sabato 21 marzo 2015

Il calcio e Paolo Rossi



         Il calcio e Paolo Rossi
Anche noi amiamo il calcio. Anche noi abbiamo il diritto di amare il calcio. E abbiamo il diritto di assistere alla partita. Perché no? Perché non sfuggire un po’ alla routine della morte? In un rifugio, siamo riusciti a procurarci l’energia elettrica usando alla batteria di un’automobile. In un battibaleno Paolo Rossi ci ha trasmesso la gioia che ci mancava. È un uomo che, in campo, si vede solo dove conviene che lo si veda. Un diavolo smilzo che noti solo dopo che ha segnato la rete, esattamente come un aereo da bombardamento si vede solo dopo che i bersagli sono esplosi. Dove c’è Paolo Rossi c’è un gol, c’è un’ovazione. Poi lui scompare, oppure si nasconde per aprire nell’aria un varco per quei suoi piedi pronti a cercare le buone occasioni, a portarle a maturazione, a raggiungerle in un picco di voluttà. Non è mai chiaro se sta giocando a calcio oppure facendo l’amore con la rete, una rete ritrosa che lui, sul torrido campo spagnolo, tenta e seduce con una raffinata galanteria italiana. Che lusinga come farebbe un gatto in calore. E poi, infine, ecco che Paolo Rossi, sotto gli occhi dei guardiani della virtù, un imene di 10 uomini posto a protezione della verginità della rete, ecco che Paolo Rossi avanza, avanza in un impeto di lussuria, avanza, muscolo d’aria, e sfonda. Ed ecco che la rete, incapace di resistergli, si rilassa e si arrende al suo ineffabile stupro.
Il calcio: cos’è quest’incantevole follia capace di imporre una tregua che ci fa godere di un piacere innocente? Questa follia in grado di attenuare la violenza della guerra e di ridurre i missili alla stregua di fastidiosi mosconi? Cos’è questa follia che, per un’ora e mezzo, sospende la paura? Che rasserena corpo e anima più dell’ardore della poesia, più del vino e più del primo incontro con una sconosciuta? È stato il calcio. Il calcio ha fatto il miracolo, ha risvegliato un popolo che pensavamo morto, morto di paura e di noia.
Video Youtube (3 minuti):  http://youtu.be/gdtPuMxAjvI

(Da: Mahmud Darwish, Trilogia palestinese,  Feltrinelli 2014, p.223)

venerdì 20 marzo 2015

Dante e Darwish


Dante e Darwish

La perla e l’ostrica

La Perla è un prodotto del dolore, risultato dell'entrata di una sostanza estranea o indesiderabile nell'interno dell'ostrica, come un parassita o un granello di sabbia. Un'ostrica che non è mai stata ferita, in un modo o in un altro, non produce perle, perché le perle sono ferite cicatrizzate.
O vos omnes qui transitis per viam attendite et videte si est dolor vester sicut dolor meus.     (Bibbia,  Geremia,I,12 )      
O voi che per la via d'Amore passate
attendete e guardate
s'elli è dolore alcun, quanto 'l mio, grave.
(Dante, Vita Nova, VII, 3-6)


Ahi dal dolor comincia e nasce

L'italo canto. (Leopardi: ad Angelo Mai)

La mia letteratura corrisponde a un preciso momento storico: Il poeta in fin dei conti cerca di umanizzare la storia e fa emergere la bellezza come risposta alla crudeltà dei nostri tempi. Io sono orgoglioso di essere palestinese, ma auspico che l’occupazione non sia condizione necessaria per diventare poeta.
(Darwish – Intervista fatta a Firenze nel 2005)


Sono tutti e due poeti dell’esilio e della sconfitta;
Tutti e due hanno fatto esperienze di governo;
Tutti e due hanno trovato nella poesia la fuoriuscita dalla banalità del male presente intorno a loro.

La Trilogia palestinese  e  la Divina Commedia a confronto:

L’Inferno e il Purgatorio di Dante  li apparento al “Diario di ordinaria tristezza” e “Memoria per l’oblio” di Darwish; il Paradiso ci fa vedere Dante che si distacca dall’”aiuola che ci fa tanto feroci” volando in cielo con Beatrice-teologia; “In presenza d’assenza” Darwis supera le barriere della morte con la poesia che “vince di mille secoli il silenzio”, per dirla con Ugo Foscolo.

