domenica 25 maggio 2003

Andalusia e Marocco

Andalusia 3 e Marocco 1


 


Deserto che vive.



17 Maggio – Visita al Parco Nazionale Dognana, delta estuario del Guadalquivir, a sud di Siviglia.


La prenotazione e’ stata fatta per tempo da Julia, quando noi eravamo ancora un Italia. La guida si chiama Martin Jacoby, un componente della colonia inglese che fiorisce qui nei dintorni di Gibraltar, Gibilterra.


Arriviamo, io e Simone, al centro del parco, provenienti da Siviglia, dove abbiamo lasciato Paola a chiacchiera con Victoria, insegnante di latino e greco in un liceo cittadino. Ci troviamo alla reception alle 8 in punto. Gli unici non inglesi siamo io e Simone; ma io sembro un tedesco e Simone un neozelandese: quindi nessuno ci nota, salvo questo distinto signore che ci viene indicato come Martin: tutto da vedere; Laurence d’Arabia di passaggio in Andalusia. Con lui saliamo su uno speciale furgone attrezzato per la traversata del deserto, alti sui sedili panoramici. Deve aver percorso molte volte queste dune sabbiose e non si scompone quando a una delle fermate panoramiche l’autista, l’unico andaluso presente, lo apre con una pedata di precisione.


Martin Jacoby e’ il piu’ grande conoscitore dei segreti del Parco: e’ un botanico nato sputato e laureato; ha risposto a tutte le domande che gli sono state fatte: sui fiori, le piantine, gli uccellini e uccelloni, le traccie sulle dune: coniglio, topo, tartaruga, beatle, cane, cervo, VIPERA. Proprio una vipera: le tracce sono un disegno di pioli di una scala ravvicinati agli estremi: un esperienza.


E poi la storia delle dune di sabbia. Queste si spostano di 6 metri l’anno. Quel boschetto di piante della macchia mediterranea e’ destinato a sparire sotto la duna nel giro di 20 anni, salvo continuare a vivere semisepolto perche, vedete?, la sabbia sotto contiene acqua. Questi monconi sporgenti sono vivi: sotto questa duna c’e’ una piccola foresta sepolta tuttora vivente. E poi ci sono le piante acrobate che saltano sulle dune quando la duna crese, salvo poi seguirle quando la stessa cala; nel tempo che la duna si modifica gettano semi e mettono radici in modo da rimanere a galla...


Una vecchia signora inglese addentiera (sic) un pinolo e cerca di schiacciarlo; Simone mi da’ di gomito: “guarda, quella li’ non ha mai visto una pina”.


Il giorno dopo, nella posta, mi trovo una email di Jacoby che mi specifica tutti i tipi di piante e animali visti il giorno della visita:



MARTIN JACOBY


naturalist


FINCA LA BORREGA, SAN PABLO DE BUCEITE


11320 [CÁDIZ], SPAIN.






DOÑANA NATIONAL PARK


17th & 18th May 2003


species noted by guests


specie vedute dagli ospiti durante la visita




Birds: Seguono 80 nomi di uccelli (in inglese)




Mammiferi - Mammals:



27 Genet (midden) 27 Mongoose 40 Red Deer


41 Fallow Deer 43 Wild Boar 63 Rabbit




Amphibians & Reptiles: (pages in A Field Guide to the Reptiles & Amphibians of Britain and Europe, by Arnold & Burton, Collins 1978.)


085c Southern Marsh Frog 091 Greek Tortoise (tracks)


097 Stripe-necked Terrapin 108 Moorish Gecko


120 Large Psammodromus 120 Spanish Psammodromus


122 Spiny-footed Lizard 142 Iberian Wall Lizard


219 Lataste’s Viper (tracks)



Fish: (pages in Fish of Britain & Europe, by Miller & Loates HarperCollins 1997.)


183 Large-mounthed Bass



Butterflies: (plates in The Butterflies of Britain & Europe, by Tolman & Lewington, Collins Field Guide 1997.)


006 Large White 007 Small White 011 Green-striped White


014 Clouded Yellow 017 Cleopatra 036 Common Blue



Other Insects: (pages in Collins Guide to the Insects of Britain & Western Europe, by Chinery, Collins 1986.)


