sabato 27 settembre 2008

Paul Newman


 "Voglio morire a casa"


Anch'io, quando sarà il momento, assistito se occorre dall'UCCP - Unità Cure Continue Palliative - di Firenze - v.il mio testamento biologico)












Tam tam sulla rete, morto Paul Newman




Dalla prime ore di questa mattina, siti internet e blogger americani, annunciavano la sua scomparsa.



 L'attore, 83 anni, e' stato stroncato da un tumore ai polmoni e si e' spento nella sua abitazione di New York, dopo che in estate aveva deciso di lasciare l'ospedale.

Poche settimane fa, Newman aveva espresso il desiderio di morire nella propria casa. L'attore aveva appena completato l'ultimo ciclo di chemioterapia al Weill Cornell Medical Center di New York e avrebbe detto di voler passare i suoi ultimi giorni con la moglie, Joanne Woodward, e le figlie.

La scomparsa dell'attore è stata annunciata anche da Vincenzo Manes, presidente della fondazione Dynamo Camp di Limestre (Pitsoia), che fa parte dell'organizzazione internazionale di solidarietà fondata da Newman.

Per chi è interessato: eutanasia su questo blog.



Periferie del ’68: la chiesa del dissenso

giovedì 25 settembre, ore 21, piazza dell'Isolotto


“Periferie del ’68: la chiesa del dissenso”





Video: clicca sulla foto


Puoi continuare qui


giovedì 25 settembre 2008

Viva la Fiorentina

video_inter.jpg


Appena trovato qui

La chiesa del dissenso

giovedì 25 settembre, ore 21, piazza dell'Isolotto

Firenze


Periferie del ’68: la chiesa del dissenso”

documentario da Rai News 24

proiezione di foto e volti dei protagonisti del quartiere

microfono aperto

canzoni del ‘68

mercoledì 24 settembre 2008

Bancarotte e impronta ecologica

Lehman Brothers è in bancarotta. Molti dei dipendenti in tutto il mondo stanno lasciando il proprio posto di lavoro con uno scatolone in mano, in diretta sulla CNN. Niente trattative, sindacati, cassa integrazione, ammortizzatori, ecc.

Dal blog di Paolo Valdemarin


Alitalia è in bancarotta. La colpa del fallimento?  I sindacati (Berlusca)




Il pianeta è in bancarotta  (L'impronta ecologica)


dai un'occhiata qui


PS. In questi giorni ho ripreso contatto con alcuni giovani e meno giovani insegnanti dell'ultima scuola da me frequentata, prima della pensione: il Russel di Scandicci (oggi Russel-Newton). Mediatore "Dante in Casentino". Mi ha fatto particolarmente piacere l'incontro con Massimo Seriacopi, giovane vice del Russell, studioso di Dante, ammiratore del compianto Toni Comello e del suo modo unico di presentare l'opera di Dante agli studenti e a tutti gli amanti del teatro...Abitavamo a pochi metri di distanza qui all'Isolotto e non c'eravamo mai incontrati. Sto leggendo il suo: "Bonifacio VIII nella storia e nell'opera di Dante, Libreria Chiari, Firenze 2003. Lui sta preparando la recensione del mio "Ivi è Romena" per la "Rassegna della Letteratura Italiana". Un abbraccio a Enrico Coppi, un saluto anche a Vittoria Menga e Giulietta D'Ettole.


 


 

sabato 20 settembre 2008

Fratelli d'Italia

Heimat


Sant'Angelo di Brolo è un comunello di quattromila abitanti nell'interno della provincia di Messina e il miglior modo di arrivarci è, o almeno era una volta, la motocicletta; e precisamente la Bianchi 125 su cui mio padre, molti anni fa, andava a raggiungere la scuola di montagna dove insegnava, con me bambino accovacciato sul serbatoio e alberi e fiori che sfilavano allegri ai margini della trazzera. Il paese, che allora era molto povero, era composto quasi esclusivamente di bambini e donne, la maggior parte degli uomini essendo a quell'epoca emigrati in Belgio, in Germania o al nord; mandavano, ogni mese, quasi tutta la paga nelle "librette" delle famiglie rimaste a casa e per questo inghiottivano molti duri bocconi dai tedeschi, dai belgi, dai "non si affitta a meridionali".


E' uno dei posti del mondo a cui voglio bene. L'ho rivisto per caso l'altro giorno, alla tivvù. Niente di straordinario, per fortuna: era solo il tiggì regionale e non era una notizia d'importanza. Pare che le autorità abbiano deciso di mettere da quelle parti un campo provvisorio per emigranti (algerini, tunisini, neri, gente sopravvissuta a stento al mare estivo e ai suoi annegamenti). E, siccome anche Sant'Angelo di Brolo ormai avrà pure lui i suoi bravi fascisti, qualcuno ha organizzato una piccola manifestazione contro gli emigranti. "Non li vogliamo qui!", "Fuori da casa nostra!", "Via gli stranieri!".


I cartelli e le grida (queste ultime non troppo forti, da razzisti alle prime armi) erano quelli regolamentari, e così pure le interviste che i giornalisti del Ministero andavano prendendo in giro. La gente, davanti al microfono, parlava con timidezza, un po' per la non-abitudine, un po' per la vecchia buona educazione montanara; ma insomma, sia pure senza gridare, diceva quel si voleva che dicesse. Solo qualcuno, fra i giovani, cercava di fare la faccia feroce, ma senza riuscirci poi tanto. Il tiggì andava, e io rivedevo la moto di mio padre, e i santangiolesi di allora, e quella povera scuola degli anni Cinquanta.


Dal blog diRiccardo Orioles

venerdì 19 settembre 2008

La borsa e la vita

La borsa come la vita è un movimento ineguale, irregolare e multiforme


Ho ricevuto oggi una e-mail da alcuni amici che lavorano nel settore bancario con i link che ti indico di seguito e ci tenevo a segnalarti questa cosa.Non so quanti l'hanno notato ma sul sito www.pattichiari.it, nello specifico a questa pagina si trovano alcune obbligazioni cosiddette "a basso rischio", quelle di Lehman Brothers!

Non volevo crederci, me lo sono dovuto rileggere quattro o cinque volte, soprattutto il trafiletto che copio ed incollo:

"PattiChiari propone un elenco consultabile di obbligazioni a basso rischio e di conseguenza a basso rendimento, costantemente aggiornato, per orientare chi è privo di esperienza finanziaria e intende investire in titoli particolarmente semplici da valutare."

Cioè una persona priva di esperienza finanziaria che ha ascoltato i consigli di loro, grandi esperti, si è appena trovato in mano un pugno di carta straccia come nel caso Argentina e Parmalat.


F.to: Beppe Grillo



Forza Italia!

La vita è un movimento ineguale, irregolare e multiforme

Michel de Montaigne


Da qui, da quest´antico e ineliminabile conflitto, nascono le difficoltà che oggi registriamo, più intense di quelle del passato perché l´innovazione scientifica e tecnologica fa progressivamente venir meno le barriere che le leggi naturali ponevano alla libertà di scelta sul modo di nascere e di morire. Proprio la natura, con le sue leggi che apparivano sottratte alla volontà umana, allontanava dal diritto l´obbligo di misurarsi con quel conflitto. I grandi codici, pur aprendosi tutti con una parte dedicata alle "persone", ne ignoravano del tutto la fisicità, facendo minimi accenni al nascere e al morire. Di questi punti estremi del ciclo vitale si limitavano a registrare la naturalità. Era la natura che governava, e il diritto poteva silenziosamente stare a guardare.


...

Il governo della vita è così posto anzitutto nelle mani della persona, e ciò esige un diverso modo d´intendere la regola giuridica, che si fa flessibile, discreta, capace di seguire la vita nelle varie sue sfaccettature, singolarità, irregolarità, mutevolezze.


