Il Casentino tra poesia e storia
Itinerario dantesco.
Dedicato a Carlo Cipriani, sindaco di Poppi.
Primo capitolo: Alla foce dell'Archiano.
"Li ruscelletti che de’ verdi colli
del Casentin discendon giuso in Arno
facendo i lor canali freddi e molli
sempre mi stanno innanzi..."
(Inferno, c.XXX, 64-67)
Dante scriveva questi versi forse da Lucca, dove pare abbia composto buona parte dell’Inferno; io li rammento qui da Firenze, nel Luglio 2003, appena ritornato dalle Lame, ospite fortunato di Stefano e Mariella, in quel di Ortignano Raggiolo, sotto le pendici del Pratomagno.
Nelle mie passeggiate domenicali con Franco e Pinuccia, Massimo, Mario e Sergio, ho sempre modo di rivivere il gusto del viandante che, a piedi o a cavallo, percorre i sentieri delle Foreste Casentinesi e può fermarsi a ogni giro di vallata alle sorgenti fresche e quasi diaccie (fiorentinismo) che danno vita ai canali freddi e molli, sempre, anche in queste torride e siccitose giornate dell’estate 2003 che arroventa l’Italia. L’espressione di Pinuccia e Franco quando affondano la faccia nell’acqua ghiaccia della fonte del Duca...Ho bellissimi ricordi di scarpinate sulle montagne d’Abruzzo e di ascensioni sulle valli dolomitiche, ma l’acqua che zampilla da tutte le parti come in Casentino non l’ho mai trovata.
Dante il Casentino lo conosceva bene: Porciano, Romena, Poppi sono state sedi di lunghe permanenze nei primi anni dell’esilio e anche più tardi, verso il 1311. In Casentino ha conosciuto la figlia di Buonconte da Montefeltro e la moglie del Conte Ugolino; in Casentino ha incontrato il fratello di Francesca da Rimini, che di Rimini non era ma di Ravenna. Poco importa.
Ora succede che Barbabianca si faccia settimanalmente – avanti e indietro - la strada che Dante Alighieri poté fare solo una volta, biglietto di sola andata: Firenze-Casentino. Succede così che ogni settimana, o che sia corriera o che sia Fiat Uno, si trova a passare sotto i castelli di Romena e di Poppi e molto vicino a quelli di Porciano e Castel S.Niccolò, sempre attraversando la piana di Campaldino con il cartello “ qui l’11 giugno 1989 avvenne lo scontro tra Fiorentini e Aretini, al quale partecipò Dante Alighieri” e poi la “valigia” lasciata da Dante in cima a una colonna nel bel centro del campo di battaglia...
8000 fiorentini contro 6000 aretini: 1700 morti ammazzati solo tra gli aretini, i miei compatrioti, “forati nella gola” o squarciati come i dannati della nona bolgia...
“Chi porìa mai pur con parole sciolte
dicer del sangue e delle piaghe a pieno
ch’i’ ora vidi per narrar più volte?”
(Inferno, XXVIII, 1-3).
E i cavalli sbudellati da sotto dai fanti appiedati...Una vera porca grande battaglia; la definitiva sconfitta delle classi a cavallo, la trionfante vittoria della borghesia mercantile. Spazzato via il vecchiume e avanti col progresso, la violenza-come fino ad oggi - levatrice maledetta della storia.
Succede anche che in tutte le scarpinate fatte tra i boschi di Camaldoli e sui campi aperti del Pratomagno Pinuccia ferma il gruppo e impone a Mario di raccontare Dante:
E Mario incomincia: Io fui di Montefeltro, io son Buonconte ...Tutto il Quinto del Purgatorio con l’Archiano in piena che trascina il corpo ormai cadavere di Buonconte, giovane e bello, poco più grande di Dante, e poi lo copre con i detriti. Cento volte sentito il canto da Mario, cento volte ascoltato in silenzio e a bocca aperta.
Ecco così che – sollecitato da tante reminescenze - l’11 Giugno del 2003 Barbabianca sale in bicicletta e, sotto la guida di Stefano, va in cerca di Buonconte, alla foce dell’Archiano. Dov’è la foce? Pochi casentinesi la conoscono, ma Stefano c’è nato quasi sopra e mi fa da guida. Che pochi la conoscano non è per infingardaggine. Di fatto la foce oggi è irraggiungibile; non esiste più sentiero. Bisogna posare le biciclette sul greto del fiume, 400 metri prima della foce, attraversare un campo arato, farsi largo sull’argine coperto di spini e ortiche (consigliati calzoni jeans, scarpe alte e stagione asciutta). Ma ci siamo arrivati e abbiamo fatto la documentazione fotografica.