046 Egyptian Grasshopper Anacridium aegypticum


256c Rove Beetle Scarites terricola


260c Carrion beetle Silpha sp. 264 Scarab Beetle Scarabaeus sacer



Other Animals:


Fiddler Crabs Tick



Plants: (reference numbers in Mediterranean Wild Flowers by Blamey & Grey-Wilson, Harper/Collins 1993.


0003 Umbrella Pine Pinus pinea


0015 Prickly Juniper Juniperus oxycedrus macrocarpa


0017 Phoenician Juniper Juniperus phœnicea turbinata


0027 Cork Oak Quercus suber


0035c Common Sallow Salix atrocinera (= cinerea)


0036c Alder Alnus glutinosa


0037c Black Poplar Populus nigra.


0136 Paronychia argentea


0169 Shore Campion Silene littorea


0218 Palmate Anemone Anemone palmata


0249c Buttercup Ranunculus trilobus


0250c Pond Crowfoot Ranunculus peltatus


0313 Sand Stock Malcolmia littorea


0314 Virginia Stock Malcolmia lacera


0336 Sweet Alison Lobularia maritima


0431 Carob Ceratonia siliquae


0475c Dwarf Furze Ulex minor


0479 White Broom Retama monosperma




e avanti di questo passo con altri 50 nomi di piante e fiori.




Tutto questo sulle dune sabbiose del delta del Guadalquivir, in Provincia di Cadice, insieme ad altre 14 persone, in una splendida giornata di maggio, assolata e fresca per la brezza che non ha mai cessato di spirare. Un’esperienza difficile da partecipare col semplice racconto.


E pensare che ci eravamo mossi da Jimena-Algesiras per Siviglia, con una lunga smacchinata, alla vigilia della nostra partenza – decisa qui in loco -per il Marocco; con tempi cosi’ stretti che sicuramente avremmo dato forfait, se non fosse stato per l’egoistica esigenza di non buttare via i 100 euro gia’ versati da tempo.


Ma nella vita non tutte le sorprese e gli imprevisti portano il segno – (meno)


Deserto che vive.




Africa, eccoci.



18 maggio: sbarco in Africa, a Ceuta, che e’ ancora Spagna: non lo sapevo. Traversata in un grande traghetto, largo quanto lungo, grande salotto galleggiante: emozione euforica, come sempre in queste situazioni. Il pulman che ci portera’ sulle strade africane e’ salito con noi ad Algesiras: alla guida Paco.


Antonio ci ha condotti per mano dalla Stazione Marittima al molo di partenza: bagagli, biglietti, documenti...fa tutto lui. Che soddisfazione in questi casi esser portati come bauli: per una settimana Barbabianca se ne sta tranquillo.


Guardo lo scoglio di Gibilterra che mi scivola a lato: Atlante, Ulisse, i confini del mondo, i Fenici...Gia’, i Fenici: avevano capito che lo stretto era una via d’acqua in perpetuo movimento, con doppia direzione: sopra in direzione Mediterraneo, sotto in direzione Atlantico (o viceversa, approfondiro’). Sta di fatto che questi fenomeni avevano inventato un sistema di vele di profondita’ che arrivavano a pescare la corrente giusta che li trasportava gratis nella direzione voluta. Anche contro vento.


E poi – ricordi scolastici – quanto ci mette il Mediterraneo a rinnovare tutta la propria acqua attraverso questa doppia corrente? 70 anni?


Mi sembra poco. Qualcuno che legge dia una mano nel commento.


“Dei remi facemmo ali al folle volo” – Ulisse, passando di qui, secoli addietro (Dante, Inferno XXVI)


Il verso piu’ bello della Commedia secondo Benito Mussolini.


Basta con le citazioni. Siamo al confine: sale una guardia e confronta la faccia del passaporto con quella attaccata al collo. Stenta a riconoscere Simone, nessun problema per Barbabianca: i giovani evidentemente invecchiano prima degli anziani. Da mettere tra le altre facilities per gli over sixties.