Dante è la farfalla che vola via libera:
Non v’accorgete voi che noi siam vermi
Nati a formar l’angelica farfalla
che vola alla giustizia sanza schermi?
(Purgatorio, X, 24-27)
Darwish esce da se stesso, finalmente libero, verso una seconda vita:
Lascia che ti guardi, ora che ti sei staccato da me, indenne come pura prosa su di una pietra che si tinge di verde o di giallo in tua assenza, lascia che ti guardi, ora che mi sono staccato da te. Lascia che raccolga te il tuo nome come fanno i passanti con le olive dimenticate, nascoste tra i sassolini. Andiamocene insieme, tu e io, in due direzioni diverse: tu verso una seconda vita, promessa dalla lingua, in un lettore che forse sopravvivrà all’impatto di una cometa con la terra; io, verso un appuntamento più volte posticipato con la morte a cui, in una poesia, ho promesso un calice di vino rosso. (Trilogia palestinese, p. 287)
Dante ci saluta dal cielo, finalmente libero:
O insensata cura de’ mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l’ali!
Chi dietro a iura, e chi ad amforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi,
e chi rubare, e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s’affaticava e chi si dava a l’ozio,
quando, da tutte queste cose sciolto,
con Beatrice m’era suso in cielo
cotanto gloriosamente accolto.
 (Paradiso, XI, 1-12)
Darwish: Voglio cantare e poi andar via.
Voglio cantare. Sì, esatto voglio cantare questo giorno bruciato. Voglio cantare. Trovare le parole che muteranno la lingua in acciaio dell’anima, una lingua che sappia battere questi aerei, questi insetti d’argento scintillante. Voglio cantare. Inventare una lingua che mi sostenga, che sosterrò, la lingua che mi dia prova e a cui darò prova della forza che ci abita, una forza capace di trionfare sulla solitudine universale. Voglio cantare e poi andare via. (Trilogia p. 179)

Dante contempla il mondo dalla costellazione dei Gemelli (la sua):
Col viso ritornai per tutte quante
Le sette spere, e vidi questo globo
 Tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante;
 e quel consiglio per migliore approbo
 che l’ha per meno; e chi ad altro pensa
 chiamar si puote veramente probo …
E tutti e sette mi si dimostraro
Quanto son grandi e quanto son veloci
 E come sono in distante riparo.
 L’aiuola che ci fa tanto feroci,
 volgendom ’io con li eterni Gemelli,
 tutta m’apparve da’ colli alle foci;
poscia rivolsi gli occhi a li occhi belli.
(Paradiso, XXII, 133 sgg)
Darwish, più modestamente ma non meno acutamente, guarda i passanti dalla finestra:
Fa’ quel che devi: difendi il diritto della finestra di guardare i passanti. Non schernirti se non sei capace di addurre prove: l’aria è l’aria, non ha bisogno di certificato del sangue. Non abbandonarti al rimpianto. Non rimpiangere quel che hai perso quando ti sei assopito annotando i nomi degli invasori nel libro di sabbia. La formica racconta, la pioggia cancella. Quando ti svegli non rimpiangere di aver sognato. (Trilogia, p.289)
Dante rifiorisce come una pianta tramite la poesia:
Io ritornai da la santissima onda

rifatto sì come piante novelle

rinovellate di novella fronda,

puro e disposto a salire alle stelle.
(Purg. XXXIII, 136-144)
Darwish: La poesia fa spuntare l’erba dalla roccia:   
“l’erba non è così fragile come pensiamo. Da quando ha nascosto la sua ombra modesta nel segreto della terra, non si spezza più. Nell’erba spuntata dalla roccia c’è il prodigio della parola rivelata dal mistero divino, senza clamore né squilli di trombe. L’erba è profezia spontanea, senz’altro profeta che il proprio colore opposto a quello della terra arida. L’erba è fluente poesia di intuizione, semplicemente inafferrabile e inafferrabilmente semplice. È l’avvicinarsi della lingua al significato e il connubio del significato con l’ospitalità della speranza”. ( Trilogia, p.372)

