domenica 11 dicembre 2011


Storie di donne rom

Il libro di Paola è stato presentato da Franca Rinaldelli e Mariella Maglioni a Bibbiena sabato 10 dicembre alle 17 presso la Biblioteca comunale per iniziativa del Circolo Peter Levy

Locandina di Giovanni Caselli
E' stato il mio secondo incontro col circolo Peter Levy e devo dire che mi sono sentito tutte e due le volte nei panni "curiali" di cui parla Machiavelli in una famosa lettera, quando, rientrando in casa, dopo una giornata di lavoro o di ozio forzato (dopo la sua caduta in disgrazia...) si mette a leggere i classici che lo immergono in un altro mondo o in un mondo altro da quello del gioco a tric trac o della zara o dello scopone tra urli e berci dell'osteria dell'Albergaccio che si sentivano fino a S.Casciano. Mi dice Stefano che il Circolo conta 72 iscritti. Incarico da qui Mariella a farmene un po' la storia, perché sono curioso e vorrei poter intervistare Bill, cioè il Prof. William Dodd, il signore silenzioso che ci accoglie nella sala della Biblioteca comunale di Bibbiena, Presidente del Circolo. Chi era e che cosa rappresentava Peter Levy, chi è e che cosa rappresenta Bill, come è approdato in Casentino e che cosa ce lo tiene legato.
Nell'attesa di avere il testo o i riferimenti di Franca Rinaldelli, metto qui un appunto che mi ha consegnato Mariella Maglioni, che è partita dalla locandina di Giovanni Caselli che raffigura un uomo e una donna "rom". Mariella è partita da questi due personaggi soffermandosi in particolare sugli occhi e sul modo di guardare della donna. Non tento neppure di rievocare le suggestioni che ci ha comunicato riguardo ai due personaggi perché rischierei di sciuparne l'acutezza.
La parola a Mariella:
Scrivere un libro come quello di Paola Galli sulle donne rom è un atto anticonformista con un significato che va al di là del libro stesso, delle circostanze che lo hanno fatto nascere e che impone delle fruttuose riflessioni:  ci rimanda al necessario quanto inevitabile incontro con lo straniero,  quello che per svariati motivi arriva da terre e culture lontane, ma anche quello  che vive in ognuno di noi e che il libro di Paola ci aiuta a ricercare. Quella parte sconosciuta e spesso inconoscibile, che continua comunque a dirigere i nostri passi e le nostre scelte e che non sempre abbiamo la forza di accettare.
Quello che voglio sottolineare, nel percorso fatto da Paola, sono due atteggiamenti fondamentali:  l’apertura e la curiosità per la diversità,  la voglia di cercare al di là dei pregiudizi un po’ più di verità, nel tentativo di unire, creare intese, offrire ospitalità.
Paola ci invita a fare un passo avanti.  Ci invita agli Incontri, come vengono chiamate le brevi interviste rilasciate dalle donne rom che Paola frequenta.  Piccole finestre che si aprono su un mondo, fugaci quanto acuti ritratti di persone la cui vita è segnata da due stigmi forti come quello di essere donna e quello di essere rom, che creano una visibilità di segno negativo.  Donna soggetto minore, spesso subalterna, esclusa dall’istruzione, povera, venduta, oggetto di violenza, sola, emarginata.  Rom e cioè storicamente esclusa, non desiderata, separata, ritenuta pericolosa e in molti casi sterminata.    L’ideologia razzista non ne distingue né la cultura né l’appartenenza, non conosce l’itinerario dei suoi viaggi, la sua lingua, la sua musica.  Lei è una zingara, uguale a tutti gli altri e come tale da tenere a distanza.
Paola ci invita a cambiare il nostro sguardo, ci invita a conoscere per apprezzare, per rispettare, per ospitare.  Acquisire uno sguardo che ricerca le cause, perché vuole l’incontro.  Uno sguardo che ama la diversità e che non la scusa quando diviene negativa, ma che le offre comunque ospitalità.
Molti i temi emergenti dal libro:  i matrimoni imposti, le spose bambine, la subalternità sociale e la supremazia domestica, il sincretismo culturale, i tentativi di adattamento e di integrazione, la lotta per la sopravvivenza, la solidarietà.
Molte le donne incontrate, dodici madri e dieci figlie, tutte molto diverse l’una dall’altra con famiglie diverse, storie diverse, ma potremo dire un destino simile, se non proprio uguale.  Un destino che non è difficile immaginare viste le condizioni in cui spesso sono costrette a vivere, un destino che il libro di Paola ci rende tangibile. 
“A forza di essere vento”, come scrive De Andrè, ci ricorda che la lotta per un’ identità  negata è la storia di molti uomini e di molte donne rom.  Come dice Liza, una delle donne intervistate “Rimpiango solo che tutto sia sempre così difficile, che non si possa fare le cose col respiro, senza l’ansia di non sapere se domani ci sarà il necessario per vivere.  E’ come stare sull’acqua, non sei mai in equilibrio”. (continua)



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