Prima sorpresa: 100 metri fa erano le 14, ora e’ mezzogiorno; era giorno festivo, ora e’ giorno feriale.


Seconda: tante bandiere rosse con una stella a 5 punte. Le bandiere proseguono dappertutto via via che avanziamo lungo la costa marocchina: colpo di stato? Hassam, la guida che ci accompagnera’ per tutto il viaggio, ci spiega che una settimana fa è nato il principe ereditario e la bandiera nazionale sventola da tutti gli edifici pubblici e privati. Il rosso e’ sempre un bel colore e tutto questo non disturba il paesaggio che sta scorrendo al di là dei finestrini tra la costa atlantico-mediterranea e gli Appennini che qui si chiamano Rif: le montagne del Rif; ricordi di fumetti e racconti letti da bambino (ero un grande divoratore di fumetti e di libri d’avventura).


Nel pulman da 53 pax siamo meno di 30 persone: la cosa ha i suoi vantaggi. Le persone le racconterò via via che le imparo a conoscere. Adesso che la strada ha imboccato la direzione profondo sud, in picchiata dentro l’Africa mora, la mia attenzione e’ tutta sul paesaggio: un altopiano quasi falsopiano, ben coltivato: vedo piantagioni di fragole, barbabietole da zucchero, aranceti, oliveti, cereali: qui e’ gia’ tempo di battitura e sono in azione le mietitrebbia meccaniche. In seguito, in campi piccoli e collinosi, vedro’ ancora l’antica falce a mano, le mannelle e i cavalletti, come a Lierna in Casentino quando portavo da bere a Gino, Meco, Ottavio e Santi, in attesa della paniera della Ida con dentro la panzanella. Ma qui la paglia e’ corta, le mannelle piu’ piccole anche se legate giustamente con le spighe e i covoni bassissimi: i nostri erano troppo piu’ imponenti. E poi mancano i pagliai.


Un cavallo berbero cavalcato a pelo: quanti fantini ci sarebbero qui per il palio di Siena.


Tanti somari. Continueranno per tutta la settimana: mezzi ancora primari di trasporto merci e viaggiatori nelle campagne.


1943-48: quando dalle finestre del Collegio salesiano di Strada Casentino, tutta la mattina di tutti i lunedi assistevo al gran concerto dei somari scesi per il mercato da Montemignaio, Cetica, Garliano, S.Pancrazio, La Torre, Rifiglio, Pagliericcio. Ripeto: Gran Concerto.


E cosi’ arriviamo a Fes, che in arabo vuol dire piccone. Con la storia della 2 ore anticipate siamo proprio in tempo per l’ora di cena. Formidabile: pranzo al sacco in Spagna, cena a tavola a Fes.


Fes: gande citta’, grande umanita’, tanta storia.


Flash back: quando ero figlio della lupa (camicina bianca, bandoliera nera con la M sul petto) non vedevo l’ora di diventare balilla, perche' i balilla avevano il Fez: qui lo portano tutti (almeno i vecchi).

giovedì 15 maggio 2003

 


E Marruecos sia


Allora e' deciso: Circuito Marruecos 7 Dias - Ciudades Imperiales


Estos circuitos estan especialmente pensados para quienes en poco tiempoquieren conocer las bellezas de las Ciudades Imperiales y descubrir todos sus secretos.


Uomo avvisato. Da domenica 18 maggio a sabato 24.


Come i giapponesi, appunto.


Dedicato a Franco e Pinuccia..


Mariella e Stefano, che ne avete fatto della Grecia?

Andalusia 2


Andalusia 2


Eugenio Montale


I limoni


Ascoltami, i poeti laureati
Si muovono soltanto fra le piante
Dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
Fossi dove in pozzanghere
Mezzo seccate agguantano i ragazzi
Qualche sparuta anguilla:
Le viuzze che seguono i ciglioni,
Discendono tra i ciuffi delle canne
E mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.


Meglio se le gazzarre degli uccelli
Si spengono inghiottite dall'azzurro:
Più chiaro si ascolta il susurro
Dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
E i sensi di quest'odore
Che non sa staccarsi da terra
E piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
Per miracolo tace la guerra,
Qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
Ed è l'odore dei limoni.