Dante: La poesia potrà riportarmi in patria:
Se mai continga che il poema sacro
vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bell’ovile ov’io dormì’ agnello,
nimico ai lupi che mi danno guerra,
con altra voce ormai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prenderò il cappello.
(Paradiso 25,1-19 )
Darwish:  Le parole valgono una patria
In questo tramonto soltanto le parole sono qualificate a riparare il tempo e il luogo spezzati e a nominare dei che ti hanno trascurato e si sono gettati nelle proprie guerre con armi primitive. Le parole sono le materie prime per costruire una casa. Le parole sono una patria.
(Trilogia, pag. 336)
Dante ha problemi con i compagni di sventura:
“Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e il salir per l’altrui scale.
E quel che più ti graverà le spalle,
sarà la compagnia malvagia e scempia
con la qual tu cadrai in questa valle;
che tutta ingrata, tutta matta ed empia
si farà contr'a te; ma, poco appresso,
ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.
Di sua bestialitate il suo processo
farà la prova” …ma, poco appresso,
ella, non tu, n’avrà rossa la tempia.”
(Paradiso XVII, 58-66)
Darwish: “Quante incongruenze tra noi palestinesi
“quante incongruenze,” ho esclamato, “tra noi palestinesi. Ci sono interi uffici con tanto di aria condizionata e saloni di rappresentanza che servono solo a diffondere calunnie maldicenze. Quel gruppuscolo si è specializzato nel commercio di martiri: ‘ce ne servirebbero altri 20 per portarci al livello’. E così si è combattuto per accaparrarsi un martire di cui non si conosceva l’affiliazione. Si è messo a morte un combattente perché ha rifiutato di sparare a un amico che militava in un’altra organizzazione. Si è buttato il suo cadavere in un pozzo abbandonato e li è rimasto finché una veggente non l’ha ritrovato”. (Trilogia, p.197)
Il materiale di cui si compongono le opere di Dante e Darwish comprende tutto lo scibile a loro contemporaneo, impastato con le loro esperienze di vita:
Nel “ poema sacro al quale han posto mano e cielo e terra” trovi l’impegno politico di Dante, l’esilio, i classici latini (Virgilio, Ovidio, Lucano, Stazio, Orazio, Cicerone…), I padre della chiesa, la bibbia, la letteratura romanza, la filosofia e letteratura araba.
Nella Trilogia palestinese Darwish inserisce le vicende della patria e della famiglia, la Bibbia, il Vangelo, la  Thora, il Corano, i filosofi e saggi arabi:Abd Allah ibn Salam, Ka’ab, Dahhak, Mujahid, Akrama. Al-Sirri, Abi Salik e Abu Malik, Murra al-Hamadhani, Ibn Mas’ud, Ibn al-Athir…
Vedi a p. 186,  in Matteo XIII Gesù che, cedendo alle insistenze di una madre, le guarisce la figlia ( leggi: Palestina), vedi a p. 200 Begin marchiato da terrorista crudele come il Giosuè biblico ( Bibbia, libro di Giosuè, VI, 6-26).
Vedi a p. 173-74 la sura del Calamo dove si evidenziano i vaneggiamenti pseudo religiosi dei cosiddetti saggi.

Il tema dell’esilio

Dante affronta così l’esilio:
E io, che ascolto nel parlar divino
Consolarsi e dolersi
Così alti dispersi,
I'essilio che m'è dato, onor mi tegno.
(mi ritengo onorato di soffrire l’esilio 
visto che così nobili esiliati soffrono
e si consolano col loro parlare divino.)
 (Dante, la canzone dell'esilio )
E ancora:
…lungi da un uomo che predica la giustizia il pagare, dopo aver patito ingiustizie, il suo denaro ai persecutori come a benefattori.
Non è questa la via del ritorno in patria; ché se non si entra Firenze per una qualche siffatta via, a Firenze non entrerò mai.

E che mai? Forse che non vedrò dovunque la luce del sole e degli astri? Forse che non potrò meditare dolcissime verità dovunque sotto il cielo, se prima non mi riconsegni alla città, senza gloria e anzi ignominioso per il popolo fiorentino? Né certo il pane mancherà. (Dante, lettera all’amico fiorentino, 1215)
Darwish affronta l’esilio, lo sfida e lo elogia:
l’esilio non è un viaggio, un andare e tornare, né un soggiornare nella nostalgia. Forse è visita, attesa degli effetti del tempo, uscita da se stessi incontro agli altri per fare conoscenza e stare in armonia o per tornare nella propria conchiglia.
…In esilio ti scegli uno spazio per domare l’abitudine, uno spazio personale per il tuo diario e scrivi:

il luogo non è trappola

 possiamo dire: 


qui abbiamo una strada laterale


un fornaio

una lavanderia

una tabaccheria

un angolino

un odore che ricorda…

L’esilio è un ponte tra le immagini per attraversare la fragilità, è il narciso sottoposto al test della superbia e della modestia al contempo, è la disputa dei diversi, è l’accordo dei simili. Non tutto ciò che qui ti rifiuta, laggiù ti accoglie. Non tutto ciò che somiglia al laggiù, qui chi accoglie.
E non dimenticare di ringraziare l’esilio con magnanimità: “ti elogerò, esilio, degno di elogio, laggiù, sotto un fico che mi darà ospitalità, presso la casa di mia madre, come un passante in un autunno passeggero”.(Darwish, Trilogia, p.334).
Post scriptum: Concludiamo con le seguenti parole di Dante che dedichiamo ai palestinesi figli della Nakba, esiliati in patria e dispersi in ogni parte del pianeta Terra:
“Soffro per tutti coloro che soffrono, ma maggior pietà provo per coloro che visitano la loro patria soltanto in sogno”. (Dante, De Vulgari Eloquentia, II,6)
Firenze, BibliotecaNova dell’Isolotto, 12 marzo 2015   Urbano Cipriani


