giovedì 31 luglio 2008

Dante in Casentino VI

Presentazione al castello di Poppi - VI



Video sesta scena:  Il grande rifiuto, Firenze spietata e perfida.





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Testi


Racconto di Buonconte


E io a lui: “Qual forza o qual ventura

ti travïò sì fuor di Campaldino,

che non si seppe mai tua sepultura?”.

“Oh!”, rispuos’elli, “a piè del Casentino

traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano,

che sovra l’Ermo nasce in Apennino.

Là ‘ve ‘l vocabol suo diventa vano,

arriva’ io forato ne la gola,

fuggendo a piede e sanguinando il piano.

Quivi perdei la vista e la parola;

nel nome di Maria fini’, e quivi caddi,

e rimase la mia carne sola.

Ben sai come ne l’aere si raccoglie

quell’umido vapor che in acqua riede,

tosto che sale dove ‘l freddo il coglie.

Giunse quel mal voler che pur mal chiede

con lo ‘ntelletto, e mosse il fummo e ‘l vento

per la virtù che sua natura diede.

Indi la valle, come ‘l dì fu spento,

da Pratomagno al gran giogo coperse

di nebbia; e ‘l ciel di sopra fece intento,

sì che ‘l pregno aere in acqua si converse;

la pioggia cadde, e a’ fossati venne

di lei ciò che la terra non sofferse;

e come ai rivi grandi si convenne,

ver’ lo fiume real tanto veloce

si ruinò, che nulla la ritenne.

Lo corpo mio gelato in su la foce

trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse

ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce

ch’i’ fe’ di me quando ‘l dolor mi vinse;

voltòmmi per le ripe e per lo fondo,

poi di sua preda mi coperse e cinse”.

(Purg. V, 88-129)


Narratore


Guido da Battifolle, diventato Podestà della Città del fiore, promulgherà un’Ordinanza che pare fatta per lui: siamo nel maggio del 1315, mancano poche settimane al 24 giugno, festa di S. Giovanni Battista.

Dante riceve sollecitazioni ripetute e insistenti da parenti e conoscenti. Ha davanti tante lettere e messaggi di amici, di nipoti, di persone buone e influenti.


All’amico fiorentino (maggio 1315)

Dalla vostra lettera ricevuta con l’affettuoso rispetto dovuto ho appreso con mente grata e attenta considerazione quanto il mio ritorno in patria vi sia a cura e a cuore; e perciò tanto più strettamente mi avete obbligato quanto più di rado capita che gli esuli trovino amici.



Ecco dunque ciò che dalle lettere vostre e di mio nipote nonché di parecchi altri amici mi è stato

comunicato, per l’ordinamento testé fatto a Firenze sull’assoluzione degli sbanditi, che se volessi pagare una certa quantità di denaro e volessi sopportare la vergogna dell’offerta, potrei essere assolto e ritornare subito.



E’ questa la grazia del richiamo con cui Dante Alighieri è richiamato in patria dopo aver patito quasi per tre lustri l’esilio? Questo ha meritato una innocenza evidente a chiunque? Questo i sudori e le fatiche continuate nello studio? Lungi da un uomo familiare della filosofia una bassezza d’animo a tal punto fuor di ragione da accettare egli, quasi in ceppi, di essere offerto, a guisa di un Ciolo e di altri disgraziati. Lungi da un uomo che predica la giustizia il pagare, dopo aver patito  ingiustizie, il suo denaro ai persecutori come a benefattori. Non è questa la via del ritorno in patria, o padre mio; ma se una via diversa da voi prima o in seguito da altri si troverà che non deroghi alla

fama e all’onore di Dante, quella non a lenti passi accetterò; che se non si entra a Firenze per una qualche siffatta via, a Firenze non entrerò mai. E che? Forse che non vedrò dovunque la luce del sole e degli astri? Forse che non potrò meditare le dolcissime verità dovunque sotto il cielo, se prima non mi riconsegni alla città, senza gloria e anzi ignominioso per il popolo fiorentino? Né certo il pane mancherà.


 Firenze spietata  p.151


(dalla sentenza di Bando Maggiore del 6 novembre 1315)


Araldo

In nome di Dio, amen.

Questi sono i bandi e gli sbandimenti profferti e pronunciati dal nobile cavaliere Rayneri di Zaccaria di Orvieto, Vicario del re Roberto d’Angiò, nella città di Firenze e nel distretto, contro i sottoscritti ghibellini e ribelli: per il Sesto di Porta San Piero nella città di Firenze, tutti di casa Portinari e tutti di casa Giochi, eccetto Lamberto Lapi e Filippo Ghepardi; Dante Alighieri e figli, contro tutti e ciascuno dei quali sopra nominati, dai settanta anni in giù e dai quindici anni in su.

…essendo stati legalmente condannati per la contumacia di loro, se in qualsiasi tempo verranno in potere nostro e del Comune di Firenze, siano condotti sul luogo di giustizia e quivi sia loro tagliata la testa dalle spalle, così che muoiano
.

(Archivio di Stato, Diplomatico, Firenze)


Narratore A distanza di 3 settimane, il 6 Novembre 1315, Rayneri di Zaccaria di Orvieto, aggiunge:


a Dante e figli ripetiamo la condanna e confermiamo il bando da Firenze e territori connessi; e perché non si facciano gloria della loro contumacia, aggiungiamo che chiunque può recar loro offesa negli averi e nella persona, liberamente e impunemente, secondo quanto prevedono gli statuti di Firenze


Voce fuori campo



Che se’l conte Ugolino aveva voce

D’aver tradita te delle castella

Non dovei tu i figliol porre a tal croce.

 Innocenti facea l'età novella,

novella Tebe, Uguiccione e 'l Brigata

e li altri due che 'l canto suso appella.


mercoledì 30 luglio 2008

Dante in Casentino V

Presentazione al castello di Poppi - V



Video quinta scena:  Lettera a Enrico, Lettera di Gherardesca a Margherita di Brabante, addio amaro al Casentino:




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Testi:


E subito dopo, il 17 Aprile, al Divo Enrico, quasi con frenesia:


  Leva dunque gli indugi. Restando a Milano passandovi dopo l’inverno la primavera, credi di uccidere l’idra pestifera con l’amputarle le teste? Per estirpare alberi non vale il taglio dei rami; anzi crescono più numerosi e vigorosi fin quando rimangono le radici da cui prendono nutrimento.

Che cosa credi di aver compiuto, o unico Signore del mondo, quando avrai piegato il collo di Cremona ribelle? Forse che allora non si gonfierà inaspettata la rabbia o di Brescia o di Pavia? Anzi, quando questa rabbia anche flagellata sarà abbattuta, subito l’altra di Vercelli o di Bergamo o altrove scoppierà di nuovo, finché non si elimini alla radice la causa di questo tumore purolento e, strappata la radice di così grave errore, i rami pungenti insieme col tronco inaridiscano.

O forse ignori e non scorgi dalla specola della somma altezza dove si rintani la piccola volpe di tanto fetore, noncurante dei cacciatori? scellerata non si abbevera alle acque precipiti del Po, né al tuo Tevere, ma le sue fauci infettano ancora la corrente dell’Arno impetuoso, e si chiama Firenze, forse non sai?, questo crudele flagello. Questa è la vipera avventatasi contro le viscere della madre; questa è la pecora malata che infetta col suo contagio il gregge del suo pastore.