Torniamo al caso di Eluana Englaro, drammaticamente ancora aperto. Il punto di svolta è stato rappresentato dalla sentenza della Corte di Cassazione dell´ottobre 2007 che, dopo aver ricostruito i principi di riferimento con un rigore raro anche in analoghe sentenze di altri paesi, li ha poi riferiti al caso concreto, affidando alla Corte d´appello di Milano il compito di attuarli. Sono poi venuti le ripulse e le resistenze, l´illegittimo rifiuto della Regione Lombardia di dare attuazione alla decisione dei giudici nelle proprie strutture ospedaliere, addirittura il conflitto di attribuzione sollevato davanti alla Corte costituzionale dal Parlamento, che afferma d´essere stato espropriato dai giudici del suo esclusivo potere legislativo.


Una guerriglia istituzionale è in corso, che nega l´umana pietà, ma che mette pure in evidenza un impasto tra arretratezza culturale e piccola furbizia politica.


18 settembre 2008

Se la legge regola la vita e la morte

Stefano Rodotà - La Repubblica


Leggi l'articolo

giovedì 18 settembre 2008

Gupì, la volpicina del Fio



Clicca sulla foto per vedere meglio il gatto


La volpicina del Fio


Al Fio, Comune di Poppi, alto Casentino, una giornata di sole, mercoledi 17 settembre, sotto la pergola con Lola e Jean, italo-francesi molto casentinesi, pranzo all'aperto. Il profumo dei ravioli piace anche alle volpi. Ed eccola, Gupì, guardata in gattesco dai due mici, ma amorevolmente servita da nonno Jean, amante dei gatti ma non solo. Basta una fotocamera e la voilà. Anche i grandi si divertono. Ma il filmino è destinato ai nipotini di Jean e Lola, figli di Arnaud a Parigi e di Nathalie a Roma. E allora ci cuole il trenino Youtube che gliela porti fin sul tavolo di lavoro di babbo e mamma:



L'arrivo di Gupi

http://it.youtube.com/watch?v=4-uL3nb9DY4


Il pranzo di Gupì

http://it.youtube.com/watch?v=Qq2qFIAjMCA


Gupì vuol venire in collo

http://it.youtube.com/watch?v=uKruA16-e6M


La volpe e la bambina (Trailer di film)

http://it.youtube.com/watch?v=cL2EZwxdx4w&feature=related


Un saluto da Barbabianca.

mercoledì 17 settembre 2008

Leggere il ’68

 Carissimi,


                            vi trasmettiamo il senso e il programma di una iniziativa sul '68 che riteniamo possa interessare tanti di noi che cercano occasioni di riflessione e di confronto in un contesto complesso e difficile qual'è quello di oggi

 

Un caro saluto

                                                  la Comunità dell'Isolotto

 

*****

Comune di Firenze Consiglio di Quartiere 4 – Archivio Storico Comunità Isolotto – Centro Educativo Popolare

 

Leggere il ’68 con gli occhi di oggi

immagini, volti, parole, canzoni

l’Isolotto un quartiere protagonista

 

Tre serate per rileggere insieme quegli avvenimenti

e per socializzare interrogativi, ricordi, pensieri

con i protagonisti di ieri e le generazioni di oggi

 

 

Programma

 

 

            giovedì 25 settembre, ore 21, piazza dell’Isolotto:

 

* “Periferie del ’68: la chiesa del dissenso”, documentario da Rai News 24

* proiezione di foto e volti dei protagonisti del quartiere

* microfono aperto

* canzoni del ‘68

 

 

            venerdì 26, alle ore 21, circolo ARCI di via Maccari – Isolotto

 

* L’altrosessantotto”, documentario da History Channel

* proiezione di foto e volti dei protagonisti del quartiere

* microfono aperto

* canzoni del ‘68

 

 

            sabato 27, alle ore 21, nel cortile delle “Baracche”, via degli Aceri 1:

 

* “Millenovecentosessantotto”, documentario del Centro socioculturale DEA,

* proiezione di foto e volti dei protagonisti del quartiere

* microfono aperto

* canzoni del ‘68

 

*******

 

L’iniziativa nasce dal desiderio di realizzare un momento di comunicazione fra generazioni sull’intreccio di esperienze di ieri e di oggi cercando di riconoscere il filo conduttore della speranza e dell’impegno che coinvolge tutte le persone di buona volontà.

Come protagonisti che abbiamo partecipato al movimento del ‘68, siamo in grado di contestualizzare quegli avvenimenti e di comunicare da dove siamo partiti, quali strade abbiamo cercato di tracciare e percorrere verso la realizzazione di una società più equa e solidale, senza minimizzare limiti ed errori che erano e sono inevitabili quando si aprono nuovi percorsi.

Come protagonisti dell’oggi possiamo intrecciare con il presente non parole ma testimonianze e vissuti che rendano possibile coltivare ancora la speranza e la voglia di impegno e partecipazione, riflessione e mobilitazione, creatività e prassi non solo nelle nuove generazioni ma con le nuove generazioni.

Non possiamo permetterci di abbandonare la memoria del ’68 all’aggressività dei revisionismi. Anche la memoria ha bisogno di una sua resistenza.

La nostra esperienza ci ha insegnato che è stato possibile resistere anche in tempi bui grazie alla costanza di donne ed uomini appartenenti a generazioni e culture diverse che riuscivano a coltivare le stesse passioni e ad agire insieme.

Resistere, resistere, resistere unendo tutte le realtà che operano per cercare di recuperare valori ed ideali è un impegno che ci interpella anche per l’oggi. Resistere perché, come, con chi, è l’interrogativo che possiamo cercare di sciogliere attingendo anche alla memoria di vissuti ed esperienze di un movimento come quello del ’68 che ha segnato la storia. 




Nota 1. questo post è la trascrizione della email ricevuta, guarda caso, appena dopo aver pubblicato il precedente. In perfetta contiguità e continuità.  Arrivederci a qualcuno dei 3 apuntamenti. Buona giornata (mattinata limpida e fresca qui in Casentino).


Nota 2. Ieri sera sono andato al castello di Poppi alla presentazione del volume illustrato "Il Casentino da Ama a Zenna", presentato dall'autore Giovanni Caselli.

"Il Casentino non è solo una valle dantesca o una terra guidigna, o ancor meno una piccola valle appenninica a ridosso della Romagna".

Bella lezione di archeologia-antropologia. Grazie, Giovanni. Ne riparleremo.

lunedì 15 settembre 2008

QUANDO DIO ENTRA IN POLITICA


Che cosa succede quando Dio, il Dio Onnipotente della Chiesa papale, entra in politica? Innanzitutto, la laicità, i diritti civili e l’autonomia dello Stato vacillano e vanno in crisi. E poi, la democrazia rischia di rovesciarsi in teocrazia, politica e religione si confondono, causando disastrosi effetti di inciviltà. Effetti già largamente e tristemente dimostrati da secoli di storia di guerre sante e scontri religiosi, di Crociate, roghi e Inquisizione. Perché ripetere gli errori e orrori del passato?

Eppure si è formato di recente in Italia un nuovo «Partito di Dio» guidato dalla Cei di Ruini e Bagnasco, alacremente seguito da gruppi trasversali di politici, giornalisti e intellettuali (teocon, teodem, atei devoti, postsecolari e islamofobi), ostili alle conquiste della moderna civiltà illuministica, scientifica e razionalistica. Il Dio degli eserciti e della Chiesa/Stato costantiniana del passato e il Dio che in tutto si immischia dell’attuale offensiva politico-clericale non possono essere disgiunti.

Non bisogna tuttavia dimenticare che non c’è solo la Chiesa papale e il suo arrogante e dogmatico Dio del potere, disposto ieri come oggi a giustificare guerre, conflitti, repressione, fanatismi e interventismi di ogni genere. C’è anche la Chiesa dei poveri, del Dio sofferente e impotente delle Comunità cristiane di base, democratiche e antigerarchiche, dedite alla cura amorosa dei deboli, dei diversi, dei più poveri e diseredati della terra.

Il volume, un vero e proprio pamphlet, si propone una critica radicale della nuova strategia politico-religiosa di papa Ratzinger e delle alte gerarchie clericali (i ripetuti «no» all’aborto, all’eutanasia, alla procreazione assistita, alle coppie di fatto, al divorzio), mostrando, con una scrittura agile e provocatoria, la contraddittorietà e l’infondatezza dei valori assoluti oggi difesi dai vertici ecclesiastici.