martedì 17 marzo 2015

La situazione dei prigionieri politici palestinesi


La situazione delle carceri israeliane e dei prigionieri politici palestinesi

La situazione all’interno delle carceri per i prigionieri politici Palestinesi peggiora di mese in mese.
Sono diversi i dati che possiamo leggere di questa degenerazione, a partire dal numero stesso dei prigionieri che aumenta proporzionalmente all’intensificarsi dell’occupazione israeliana dei territori.
Come si vede dalle tabelle sotto riportate (tabella 1 - dicembre 2013 e tabella 2 - dicembre 2014), in un anno i prigionieri sono aumentati del 23%.
È importante notare come anche siano aumentati i prigionieri provenienti dall’area Est di Gerusalemme (+122%). Tale intensificazione sta ad indicare un’inasprimento da parte di Israele nei confronti degli abitanti della Città Vecchia, vista sempre più evidentemente come il nuovo epicentro degli insediamenti.
Sono significativamente anche aumentati le detenzioni amministrative. Questo strumento è stato sempre più usato dalle forze israeliane soprattutto in seguito della Seconda Intifada. L’amministrazione detentiva permette ai militari israeliani di trattenere prigionieri senza limiti di tempo e sotto informazioni segrete, senza aver l’obbligo di definire l’accusa o senza permesso di poter partecipare ad un normale processo. Nonostante per le leggi internazionali le detenzioni amministrative dovrebbero essere usate solo in via eccezionale, Israele le usa come routine in modo da poter eludere alle strette leggi internazionali.
La detenzione amministrativa può durare qualche giorno, come nel caso dell’ultima ragazza ventitreenne arrestata a Ramallah solo qualche giorno fa (Lina Khattab), la quale dopo 10 giorni di detenzione amministrativa è stata condannata a 6 mesi di prigione più ad una pena pecuniaria, ma può durare anche mesi, anni, come nel caso di Mohammad Ghazal, che dopo essere stato arrestato ha visto una lunga serie di reiterazioni di detenzioni amministrative (3 mesi + 3 mesi...).
Detenzioni amministrative e detenzioni legali hanno comunque un minimo comune denominatore: le condizioni intollerabili di vita dentro le carceri israeliane.
Ogni diritto umano viene violato, i prigionieri vengono torturati, maltrattati e le condizioni della loro esistenza vengono rese insopportabili.
Vengono sottoposti a mesi interi di isolamento, intesa come misura preventiva, e per questo infatti spesso indirizzata nello specifico a prigionieri politici, ossia a persone attive nel mondo politico e per questo scomode all’interno delle carceri. Ma anche il solitary confinement, che prevede un isolamento totale all’interno di una cella minuscola senza luce e senza aria, con all’interno solo un materasso e un tempo indefinito da trascorrerci dentro.
È inoltre quasi impossibile per le famiglie andare a visitare i propri parenti in carcere. I parenti di primo grado infatti non posso andare a visitare il prigioniero (solo moglie, figli e genitore), e a praticamente nessun uomo in età compresa tra i 16 e i 35 anni viene permessa la visita. Quando possibili le visite possono avvenire una volta ogni due settimane per 45 minuti.
La vita nelle e delle prigioni diventa insostenibile non solo per chi è dentro, ma l’obiettivo è proprio quello di creare un isolamento completo del detenuto, rendendo impossibile anche alla famiglia resistere a questa tortura psichica e fisica.
Tra le ultime, ma non per importanza, cause di violazione dei diritti umani nelle carceri israeliane troviamo la negligenza medica. Oltre alle malsane condizioni di vita all’interno delle carceri (poca luce, dieta non corretta, sporcizia), è fondamentale per un malato poter comunicare, e anche ciò non può avvenire: i medici nelle carceri sono tutti ebrei e non parlano arabo, rendendo impossibile la comunicazione medico-paziente.
Questo si ripercuote negli ultimi casi di sciopero della fame. Sono sempre di più i prigionieri che scelgono la via della resistenza attraverso lo sciopero della fame. Il non rispetto e la violenza delle corti militari israeliane fanno si che anche questi metodi diventino un vero e proprio mezzo di tortura per i prigionieri stessi: a questi ultimi vengono negate infatti le principali cure mediche e i sali minerali di cui, anche se in sciopero della fame, si continuano a nutrire.
Fonte: www.addameer.org