Scritto in Toscana alla sorgente dell’Arno, il 17 aprile [1311], l’anno primo della faustissima venuta in Italia del divo Enrico.


p.133


Dal castello di Poppi 1311

La duchessa Gherardesca scrive all’Imperatrice Margherita


Epistole IX, X, XI


Narratore

Nella concitazione del momento, Dante, ospite del Conte Guido Novello in Poppi, si fa segretario di fiducia, diligente scrivano e amanuense della Contessa Gherardesca, moglie di Guido e figlia del Conte Ugolino. Con quale insistenza l’avrà incoraggiata a intraprendere un rapporto epistolare con l’Imperatrice Margherita di Brabante!


Gherardesca di Battifolle

Alla gloriosissima e clementissima signora Margherita per divina provvidenza regina dei Romani e sempre Augusta, Gherardesca di Battifolle per largita grazia di Dio e dell’Impero contessa palatina in Toscana, piegate umilmente le ginocchia, presenta la dovuta riverenza. La graditissima lettera della regale Benignità con gioia fu vista dai miei occhi e dalle mani fu presa con reverenza, come si convenne. Sappia, dacché lo chiede, la pia e serena Maestà dei Romani che al momento dell'invio di questa lettera il diletto consorte ed io, per dono del Signore, eravamo in buona salute, contenti di quella dei figli, tanto noi più lieti del solito, quanto i segni del risorgente Impero promettevano ormai tempi migliori. Così dunque esultando nel presente e nel futuro, ricorro senza alcuna esitazione alla clemenza

dell’Augusta e supplichevolmente rivolgo rispettose preghiere affinché vi degnate pormi sotto l’ombra sicurissima della vostra Altezza, e io sia sempre protetta, e appaia esser tale, dal violento assalto di ogni avversità.

Inviata dal castello di Poppi, il 18 maggio (1311), nel primo anno della faustissima venuta in Italia di Enrico Cesare.


(p.139 del libro)


Addio al Casentino


Narratore

 Il brusco mutamento di fronte di Guido da Battifolle, il quale ad un certo momento abbandonerà la parte imperiale e verrà addirittura nominato vicario di Re Roberto d'Angiò per la Toscana, ci spiega da un lato l'abbandono, da parte di Dante, di queste terre, per riprendere le sue peregrinazioni all'ombra del "sacrosanto segno", e dall'altro il progressivo drastico indurirsi e inasprirsi del giudicare dantesco su uomini e cose casentinesi, quale è poeticamente documentato nella Commedia, in particolare nel canto XIV del Purgatorio. Non vi è infatti giudice meno benevolo, mi si conceda l'espressione, di un innamorato respinto e tradito. Dante si allontana così dal Casentino.



Prima Voce

Tra brutti porci, più degni di galle

che d’altro cibo fatto in uman uso,

dirizza prima il suo povero calle.

Botoli trova poi, venendo giuso,

ringhiosi più che non chiede lor possa,

e da lor disdegnosa torce il muso.

Vassi caggendo e quant'ella più ingrossa

tanto più trova di can farsi lupi

la maladetta e sventurata fossa.

Discesa poi per più pelaghi cupi

trova le volpi sì piene di froda

che non temono ingegno che le occupi.




Seconda voce

“O voi che sanz’alcuna pena siete,

e non so io perché, nel mondo gramo”,

diss’elli a noi, “guardate e attendete

a la miseria del maestro Adamo;

io ebbi, vivo, assai di quel ch’i’ volli,

e ora, lasso!, un gocciol d’acqua bramo.

Li ruscelletti che de’ verdi colli

del Casentin discendon giuso in Arno,

facendo i lor canali freddi e molli,

sempre mi stanno innanzi, e non indarno,

ché l’imagine lor vie più m’asciuga

che ‘l male ond’io nel volto mi discarno.

La rigida giustizia che mi fruga

tragge cagion del loco ov’io peccai

a metter più li miei sospiri in fuga.

Ivi è Romena, là dov’io falsai

la lega suggellata del Batista;

per ch’io il corpo sù arso lasciai.

Ma s'io vedessi qui l'anima trista

di Guido, d'Alessandro e di lor frate

per fonte Branda non darei la vista.



martedì 29 luglio 2008

Dante in Casentino IV

Presentazione al castello di Poppi - IV


Video quarta scena:  Enrico VII in Italia, l'Italia all'inizio del 300, le grandi lettere dal Casentino:



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Testi


4 quadro  

 La grande speranza: Enrico imperatore    p.113

 

Il 27 novembre i sette principi elettori di Germania, radunatisi in un convento di Francoforte, s'accordano finalmente per metter fine al periodo di sede vacante dell'Impero, dopo l'uccisione di Alberto I, e designano alla corona imperiale Enrico do Lussemburgo, di trentaquattro anni

Ma com'era l'Italia nel 1310? P.115

Il papato aveva avuto un periodo non breve di sede vacante. Poi con Celestino V era fallito l’esperimento spirituale, con Bonifacio VIII fallisce l’esperimento temporale, con Clemente V il pontefice è ormai vassallo del re di Francia, in Avignone.

L’Impero ormai da molti anni non è più punto di riferimento nelle mille contese tra feudatari e mercanti, tra città e campagna; l’Italia è una nave senza nocchiero in gran tempesta. La Sicilia si libera dai francesi con i vespri siciliani per far posto agli Aragonesi: Federico II ne fa campo di battaglia prima col fratello Giacomo poi con Carlo II d’Angiò. Genova ha sconfitto Pisa alla Meloria e poi Venezia a Curzola. Marco Polo, reduce dalle glorie del Catai, trova il tempo per dettare le sue memorie nelle prigioni genovesi, mentre Giotto ha da poco finito di dipingere la cappella degli Scrovegni a Padova.

l’industria tessile costituisce l’asse portante dello sviluppo economico; la lana proviene dalla Castiglia e dall’Inghilterra: Firenze, Lucca, Milano, Como, Bergamo, Brescia sono centri di produzione che   eguagliano quelli delle Fiandre e della Francia del Nord. L’artigiano ha bisogno del mercante che procuri la materia prima e fornisca il denaro per il primo acquisto. Il mercante ha bisogno di vie di comunicazione sicure e libere da balzelli. Firenze chiede il passo alle città confinanti; se Arezzo, Siena, Pisa e Lucca si mettono sulla sua strada è guerra.

Dentro la città il mercante-artigiano guelfo chiede il passo al magnate ghibellino; il partito guelfo, una volta vincitore, si divide al suo interno. Bianco contro nero, popolo minuto contro popolo grasso, salariato contro proprietario...


p.117

Il momento è drammatico, altamente drammatico. Tutti gli antichi fuorusciti fiorentini, Ghibellini e Bianchi, sono intenti a seguire le mosse dell’alto Arrigo, e impazienti vorrebbero che egli non ponesse ulteriori indugi, e subito puntasse al cuore della Toscana. Con la speranza prende corpo in Dante una diversa o comunque più precisa convinzione politica. Dante, qui dal Casentino, scrive tre lunghe infuocate lettere ai Signori d’Italia, agli scelleratissimi fiorentini, al divo Enrico. Ancora fresca d’inchiostro la stesura del 6° canto del  Purgatorio che di queste lettere costituisce la parafrasi. E che parafrasi.


