martedì 13 maggio 2003

Andalusia 1


Andalusia 1


 


Il tempo si ferma e finalmente rimane un po’ con noi.



Sono in Andalusia, una regione verde, in una cittadina bianca, circondata da colline, addossata alla collina, coronata da un castello-fortezza, abitato via via da: Romani, Vandali, Visigoti, Mussulmani, Cristiani.


Sono arrivato a Jimena da Granada, 4 ore di viaggio su un trenino ottocentesco, che si apre il varco tra le alture della sierra seguendo iol corso fondovalle segnato dal torrente o chorro di turno. Si divincola lento come un grosso innocuo serpentone.


A mezza strada, e precisamente a Ronda, salgono frotte di studenti di scuola secondaria e danno animazione agli scompartimenti prima pigri e sonnolenti.


“Tutto il mondo e` paese”, pensa Barbabianca


Arrivo a Jimena “DELLA FRONTERA”. La frontiera e` quella che divide(va) i regni cristiani da quello dei Mori. Infatti, poco prima che nascesse Dante Alighieri, i cristiani di Castiglia, sempre in lotta col Regno moro di Granada, avevano respinto un po’ indietro dalle vicine zone occidentali i mori che ripiegarono su questa collina gia’ allora protetta dal grande castello. Xamina poi Jimena rimase cosi` terra di frontiera per piu’ di 2 secoli, fino a che i Mori furono ributtati in Africa e i castelli rimasero cosi’ senza lavoro, abbandonati come vecchie miniere dismesse.


Questa la storia.


La geografia e’ piu’ bella, complice il mese di maggio combinato col mare mediterraneo.


Mi trovo, con Paola e Simone, in una “casita”, in alto, dentro al paese vecchio, quasi sotto le rovine, ancora imponenti, del vecchio castello.


Due giorni prima del nostro arrivo e’ piovuto. L’aria e’ limpida, il cielo terso, fiori e piante in passerella, ognuno a suo modo: la Signora Natura, dietro le quinte, occhieggia complice e suadente.


C’e’ un ventolino di mare, continuo e constante, che mantiene l’aria asciutta e la pelle fresca. Funziona anche come un autan anti zanzare, che infatti non ci sono.


Sta di fatto che la Sig.ra Julian, che ci ha lasciato la sua casa e che vive qui da sola ormai da diversi anni, non manca di compagnia: gatti, somari, galli e galline, uccelli da diporto, rapaci rampicanti e passeracei. Tra questi, in un giardino vicino, un pavone (finalmente l’abbiamo individuato) che passa il tempo cantando “mejor, mejor”. Sono il migliore! Non certo per la voce, che e’ roca e poco elegante; magari per la coda. “Attento, pavone, quando mostri la coda, a non far vedere il c.” Vecchio proverbio qui citato per vezzo intellettualistico.


In certi momenti siamo proprio nella fattoria degli animali: essi occupano qui gli spazi sonori che in citta’ sono competenza di motori, motorini, sirene dell’ambulanza, trombe della polizia.


La mancanza di un apparecchio TV ci libera dalla cronaca dei morti ammazzati, degli incidentati, feriti, violentati, fracassati dentro le macchine, caduti dalle scale, dalle sedie, dalle impalcature, sospettati si Sars...


Il tempo si ferma e finalmente rimane un po' con noi.


Il resto in seguito. Nel frattempo avro' imparato a scrivere le vocali accentate sulla tastiera di questo Lap top della Signora inglesa.


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