Alla tesi ratzingeriana dell’ingresso di Dio nella sfera pubblica l’autore contrappone l’idea di una politica senza Dio, razionale, laica e democratica. Alle religioni è riconosciuta la più piena libertà di espressione e organizzazione nella società civile. Ma non la pretesa di occupare lo Stato o limitarne la sovranità, di ispirare, orientare e dirigere l'attività legislativa di governi e parlamenti in nome di presunte e incontestabili verità sacre o rivelate.


Michele Martelli : "Quando Dio entra in politica", Fazi ed. € 16.


Il volume tratta temi di grande attualità con uno stile ironico e pungente, lontano da tecnicismi e accademismi: è un testo progettato per essere letto da un largo pubblico






Nota del barba

Perché Dante, 700 anni fa, può dire peste e corna dei papi compresi quelli in carica e Sabina Guzzanti no? Perché il mio otto per mille va alla banca di Marcinkus, anche se io non voglio? Perché a Firenze deve piovere un Dirigente ecclesiastico preso al di fuori e all'insaputa della comunità cattolica  fiorentina?  Diabolus ex machina.

In questi giorni all'Isolotto di Firenze si commemorano i 40 anni della vicenda che ebbe nel '68 il suo punto d'arrivo e di partenza. Perché alla TV italiana fu impedito di testimoniarla, a fronte di "tutte" le  grandi TV del mondo là presenti?

Perché?


Perché il braccio secolare (leggi: laico)

in Italia ha sempre funzionato come guardia esecutiva del tribunale ecclesiastico. 

Gli atei devoti di oggi non fanno molto di più e di peggio degli atei illuminati di ieri. Il Parlamento italiano ha sempre raggiunto la quasi unanimità, quando si è trattato di concordare col Vaticano la messa al bando dei suoi dissidenti interni.

Ma  la Chiesa dei poveri, del Dio sofferente e impotente delle Comunità cristiane di base, democratiche e antigerarchiche, dedite alla cura amorosa dei deboli, dei diversi, dei più poveri e diseredati della terra, è solo una scheggia del grande gregge. Il grosso della truppa è ancora rinchiuso nei Bandustan sudafricani, nei lager israeliani delimitati dal muro del Concordato tra lo Stato Italiano e lo Stato Città Vaticano.  Ma lo SCV non è la Chiesa cattolica; lo SCV contrabbanderà "sempre" un dio arrogante e dogmatico al servizio dei poteri forti. Ed  è vero che quanto più questi poteri forti si sentono venir meno, tanto più si stringono al Vaticano e quanto più il Vaticano si sente assediato in casa tanto più invoca l'intervento dello Stato. In questo momento di malattia terminale la Prostituta "e quel Gigante che con Lei delinque" del 32 e 33 del Purgatorio sono in congiunzione carnale permanente, senza più vergogna, cinicamente, come cani appunto, salvo il rispetto per questi grandi amici dell'h. 

 E allora, concludo, questo non è solo il momento di riconoscere - finalmente - l'esistenza in vita delle Comunità di base sofferenti e impotenti; questo è il momento di applicare l'articolo 2 della Costituzione: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'h, sia come singolo sia nele formazioni sociali in cui si trova a vivere. Se una parrocchia, a grande maggioranza, elegge il suo pastore o il suo gruppo dirigente, le squadre d'azione mussolini devono rimanere in caserma, in attesa di essere sciolte. In fondo in fondo quella parrocchia fiorentina fu trattata alla stregua della scuola Diaz genovese. Solo la forma dell'intervento è stata diversa: bomba esplosiva la prima, bomba a lenta combustione la seconda (processo penale a 500 persone lungo tre lunghi anni, sfratto dagli edifici e beni, totale oscuramento mediatico televisivo, invio di truppe speciali ecclesiastiche da fuori Toscana...). Restiamo in attesa degli atei illuminati. I quali debbono capire che è venuto il momento di pensare al grosso della truppa ecclesiale ancora rinchiusa nel Bandustan italo-vaticano, una grande striscia di Gaza teocratica, a forma di stivale. Facciamo una contro-alleanza, diamo la possibilità al dissenso di esprimersi (in TV),  riconosciamo questa chiesa di fatto, a tutti gli effetti: politici, civili e finanziari. La teologia di Ratzinger è vecchia come il cucco; otre imporrito, muffo. Scrittura su carta patinata senza corrispondenza veruna col reale, neppure al suo interno. Ci sono in circolazione altre teologie, tipo quella della Liberazione. Ma non solo quella. Non facciamo di ogni erba un fascio- La Costituzione ci impone di garantir loro ogni pari opportunità.

Il libro di Michele Martelli è un primo avvio teorico. Coraggio: E' l'ora dei fuochi; non ci sarà che luce (Marty). Il miglior modo di difendersi è quello di attaccare (Foch).



Anche Dante è dalla nostra. Chi parla è S.Pietro:


«Non fu la sposa di Cristo allevata

del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,

per essere ad acquisto d'oro usata;
       42



ma per acquisto d'esto viver lieto

e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano

sparser lo sangue dopo molto fleto.
       45



Non fu nostra intenzion ch'a destra mano

d'i nostri successor parte sedesse,

parte da l'altra del popol cristiano;
       48



né che le chiavi che mi fuor concesse,

divenisser signaculo in vessillo

che contra battezzati combattesse;
       51



né ch'io fossi figura di sigillo

a privilegi venduti e mendaci,

ond' io sovente arrosso e disfavillo.
       54



In vesta di pastor lupi rapaci

si veggion di qua sù per tutti i paschi:

o difesa di Dio, perché pur giaci?
       57



Del sangue nostro Caorsini e Guaschi

s'apparecchian di bere: o buon principio,

a che vil fine convien che tu caschi!
       60



Ma l'alta provedenza, che con Scipio

difese a Roma la gloria del mondo,

soccorrà tosto, sì com' io concipio;
       63



e tu, figliuol, che per lo mortal pondo

ancor giù tornerai, apri la bocca,

e non asconder quel ch'io non ascondo
».
       66

(Paradiso, XXVII, 40-66)


Forza, Sabina.

venerdì 12 settembre 2008

Fa impressione

Fa impressione


vedere Bush e Rumsfeld a Ground Zero, a consolare i parenti dei morti ammazzati. Hitler che manda i fiori alla vedova di Rommel.


Fa impressione vedere Napolitano presiedere l'assemblea delle alte cariche dello Stato e chiedere: maggiore unione con gli Stati U. nella lotta al terrorismo, ma nel rispetto dei diritti umani, e senza tortura. "BrigUSate Rosse, come Aldo Moro no!, anche se Kissinger e l'Ambasciatore danno il via. Vi raddopppieremo Vicenza".


PS. Fa impressione star qui a scrivere sull'aria intorno alle 11 di sera e ritrovarsi due commenti al post ancora quasi non postato. C'era bisogno di scomodare Renzo Piano per mettere una urna-piramide di marmo intorno a un corpo imbalsamato e riverniciato in faccia, per sollecitare la mente umana a prodursi miracoli con certificazione vaticana?


Anche la Madonna di Lourdes ha ceduto in questi giorni alle insistenze dei pii visionari, ma penso gli sia scappato per innata bontà. Sempre meno convinta.