Libertà per Marwan Barghouthi & tutti i prigionieri palestinesi D&R


Campagna Internazionale Libertà per Marwan Barghouthi & tutti i prigionieri palestinesi
D&R 
Chi ha lanciato questa Campagna Internazionale?
La Campagna Internazionale per la liberazione di Marwan Barghouthi e di tutti i prigionieri palestinesi è stata lanciata dalla cella di Nelson Mandela, il simbolo universale della libertà, il 27 ottobre 2013. Questa iniziativa comune tra la Campagna popolare per la liberazione di Marwan Barghouthi e di tutti i prigionieri e la Kathrada Foundation ha segnato la realizzazione della raccomandazione centrale adottata dalla conferenza internazionale “Freedom & Dignity” [“Libertà e Dignità”].
La Conferenza Internazionale “Freedom & Dignity”
Nell’aprile 2013, nell’undicesimo anniversario dell’arresto di Marwan Barghouthi, la Campagna popolare ha organizzato una conferenza internazionale intitolata “Freedom & Dignity”, basata su un invito del Comitato della Leadership nazionale1 composto da leader di tutti i gruppi politici palestinesi e da figure nazionali. La conferenza ha avuto il supporto del Coordinamento palestinese della difesa internazionale dei prigionieri palestinesi2. La conferenza si è svolta a Ramallah, Palestina, il 27 di Aprile (Giorno della Libertà in Sud Africa) ed è stata l’apice degli sforzi internazionali della Campagna popolare, che è iniziata quando Marwan è stato arrestato nel 2002.
Hanno partecipato all’incontro 120 delegati internazionali, inclusi più di 50 parlamentari dall’America Latina, Africa e Europa. Il Presidente del Parlamento Europeo ha mandato una delegazione interpartitica guidata dal Vice-Presidente del Parlamento Europeo. Personalità internazionali hanno mandato lettere di sostegno, incluso l’ex Presidente USA Jimmy Carter, il Segretario generale della Lega Araba Nabil El Arabi, l’ex Ministro degli Esteri francese Hubert Védrine, e l’ex Direttore generale dell’UNESCO Federico Mayor Zaragoza. Anche i Presidenti della Federazione internazionale dei Diritti Umani e della rete dei Diritti Umani Euro- mediterranea erano presenti all’incontro. Ahmed Kathrada, un’icona della lotta anti-apartheid, era l’ospite d’onore. Ha chiesto il lancio di una campagna internazionale per la liberazione di Marwan Barghouthi e di tutti i prigionieri palestinesi a Robben Island, ispirata dalla campagna Mandela Libero.
Il lancio di una campagna internazionale dalla cella di Mandela a Robben Island
Ahmed Kathrada ha lanciato la campagna Mandela Libero nel 1962, prima di spendere 26 anni in prigioni di apartheid, inclusi 18 a Robben Island. 51 anni dopo, lui e la sua fondazione,
1
Il comitato di leadership nazionale e’ composto da leaders di tutti I blocchi parlamentari nel PLC (Fatah,
Hamas, PFLP, DFLP, PPP, PI, Independenti e Fida) ed e’ stato costituito nel 2013 per aggiornare gli sforzi per il
rilascio di Marwan Barghouthi e di tutti i prigionieri palestinesi.
2
IIl coordinamento palestinese della difesa dei prigionieri raggruppa istituzioni ufficiali (Ministro degli Affari Esteri e Ministro dei detenuti e degli ex-detenuti) e organizzazioni della societa’ civile (Al Haq, PCHR, Addameer, DCI, Ensan). Il suo scopo e’ coordinare gli sforzi per il rilascio e i diritti dei prigionieri palestinesi.
insieme alla moglie di Marwan, Fadwa, capo della Campagna Popolare, hanno lanciato la Campagna internazionale per la liberazione di Marwan Barghouthi e di tutti i prigionieri palestinesi. La delegazione palestinese era composta di rappresentanti del coordinamento palestinese della difesa internazionale dei prigionieri palestinesi e da Luisa Morgantini già Vice Presidente del Parlamento Europeo. Ahmed Kathrada ha anche annunciato la formazione di un comitato internazionale di alto livello (International High Level Committee, IHLC) per la campagna internazionale.
Il comitato internazionale di alto livello e la Dichiarazione di Robben Island
Il comitato internazionale di alto livello (IHLC) è composto da rinomati ex prigionieri, leaders e ex leaders, figure per la difesa dei diritti umani e Laureati del Premio Nobel per la pace. Il comitato IHLC ha emanato un documento, la Dichiarazione di Robben Island per la liberazione di Marwan Barghouthi e di tutti i prigionieri palestinesi, affinché sia firmata da personalità importanti, organizzazioni e cittadini in tutto il mondo.
I Comitati nazionali