 

Epistola V (settembre-ottobre 1310)

Alle sorgenti dell’Arno.

 A tutti e ai singoli Re d’Italia e ai Senatori della santa città, nonché ai Duchi, Marchesi, Conti e ai Popoli, l’umile italiano Dante Alighieri fiorentino ed esule senza colpa invoca pace. “Ecco ora il tempo accettevole”, nel quale sorgono i segni della consolazione e della pace. Un giorno nuovo infatti comincia a splendere mostrando dal suo nascere l’aurora che già riduce le tenebre della lunga calamità; e già le brezze orientali si fanno più frequenti; rosseggia il cielo ai confini dell’orizzonte e conforta di dolce serenità le speranze delle genti. O Italia, ora degna di pietà perfino per i  saraceni,

…asciuga le lacrime e cancella i segni dell’afflizione, o bellissima, è vicino colui che ti libererà dal carcere degli empi, che percuotendo a fil di spada i malvagi li disperderà e affiderà la sua vigna ad altri agricoltori che al tempo del raccolto diano in cambio il frutto di giustizia.

E voi che piangete oppressi “sollevate l’animo, ché vicina è la vostra salvezza”. Prendete il sarchio della buona umiltà e, spezzate le zolle della riarsa animosità, spianate il campicello della vostra mente affinché la pioggia celeste, venendo per caso prima che sia gettata la vostra semente, non cada a vuoto dall’alto. Non si ritragga da voi la grazia divina come la rugiada quotidiana dal sasso, ma come una valle feconda concepite e germinate il verde; il verde, dico, fruttifero di vera pace; e sulla vostra terra ritornata verdeggiante il nuovo agricoltore dei Romani aggiogherà con maggior rispetto e con maggiore fiducia i buoi della sua saggezza. Perdonate, perdonate già da ora, voi che con me avete sofferto ingiustizia, perché Colui dal quale come da un punto si biforca la potestà di Pietro e di Cesare, volentieri punisce la sua famiglia ma più  volentieri ne ha pietà.




Agli scelleratissimi fiorentini

Epistola VI

Alle sorgenti dell’Arno 1311.


Dante Alighieri fiorentino ed esule senza colpa agli scelleratissimi Fiorentini che vivono tra le mura di Firenze.

La pia provvidenza dell’eterno Re che mentre perpetua nella sua bontà le cose del cielo, non abbandona disprezzandole le nostre cose di quaggiù, ha disposto che le cose umane debbano essere governate dal sacrosanto Impero dei Romani affinché nella serenità di tanto presidio il genere mortale abbia pace e civilmente possa vivere. O cinti da un ridicolo riparo confidate in qualche

difesa? O malvagiamente concordi! O acciecati da una incredibile passione! A che gioverà aver cinto di steccato la città, a che averla armata di ripari e di merli, quando sopravverrà l’aquila in campo d’oro terribile, che trasvolò superba un tempo i vasti mari?

Vedrete i vostri edifici... precipitare sotto i colpi dell’ariete, e, tristi, esser inceneriti dal fuoco.

Vedrete la plebe d’ogni intorno infuriante ora divisa a favore o contro, poi unita contro di voi gridare terribile perchè non sa essere affamata e timorosa insieme


E non vi accorgete, poiché siete ciechi, che è la cupidigia che vi domina, che vi blandisce con velenosi sussurri, che vi tiene costretti con minacce fallaci e vi imprigiona nella legge del peccato e vi proibisce di ubbidire alle santissime leggi che sono fatte a immagine della giustizia naturale; l’osservanza delle quali, se lieta, se libera, non solo è dimostrato che non è servitù, ma anzi, a chi guardi con perspicacia, appare chiaro che è la stessa suprema libertà. Se non volete dissimulare, riconoscete dunque che è giunto il tempo di pentirvi amarissimamente delle temerarie presunzioni.E un tardivo pentimento d’ora in poi non porterà il perdono, ma coinciderà con l’inizio di un tempestivo castigo. Scritto il 31 marzo 1311 in Toscana, alle sorgenti dell’Arno, nel primo anno della faustissima venuta di Enrico Cesare in Italia.

giovedì 24 luglio 2008

Dante in Casentino III

Presentazione al castello di Poppi - III


Video terza scena: (L’amore tempestoso)


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Testi:




Narratore

Nell’Epistola IV, scritta ai primi del 1307, Dante, di ritorno da una importante ambasceria in Lunigiana, scrive al conte Moroello Malaspina e racconta che, appena giunto sulle rive dell’Arno, gli era apparsa davanti agli occhi una donna e che, malgrado ogni suo sforzo, Amore gli aveva cacciato dalla mente ogni proposito di tenersi lontano dalle donne e dalla poesia amorosa e lo aveva completamente sottomesso alla propria signoria.


 Ero appena uscito dalla corte dove mi era stato possibile vivere in piena libertà, ed avevo posto sicuro ed incauto i piedi presso la corrente del Sarno, quando, ahimè, all’improvviso, non so come, mi apparve una donna, come folgore dall’alto, in tutto per costumi e bellezza conforme alle mie aspettative.O quanto fu il mio stupore a quella apparizione! Ma lo stupore cessò per il terrore del fragore che seguì. Poiché come ai diurni baleni succedono i tuoni, così alla vista della fiamma di questa bellezza, Amore tremendo ed imperioso mi ebbe suo, e feroce come un signore che rientri nelle sue terre dopo un lungo esilio, uccise o sbandì o imprigionò qualsiasi cosa fosse stata a lui contraria dentro di me. Soffocò dunque quel proposito lodevole per cui mi tenevo lontano dalle donne e dai loro canti, e cacciò empiamente come sospette le assidue meditazioni con le quali andavo considerando le cose del cielo e della terra. Infine, perché l’anima mia non potesse più ribellarsi contro di lui, mise in catene il mio libero arbitrio, sicché bisogna ch’io mi volga dove vuole lui e non io.


Amor, da che convien pur ch’io mi doglia

Perché la gente m’oda,

E mostri me d’ogni vertute spento,

Dammi savere a pianger come voglia,

Sì che ‘l duol che si snoda

Portin le mie parole com’io ‘l sento.

Io non posso fuggir ch’ella non vegna

Ne l’immagine mia,

se non come il pensier che la vi mena.

L’anima folle che al suo mal s’ingegna,

com’ella è bella e ria,

così dipinge e forma la sua pena.

Così m’hai concio, Amore, in mezzo l’Alpi,

Ne la valle del fiume

Lungo il qual sempre sopra me se’ forte:

…O montanina mia canzon, tu vai:

Forse vedrai Fiorenza, la mia terra,

Che fuor di sé mi serra,

Vota d’amore e nuda di pietade;

va’ dicendo: “Omai

Non vi può far lo mio fattor più guerra:

Là ond’io vegno una catena il serra

Tal che, se piega vostra crudeltate,

Non ha di ritornar qui libertate.


Dante in Casentino II

Presentazione al castello di Poppi - II


Video seconda scena:




durata:10'


Testi:


Così Dante esprimerà il suo stato d’animo:

 

 Veramente io sono stato legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti dal vento secco che vapora la dolorosa povertade; e sono apparito alli occhi di tanti in modo molto diverso da come forse per alcuna fama m’aveano imaginato: nel conspetto de’ quali posso aver perduto stima e considerazione come persona, in modo che ne potrebbe risentire il giudizio anche riguardo ad ogni mia opera, sì già fatta come quella che fosse a fare.

