Presentazione al castello di Poppi - II
Video seconda scena:
Testi:
Così Dante esprimerà il suo stato d’animo:
Veramente io sono stato legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti dal vento secco che vapora la dolorosa povertade; e sono apparito alli occhi di tanti in modo molto diverso da come forse per alcuna fama m’aveano imaginato: nel conspetto de’ quali posso aver perduto stima e considerazione come persona, in modo che ne potrebbe risentire il giudizio anche riguardo ad ogni mia opera, sì già fatta come quella che fosse a fare.
(Convivio I - 3° cap.)
Lettera ai duchi di Romena 1304 p.67
Questa lettera è stata scritta da Dante Alighieri a Oberto e Guido conti di Romena dopo la morte del loro zio conte Alessandro, per esprimere le sue condoglianze.
Il vostro zio Alessandro era il mio signore e tale rimarrà nella mia memoria finché vivrò, perché mi avevano reso suddito la sua magnificenza e la sua bontà durante lunghi anni di tormentate vicissitudini.
…
Io poi, oltre a tutto questo, mi scuso, come vostro suddito, di fronte alla vostra discrezione, della mia assenza alle dolorose esequie; perché sono stato impedito non da negligenza né ingratitudine, ma dalla improvvisa povertà che l’esilio mi ha procurato. Questa povertà infatti, davvero crudele persecutrice, dopo avermi privato di armi e di cavalli, mi ha ormai cacciato nell’antro della sua prigionia dove, impietosa com’è, fa di tutto per tenermi imprigionato.
Voce fuori campo
Tu proverai sì come sa di sale
Lo pane altrui; e come è duro calle
Lo scendere e salir per l’altrui scale.
(Par. XVII, 58-60)
Seconda voce fuori campo
…"Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.
Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice. (Inf.5, parole di Francesca da Rimini)
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice. (Inf.5, parole di Francesca da Rimini)
Dante padre della lingua italiana
Narratore
Il “De vulgari eloquentia” (1303-1305) è un trattato in latino sull’uso del volgare come lingua letteraria ed è rivolto al popolo delle arti che dal 1282 ha sostituito nel governo di Firenze i magnati della grande proprietà terriera. Dante dichiara che la lingua volgare è quella lingua che il bambino impara dalla balia, quindi una lingua naturale, a differenza della lingua latina che è lingua perfetta ma artificiale. Dante non perde l’occasione neppure per esprimere il suo giudizio negativo sul modo di parlare dei casentinesi:
In tanta dissonanza che tutte queste varietà producono nel volgare italiano, mettiamoci sulle tracce della lingua più decorosa d’Italia, la lingua illustre; e per aprire alla nostra caccia una strada transitabile, in primo luogo buttiamo fuori dalla selva cespugli aggrovigliati e rovi. E diciamo pure che quello dei romani - che non è neanche una lingua ma piuttosto uno squallido gergo - è il più brutto di tutti i volgari italiani Dopo costoro strappiamo via gli abitanti della Marca Anconitana, che dicono Chignamente state siate, ces fas-tu?; e assieme a loro via anche gli Spoletini. Dopo di questi estirpiamo Milanesi e Bergamaschi.
E dopo ancora, setacciamo via Aquileiesi e Istriani, che con quel loro accento ferino pronunciano: Ces fas-tu? E assieme a questi buttiamo via tutte le parlate montanare e campagnole, come quelle dei Casentinesi e degli abitanti di Fratta, che, col loro accento aberrante da tutte le regole, suonano in modo da far a pugni col linguaggio di chi abita nel centro delle città .
Attori recitanti:
Rolando Milleri
Stefano Masetti
Urbano Cipriani
Urbano Cipriani
Arpa:
Antonella Natangelo.
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