Nei paesi dove sono stati creati comitati nazionali, i comitati porteranno avanti la campagna lavorando con istituzioni e organizzazioni della società civile, rappresentanti eletti e cittadini.
Perché Marwan Barghouthi?
Un simbolo nazionale e internazionale
Tutte le campagne per la liberazione dei prigionieri hanno un simbolo. Il caso più emblematico è la campagna Free Mandela durante la lotta anti-apartheid. Ma possiamo pensare anche alla campagna per liberare Angela Davis e tutti i prigionieri in supporto del movimento dei diritti civili americani, o alla campagna per liberare Aung San Suu Kyi in Birmania.
Nel caso della Palestina, Marwan Barghouthi è quel simbolo. Il suo arresto ha portato a una ampia condanna nazionale e internazionale e ha segnato il punto di inizio dell’internazionalizzazione del problema dei prigionieri palestinesi. La sua eccezionale popolarità e il suo ruolo nella lotta nazionale lo hanno reso un simbolo incontestato della lotta palestinese per la libertà. Sia a casa che internazionalmente, Marwan è largamente conosciuto come il ‘Mandela palestinese’.
Una figura che unisce
In una comune lettera scritta nell’Aprile 2013, leader di tutti i gruppi politici palestinesi in Parlamento, incluso Fatah, Hamas, PFLP, PDLP e il People's Party, insieme a figure nazionali e indipendenti, hanno caratterizzato Marwan Barghouthi come “il più prominente e rinomato prigioniero politico palestinese in prigioni israeliane”. La lettera inoltre affermava: “il leader nazionale Marwan Barghouthi è un forte fautore della libertà e della dignità del suo popolo, di riconciliazione e democrazia, di pace basata sulla legge internazionale. Il nostro obiettivo è che Marwan Barghouthi e tutti i prigionieri riottengano la loro libertà.”
Una figura popolare
La popolarità di Marwan Barghouthi rimane ineguagliata in Palestina, come confermato da sondaggi successivi.
Perchè i prigionieri?
Un punto centrale
Per lungo tempo, i prigionieri palestinesi sono stati trattati come un tema sussidiario che sarebbe stato risolto una volta che il conflitto dovesse terminare. Questo ignora completamente quello che è stato confermato da e in molti conflitti intorno al mondo: i prigionieri, una volta rilasciati, possono svolgere un ruolo centrale nell’aiutare a raggiungere la libertà, la riconciliazione e la pace. Con più di 800 000 palestinesi che hanno fatto esperienza di detenzione, i prigionieri sono un elemento critico che tocca virtualmente ogni famiglia palestinese. 6200 Palestinesi sono attualmente in prigioni israeliane.
Sicurezza per l’occupazione vs. Libertà e pace
Israele è tradizionalmente riuscita a imporre un approccio di sicurezza al suo trattare con i prigionieri. E’ adesso tempo di promuovere un approccio basato sui diritti, che confronti le violazioni della legge umanitaria internazionale e i diritti umani, mentre riaffermi che questo conflitto è dovuto all’occupazione, e perciò la libertà è la chiave per porvi fine.
La libertà dei prigionieri palestinesi aprirà la strada alla libertà della popolazione palestinese, portando, così, alla pace e alla sicurezza.
Un tema che unifica
Se c’è un tema che unifica tutti i palestinesi, ovunque essi siano, al di là delle divisioni politiche, questo sono i prigionieri. I leader in prigione hanno svolto un ruolo chiave nel sostenere gli sforzi di riconciliazione, anche attraverso il documento dei prigionieri e la costante richiesta ai loro partiti politici di mettere fine alla divisione.
Cosa è il documento dei prigionieri?
Background
Nel 2006, seguendo le elezioni generali che hanno portato Hamas al governo, le preoccupazioni sono aumentate riguardo alla divisione tra Fatah e Hamas. I leaders politici imprigionati hanno scritto un documento per la conciliazione nazionale. Marwan Barghouthi è stato il maggiore architetto del documento, che è stato poi firmato dai leaders di tutte le fazioni. E’ il primo documento scritto a essere approvato da tutti i partiti politici rappresentati all’interno del PLO e da Hamas e la Jihad islamica.
I punti principali
Il documento:
- Chiede la costituzione di uno stato palestinese su tutti i territori occupati nel 1967 con Gerusalemme come sua capitale, e il rilascio di tutti i prigionieri palestinesi. - Riafferma che il PLO è il solo e legittimo rappresentante del popolo palestinese, mentre