(Convivio I - 3° cap.)

 

Lettera ai duchi di Romena 1304     p.67

 

Questa lettera è stata scritta da Dante Alighieri a Oberto e Guido conti di Romena dopo la morte del loro zio conte Alessandro, per esprimere le sue condoglianze.

Il vostro zio Alessandro era il mio signore e tale rimarrà nella mia memoria finché vivrò, perché mi avevano reso suddito la sua magnificenza e la sua bontà durante lunghi anni di tormentate vicissitudini.


Io poi, oltre a tutto questo, mi scuso, come vostro suddito, di fronte alla vostra discrezione, della mia assenza alle dolorose esequie; perché sono stato impedito non da negligenza né ingratitudine, ma dalla improvvisa povertà che l’esilio mi ha procurato. Questa povertà infatti, davvero crudele persecutrice, dopo avermi privato di armi e di cavalli, mi ha ormai cacciato nell’antro della sua prigionia dove, impietosa com’è, fa di tutto per tenermi imprigionato.

 

Voce fuori campo

Tu proverai sì come sa di sale

Lo pane altrui; e come è duro calle

Lo scendere e salir per l’altrui scale.

(Par. XVII, 58-60)

Seconda voce fuori campo

…"Nessun maggior dolore

che ricordarsi del tempo felice

ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

Ma s'a conoscer la prima radice

del nostro amor tu hai cotanto affetto,

dirò come colui che piange e dice. (Inf.5, parole di Francesca da Rimini)

 

 

Dante padre della lingua italiana

Narratore

Il “De vulgari eloquentia” (1303-1305) è un trattato in latino sull’uso del volgare come lingua letteraria ed è rivolto al popolo delle arti che dal 1282 ha sostituito nel governo di Firenze i magnati della grande proprietà terriera. Dante dichiara che la lingua volgare è quella lingua che il bambino impara dalla balia, quindi una lingua naturale, a differenza della lingua latina che è lingua perfetta ma artificiale. Dante non perde  l’occasione neppure per esprimere il suo giudizio negativo sul modo di parlare dei casentinesi:

 

 

In tanta dissonanza che tutte queste varietà producono nel volgare italiano, mettiamoci sulle tracce della lingua più decorosa d’Italia, la lingua illustre; e per aprire alla nostra caccia una strada transitabile, in primo luogo buttiamo fuori dalla selva cespugli aggrovigliati e rovi. E diciamo pure che quello dei  romani - che non è neanche una lingua ma piuttosto uno squallido gergo - è il più brutto di tutti i volgari italiani Dopo costoro strappiamo via gli abitanti della Marca Anconitana, che dicono Chignamente state siate, ces fas-tu?; e assieme a loro via anche gli Spoletini. Dopo di questi estirpiamo Milanesi e  Bergamaschi.

E dopo ancora, setacciamo via Aquileiesi e Istriani, che con quel loro accento ferino pronunciano: Ces fas-tu? E assieme a questi buttiamo via tutte le parlate montanare e campagnole, come quelle dei Casentinesi e degli abitanti di Fratta, che, col loro accento aberrante da tutte le regole, suonano in modo da far a pugni col linguaggio di chi abita nel centro delle città .



Attori recitanti:


Rolando Milleri

Stefano Masetti

Urbano Cipriani



Arpa:

Antonella Natangelo.

mercoledì 23 luglio 2008

Ballata dell'italiano precario

 Una mattina mi son svegliato


ed ho trovato che l’uomo più ricco d’Italia, padrone di molte aziende e diverse televisioni, impelagato in varie vertenze giudiziarie, si candidava ad essere Presidente del Consiglio. Ho pensato che essendo riuscito a fare bene i suoi interessi, altrettanto avrebbe fatto quelli dell’Italia, e non ho protestato.


Continua qui

martedì 22 luglio 2008

Dante in Casentino I

Presentazione al castello di Poppi


Video




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I primi 10 minuti in Youtube


Testi presentati (le pagine indicate sono quelle del libro)


Presentazione del libro “Ivi è Romena” al  Castello di Poppi sabato 14 giugno 2008, ore 21


una donna nelle vesti di Ella Noyes. P. 23 del libro


Quando si guarda al Casentino, laggiù in basso, la Valle Chiusa stessa diviene pensiero, memoria.  Il passato emerge più vivido del presente ed il corso stesso del fiume diviene il simbolo,  l'immagine delle possenti correnti di vita e di passione che un giorno fluirono attraverso la Valle.  In giorni di un remoto passato il piccolo spazio circoscritto dai verdi colli, ora così pieno di  pace, rinserrò in sé alcune delle più strenue forze della storia d'Italia. La catena di alture irte  di castelli, lungo il corso del fiume e le torri di pietra che scrutano dalle balze ogni valle  laterale sottostante, rammentano il sistema feudale che in passato dominò l'Italia quando, nel  diluvio generale, in cui rimasero sommerse legge ed ordine, dopo la caduta dell'Impero e le  successive invasioni del paese, il potere si ritirò sulla cima dei monti e fu impersonato dal  braccio armato del barone indipendente.

Il Casentino, tenuto da grandi Conti Palatini, i Guidi che, colla forza delle armi avevano esteso il  loro dominio su tutte le vallate più alte dell'Appennino in entrambi i versanti e fino al cuore  della Romagna, fu nell'Undicesimo e Dodicesimo secolo la sede di un potere al quale gli ancora deboli e insignificanti comuni confinanti prestavano omaggio ed obbedienza.

Fu questo il periodo in cui la Vallata fu più strettamente collegata con il mondo esterno. Mercanti e  viaggiatori frequentavano le montagne e i villaggi, oggi piccoli e modesti, quasi inaccessibili  sulle cime pietrose, che erano allora importanti luoghi di passaggio e sui monti si ergevano  numerose e grandi abbazie, ridotte oggi a mucchi di rovine perse nella foresta, sui più alti pendii  visitati oggi solo da cacciatori, abbazie che furono un tempo centri di rapporti umani e di attività  politiche. La Vallata era probabilmente più popolata allora di oggi: dove il principe aveva la sua  sede gli uomini si sentivano sicuri e si riunivano


Gazing down towards the Casentino, far beneath, the Enclosed Valley itself becomes a thought, a memory. The past grows more vivid than the present, and the course of the river below a symbol of the strong currents of life and passion which once coursed through the Valley. In days long gone by, that little space circumscribed by the green hills, and now so peaceful, contained within it some of the fiercest moments of Italian history. The chain of castled heights along the course of the river, and the rock-built towers that watch from their crags down each lateral valley, still tell the story of feudal Italy when, at the disintegration of the Roman Empire and the waves of foreign invasions law and order could only be imposed under the authority of the lords and barons in their hill-top domains.