Buona notte anche a te, regina pacis, regina senza regno.

mercoledì 10 settembre 2008

911- Nineleven

Intervista a Webster Griffin Tarpley









Intervista a Webster Griffin Tarpley


Guarda nel formato RealPlayer - ADSL Guarda nel formato Windows Media Player - ADSL Guarda e scarica nel formato DivX Scarica il filmato Listen to MP3 format


Chi è Webster Tarpley


 

Un centesimo non si nega a nessuno

Ma io non lo voglio


    

E neppure due


 


Finalmente


L'Italia abolisce le monetine da 1 e 2 cent. Per legge. Il governo di Roma ha approvato una normativa che impone di arrotondare ai 5 centesimi di euro più prossimi ogni volta che si paga in contanti. E perciò nel Paese di Sirkka Hämäläinen, ex governatrice della Banca centrale di Italia e unica donna a sedere nel board della Bce a Francoforte, le monete da 1 e 2 cent non verranno più coniate. Circoleranno, quindi, soltanto 6 delle 8 monete pensate per i 12 Paesi di Eurolandia. Le monetine hanno comunque corso legale, e i commercianti sono tenuti ad accettare pagamenti fatti con 1 e 2 cent provenienti degli altri Paesi. I pezzi «made in Italy» da 1 e 2 cent, che rappresentano sulla faccia nazionale un leone rampante incoronato che brandisce una spada (lo stemma araldico di Arcore), i consumatori però li possono tenere o metterli in mini-kit da vendere, insieme alla m. in scatola,  ai turisti americani e giapponesi, a cominciare  dal 10 settembre.  (Ag. Ansia)


Ora voglio vedere quante ore di straordinario dovrà pagare l'IKEA di Firenze per sostituire le targhette dei prezzi "presa di c.": € 0,99, € 9,99, € 25,99 e via con Matusalemme. Vi sfido a trovare un prezzo € 14,90.

Ora un centesimo di euro è una scureggina silenziosa fatta in faccia al popolo beota. Made in USA.

Cara IKEA granduchessa di Svezia

 - per rispetto al popol tuo cicisbeo -

manda a dire il Bembo da Venezia

-tienti il centesmo e impara il Galateo!




E la marca da bollo sul Passaporto? € 40,29.


Un centesimo di sconto anche dagli Interni.  Educazione al risparmio.


E il CCP di € 45,62 (sempre per il pasaporto) come obolo al Dip.to del Tesoro?

Nota quei 2 centesimi.


Burocrazia Maniac.

martedì 9 settembre 2008

Un regalo per l'11 settembre












La Fabbrica del Terrore made in USA


Dall'11 settembre ai futuri obiettivi - Un'indagine ineccepibile sul Terrorismo di Stato nell'Era Globalizzata e sul ruolo attivo dei servizi segreti Anglo-Americani negli attentati attribuiti ad Al-Qaeda.


...L'11 settembre non è il prodotto di un gruppuscolo di terroristi islamisti, ma il misfatto di forze assai più potenti e assai più vicine agli apparati statali degli USA.


...Questo golpe ha portato al governo  figure che hanno interesse a condurre guerre in Afghanistan, Iraq, Iran e forse Pakistan, Russia e Cina, e che hanno fatto di tutto per approfittare dell'11 settembre al fine di scatenare quelle guerre.


Responsabile dell'operazione è una rete canaglia con rami nelle aziende militari private, nei think tank, nell'intelligence e con tape sparse in punti cruciali dei media in tutto il mondo, dell'FBI, della polizia e del governo.


Tarpley, fin dalla copertina originale, che mostra talpe (Wolfowitz, Rumsfeld, Cheney, Blair) e zimbelli (Bin Laden, Atta), fa i nomi di tutti i criminali o sospetti identificati nel suo libro.


Webster Griffin Tarpley






































La Fabbrica del Terrore made in USA  



  Prezzo  € 18,50



Arianna Edizioni



Libro - Pagg. 653

Formato: 15x21

Anno: 2007



acquista La Fabbrica del Terrore made in USA

Aggiungi alla lista dei preferiti
   




Arrivato alla quarta edizione negli Stati Uniti, La Fabbrica del Terrore è un libro che compie un salto di qualità nelle indagini alternative sull'11/9 e sugli altri atti di terrorismo che hanno scosso il mondo negli ultimi anni: dopo le denunce delle molte incongruenze presenti nelle versioni ufficiali, Webster Tarpley offre una ricostruzione riccamente documentata sull'azione dei servizi segreti e dei loro mandanti nel perseguire interessi strategici ben precisi.



OFFERTA SPECIALE


La Fabbrica del Terrore + 11 settembre 2001 Inganno Globale + Il Consapevole n° 9


€ 24,08

invece di € 34,40 (sconto 30%)


compra





Prosegui qui

lunedì 8 settembre 2008

Il vecchio con gli stivali


Nella novella si possono individuare diversi momenti del personaggio Piscitello: la storia lo trasformerà da uomo probo a uomo insignificante.


Il 1930 è l'anno caratterizzato da una eccessiva presenza di cartacce che evidenziano come il potere e la burocrazia impiegatizia si sia ampiamente diffuso. Piscitello lavora in mezzo alle cartacce. Egli ha tuttavia un difetto, la sbadigliarella nervosa a cui si aggiunge un segreto inconfessabile: a cinquant'anni suonati non è riuscito a diventare impiegato di ruolo. Piscitello non vuole fare politica “e mi sono trovato sempre bene”, dice, non regge tuttavia alla costrizione da parte del Podestà e da parte della moglie. Il primo ha un argomento inconfutabile “L'ha capito che si tratta del pane?”, la seconda porta avanti motivazioni inattaccabili “Sai cos'ha detto il Papa? Che quell'uomo lo ha mandato la Provvidenza”.


Dal 1930 al 1934  Piscitello è iscritto al fascio, il distintivo si è posato sulla sua giacca nera. Gli italiani con la testa completamente rapata e irrigidita sulle spalle drizzate sembrano spirare furore, la sua faccia, invece, è improntata a un'antica dolcezza. In questa situazione di inadeguatezza avviene la sua trasformazione: l'odio, il più forsennato e cieco odio si impadronisce di lui. Egli lo manifesta borbottando frasi ingiuriose. Egli si difende così da un sistema che è diventato onnipresente e che dice le cose “sempre più forte, sempre più dentro l'orecchio, la radio dei vicini erano sempre più aperte, facendo tremare nei bicchieri, nelle caraffe, nei vetri dei balconi e delle credenze, i loro evviva e battimani e Credere! Obbedire! Combattere!”.


Gli anni dal 1936 al 1937 sono i più neri per Aldo Piscitello, egli si sente “come una mosca in Gennaio”; vorrebbe esprimere la sua opposizione al regime ma di tutte le cose che ha in testa egli riesce a malo modo a concludere “Infine, dobbiamo mettere gli stivali”. Lo stivale che Aldo Piscitello è costretto con fatica a mettersi nella giornata dedicata all'adunata diventa il simbolo di un sistema grigio e opprimente, di lì a poco tutto diventerà più buio e più nero.


Dal 1938 al 1940 l'odio di Piscitello diventa sempre più ardito e perfetto ma il buio si impossessa del suo cuore e quello stesso buio invade le scale, le case, le città. A guerra ormai iniziata i giornali, la radio ordinarono l'oscuramento e la città “parve un mucchio di carbone umido”. E dopo cosa accade? Anche il narratore non sa esattamente che cosa dire. La guerra travolge la vita di tutti e la diffidenza condiziona i rapporti personali, come nel 1930; lo stesso Podestà convoca Piscitello nel gabinetto stile impero e lo vuole punire perchè è stato sorpreso in un locale pubblico mentre sghignazza davanti alla radio che comunica i bollettini di guerra.


Ma intanto gli alleati sbarcano in Sicilia, e allora comincia la grande commedia dei furbi che cambiano casacca; solo la buona fede e l'ingenuità di Piscitello non sa adeguarsi. Egli verrà licenziato: né odio, né amore abitavano ormai quel piccolo uomo aggobbato.


L'eroe-personaggio, dunque, è il simbolo della vita umana e quotidiana travolta dai fatti della storia pubblica, anzi offeso dalla storia proprio perchè non si adatta alle assurdità del mondo e alla goffa comicità della politica che stravolge i valori nei quali lui ha sempre creduto.


Il film di Luigi Zampa


Proiettato per la prima volta al Lido nel 1948 (dove venne premiato con la coppia Enic quale film italiano di miglior fattura tecnica), ''Anni difficili'' suscito' immediatamente accese polemiche politiche, accuse di ''speculazione sulle brutture della patria'' e addirittura un'interrogazione parlamentare.