si insiste sul bisogno per Hamas e la Jihad islamica di unirsi al PLO - Sottolinea il diritto del popolo palestinese a resistere all’occupazione, mentre chiede di focalizzare la resistenza nel territorio occupato nel 1967. Chiede azione politica e
diplomatica per liberare il paese, incluse le negoziazioni, così come la resistenza di massa
e popolare contro l’occupazione - Chiede la formazione di un governo di unità nazionale su una base che assicuri la
partecipazione di tutti i blocchi parlamentari - Sottolinea che le negoziazioni sono giurisdizione del PLO e del Presidente dell’Autorità
Nazionale palestinese, a condizione che ogni accordo debba essere presentato al nuovo Consiglio palestinese nazionale per la ratifica finale o essere ratificato da un referendum generale, se possibile.
- Sottolinea l’importanza degli sforzi rivolti alla costruzione dello stato e del preservare la democrazia palestinese
Un documento rilevante
Il documento dei prigionieri ha portato alla formazione del primo governo in assoluto di unità nazionale nel febbraio del 2007, che collassò alcuni mesi dopo. Il documento rimane il punto di riferimento centrale per mettere fine alla divisione. Dimostra, inoltre, il ruolo centrale che i prigionieri possono avere nel raggiungere l’unità, la libertà e la pace, così come la loro potente influenza e l’impatto di moderazione.
Marwan non è un terrorista colpevole di reato?
Un prigioniero politico
Marwan Barghouthi, sequestrato a Ramallah nel 2002, è stato il primo parlamentare a essere arrestato. Israele ha voluto perseguire la lotta palestinese, e criminalizzare la richiesta palestinese di libertà. Ha perciò arrestato uno dei simboli di questa lotta contro l’occupazione. Marwan Barghouthi, il quale, come un rappresentante di un popolo sotto occupazione ha rifiutato di riconoscere la legittimità del potere occupante, ha boicottato il tribunale. Lui perciò non ha perorato il suo caso ma semmai ha usato questo processo per perseguire l’occupazione.
Un processo farsa
Il report dell’esperto legale dell’Unione Inter-Parlamentare, il Signor Simon Foreman, ha affermato: “le numerose violazioni della legge internazionale richiamate in questo report rendono impossibile concludere che al Signor Barghouti sia stato fatto un processo giusto”. “Il caso di Barghouti ha chiaramente dimostrato che, lontano dal portare sicurezza, le violazioni della legge internazionale hanno, soprattutto, minato l’autorità della giustizia israeliana gettando discredito sul suo condurre le indagini e le procedure usate.” Questo processo ha così dimostrato un’altra volta che i tribunali israeliani erano strumenti per servire l’occupazione piuttosto che la giustizia. L’Unione Inter-Parlamentari e il Parlamento Europeo hanno entrambi richiesto il rilascio di Marwan Barghouthi e hanno adottato risoluzioni in supporto del rilascio dei ministri palestinesi imprigionati e dei diritti dei prigionieri palestinesi.
Non sono forse i prigionieri colpevoli e per questo non dovrebbero essere ritenuti responsabili delle loro azioni?
Tutti colpevoli?
Israele, il potere occupante, ha criminalizzato tutte le forme di impegno civile e politico, incluso il far parte di un partito politico, l’esercitare la libertà di espressione, assemblea e dimostrazione, il partecipare alla lotta sia pacifica che alla lotta armata, incluse forme considerate pienamente legittime per la legge internazionale. Allo stesso tempo, ha accordato quasi totale impunità ai suoi soldati e ai coloni. Dal 1967, 800 000 palestinesi hanno esperito la detenzione, una chiara manifestazione dell’uso di Israele dell’imprigionamento come mezzo per spezzare il volere di un’intera nazione che cerca la libertà. I tribunali militari israeliani hanno un tasso di condanne superiore al 99%!
Strumenti di occupazione
Le massicce violazioni della legge internazionale umanitaria e dei diritti umani durante l’arresto, l’interrogatorio, il processo e l’imprigionamento sono una chiara indicazione che il ruolo delle corti israeliani è di sostenere l’occupazione, non di ottenere giustizia.
Il rilascio di tutti i prigionieri politici è una necessità per la pace
