venerdì 11 gennaio 2013

L'arte di resistere in Palestina

Giovedi 10 gennaio - Firenze, Giardino dei ciliegi
Incontro con Belal Jadou, del campo profughi di Aida, a Betlemme


Insieme a lui Silva Stefania e Laura, volontarie "internazionali" in Palestina, forza di interposizione tra i palestinesi che raccolgono ulive, parano le pecore, lavorano i campi e la violenza dei coloni sostenuti dall'esercito israeliano che impediscono loro di raccogliere le olive, pascolare le pecore, lavorare i campi.
Sono stato nel campo profughi di Aida un anno fa, primi di gennaio. E' una gabbia per polli che sta lì dal 1948, 64 anni fa. Custode della gabbia: l'ONU. Padrone della gabbia: Israele. Situazione inedita e originale della storia del mondo; un esperimento-cavia per verificare la possibilità di tenere un popolo in schiavitù tramite la costituzione di uno Stato fuorilegge, dichiarato impunibile. Si tratta di un esperimento in corpore vivi, fatto alla luce del sole, monitorato dall'ONU, eseguito da Israele per conto degli Stati Uniti e dell'Europa; per meglio dire dell'1% che detiene il potere negli Stati Uniti e in Europa, guidati - semplificando un po' - dai centri bancari di Wall Street e London City.
Per cui il valore di "Occupy Wall Street" dei giovani newyorchesi e il valore simbolico del termine Wall= muro= banche.
Belal Jadou, presente, viene prima presentato con un video che lo vede all'opera in un "circolo-gabbia-cortile-stanza-scale-solaio in veste di animatore, istruttore, di bambini e giovani dai 6 ai 17 anni. Un video fatto bene, illustrato dalle ragazze del "servizio di interposizione internazionale" (scudi umani-testimoni contro le angherie israeliane).
Bedal, nel video, ci fa vedere casa sua irraggiungibile di là dal muro, ci indica gli insediamenti dei coloni a  ridosso del campo, belle case munite di ogni confort, compresa l'acqua 24 ore al giorno contro la gabbia di Aida che dispone di acqua per un'ora al giorno: una ora.
Il salone del Giardino è al freddo, mancano i soldi per pagare il riscaldamento, siamo a rischio di chiusura, io sto al caldo dentro il giaccone imbottito e sotto la papalina di lana che mi copre gli orecchi. Bedal Jadou parla in italiano, qualcosa mi sfugge, ma non la determinazione, la chiarezza delle idee, l'intelligenza. Risponde alle domande senza divagare, non crede alle azioni di copertura buonista da parte di certi enti ed istituzioni europee, locali e nazionale, ma sa distinguere la moneta buona da quella falsa, è critico, se ho capito bene, contro certe posizioni a "governo di Vichy" dell'Associazione Nazionale Palestinese. Ritornerà nella gabbia, ma è uno spirito libero, spera di poter acquistare il circolino "Arci" gabbia-cortile-stanza-scale-solaio che ora è in affitto...
Insomma, caro amico che leggi, un conto è sentir parlare, un conto esserci stati, nella Palestina occupata due volte (1948 e 1967). Le foto che qui indico sono mie.
Non è Dachau, è Betlemme
Di qua gli umani (1 ora d'acqua al giorno) - Di là gli alieni (24 ore d'acqua al giorno)
Se ne hai voglia qui vedi le altre (tutte del campo di concentramento di AIDA)

Nota a margine

Resistenza non violenta e/o resistenza violenta; OLP e/o HAMAS.
Intendo parlarne, prima o poi. Nel frattempo annoto qui per memoria due passi di Nelson Mandela:


« Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l'incudine delle azioni di massa ed il martello della lotta armata dobbiamo annientare l'apartheid! »

Rifiutando un'offerta di libertà condizionata in cambio di una rinuncia alla lotta armata (febbraio 1985), Mandela rimase in prigione fino al febbraio del 1990. Le crescenti proteste dell'ANC e le pressioni della comunità internazionale portarono al suo rilascio l'11 febbraio del 1990, su ordine del Presidente sudafricano F.W. de Klerk, e alla fine dell'illegalità per l'ANC. Mandela e de Klerk ottennero il Premio Nobel per la pace nel 1993. Mandela era già stato in precedenza premiato con il Premio Lenin per la pace nel 1962 ed il Premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 1988.

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