Anni difficili è stati presentato restaurato a questa ultima mostra di Venezia. Vitaliano Brancati lo presentò così:


Il vecchio con gli stivali apparve nel 1944 nella rivista Aretusa, mentre il Nord era ancora sotto i tedeschi e i capi del neofascismo, che avrebbero trovato la morte nell'estate del 1945, erano ancora vivi. Nella sceneggiatura il racconto si è arricchito di personaggi ed episodi; attraverso un figlio, che è richiamato alle armi in tutte le occasioni e muore nel ?43 in vista della propria casa, è intervenuto un motivo quasi tragico. La figlia di Piscitello è diventata una dannunziana sul modello della ragazza di un altro mio racconto "Singolare avventura di Francesco Maria". Nello stesso tempo la commedia del costume, nella quale principalmente consiste la storia dei vent'anni, almeno secondo me, è diventata più pittoresca.

Nella riduzione cinematografica, ho lavorato assiduamente insieme a quello sceneggiatore straordinario che è Sergio Amidei. Zampa ha avuto molte fortune, se fortune si possono chiamare le occasioni procurate dal proprio ingegno: un attore principale di gran forza, Umberto Spadaro le cui migliori qualità erano rimaste sconosciute fino ad ora e una bella città, Modica, oltre a un infinito numero di altri attori, fra cui Girotti, la Ninchi, Giovanni Grasso, e molti privati cittadini trasformatisi ottimamente in federali, ispettori, spie ecc. Ma, come ripeto, la sua fortuna principale è quella che sempre l'accompagna, cioè la sua stessa genialità.

Io spero che la commedia del costume non sia presa come un'accusa agli Italiani, ma piuttosto come una confessione comune, perché anch'io a quella commedia partecipai... Ridere dei propri difetti è la migliore virtù dei popoli civili; anzi, dirò di più: il segno più chiaro della civiltà di un popolo è il fatto che esso non lascia agli altri la prerogativa di mettere a nudo i suoi difetti. Nessuno è in grado di ridere di una persona o di un popolo che sa ridere di sé. Quando il fascismo voleva accusare l'Inghilterra, non trovava di meglio che citare le accuse degli stessi scrittori inglesi: e non s'accorgeva che, citando quegli scrittori, metteva in rilievo, più che i difetti censurati, la lealtà, il coraggio di censurare sé stessi.

Così l'arma, adoperata dallo straniero, si rivolge contro chi l'adopera.


Vitaliano Brancati in Almanacco del cinema italiano, 1948


La scheda del film


Un po' di cinema italiano. Basta con Rossella O' Hara. Tra l'altro piuttosto antipatica.


Nota peregrina


Piscitello si mise gli stivali da fascista per strappare da vivere. Mi sembra che qualcuno si sia messo in testa di far calzare gli stessi stivali a milioni di italiani, compresi me e te che leggi.  Ritorna in grande auge l'antica Trinità: Dio-Vaticano, Patria-Fascismo, Famiglia-Cosca. 


Pare abbiano fatto un patto di ferro


 là sui sette colli.


Ma perché si deve sempre essere


tanto ma tanto polli?

domenica 7 settembre 2008

Vicenza

Oggi qui Vicenza 6-9-08



aperitivo con video


Buona domenica. Siamo ancora sopra la lunga coda della cometa estiva 2008.


Ma anche qui.



Ma non c'è due senza il tre.


Paola mi legge un passo de "Il vecchio con gli stivali", di Vitaliano Brancati:

"Aldo!" gridò lei. "Vieni! Mettiti a letto! Devo dirti una cosa." Egli arrossì vivamente, come se la moglie lo avesse sorpreso ad assaggiare la pasta nella pignatta, e compiute in fretta le solite operazioni della sera, presto fu sotto le coltri . "In fondo," disse la moglie, "i! fascismo è una gran bella cosa!"

"Non dico di no," fece egli che, nei giudizi, era sempre rispettoso. . "Ha fatto le strade; c'è ordine; nessuno più disturba i galantuomini; ti ricordi quando i comunisti ti fischiarono perché avevi in mano i! pacchetto di dolci, che non era nostro ...?" "Era del signor sindaco," disse Aldo Piscitello. "Mi piace come fa crescere i giovani! Guarda che i giovani vanno pazzi per Mussolini!"

"Non dico di no, non dico di no! Ma io mi son fatto sempre gli affari miei, e ora non so che cosa vogliano con questo fascismo!" "Senti!" disse la moglie che cominciava a stizzirsi, "Mille e mille persone meglio di te e di me dicono che i! fascismo è una grande cosa, e tu fai tante storie per diventare fascista?"

"Oh, io ne sono onorato! Ma vedi? .."

"E il Papa? Sai cos'ha detto il Papa? Che quell'uomo lo ha mandato la Provvidenza! Ora se i! Papa, che è Vicario di Dio in terra, non ci pensa due volte ..."

E così continuò la moglie, finché levandosi, nella foga dell'eloquenza, sul gomito destro, s'accorse che i! marito dormiva. Piano piano ricadde supina e seguitò a ragionare per conto suo. Verso le due del mattino, non potendo più resistere alla maligna esultanza che le dava la conclusione cui era pervenuta ragionando, svegliò i! marito: "No, tu mi devi dire questo: ti credi meglio del Papa? "

"Che? .. No!.. il Papa?" esclamò Aldo Piscitello nello spavento che gl'incutevano di notte le idee di Papa, Imperatori, Re, Dittatori, Ministri, Generali, tanto simili per lui ai baratri profondi e tenebrosi nei quali non abita che il vento. Ma poi si calmò, richiuse gli occhi, e piano piano, tra una bollicina di saliva, disse: "Domani m'iscrivo al fascio!"


...

Il 9 luglio Piscitello si ammalò di tifo. Per due giorni, ebbe la gioia di riposare le gambe indolenzite dalle marce, e conversare la sera con un medico molto ammodo, che gli sedeva al capezzale per riferirgli piano le notizie di radio Londra e ogni tanto sollevava una natica e infilava nell' aria qualcosa che poi faceva dire alla signora:
"Sarebbe bene aprire, qualche volta!"


"Dottore," implorava Piscitello, stordito dal mal di capo, dalla febbre e da una felicità rabbiosa come la febbre. "Glielo dica lei, a mia moglie, che quell'uomo ci ha rovinati!"


"E che bisogno c'è che lo dica io?" rispondeva il medico. "Basta affacciarsi e guardare!"


La moglie stava ritta e muta davanti al letto, fissando la testa calva del marito arrossata dalla febbre.


"Sì! È inutile che mi guardi!" diceva egli. "Ci ha rovinati! Lo direi a tutti, non me ne importa del confino e del carcere, ci ha rovinati, si è bevuto il nostro sangue!"


"Non gridi, signor Piscitello!" consigliava il medico. "Le fa male!"


"Ma ora verranno gl'inglesi e gli americani e gli daranno tanti cinque e cinquantacinque da levargli l'appetito! Gli calerà, il naso, ai gerarchi!"


Furono le ultime parole chiare e ordinate che egli disse, perché dopo s'impadronì di lui il delirio. E non vide, o almeno vide come in sogno, che lo portavano all'ospedale di Giarre; e qui lo abbandonarono tutti, fuorché le mosche che piovvero e rotolarono sul suo lenzuolo, umide e fitte come un mucchio d'uva passa. Migliaia di mosche stavano notte e giorno su di lui, alzandosi rabbiose per un istante quando egli si voltava, ma subito tornando a calzarlo dalla fronte ai piedi. Gliene camminavano sulla testa calva e sul naso; alcune gli giungevano fino all' orlo dell' occhio e voleevano entrare, ma poi si accontentavano di bagnarvi una zampetta; alcune si introducevano nell' orecchia suscitanndogli un desiderio di sternutire e di ridere che gli torceva la faccia come un morso di cavallo. Proprio questa smorfia fece dire a un medico, il solo che, passando di corsa per quella stanza, gli gettasse uno sguardo: "Il signore mi pare che ci saluti!"