In the eleventh and twelfth centuries the Casentino, was the seat of power to which the yet weak and insignificant surrounding communes paid homage and obedience. It had been carved out by the sword of the great Counts Palatine, the Guidi, who now ruled over all the upper Apennine valleys on either side of the mountains and far into the Romagna,

This was the period when the Valley was most closely connected with the outer world, before the time of tracks and roads. Men on mule-back went straight over the face of the hills to their destination. Merchants and travellers frequented the mountains, and villages now mean and impoverished, almost inaccessible upon their rocks, were then quite at the centre of the world's traffic. Many a great abbey, now but a heap of ruins lost in the forests far up the higher slopes, and today frequented only by hunters were then a great centre of human intercourse and political activity. The Valley was probably more populous at that time than now; for where princes lived, others were sure to gather together. (The Casentino and its Story, p.6-7)

 

   Il bando e la condanna libro p-43


Narratore - Nei primi giorni dell’ottobre 1301 Dante è a Roma, in ambasceria presso Bonifacio VIII. La resa dei conti tra la parte Bianca e la parte Nera è imminente. Dante, eletto priore il 13 giugno 1300, si è fortemente esposto, e in senso segnatamente antipapale: nella seduta del 19 giugno è l’unico a pronunciarsi a favore del ritiro delle truppe (cento cavalieri dislocati in Maremma) prestate in precedenza a Bonifacio, e che il Papa chiede di trattenere: “Dante espresse il parere che riguardo al servizio da rendere al papa non se ne facesse nulla”.

 Dante è con tutta probabilità ancora a Roma quando il primo novembre Carlo di Valois, il falso ‘paciaro’ nominato dal Papa, entra in  Firenze, e con lui rientrano, illegalmente, i capi dei Neri precedentemente banditi. Cominciano le rappresaglie: le case dei Bianchi, comprese quelle degli Alighieri, vengono messe a sacco; comincia il regolamento dei conti contro gli esponenti del partito avverso. Sulla via del ritorno da Roma, giunto nei pressi di Siena, Dante viene raggiunto dal bando col quale una Firenze ingrata dà il benservito al suo ambasciatore a Roma.




Condanna all’esilio

27 gennaio 1302

libro p-43


In nome di Dio, amen.

Io Messer Cante dei Gabrielli da Gubbio, onorevole Potestà della Città di Firenze …

nell’anno del Signore 1302, al tempo del Santissimo Padre Papa Bonifazio VIII…

OMISSIS

Essendomi venuto alle orecchie sulla base di pubbliche dicerie che Dante Alighieri, durante il tempo del suo Priorato o dopo,

1 -aveva commesso per sé o per altri Baratterie, illeciti lucri, inique estorsioni in denaro o altre cose

2 – che lui o chi per lui aveva ricevuto denaro o altra utilità per far eleggere Priori o Gonfalonieri,

ufficiali di distretto, per stanziamenti a favore di rettori e ufficiali del comune di Firenze;

3 – che aveva fatto spendere denari contro il Sommo Pontefice e per impedire la venuta di re

Carlo D’Angiò;

4 – che aveva commesso o fatto commettere frode, falsità, dolo, malizia, baratteria e grave estorsione e aveva operato per dividere la città di Pistoia causando l’espulsione da detta città dei Neri fedeli alla Chiesa Romana, staccandola dall’alleanza con Firenze, dalla soggezione alla Chiesa romana e a re Carlo, paciaro in Toscana;


ordino che detto messer Dante, insieme a Palmerio, Orlanduccio e Lippo,…

venga multato di 5.000 fiorini piccoli, che restituisca quello che ha illegittimamente estorto. Se non

obbedisca alla condanna entro il terzo giorno da oggi che tutti i suoi beni siano confiscati, devastati

e distrutti; e devastati e distrutti restino di proprietà comunale; che, anche se pagante, resti

fuori della provincia di Toscana a confino per due anni; che sia escluso per sempre dai pubblici

uffici come falsario e barattiere, che paghi la condanna o no.

Tale è la nostra sentenza.




Condanna a morte   p.47

10  marzo 1302

In nome di Dio, amen.

noi Cante, predetto Podestà, diamo e proferiamo la sotto indicata Condanna:

Messer Andrea de Gherardini

Messer Lapo Saltarelli



Dante Allighieri



contro i quali si è proceduto a seguito della inquisizione del nostro ufficio e della nostra Curia per il fatto pervenuto alle orecchie nostre e della stessa nostra Corte sulla base delle pubbliche dicerie …che se qualcuno dei predetti in qualsiasi tempo cadrà in potere del detto comune, sia bruciato col fuoco finché muoia.


Attori:


Antonella Natangelo, arpa e canto,

Catherine Adoyo, voce di Ella Noyes (testo originale inglese)

Gabriella Gualtieri, Ella noyes

Giovanni Terreni, araldo del comune di Firenze,

Urbano Cipriani, narratore.

lunedì 21 luglio 2008

Pievi e castelli in musica

Shel Shapiro



Clicca sulla foto


E' stata una gran bella serata, domenica 20 luglio, qui a Poppi, proprio sotto il castello, sotto le 3 grandi stelle del triangolo estivo (Vega, Denebola, altair), con davanti agli occhi, proprio contro il palco Giove splendente in gara con lo splendore di una luna che mi riporta al Leopardi dei tempi di scuola. Shel Shapiro ci racconta la storia contemporanea con le note della sua voce e quelle di tante chitarre, più tastiera, batteria, fisarmonica...Rivedo il mio 68 qui in Casentino, poi a Firenze. E poi Woodstock, Bob Dylan, i Beatles e tutta questa Amerika-America che sempre rappresenta il mondo altalenante tra l'incubo di Hiroshima e il sogno di Luther King: I have a dream, nella registrazione originale, risuona nello sfondo per pochi istanti. Franco, accanto a me, prof. di scienze politiche  a Torino, finissimo orecchio musicale, confessa: mi sono emozionato, come non mi succede spesso. Anche Shapiro, in chiusura, esprime commozione per questa serata inaspettata, con un pubblico paesano così poco provinciale nel suo apprezzamento via via esternato con approvazioni fatte nel momento e modo giusto: dopo due ore e mezzo sembra non voler andarsene e parla a noi direttamente e manifesta la sua emozione per questa serata passata con un pubblico simbiotico in un  luogo così "bello e incantato".

Shel Shapiro ovverosia una storia personale e sociale raccontata con garbo, eleganza, humor. Davvero bravo.


All'uscita saluti alla mano tra me e vecchi scolari degli anni sessanta (Hai comprato il  libro?): la storia siamo noi.

Una serata incantata, che mi regalato un sonno particolare, fatto di viaggi e scoperte, di contatti e compagnie in un ambiente accogliente e sereno che mi faceva superare le difficoltà poste da divieti vari...ricordo una grande rete che mi sta per avviluppare, ma che supero, continuando in questa corsa verso una meta indefinita che però mi fa intuire una prospettiva positiva...un po' di hascich metaforico a lenimento dell'ultimo post di Beppe Grillo appena letto? Stamani, lunedi, il cielo si presenta coperto, ma proprio ora (9,15) il sole sfora tra le nuvole leggere e diffuse. Al buon pensionato, augurio di un altro sereno dì. Buona giornata anche a te che leggi.

PS.

