzato la voce, minacciando denunce penali per mancata assistenza. Finalmente arriva un'ostetrica nella mia stanza, mi visita in malo modo e mi comunica, infastidita che sono ancora a due centimetri di dilatazione. Dieci minuti dopo il mio piccolo Alessandro nasceva, nel letto della camera, davanti a mio marito, mia madre, i miei suoceri e la compagna di stanza sotto shock.

Sono confusa e scioccata, piango, li sento parlare di formaldeide, di inceneritore, di scarti organici, e mi sento dire che mi stanno facendo un favore a ripulirmi, perche avrebbero dovuto attendere il medico non obiettore. Grido che sono anch'io un essere umano, che ho solo voluto salvare il mio bambino dalla sofferenza e che il loro mestiere dovrebbe essere di cura ed assistenza, non di giudizio e condanna. Dico anche che scriverò le pene che ho dovuto passare. Di colpo diventano più gentili, finalmente mi mandano a casa.

Chiedo: se I'obiezione di coscienza è una questione morale, non è immorale abbandonare una donna ad affrontare tutto da sola sopportando angherie e umiliazioni?

Gaia Garata - Lecce

Risponde Corrado Augias

Ho dovuto tagliare parte della lettera con altri particolari umanamente deplorevoli. Nessun medico fa volentieri aborti anche perché non aiuta la carriera. Da qui a trattare una donna infelice in questo modo c'è di mezzo non la professione ma l'umanità. Nessun precetto, nessun fanatismo religioso giustifica la sua mancanza in un ospedale

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