I colpiti, gli squarciati, i mutilati dalle bombe riempivano le sale accanto, e i pochi medici dell' ospedale non aveevano tempo di badare a quel vecchietto privo di ferite. Mancava la garza, mancava il cotone idrofilo. Non sapevano, i poveri medici, come spiegare ai feriti che avevano commesso un atto spaventosamente leggero, una monelleria fuori posto da pagarsi coi più atroci dolori, a non morir subito tra le rovine come tanti loro compagni.


Finalmente una bordata dal mare mandò ruzzoloni quel miserabile carnaio, e Aldo Piscitello, con una leggerissima ferita alla fronte, fu trasportato di nuovo a casa, nel paesino dell'Etna, e restituito ai suoi che già lo piangevano morto.


Ma egli guarì, malignamente guarì, ed era al balcone quando un' armata straniera scorreva per le strade di tutte le città, e i paesini dell'Etna, su carri, carri armati, fusti di Cannone, auto, motocicli, trattrici, furgoni, furgoncini, e il frastuono e il rotolio ne andavano al cielo, al mare, sotterrra, scacciando gli uccelli dai boschi, i topi dalle chiaviche, confinando sulle tegole i gatti digiuni.


Aldo Piscitello salutava i soldati seminudi e di pelo rossso alzando l'indice e il medio, credeva che tutti lo conoscessero...


 Vitaliano Brancati, tutti i racconti, Bompiani, p.p. 389-390, p.411 .


Oggi leggerò tutto il racconto.

venerdì 5 settembre 2008

Eluana Englaro

Oggi leggimi qui.


Buona giornata.


(Per me sono 44 anni di matrimonio indissoluto;  un modo come un altro per diventare una rarità).
































































settembre 1964
dom lun mar mer gio ven sab
    1 2 3 4 5
Fase Luna6 7 8 9 10 11 12
Fase Luna13 14 15 16 17 18 19
20 Fase Luna21 22 23 24 25 26
27 Fase Luna28 29 30  
calendario gregoriano




Viaggio di nozze in Iugoslavia, con la nuovissima storica 600 Fiat, imprestatami dal fratello Sergio, perché


la mia  Bianchina  500 decappottabile era ormai andata.

Con Paolo Sbarberi, Bibbiena Piazzolina, tessuti d'epoca, e Carlo fratello minore, che ora va a caccia di starne e quaglie in Romania col fuoristrada,  eravamo arrivati fino a Granada, Andalusia (la tenda caricata sopra). Ma ero forte nel sistemare le puntine dello spinterogeno col suo albero a camme, preistoria dei trasporti su gomma. Mai un dolore di schiena.

Buscaglione cantava "Ma eri piccola!".

giovedì 4 settembre 2008

Download

Il produttore a RaiSat Extra: ''Giovani: scaricate sempre, scaricate tutto''










di redazione

'Scaricate sempre, scaricate tutto. Anzi, fotocopiate pure i libri di testo che costano un sacco di soldi': con queste invito rivolto ai giovani e agli studenti il produttore televisivo Pietro Valsecchi entra senza peli sulla lingua nel dibattito sulla 'retorica dell'antipirateria' intervenendo a Venezia nel salotto in diretta di RAISAT EXTRA, condotto da Italo Moscati. E oggi si scatenano le reazione di Anica, Siae e del Comitato contro la pirateria. Nell'intervista, che seguiva quella del giorno prima, sempre a RAISAT EXTRA, del Presidente della Siae Giorgio Assumma: Valsecchi ha aggiunto: 'Si fanno troppi convegni sulla pirateria, il paese ha altri problemi. La fiction 'I liceali', da noi prodotta, e' stata trasmessa prima da Mediaset Premium, vista, scaricata, trasmessa poi dalla tv generalista e nonostante tutto cio', una volta fatti i dvd, ne abbiamo venduti tantissimi. La pirateria e' un problema molto marginale, basterebbe pagare forse lo 0,50. Ben vengano i ragazzi che scaricano. La cultura va divulgata, e' un bene che vi si possa accedere facilmente'.



Sorella morte





Ennio


Firenze, 2 settembre 2008 - Se n’è andato in una mattina di sole, guardando il verde delle colline intorno a casa sua, a Settignano.


 Pensare che non vedremo più Ennio arrivare in redazione con la giacca blu e la camicia slacciata anche in pieno inverno; con i quadernetti neri sempre uguali, sui quali prendeva con ordine gli appunti per i suoi articoli; con il passo svelto e i capelli arruffati; pensare a tutto questo significa rendersi conto che ieri se n’è andato anche un pezzo della nostra vita.

Ma fra tutti i viaggi che ha fatto è rimasto legato solo a una terra, l’Eritrea, dopo esserci stato alla fine degli esami di maturità. Ad Asmara è tornato tutti gli anni. Ha seguito la guerra, il referendum e ha intrecciato rapporti personali con la gente comune e con le autorità di governo. Ennio è stato un ponte fra Asmara, dove aveva adottato tre bambini, e Firenze. La sua casa è stata per tre mesi la casa di un combattente eritreo, rimasto mutilato nel conflitto. Laggiù, in quella terra che amava tanto, c’è voluto tornare anche a giugno, nonostante la malattia.


...ha voluto affrontare un viaggio a Milano per andare a ringraziare i medici che lo avevano avuto in cura. Un congedo anche dalla speranza.


Lo scrive Nicola Coccia su La Nazione di oggi


E io ringrazio i medici di Firenze che l'hanno aiutato a ritornare in grembo a madre Natura in maniera dolce e dignitosa, grazie alle premure antidolore che stanno diventando pratica professionale oltre che patrimonio morale della mia Toscana.

La cugina Lola che da parecchi mesi lo seguiva passo passo in questo tormentato cammino di rientro mi ha dato testimonianza di questo umano quanto possibile dolce accompagnamento nel processo del morire. "Adesso fatemi dormire" ha chiesto ai medici. Un abbraccio a Elia, la mamma.  Perché, cari amici, quello che fa veramente paura non è la morte, ma il processo del morire. Su questo punto dobbiamo pretendere sempre di più dal servizio sanitario.  Come Ennio ha potuto ringraziare i medici di Milano, così io credo che Peppino Englaro avrebbe diritto di ringraziare i medici della Lomardia. E invece non è così. Ma il fatto che i mass media siano costretti a parlarne è segno di speranza.




Chi ha letto quanto sopra ha diritto, come uno zuccherino in qualche modo consolatorio, a questo augurio che io accompagno all'immagine dolce e buona di Ennio, al suo sorriso arguto, al suo spirito libero.  E' come se lo sentissi recitare questa poesia, per me, per noi che rimaniamo. Perché, Ennio caro, il tuo non è un cenere muto.




Ti auguro tempo



Non ti auguro un dono qualsiasi,

ti auguro soltanto quello che i più non hanno.

Ti auguro tempo per divertirti e ridere;

se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa.

Ti auguro tempo per il tuo fare e il tuo pensare,

non solo per te stesso

ma anche per donarlo agli altri.

Ti auguro tempo non per affrettarti e correre,

ma tempo per essere contento.

Ti auguro tempo non soltanto per trascorrerlo.

Ti auguro tempo perché te ne resti:

tempo per stupirti e tempo per fidarti

e non soltanto per guardarlo sull’orologio.

Ti auguro tempo per toccare le stelle,

e tempo per crescere, per maturare.

Ti auguro tempo per sperare nuovamente

E per amare.

Non ha più senso rimandare.

Ti auguro tempo per trovare te stesso,

Per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora

Come un dono.

Ti auguro tempo anche per perdonare.

Ti auguro di avere tempo,

tempo per la vita.

(poesia indiana)


 


 

lunedì 1 settembre 2008

Il lago degli idoli



 Cliccaci sopra per la notizia del ripristino.