Come dimostrati da altri conflitti nel mondo, il rilascio dei prigionieri politici è strumentale al fine di ottenere la pace. In molti casi, incluso il caso del Sud Africa, questo rilascio ha costituito un prerequisito per il lancio delle negoziazioni formali. Nel caso palestinese, comunque, nonostante la liberazione di migliaia di prigionieri, la firma degli accordi di Oslo non ha portato al rilascio di tutti i prigionieri. 20 anni dopo, questo estremamente tardivo rilascio dei prigionieri pre-Oslo sta finalmente accadendo rivelando un inerente fallimento del processo di pace: la sua incapacità ad assicurare la libertà per la popolazione occupata. Allo stesso tempo, 5000 prigionieri continuano ad aspettare la loro libertà mentre Israele persegue le sue quotidiane campagne di arresti.
Marwan è il nuovo Mandela?
Il Mandela palestinese
Non appena fu arrestato nel 2002, Marwan Barghouthi fu soprannominato “il Mandela palestinese”. Avendo passato ad oggi circa due decenni della sua vita in carceri di occupazione, inclusi gli ultimi 12 anni, il paragone con Mandela è difficile da evitare.
Lunga marcia per la libertà
Il cammino seguito da Mandela e da Marwan è molto simile: Entrambi hanno fondato il movimento giovanile della loro fazione politica ed erano
coinvolti nello sviluppo di un movimento di base e di resistenza popolare. Entrambi hanno difeso il diritto alla resistenza, inclusa la lotta armata, Mandela essendo il capo dell’ala militare dell’ANC al tempo del suo arresto, mentre Marwan era considerato un leader chiave durante la prima e seconda Intifada. Entrambi si sono poi avvicinati alla difesa della pacifica resistenza popolare come una opzione strategica verso
l’acquisizione della libertà.
Entrambi hanno rifiutato di riconoscere la legittimità dei tribunali dell’oppressore e hanno usato il loro processo per perseguire i regimi dei loro oppressori.
Entrambi hanno imparato il linguaggio del loro nemico in prigione e hanno mostrato una grande capacità per il dialogo.
Entrambi hanno trasformato la loro prigione in una scuola per altri e sono diventati maestri della lotta dietro le sbarre, uno in quella che è diventata conosciuta come l’Accademia di Robben Island e l’altro nella cosiddetta Accademia Hadarim (Marwan è detenuto nella cella n°28 nella prigione Hadarim).
In ultimo, entrambi hanno continuato ad avere un ruolo chiave durante l’incarcerazione, diventando simboli della lotta del loro popolo, unificando figure e attori politici chiave. Mandela è stato la figura centrale nel porre fine all’apartheid e nel raggiungimento della pace e della riconciliazione, mentre Marwan, attraverso il documento dei prigionieri, ha provato che lui può, usando la sua ampia credibilità e popolarità, raccogliere supporto da tutte le fazioni politiche per la riconciliazione palestinese, una comune strategia di resistenza e una visione per raggiungere la pace.
Il nuovo Mandela
Al di là delle impressionanti somiglianza nelle loro traiettorie politiche, il paragone tra Marwan e Mandela prende anche forza dall’universalità della lotta contro l’occupazione in Palestina, e le molte analogie con la lotta contro l’apartheid. In entrambi i casi, questi conflitti sono diventati emblematici della lotta per la libertà e la dignità contro l’oppressione, e per il trionfo di valori universali, dei diritti umani e della legge internazionale.
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La Dichiarazione di Robben Island costituisce il testo fondante della campagna. Aiutaci a fare la storia firmando questo documento e incoraggiando altri a firmare, individui, organizzazioni e figure prominenti nella società.
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Ci sono molti modi in cui puoi chiedere ai tuoi eletti di sostenere la campagna. Iniziative di successo per adesso hanno incluso: - l’adozione di risoluzioni da parte di Parlamenti locali, nazionali e internazionali - iniziative di viaggi e missioni che indagano sui fatti per vedere direttamente la situazione dei prigionieri palestinesi - assegnazione di cittadinanza onoraria a Marwan Barghouthi da autorità locali come segnale di appoggio per la liberazione dei prigionieri palestinesi e la libertà della popolazione palestinese - formulazione e promozione di interrogazioni parlamentari ai governi ufficiali
- esortazione ai governi per emanare dichiarazioni, fare pressione, e prendere chiara posizione per il rilascio dei prigionieri e del sostegno dei loro diritti fino a quando non saranno liberati.
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In Italia
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