La serata di ieri era stata preceduta da una mattinata nel parco delle foreste casentinesi, con guide locali doc tipo Sergio Ricci, Mario Miani, sopra Badia Prataglia, dentro una foresta spessa e viva che agli occhi temperava il nuovo giorno (l'ombra dei faggi e degli abeti ci ha sempre temperato la luce del sole).


giovedì 17 luglio 2008

Leopardi visto da Toni Comello


Teatrino del Gallo


 Giovedì 24 luglio alle ore 21,00

nel giardino della libreria Libri LIberi

Via san Gallo 25r -tel. 055.2658324


PASSO D’ARNO


LA STANZA DEI BALOCCHI

DI GIACOMO LEOPARDI


Di questo poeta “infinito” è diffusa fra noi un’immagine “lontana”, una sacra icona venerabile e vaga: insomma è più ammirato che letto… Non ci siamo accorti che Leopardi è il più grande autore teatrale italiano, la vis comica, l’arte del ridicolo, il rasoio dell’ironia, la forza dirompente delle sue “trovate”. Un genio di 26 anni con l’esperienza  di un vecchio e la voglia di giocare di un bambino.

Ideato da Toni Comello, lo spettacolo presenta il Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, il Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo e il Dialogo di un Venditore di Almanacchi e di un Passeggere.


 Gli interpreti:

Francesco Bellone, Angelo Rea, Letizia Sacco e Pietro Venè.

Ingresso 7 euro.


Vediamoci lì.


PS.

YouTube - TONI COMELLO dall'Inferno. Ulisse. Parte I

TONI COMELLO recita Dante. "ULISSE". canto XXVI dell'Inferno ...

www.youtube.com/watch?v=HDSVCAAXGEA

mercoledì 16 luglio 2008

Fuori campo

Qualche consiglio: non comprate immobili, non fate debiti, non accendete nuovi mutui, se potete estinguete i mutui che avete, non comprate titoli di società immobiliari, non comprate fondi con titoli di società immobiliari. Fannie e Freddie stanno arrivando.


http://www.beppegrillo.it/2008/07/fannie_e_freddi.html


Perché, se Tonino c'azzecca, Grillo spesso c'indovina.

martedì 15 luglio 2008

Arezzo WiFi

AREZZO e FON realizzeranno la prima rete WiFi Municipale basata sulla condivisione della connessione tra utenti

Arezzo e Madrid, 14 luglio 2008 – Nascerà ad Arezzo entro l'estate la prima rete WiFi municipale italiana, basata sulla condivisione della connessione a Internet tra utenti. L'iniziativa è frutto della collaborazione tra il Comune toscano e Fon, la più grande Community WiFi nel mondo. Tutti gli aretini che lo vorranno, potranno diventare Foneros, ovvero membri della community mondiale di FON, e condividere con gli altri la propria connessione a banda larga: in questo modo, con l'installazione di appositi router (le Fonere) nelle proprie abitazioni, ognuno contribuirà alla diffusione del segnale in tutta la città. Inoltre, il municipio farà installare numerosi Hotspot in zone 'strategiche' del comprensorio, che consentiranno la connessione gratuita al web, garantendo così la 'copertura' di tutto il territorio cittadino.

...

I cittadini di Arezzo che vorranno avere accesso gratuito alla rete dovranno semplicemente installare un Router La Fonera nelle proprie abitazioni, condividendo la propria connessione a Internet e creando contemporaneamente un nuovo punto di accesso della rete municipale stessa. I cittadini che non parteciperanno attivamente potranno comunque navigare 15 minuti gratuitamente (previa visione di un video pubblicitario di 15 secondi) o acquistare un pass giornaliero al costo di soli 3,00 euro.


L'obiettivo è di realizzare un network in continua espansione in cui sono i cittadini stessi a realizzare la copertura del proprio territorio, ricevendo in cambio non solo l'accesso gratuito alla rete della propria città ma a tutti gli HotSpot FON nel mondo.


Continua qui

Stelle dal Casentino

Giove e la Luna


Li vedo davanti a me in queste serate magiche casentinesi, lato sud est, poi sud poi sud ovest. Dal 9 luglio Giove è in opposizione al sole e domina col suo splendore queste notti d'estate.  Togliere i piedi da questa Firenze "lavori in corso" della tranvia in costruzione, passare la Consuma, togliere gli occhi dai telegiornali e dalle loro civette sadomaso, vedere Marisa Fabbri raccontata sul satellite di Studio 2 (ma troppi commenti e quasi niente Marisa in diretta)...


Di fronte a una luna ancora non piena ma che già riempie di luce il mio spazio qui tra S.Piero, Raggiolo, quota e Pratomagno, osservare Giove che la rincorre, da Rassina verso Raggiolo,  in gara di luce e splendore, e la luna sempre più piena fino al 18 prossimo...Domani 16 luglio Giove e Luna in Sagittario, guarda la mappa. Anche se le giornate tornano lentamente ad accorciarsi. Dal 1° al 31 luglio la durata del giorno diventa più breve di circa 44 minuti.


Aprire il sito UAI al cielo di luglio


Il sole viaggia con i Gemelli dal 21 Maggio al 21 Giugno.  La costellazione di Dante:


S'io torni mai, lettore, a quel divoto

trïunfo per lo quale io piango spesso

le mie peccata e 'l petto mi percuoto,  108

  tu non avresti in tanto tratto e messo

nel foco il dito, in quant'io vidi 'l segno

che segue il Tauro e fui dentro da esso.  111

  O glorïose stelle, o lume pregno

di gran virtù, dal quale io riconosco

tutto, qual che si sia, il mio ingegno
,  114

  con voi nasceva e s'ascondeva vosco

quelli ch'è padre d'ogne mortal vita,

quand'io senti' di prima l'aere tosco;
  117

  e poi, quando mi fu grazia largita

d'entrar ne l'alta rota che vi gira,

la vostra regïon mi fu sortita.  120

  A voi divotamente ora sospira

l'anima mia, per acquistar virtute

al passo forte che a sé la tira.
  123

  "Tu se' sì presso a l'ultima salute",

cominciò Bëatrice, "che tu dei

aver le luci tue chiare e acute;  126

  e però, prima che tu più t'inlei,

rimira in giù, e vedi quanto mondo

sotto li piedi già esser ti fei;  129

  sì che 'l tuo cor, quantunque può, giocondo

s'appresenti a la turba trïunfante

che lieta vien per questo etera tondo".  132

  Col viso ritornai per tutte quante

le sette spere, e vidi questo globo

tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante;  135

  e quel consiglio per migliore approbo

che l' ha per meno; e chi ad altro pensa

chiamar si puote veramente probo.  138

  Vidi la figlia di Latona incensa

sanza quell'ombra che mi fu cagione

per che già la credetti rara e densa.  141

  L'aspetto del tuo nato, Iperïone,

quivi sostenni, e vidi com' si move

circa e vicino a lui Maia e Dïone.  144

  Quindi m'apparve il temperar di Giove

tra 'l padre e 'l figlio; e quindi mi fu chiaro

il varïar che fanno di lor dove;  147

  e tutti e sette mi si dimostraro

quanto son grandi e quanto son veloci

e come sono in distante riparo.  150

  L'aiuola che ci fa tanto feroci,

volgendom'io con li etterni Gemelli,

tutta m'apparve da' colli a le foci;  153

  poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.   

  (Paradiso, XXII)


Di questi tempi fa piacere rileggerlo.


Vuoi sapere quante volte e quanto e dove Dante parla di stelle?