Domenica 31 agosto


Il lago degli idoli


Ritornato finalmente lago dopo 178 anni, da quando nel 1830 fu prosciugato per depredarlo delle mille e mille statuette votive che i nostri antenati etruschi avevano gettato nel suo fondo. Siamo a 1400 metri di altezza, nel grembo della madre Falterona che ci guarda da sopra, a 1654 metri. E’ una splendida calda assolata giornata di questa grande coda estiva 2008. La montagna riempie ruscelli e stagni dell’acqua caduta in abbondanza all’inizio dell’estate. E il lago è là, all’interno di una radura di faggi, ritornato a noi per l’opera dei forestali del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Il deus ex machina si chiama Alfredo Bresciani,  scienze forestali, che ci illustra la sua creatura ritornata in vita da pochi mesi con un paziente duro piacevole lavoro che ha richiesto mezzi e competenze; non distinguevo giorni feriali e festivi, è stata una passione. E ce ne parla mescolando competenza e partecipazione affettiva; mi incanto ad ascoltarlo. Bresciani ci parla dei tremila pezzi e pezzettini ritrovati nel fondo durante i lavori di scavo e ricostituzione del fondo impermeabile argilloso che, ricostituito usando solo tecniche naturali, garantirà la sopravvivenza a questo pezzo di preistoria (8500 anni) e di storia (2500) etrusca, cioè nostra. L’anno scorso di questi tempi era ancora asciutto. Asciutto l’avevano visto Ella e Dora Noyes nei primi anni del Novecento (***). Bresciani racconta il lago ritrovato come un pezzo di vita sua; è un piacere ascoltarlo; non ha bisogno della raccomandazione di Catone: ”rem tene verba sequentur”. 


Se il racconto di Ella Noyes può essere retorico – di bella letteratura – questo di Bresciani è appassionatamente realistico. I quattro metri d’acqua che stanno al centro del laghetto sono garantiti da uno strato argilloso naturale ripescato con fatica nel fondo, in accordo con le disposizione della Sovrintendenza Archeologica fiorentina che vieta qualsiasi intervento di natura artificiale chimica che semplificherebbe il lavoro. Così come non è stato permesso incanalare acqua da sorgenti lì vicine...E il lago è qui: un anno fa l’avevamo promesso (si rivolge ai numerosi membri del gruppo archeologica casentinese-romagnolo presenti a questa festa di battesimo). Certo è ancora un bambino in fasce; la creaturina piano piano riacquisterà l’aspetto originale, via via che madre Natura proseguirà il suo corso instancabile; solo 130 anni e le anime degli Etruschi rivedranno il lago protettore come l’avevano lasciato 2500 anni fa. Bresciani ci dà appuntamento per quella data; 130 anni, un battito di ciglia dell’Universo mondo.


Siamo arrivati al Lago degli idoli salendo su macchine fuoristrada da Papiano fino alla chiesa di Montalto, storico campo base dell’escursione detta dell’”anello di Vitareta”. Solo che per noi 50 privilegiati si sono aperte le sbarre dell’area vietata al traffico e siamo risaliti su fino al rifugio di Vitareta e oltre. Con una oretta di cammino siamo arrivati alle sorgenti dell’Arno che è un fiume a più teste. Bresciani  ce ne ha contate 5:  Arnaccio, Fosso del lago degli idoli, Razzagalline, Arno, Fosso della rota. Si ritrovano tutte poco più sotto col nome antico di Partenna (ricordate Porsenna?). A capo d’Arno, su richiesta, ho declamato una buona parte del Canto XIV del Purgatorio. I primi versi sono scritti sulla pietra: “Per mezza Toscana si spazia un fiumicel che nasce in Falterona”. Lì ho recitati con una certa emzione, come giusto naturale e logico.


Durante la salita a piedi ho rivissuto un piccolo amarcord etrusco, ragionando con Teresa dei Troiani e di Fiesole e di Roma, cioè del Ponte anni quaranta e seguenti: la guerra, la mamma di lei morta in un bombardamento alleato ad Arezzo (per me il ricordo acuto e diretto della prima vittima di guerra, assassinata dal fuoco amico dei bombardieri angloamericani; per lei che aveva un anno, un’assenza imposta dal destino cinico e baro (leggi: da Mussolini cinico e casa Savoia "bara" degli italiani), poi Lando 5 anni di scuola elementare insieme, e via divagando. Nella storia di ogni individuo e di ogni piccolo paese si condensa la storia più grande di popoli e regioni. Tutto si tiene.


 Nella discesa del ritorno Paolo Furieri mi spiega la differenza tra un porcino di abete (mi aveva indicato una porcinaia lui che conosce tutto della zona Falterona con la Valle dell’Oia, Valluccione e via dicendo), un porcino di castagno, uno di faggio, uno di querciolo, uno di felce. I più saporiti sono al castagno e al querciolo. Non ho avuto il tempo di descrivergli i porcini di Northalje, a Nord di Stoccolma, sul Baltico.

Gran finale all’italiana, nello specifico alla casentinese: una mangiata a Mezzomontana, un mini agroturismo sulla strada della Calla, venendo da Stia. Una vecchia contadina sopravvissuta del periodo delle Noyes ci ha messo sotto il naso tortelli di patate a burro e pepe,  ravioli bianchi e rossi (burro e pommarola, quest’ultima eccezionale seconda Mario mio dirimpettaio di tavola). Il punteggio massimo comunque è andato al prosciutto servito in antipasto: stagionato e salato il giusto, affettato “quasi a mano”. Testimoni Franco e Irma,  ai miei lati. Come dessert la storia di Buonconte da Montefeltro (
Purgatorio V) illustrata e recitata da Mario Miani. Al quale ho promesso il mio Dante in Casentino con speciale dedica.


 Alcune foto.



Appendice 1





clicca la foto per saperne la storia



 Appendice 2


La visita alle sorgenti dell’Arno e al lago degli idoli fatta da Ella Noyes all’inizio del Novecento. Davvero un bel pezzo di letteratura.


 


(***)Capo d'Arno, la sorgente dello storico fiume, si trova in una fenditura del monte, subito sotto la vetta del Falterona. Il posto è nascosto nel fitto della macchia di faggio ceduo e non è facile trovarlo, a meno che la guida non sia ben pratica dei luoghi, è facile essere sviati dai numerosi ruscelletti che si incontrano durante il cammino. Ma, dopo un'arrampica­ta sotto gli ultimi cespugli intricati, usciti in un ameno spazio verde a lato della famosa fonte, si sente che sarebbe impossibile confondere un'altra con questa sorgente regale. Perché l'Arno non sbuca strisciando nascosto dalla terra come tanti inizi modesti che si concludono in grandi cose. Il suo primo apparire è degno del suo corso carico di storia. Una massa di rocce ammucchiate da terremoti e tempeste forma una specie di conchiglia entro il grembo della montagna e dalle rocce sgorgano le sorgenti alimenta­te da qualche pozzo inesauribile nel cuore della terra, in un semicerchio di sette getti pieni e forti che si precipitano giù sopra le rocce, i massi della forra, unendosi in un torrente che già nella sua prima infanzia è abbondante e sonoro. Si segue il suo percorso con l'occhio, dal suo primo cadere sulle rocce fra i fianchi delle ripide colline alla profonda gola, giù in basso, dove le correnti sorelle, Arnino e Arnaccio, portano il primo tributo, e giù alla stretta curva verso ovest ove esso brilla argenteo nell'ombra profonda delle colline che stanno di fronte. Poi, osservando il curvare della gola ancora verso sud, si è portàticon l'immaginazione lungo il sentiero della topografia dantesca, passato Porci ano ed i suoi porci, e via via giù per il Casentino, fuori del suo ingresso, oltre Bibbiena a quel subitaneo e sdegnoso volger di muso del fiume, lontano dai botoli aretini. Ed ancora, con l'occhio.dell'imma­ginazione, lo si segue nel suo scorrere verso nord, lungo il Valdarno; proprio in direzione opposta al suo primo corso esso emerge ancora in lontane vallate, recando il suo pieno flusso a Firenze, la più bella di tutte le città, ma popolata, per Dante, da lupi. Incerto prima e come intravisto in sogno ora, il Cupolone si fa sempre più distinto. Così, in un attimo, voi potete alzare gli occhi dal nascere alla piena maturità del fiume, che bellezza, gentilezza degli uomini e traversie del tempo hanno purificato ed esorcizzato dall'accusa di essere maledetto e sventurato lanciatagli dallo spirito in­quieto ed impaziente di Dante.