Stiamo mangiando sulla terrazza-giardino, sotto una grande pianta stracarica di limoni, gialli, succosi, maturi; mi sposto quasi inavvertitamente da sotto un limone giallo che pare stanco di reggersi. Ogni mattina ne raccogliamo quattro o cinque per terra. Paola ha subito fatto la marmellata.


Primavera d’intorno brilla nell’aria e per li campi esulta: fiori rossi di una pianta grandiosa di ibisco e quelli viola della bouganville che, a macchia, copre un intero angolo di questo giardino-terrazza. Da tutte le parti vasi e fiori, fiori e vasi: Julia e’ nata a Londra e i suoi scaffali sono pieni di libri di giardinaggio. Watering, regar, innaffiare e’ l’occupazione di Paola. Barbabianca pensera’ ad aggiustare la cannella del lavandino (el grifo) di cucina e lo sciacquone del water, appena riesce a trovare un paio di pinze e un cacciavite: ricerca che dura da giorni.



Oggi visita ad Algesiras: mezzora di macchina (Peugeot 205, diesel). Non sono mai stato in Africa. Ceuta e Tangeri sono a 25 euro di distanza. Qui offrono viaggi in Marruecos di una settimana per 450 euro. Prima ( e ultima) partenza utile per noi il 18 di Maggio. Ne riparliamo.



La nostra casa giardino e’ arrampicata sulla collina, sotto il castello. Stando a sedere sotto il limone si vedono nello sfondo una lunga serie di mulini a vento con le pale sempre in movimento, grazie alla brezza che spira in continuazione dal Mediterraneo. Fa piacere pensare che il ventolino che ti fa camminare sotto il sole senza una goccia di sudore e’ lo stesso che ti regala l’acqua calda della doccia che farai al rientro.


Una lunga fila di mulini a vento comparabile con questa la ricordo in Costarica, sul lago Arenal, - dalle parti del grande vulcano omonimo - dove l’aria dell’Atlantico gioca eternamente a bandiera con quella del Pacifico.


Mentre qui e’ il Mediterraneo che fa il solletico all’Atlantico, zigzagando tra Africa ed Europa.


Mi passa sopra la testa un deltaplano. Da dove si sara’ lanciato?


Ma a Siviglia questa brezza non arriva ( telefonata da parte di Victoria, che ci ospitera’ qualche giorno, il tempo necessario per vedere la perla dell’Andalusia).



Spostando l’occhio – sempre da sotto il limone – verso sud-est vedo in lontananza un promontorio caratteristico; mi sembra di averlo gia’ visto.


Enrique, nostro amico reduce da Firenze, ospite in casa nostra, mi conferma: Gibraltar, Gibilterra. Dunque dal castello di Jimena si potevano ricevere e mandare messaggi per fuochi o per cenni di castella fino a Gibraltar.


La guida mi spiega che la collina su cui si appoggia Jimena non fu scelta per caso. Gia’ al tempo dei Romani – sempre loro – la zona tra Gibilterra e Algesiras (Carteia) era di importanza strategica. Truppe o merci che dal mare si dirigevano verso Cordoba o Ronda trovavano la collina proprio a un giorno di marcia dalla costa. Qui si fermavano anche perche’, senza radio e telefono, soprattutto senza internet, potevano mandar telegrami con un po’ di fumo e fuoco: tutto bene, siamo al ristorante, pancetta affumicata e fiorentina ai ferri. Le mamme erano tranquille.


Dante conosceva bene il mio Casentino: dal castello di Porciano e da quello multiplo di Romena si poteva comunicare con Castel S.Niccolo, con Poppi e Fronzola, e poi attraverso Bibbiena via via fino ad Arezzo. Dante Inferno C.XXII. Ma prima bisogna leggere l’ultimo verso del XXI.