Vai qui http://www.danteonline.it/italiano/cerca.htm e cerca "stelle".

sabato 12 luglio 2008

Eluana Englaro

Fine (annunciata) di una tortura



ELUANA: "E' QUESTIONE DI GIORNI"


LECCO - I tempi non sono ancora decisi, ma ormai "si tratta di giorni, che siano due o tre non conta. Ormai non sono più anni". Il papà di Eluana Englaro è determinato come lo è stato in questi nove anni a lasciar morire sua figlia. E sarà l'Hospice di Airuno, in provincia di Lecco, ad ospitare Eluana nelle ultime ore di vita. Una notizia che giunge dopo una giornata di polemiche e di incertezze sulla struttura dove dovrà essere staccato il sondino nasogastrico che alimenta e idrata artificialmente la ragazza, in coma da sedici anni.

L'Hospice di Airuno. E' stata la curatrice Franca Alessio a rendere pubblico che si tratterà dell'ospedale di Airuno. La struttura, spiega la curatrice, "non ha posto alcuna pregiudiziale ad accogliere Eluana: è disponibile nei modi e nei tempi che la situazione, delicata e comunque dolorosa, prevede. Tutto sarà fatto secondo i tempi tecnici che il medico incaricato ci indicherà: senza alcuna fretta, ma avendo come unico fine l'interesse di Eluana".

Il medico. A staccare materialmente il sondino potrebbe essere il dottor Carlo Alberto Defanti, prima in forza all'Azienda ospedaliera Niguarda di Milano. Se così fosse, si porrebbe rimedio all'eventualità di non trovare un medico disposto a interrompere l'alimentazione artificiale. Un'eventualità che comunque non ha mai spaventato Beppino Englaro, che oggi aveva detto: "Non ho ancora chiarito se sarò io a togliere il sondino a Eluana. Ma non è un problema né per me né per un medico".

L'agonia avrà termine. Per dare l'addio a sua figlia, Beppe Englaro non aspetterà dunque i due mesi nei quali la procura può fare ricorso contro la sentenza della corte d'Appello di Milano. L'ipotesi avanzata nelle ore successive alla decisione dei giudici, è stata scartata. Vittorio Angiolini, uno degli avvocati che ha tutelato gli interessi della giovane donna nel procedimento, ha fatto sapere che "l'interesse di Eluana comporta il disporre l'interruzione dei trattamenti di sostegno vitale artificiale in atto".

Adesso serve riservatezza. Nel mezzo delle polemiche mai sopite di questi giorni il padre di Eluana continua a ripetere che "la sentenza è chiara e di massimo livello, e noi vogliamo agire con trasparenza cristallina", ma "adesso richiamo tutti all'esigenza di rispettare la riservatezza per la dignità personale di Eluana". Beppe Englaro si dice poi "stupito del clamore" sollevato dalla sentenza dei giudici di Milano.

Dietro front del professore. Dopo l'iniziale disponibilità espressa da Riccardo Maffei, primario anestesista dell'ospedale di Lecco, ad aiutare la ragazza nell'ultima fase della sua vita, era arrivato il dietro front del professore che, con una dichiarazione ufficiale, aveva chiarito che la sua posizione "è sempre stata e sempre sarà per la vita, qualunque essa sia". Nella vicenda di Eluana oggi era intervenuto anche l'Ordine dei medici di Lecco, che aveva invitato esplicitamente i propri membri ad opporre l'obiezione di coscienza, che sarebbe "non solo comprensibile ma auspicabile".

Avvenire: “Scelta necrofila". La ragazza sarà quindi trasferita lontana dalla casa di cura Beato Luigi Talamoni di Lecco, gestita dalle suore Misericordine, da sempre contrarie a qualsiasi forma di "eutanasia mascherata". Le critiche delle gerarchie ecclesiastiche alla sentenza della corte d'Appello di Milano, restano durissime: "La decisione dei giudici è obiettivamente necrofila - scrive oggi l'Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale - apre le porte alla morte e chiude alla vita".


Commento. Emessa la sentenza in esecuzione dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nella Convenzione di Oviedo, nella Costituzione Italia, nella ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, inizia la controffensiva del Vaticano e dei clericali.

L'Avvenire, che aveva già classificato "grave" la sentenza di Milano, adesso parla di "necrofila". Stasera la Televisione di Stato ha dedicato dieci secondi alla dichiarazione di papà Englaro di voler eseguire le volontà di sua figlia Eluana e poi cento secondi  al prete della Chiesa adiacente la casa di cura ove Eluana è ricoverata, il quale ha affermato che la ragazza è bellissima, sta bene, e che se i genitori non se ne vogliono prendere cura ci penseranno loro. L'ordine dei medici di Lecco ha invitato i propri aderenti ad opporre l'obiezione di coscienza. Forse anche per questo, o forse per timore di eventuali  "ritorsioni", il primario anestesista dell'ospedale di Lecco si è rimangiato la sua disponibilità ad aiutare Eluana nell'ultima fase della sua vita.Non soltanto, quindi, il Vaticano-Stato estero si pronuncia sul contenuto delle leggi che il Parlamento italiano dovrebbe approvare o respingere, ma incita anche a non applicare le sentenze emesse dai tribunali dopo otto gradi di giudizio. Se questa non è "disobbedienza incivile" ditemi come può essere definita.

Giampietro Sestini 


LiberaUscita

Associazione nazionale laica e apartitica

per la legalizzazione del testamento biologico

e la depenalizzazione dell'eutanasia

Via Genova, 24 - 00184 Roma

apertura sede: lun-merc-ven. ore 8:30 - 10:30

tel e fax: 0647823807

sito web:
www.liberauscita.it

email:
info@liberauscita.it


Nota di Barbabianca



Barbabianca, iscritto a Libera Uscita, invita chi legge a fare la stessa cosa; in via subordinata stampi dal sito della
Consulta di bioetica di Milano la biocard, la riempia e firmi; la si può fare allegare alla cartella clinica in caso di ricovero ospedaliero. E' tra l'altro un modo di aiutare i medici sottoposti alla pressione dei poteri forti contrari alla autodeterminazione, come si capisce bene dal dietrofront fatto dal primario anestesista di Lecco. Anche la dichiarazione dell'Ordine dei medici di Milano fa impressione: sembra un documento teologico vaticano.


Dante diceva così:


Ahi gente che dovresti esser devota,

e lasciar seder Cesare in la sella,

se bene intendi ciò che Dio ti nota,                      

  guarda come esta fiera è fatta fella

per non esser corretta da li sproni,

poi che ponesti mano a la predella.

Purgatorio VI, 91-96


Ahi, gente di Chiesa, che dovresti dedicarti solo a opere di pietà, e lasciar sedere l'imperatore sulla sella (a esercitare l'autorità civile), se comprendi rettamente quello che Dio ti ha prescritto, osserva come questa cavalla è diventata ribelle per il fatto che non è guidata e domata dagli speroni dell'imperatore, da quando hai preso in mano la sua briglia.


Ma soprattutto, in positivo:


Come la scala tutta sotto noi

fu corsa e fummo in su 'l grado superno,

in me ficcò Virgilio li occhi suoi,  126

  e disse: "Il temporal foco e l'etterno

veduto hai, figlio; e se' venuto in parte

dov'io per me più oltre non discerno.  129

  Tratto t' ho qui con ingegno e con arte;

lo tuo piacere omai prendi per duce;

fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.  132

  Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce;

vedi l'erbette, i fiori e li arbuscelli

che qui la terra sol da sé produce.  135

  Mentre che vegnan lieti li occhi belli

che, lagrimando, a te venir mi fenno,

seder ti puoi e puoi andar tra elli.  138

  Non aspettar mio dir più né mio cenno;

libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

e fallo fora non fare a suo senno:  141

  per ch'io te sovra te corono e mitrio".   