Nella gente che dimora presso le sorgenti dell'Amo si scorgono gli elementi ed i principii, giovani e sempre rinascenti, di quella vita umana che al suo apogeo nella


storia edificò laggiù quella città, meraviglia della cultura e dell'arte, che essa fu un tempo, e che sempre resterà nella memoria, per il vasto arco del volo del suo spirito nell'empireo della bellezza e della gioia, lei che dette prova di essere troppo grande per essere racchiusa nel cosmo del savio medievale. Per essa il futuro, non il passato. Firenze, accusata da Dante e che prosegue incrollabile la sua strada, non direttamente alla meta, ma da lontano, a larghe curve come va il suo fiume, è finalmente giustificata e si identifica ora con la somma delle imprese compiute da tutti i suoi figli, più nobile del più nobile di essi.


Accade spesso, anche in giornate di bel tempo, che il panorama distante sia nascosto dalla bruma. Nelle miti giornate di ottobre e di novembre, al di là delle infinite pieghe vellutate d'erba dei poggi vicini, il mondo appare come un ampio mare bianco dal quale emergono le lunghe groppe delle catene di monti, blu e ombrose, una dopo l'altra in linee calme e soavi, fino a che si fondono con il cielo. In giorni come questi lasciamo che il passato riposi sotto il suo sudario. E' sufficiente il presente, così dolce. In verità, per chi siede quassù al principio delle cose il presente sembra subito dietro al passato e tutto quel corso tortuoso del fiume ed il fluire dei secoli sembra al di là da venire. Il prato verde su cui siamo seduti, a lato della culla mormorante dell'Amo, è come è sempre stato, e un pastore e un cacciatore vaganti mille anni fa, si sarebbero scaldati a un fuocherello scop­piettante di frasche di faggio identico a quello che la nostra guida ha acceso ora.


La montagna è tornata ad una solitudine che ci riporta indietro fino al tempo degli Etruschi, che usavano portare i loro infermi ad un lago salutare non lontano da Capo d'Amo. Questo lago si è ora prosciugato, ma la conformazio­ne delle rocce indica dov'era, e la sua virtù risanatrice, con l'esistenza di un tempio a lato di esso, viene ipotizzata dopo la scoperta, nel 1830, di una grande quantità di offerte votive: oggetti di bronzo di manifattura etrusca, armi, catene, ornamenti, ma soprattutto statuette, alcune delle quali del periodo d'oro dell'arte etrusca. Molte di esse possono essere ammirate al British Museum.


La discesa dalla montagna alla piccola città di Stia, molto più in basso, è una rapida scivolata, giù per le erte verdi radure fra la macchia, molto diversa dalla lenta arrampicata. Viene poi un delizioso percorso attraverso pascoli di erbe montane cosparsi di massi e lungo sentieri . addossati ai fianchi del monte, sopra la foresta di quercie aggrappate alla terra; e vallate profonde dove si scorgono grappoli di casette: i rifugi estivi dei pastori. Si passa vicino a vasti ovili e, per quelli che salgono di notte per vedere la levata del sole sulla cima, la via è sbarrata da cani da pastore grossi come orsi, bianchi orsi ruggenti, finché il pastore non li richiama per lasciarvi passare. Ma verso la fine di settembre le greggi abbandonano la verde Alpe e scendono lente verso i loro pascoli invernali della lontana Maremma, la regione paludosa fra le montagne e il mare Tirreno, insalubre durante l'estate per uomini e bestiame. Dopo che sono partite i pendii restano solitari, eccetto per qualche piccolo gregge qua e là e per poche vacche bianche dalle larghe corna e dai miti occhi, appartenenti ai poderi più alti sui monti, che pascoleranno fra i sassi durante tutto !'inverno, nei posti più solatii, dove la neve dura poco. Essi


sono guidati da bambini dalla :accia mite e dagli occhi timidi, creature che ignorano l'arte del leggere e dello scrivere, che siedono sui massi, nel mite sole invernale, chiacchierando fra loro o cantando, ognuno per suo conto, interminabili canzoni. E' da quassù, dalle montagne, che sgorga la vena delle canzoni spontanee per le quali i conta­dini toscani sono rinomati.


C'è un'altra strada dal Falterona per Stia, molto più lunga della scorciatoia, ma che attraversa dei luoghi incan­tevoli. Prima si discende per un ripidissimo colle. Ricordo di aver avuto una strana impressione, una volta che facevo quel percorso: era in ottobre avanzato, ma il sole scaldava quasi più che in estate, c'era stato cattivo tempo il mese precedente ed era nevicato sul monte. Larghe chiazze di4 neve restavano ancora nelle radure fra i boschetti; eravamo discesi con la neve al ginocchio fra i cumuli ed eravamo giunti al fianco del monte dove tutto era senza ombra, pietroso, arido. Affannati dal caldo, con 1D. gola secca, guardammo dietro a noi il percorso che avevamo fatto. Sopra la neve accecante si piegava su di noi il cielo, nero nell'intensità del suo ardente blu, alcuni faggi autunnali erano una macchia di fuoco sopra il bianco terribile. Non avrei mai immaginato che la terra potesse assumere un aspetto così infernale. Inciampando e scivolando per la china, con i piedi colpiti dalle pietre sciolte che rotolavano, seguivamo un sentiero in una landa senza alberi, quando ci confortò il suono di acque correnti vicine; giungemmo ad un tratto sopra una crepa della montagna da dove sgorgava l'acqua con forza e abbondanza, saltando di. masso in masso e formando piccole pozze. Dopo esserci chinati a bere ed esserci riposati per un poco all'ombra delle piante che crescevano nel burrone, traversammo il torrente; ora la nostra strada portava a pascoli stupendi, e giù giù alla gola che si allargava fino al punto dove i torrenti confluivano per la prima volta. Nei pressi c'è un podere di montagna con la casa costruita fra prati naturali falciati rasi, freschi e verdeggianti, dove le acque dintorno fanno un rinfrescante rumore scorrendo giù per i burroni. Sotto questo podere traversammo l'Arno, ora in piena e, entrando nella selva di castagni sull'altra sponda, proseguimmo il nostro cammino fra larghe radure assolate e zone ombrose mentre fra le foglie dorate donne e ragazzi raccoglievano i frutti rossastri dallo strato di ricci spinosi e ingialliti che copriva il terreno. Le timide teste avvolte in fazzoletti si sollevavano al nostro passaggio e gli occhi miti ci guardavano con stupore. Una delle donne ci chiamò e ci chiese: "venite da molto lontano?» A noi sembrò che lei e i suoi compagni fossero infinitamente lontani, lasciati indietro nel tempo, in una qualche epoca d'oro, in un eterno pomeriggio di sole e di pace.


Di lì a poco traversammo un minuscolo villaggio abbarbicato sul pendio, nel ripido passaggio fra le casette di pietra, una o due vegliarde simili a sibille camminavano curve sotto il sole. Procedendo attorno al colle, raggiungem­mo finalmente l'altro versante e ci trovammo di nuovo in vista dell'Arno, che fa una larga curva fra le colline ed è ora un torrente considerevole che corre in un letto pietroso e nel suo percorso verso sud traversa la parte alta della valle principale.


La nostra strada proseguiva lungo i fianchi dei colli sopra il fiume, sempre attraverso selve di castagni; al limite di un ripido pendio, di fronte a noi, svettavano le cime dei cipressi che cingono la chiesa alpestre di Santa Maria delle Grazie. Dopo un'altra ora di cammino eravamo sulla ripida strada di Stia.


Il Casentino e la sua storia


Traduzione di Amerigo Citernesi


Ed.Fruska, 2001


Pgg 29-35


Altre foto del pellegrinaggio.