Il Corno alle Scale. Il 13 maggio, giornata radiosa come le precedenti, un po’ piu’calda, con Paola e la Peugeot 205 siamo andati al Corno alle Scale. Veramente si chiama Alcornocales, ma sono riuscito a memorizzarlo solo con questo trucco d’anagramma. E’ il parco naturale di Jimena, un pezzo della foresta che un tempo copriva la penisola iberica e tutta l’Europa. Quindi non e’ uno scherzo. Quello che mi ha colpito: l’acqua che filtra da tutti i pori della terra e si riunisce gorgogliando, anzi gargantando, in tanti arroyios-ruscelli e chorros-cascatelle in gara canora con rospi e ranocchi.


E’ cascato un limone – ore 21’20 del 13 maggio 2003 (ndr)


Noi abitiamo in Chorro della Calle, n.10. Davanti a casa c’e’ un getto d’acqua perenne grosso come un braccio.


Il fiume che scorre sotto e’ l’Hozgarganta. La strada del parco che abbiamo percorso oggi si stende parallela al suo corso. E’ un fiume pulito e i ragazzi ci fanno il bagno. Soprattutto ce lo faranno in giugno e luglio. Mi piacerebbe anche a me ( tanti bagni nell’Arno casentinese ai tempi che Berta filava e Berto aggiustava le macchine da battere degli Sbarberi).


La foresta del parco, dicono le guide, ha un grande valore storico-naturalistico per la presenza di piante in altre parti oggi scomparse. Io per la verita’ ho visto quasi unicamente le querce da sughero che qui costituiscono una industria da multinazionale. A Paola facevano un po’ pena; alcune le raffigurava come dannati di un girone dentesco con la testa per terra e le gambe per aria, altre rappresentavano manichini vestiti di due colori – marrone scuro del tronco scortecciato e grigio del tronco rimanente.


Gran bell’andare comunque con la macchina a passo di carrozzella sui saliscendi di queste sierre ancora boscose e cosi’ ricche di storia: questi boschi erano pieni di bandoleros y contrabandistas fino al 1800; sugli scoscendimenti lungo gli arroyos, i ruscelli, abbiamo incontrato macine da mulino: le didascalie spiegano la vita intensa di comunicazione che si faceva intorno al mulino che fungeva da spaccio alimentare, agenzia di informazioni, agenzia matrimoniale, dopolavoro boscaiolo.


Ad un tratto si e’ presentata una radura cosparsa di casette e magazzini animata da folletti provenienti da due classi seste elementari li’ accampati per alcuni giorni sotto la guida dei rispettivi maestri. Sulla porta di ogni rifugio i nomi degli assegnatari, stesi al sole i sacchi a pelo, intorno ai fontanili voci festanti, in cima alla collinetta i ricami delle arcate di una piccola chiesetta S.Galgano.


Erano tornati da una ascensione al Mirador, la vetta del monte El Aljibe, 1092 metri da dove si vede l’Africa!


Tempo della scalata 4 ore ida y vuelta; Barbabianca ha fatto tutto in due ore e mezza: ascensione in solitario; non incontrato un hombre. Delusione in cima per la foschia del primo pomeriggio e l’indeterminatezza dei contorni. Visto un grande bacino lacustre, piu’ in lontananza una striscia azzurrognola tipo stretto di Gibraltar giu’ nello sfondo le ombre di alte montagne: l’Atlante?


Insomma per me ancora vale il detto: hic sunt leones.


Ma – giorno 15 di Maggio – sto aspettando una telefonata di Agenzia da Algesiras che mi deve confermare o meno il “Circuito Marroqui”: una corsa un po’ folle attraverso Fez, Marrakech, Casablanca, Rabat, 7 gg, 450 euro, mezza pensione. Un po’ come i giapponesi che in una settimana visitano tutta l’Europa. Ma, tanto vale: il traghetto e’ qui a portata di mano e parte domenica 18. hasta luego.


Ore 12: la fattoria degli animali e’ silente: solo il raglio tranquillizzante di un asino. Ma stamani, dall’alba alle 10 gran concerto, con esibizioni acrobatiche di merli, piccioni e pajaros vari.