Purgatorio, XXVII, 124-142


Nota l'ultimo verso: Dante riceve una doppia corona: quella politica, ogni uomo è sovrano su se stesso; quella religiosa (la mitria), ognuno è sacerdote di se stesso.

Anticipato il Rinascimento e la Riforma. Che non è poco. Grande Dante.


PS



Se hai tempo da perdere, clicca sulla colonna sinistra del blog alla parola Laicità o Eutanasia: tutti i miei posts riguardanti l'argomento. In particolare soffermati su due medici, uno vivo e uno morto:

Frédéric Chaussoy ( Non sono un assassino, ed. Lucidamente ),


Giorgio Conciani, medico fiorentino.


giovedì 10 luglio 2008

Piazza Navona


Una gran bella piazza


Marco Travaglio, Beppe Grillo, Pancho Pardi, Paolo Flores d'Arcais, Fiorella Mannoia, Moni Ovadia e Ascanio Celestini.
















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Impronte


 Prima di tutto vennero a prendere gli zingari

e fui contento, perché rubacchiavano.


Poi vennero a prendere gli ebrei

e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.


Poi vennero a prendere gli omosessuali,

e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.


Poi vennero a prendere i comunisti,

ed io non dissi niente, perché non ero comunista.


Un giorno vennero a prendere me,


e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Berlino, 1932  Bertold Brecht


L'Europarlamento ha deciso di bocciare le misure di emergenza nei campi nomadi italiani proposte dal ministro Maroni.

In questi giorni  a San Rossore si sta svolgendo un importante meeting  per ricordarci che 70 anni fa in Italia entravano in vigore le leggi razziali.

martedì 8 luglio 2008

La stella mancata

Giove




clicca sulla foto (visto da Voyager1)


Lo rivedo in queste sere casentinesi, grande e luminoso più di Antares che gli si trova accanto in queste sere di luglio, lato sud.


E' un gigante, anzi il gigante del sistema solare. Per un pelo non è diventato stella. E chissà se noi ci saremmo stati.  Apprezzare la sconfitta: Sertorio, Gorbaciov. In attesa di Berlusc (si licet iniquum componere aequis).  Con pensierino finale al papa che apprezza la ventata finalmente fresca e nuova del governo berlusc.


In mancanza di telescopio o di cielo non inquinato dalle nostre luci ridondanti,  scarica il programma da questa web: http://www.skylive.it/skylive-new/index.php e cerca compagnia tra gli astrofili dilettanti.


Sempre con il Dantino a portata di mano; e Wikipedia


Il sesto è il Cielo di Giove, la cui virtù caratteristica è la giustizia: il cielo è infatti sede delle anime di principi saggi e giusti; essi appaiono a Dante come luci che volano e cantano, formando lettere luminose che compongono la frase «Diligite iustitiam qui iudicatis terram» (cioè "Amate la giustizia voi che giudicate il mondo"); dopo le lettere i beati, a partire dall'ultima m (prima lettera della parola "Monarchia"), danno anche forma all'immagine di un'aquila, allegoria dell'Impero.


Le questioni filosofiche e teologiche affrontate in questo cielo sono:




  1. l'imperscrutibilità della giustizia divina: perché sono condannati coloro che non poterono conoscere Cristo;



  2. la predestinazione divina.



Questo cielo è ancora mosso da intelligenze angeliche della seconda gerarchia, cioè dalle dominazioni.


Sono qui beati: David, Marco Ulpio Nerva Traiano, Ezechia, Gaio Flavio Valerio Aurelio Costantino, Guglielmo II di Sicilia e Rifeo.


 Preghiera



O dolce stella, quali e quante gemme

mi dimostraro che nostra giustizia

effetto sia del ciel che tu ingemme!       


Per ch'io prego la mente in che s'inizia

tuo moto e tua virtute, che rimiri

ond' esce il fummo che 'l tuo raggio vizia;       


sì ch'un'altra fïata omai s'adiri

del comperare e vender dentro al templo

che si murò di segni e di martìri.       


O milizia del ciel cu' io contemplo,

adora per color che sono in terra

tutti svïati dietro al malo essemplo!       


Già si solea con le spade far guerra;

ma or si fa togliendo or qui or quivi

lo pan che 'l pïo Padre a nessun serra.       


Ma tu che sol per cancellare scrivi,

pensa che Pietro e Paulo, che moriro

per la vigna che guasti, ancor son vivi.      


Ben puoi tu dire: «I' ho fermo 'l disiro

sì a colui che volle viver solo

e che per salti fu tratto al martiro,       


ch'io non conosco il pescator né Polo».

(Paradiso XVIII, 115-136)


O dolce pianeta Giove, quali e quante anime luminose mi mostrarono ( prima col loro canto e poi con la figura dell’aquila, simbolo dell’Impero e della giustizia che esso solo può realizzare ) che la giustizia umana deriva dall’influsso del cielo che tu adorni con il tuo splendore!


Perciò prego Dio, dal quale prende inizio il tuo movimento e il tuo potere di influsso, affinché rivolga la sua attenzione al luogo da cui esce il fumo che offusca la tua luce, in modo che Egli si adiri una seconda volta per i commerci che si fanno nel la Chiesa che fu edificata con i miracoli e il martirio (di Cristo e dei suoi santi).

O anime beate del cielo di Giove, che io contemplo (nella mia memoria), pregate per i mortali, che hanno deviato dalla giusta via per il cattivo esempio ( degli uomini di chiesa) !

Un tempo si era soliti fare la guerra con le armi, ma ora si fa sottraendo ai fedeli, or qua or 1à, il pane spirituale che il misericordioso Padre celeste non nega a nessuno.

Ma tu che scrivi ( i decreti di scomunica ) solo per annullarli poi ( per denaro ), pensa che Pietro e Paolo, che morirono per la Chiesa che tu ora vai distruggendo, sono ancora vivi (in cielo e pronti a chiedere vendetta a Dio).

A buon diritto puoi dire: “ Il mio desiderio è volto con tanta forza a San Giovanni Battista, colui che volle vivere solitario nel deserto e che fu martirizzato per premiare una danza, che io non mi curo né di San Pietro né di San Paolo”.

8 luglio a Piazza Navona.

giovedì 3 luglio 2008

Ingrid Betancourt

La sesta vita di Ingrid Betancourt





Il secondo pensiero è perchè non si spenga la luce sulle centinaia di ostaggi che restano nella selva nelle mani delle FARC. ...


Il terzo pensiero è per Álvaro Uribe, apparente trionfatore della giornata di oggi. La giornata per lui si era aperta nel peggiore dei modi, come si era aperta la settimana, il mese, l’anno. La Corte Suprema, con parole insolitamente dure, aveva preteso il rispetto delle proprie decisioni da parte del Presidente che non accetta che la sua stessa rielezione, nel 2006, sia stata viziata dalla corruzione nella forma e nella sostanza e che potrebbe perfino essere annullata.


...Oggi parlano tutti di lei, i politici, le grandi firme del giornalismo, ma la Colombia sembra non esistere e dalle loro parole Ingrid sembra sia stata in questi anni sequestrata dagli extraterrestri.


… Leggi tutto


Grazie a Georgiamada che ce lo ha segnalato.