Riassumiamo la marcia di avvicinamento alla foce dell’Archiano.
Venendo da Poppi, prima di Bibbiena, all’altezza della nuova Coop, deviare per Ortignano –Raggiolo; dopo 300 metri prendere la nuova strada, a sinistra, che va verso la stazione e il centro di Bibbiena bassa: a 100 metri c’è il ponte sull’Archiano (foto). Dal ponte alla foce, che non si vede, ci saranno 500 metri, ma non esiste passaggio pedonale. Solo i solchi lasciati dai trattori che arano quelle terre, irrigue e fertili, adatte alle culture di ortaggi e granturco. Con Stefano, che fa da guida, lasciamo le biciclette sul greto del fiume e, con fatica, ci inotriamo attraverso un campo da poco arato. Fortunatamente l’ultima pioggia risale a una settimana fa. Con fatica raggiungiamo la foce. Il luogo è abbandonato, ma la visione è amena: l’Arno e l’Archiano, piena estate 2003, hanno ancora sufficiente acqua per formare una bella distesa liquida tutta immersa nel verde. Mentre Stefano scatta qualche foto rievoco Dante:
“Lo corpo mio gelato in su la foce
trovò l'Archian rubesto; e quel sospinse
ne l'Arno, e sciolse al mio petto la croce
ch'i' fe' di me quando il dolor mi vinse;
voltommi per le ripe e per lo fondo,
poi di sua preda mi coperse e cinse."
La preda dell’Archiano, e cioè i detriti della corrente, hanno riempito la bocca della foce, costruendo una solida duna che costringe l’acqua a restringersi sul lato destro, dove scorre veloce e gorgogliando.
Quella duna copre, nel mio immaginario, le ossa di Buonconte; ed io ci sono sopra con i piedi. Pochi Km avanti, lungo l’Arno, tra Poppi e Bibbiena, si passa attraverso una località chiamata da sempre “le tombe”. Nel mio immagianrio là, dove ora vado a comprare le piantine e i semi per l’orto, ci sono sepolte le ossa di 1700 aretini.
Girando lo sguardo, dando le spalle alla foce, ecco lassù sulla linea dei monti il profilo inconfondibile del “crudo sasso” che sta fra Tevero e Arno, la Verna con S.Francesco e poco sotto non visibile Caprese Michelangelo. Quante suggestioni, amici miei.
“Ogni sguardo è uno sguardo alla storia” è scritto in quattro lingue sul fascicolo “Appennino Aretino” curato dal Consorzio omonimo. Sul fascicolo “Casentino” curato dalla Comunità Montana del Casentino, la pg.7 è intitolata “Casentino tra poesia e leggenda”; ci sono citati D’Annunzio, dino Campana, Emma Perodi, ma non Dante. Motivo di più per giustificare l'argomento oggi intrapreso da Barbabianca.
La terra natia è sempre magia. Come in premessa, dedico questo post e quelli che verranno a un vecchio, caro amico di famiglia, l'attuale sindaco di Poppi, mia terra natale, che, a quanto mi dicono, si fa molto onore e contribuisce in pieno - per la sua parte - a mantenere e ridare lustro e gloria a questa valle che ha sempre colpito gli occhi e la fantasia dei visitatori non distratti, illustri e meno illustri. Con lui, in anni ormai lontani, ho avuto modo di saggiare boschi e prati, fonti e ruscelletti dell'alto Casentino, in caccia di starne, beccacce e lepri. Oggi lui prosegue con la caccia selezionata a daini e caprioli. Devo ammettere, sincerità per sincerità, che il gioco della caccia, quella seria, fatta col cane e dentro le regole, dà emozioni uniche, crea un contatto con l'ambiente e la natura, che i tifosi della formula uno probabilmente non potranno mai neppure lontanamente immaginare. Ma per carità, a ognuno il suo spazio.
Stavo andando fuori tema. Tra i visitatori allora non illustri, ma oggi sì, sempre di più apprezzati e riconosciuti, mi piace ricordare due sorelline inglesi che, un secolo fa, si sono perlustrate passo a passo, tutto il casentino, innamorandosene perdutamente e rievocandolo in maniera splendida e piena di patos, con la penna e col pennello: Ella e Dora Noyes.
Per raggiungere la foce dell’Archiano, non avevano avuto problemi, 100 anni fa esatti, le sorelline Noyes, che così ce lo raccontano e illustrano:
( Continua alla prossima puntata).