Entrata nel campo AIDA dei palestinesi
profughi dei villaggi distrutti da Israele nel 1948 (presso Betlemme)
Da "Il nuovo
corriere di Firenze", giovedi 23 febbraio 2012, p.3 dell'inserto "Asilo Politico".
In Palestina con i Comitati Popolari di resistenza non
violenta
di Urbano Cipriani
di Urbano Cipriani
Il viaggio di
conoscenza e solidarietà in Palestina e Israele con la guida di Luisa Morgantini (1) mi ha lasciato un
segno profondo di sofferenza, di ammirazione e di sdegno, tre emozioni che mi seguono
anche nei sogni.
Sofferenza e sdegno durante la
passeggiata nella via della vergogna, Shuhada Street, a Hebron martedì 3 gennaio 2012. Una via centrale
di grande scorrimento, piena di negozi, sempre affollata. Adesso è deserta: porte sprangate,
serrande arrugginite, finestre e
intere facciate racchiuse da reti, le strade laterali sigillate. Un gruppo di
giovanotti in tenuta sportiva corre
in mezzo alla strada, l'ultimo ha una mitraglietta a tracolla; subito dopo, in direzione opposta, un altro gruppo
ci viene incontro, con mitraglietta
al seguito. Dal cornicione di un alto palazzo spuntano le teste di tre bambini
palestinesi; abitano dietro quella
casa sbarrata sul davanti; ci vivono passando dal retro.
Sofferenza e
sdegno ho provato nella valle del Giordano, probabilmente il luogo più assurdo sulla Terra. I coloni
israeliani e palestinesi vivono fianco a fianco in quella che è una terra molto
fertile e ricca d'acqua. I vincitori si sono impadroniti di tutte le sorgenti ed
hanno estese coltivazioni di palme, arance, datteri, etc. I vinti riescono a
malapena a coltivare poco e niente. Vedo campi verdi e prosperi con belle case
accanto a gruppi di baracche con pochi alberi di ulivi morenti. Le baracche
rimangono tali perché l'esercito israeliano ha dichiarato la Valle del Giordano
zona militare dove costruire case non è consentito a meno che naturalmente non
si ottenga un permesso di fatto concesso
solo ai coloni israeliani. E se alla fine anche i palestinesi sono riusciti a
produrre qualcosa, non possono esportarla.
Sofferenza e
ammirazione ho provato per due realtà: i Comitati Popolari di resistenza non violenta, presenti ormai in tutti
i villaggi, i volontari internazionali e israeliani che vivono fianco a fianco con gli
abitanti del posto. In questa strategia rientra anche un viaggio tipo quello organizzato per
noi da Luisa Morgantini.
Lei ti mette a contatto col
governatore di Gerico, col Sindaco di Yatta, col contadino insidiato settimanalmente dai coloni,
con le ragazze italiane di “Operazione Colomba” incontrate ad At-Tavani che
accompagnano i bambini che vanno a scuola e le pecore che vanno al pascolo, con l'ex ufficiale
dell'esercito israeliano che ha scelto la via della pace e si è seduto a tavola con la nostra comitiva,
con l'Organizzazione dei medici israeliani che da Tel Aviv si prodigano per la popolazione di Gaza, denunziando
a voce alta le angherie del loro
Governo. E ti fa pure incontrare con il capo del Governo Provvisorio
Palestinese nel momento
delicatissimo della sua funzione di mediatore tra partiti e movimenti che compongono la variegata dura
realtà dell'intera Palestina.
In questa strategia di lotta non violenta dal basso rientra, per converso, il
viaggio in Italia di Manal e
Narriman Al Tamimi, del Comitato Popolare non violento del villaggio Nabi
Salem: le abbiamo incontrate il 7
febbraio u.s. al giardino dei Ciliegi di Firenze e nella sede dell’Amministrazione Provinciale. Sono rientrate con
un po’ di anticipo sul previsto per consentire a Nariman, insieme ai suoi quattro figli, di assistere al
processo del marito e padre da 10
mesi in “detenzione amministrativa”: non ha capi di imputazione e ciò
nonostante nessuno dei familiari ha
mai potuto visitarlo.
(1) La
trovo indicata in una rivista in lingua inglese tra le 5 personalità
“Palestine's real friends
in the international Community” insieme a Vanessa Redgrave, Nelson
Mandela, Ken Loach, Noam
Chomsky.
Parlare di pace in un mondo globalizzato è astrazione, però....bisogna non mollare di un millimetro per essa. Saluti da Salvatore.
RispondiEliminaLa cosa interessante è il collegamento fisico sul territorio palestinese dei Comitati popolari di difesa non violenta con i volontari internazionali e con gli israeliani che rifiutano la politica del loro governo. Li trovi ormai sempre insieme ad affrontare i coloni, sostenuti dai militari, che avvelenano le pecore, bruciano olivi, rubano terra e acqua, disturbano i bambini che vanno a scuola. E questo mette fuori gioco l'alibi della "sicurezza" per le iene di Tel Aviv. Questo non è "parlare di pace"; questo è lotta quotidiana unitaria non violenta dove le persone si mettono in gioco individualmente.
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