Mercoledi 14 Maggio, di ritorno da Granada (Alhambra e Capilla Real), Real Madrid – Juventus in casa di Enrique e Albucena, i nostri ospiti di Firenze insieme a Julia. 3 a 1 fantastico in compagnia di una birra e un canestro di lupini: una sorpresa, un ritorno a tempi lontani, sino all’infanzia.


martedì 13 maggio 2003

Andalusia 1


Andalusia 1


 


Il tempo si ferma e finalmente rimane un po’ con noi.



Sono in Andalusia, una regione verde, in una cittadina bianca, circondata da colline, addossata alla collina, coronata da un castello-fortezza, abitato via via da: Romani, Vandali, Visigoti, Mussulmani, Cristiani.


Sono arrivato a Jimena da Granada, 4 ore di viaggio su un trenino ottocentesco, che si apre il varco tra le alture della sierra seguendo iol corso fondovalle segnato dal torrente o chorro di turno. Si divincola lento come un grosso innocuo serpentone.


A mezza strada, e precisamente a Ronda, salgono frotte di studenti di scuola secondaria e danno animazione agli scompartimenti prima pigri e sonnolenti.


“Tutto il mondo e` paese”, pensa Barbabianca


Arrivo a Jimena “DELLA FRONTERA”. La frontiera e` quella che divide(va) i regni cristiani da quello dei Mori. Infatti, poco prima che nascesse Dante Alighieri, i cristiani di Castiglia, sempre in lotta col Regno moro di Granada, avevano respinto un po’ indietro dalle vicine zone occidentali i mori che ripiegarono su questa collina gia’ allora protetta dal grande castello. Xamina poi Jimena rimase cosi` terra di frontiera per piu’ di 2 secoli, fino a che i Mori furono ributtati in Africa e i castelli rimasero cosi’ senza lavoro, abbandonati come vecchie miniere dismesse.


Questa la storia.


La geografia e’ piu’ bella, complice il mese di maggio combinato col mare mediterraneo.


Mi trovo, con Paola e Simone, in una “casita”, in alto, dentro al paese vecchio, quasi sotto le rovine, ancora imponenti, del vecchio castello.


Due giorni prima del nostro arrivo e’ piovuto. L’aria e’ limpida, il cielo terso, fiori e piante in passerella, ognuno a suo modo: la Signora Natura, dietro le quinte, occhieggia complice e suadente.


C’e’ un ventolino di mare, continuo e constante, che mantiene l’aria asciutta e la pelle fresca. Funziona anche come un autan anti zanzare, che infatti non ci sono.


Sta di fatto che la Sig.ra Julian, che ci ha lasciato la sua casa e che vive qui da sola ormai da diversi anni, non manca di compagnia: gatti, somari, galli e galline, uccelli da diporto, rapaci rampicanti e passeracei. Tra questi, in un giardino vicino, un pavone (finalmente l’abbiamo individuato) che passa il tempo cantando “mejor, mejor”. Sono il migliore! Non certo per la voce, che e’ roca e poco elegante; magari per la coda. “Attento, pavone, quando mostri la coda, a non far vedere il c.” Vecchio proverbio qui citato per vezzo intellettualistico.


In certi momenti siamo proprio nella fattoria degli animali: essi occupano qui gli spazi sonori che in citta’ sono competenza di motori, motorini, sirene dell’ambulanza, trombe della polizia.


La mancanza di un apparecchio TV ci libera dalla cronaca dei morti ammazzati, degli incidentati, feriti, violentati, fracassati dentro le macchine, caduti dalle scale, dalle sedie, dalle impalcature, sospettati si Sars...


Il tempo si ferma e finalmente rimane un po' con noi.


Il resto in seguito. Nel frattempo avro' imparato a scrivere le vocali accentate sulla tastiera di questo Lap top della Signora inglesa.


venerdì 2 maggio 2003


 


 


 


 


 


 


 


 


Se capiti a Firenze vai a vedere il giardino dell'iris, proprio al Piazzale Michelangelo. Entrata sulla destra guardando verso l'Arno. E' aperto, come tutti gli anni, dal 2 al 20 Maggio, ore 10-12.30; 15-19. Entrata gratis. Consigliato a lui e lei, mano nella mano. (Paola è d'accordo).


Dall'altra parte del Piazzale, su Via del Monte alle Croci, il giardino delle rose.