Maya era con noi tre giorni fa al Circolo Arci di Via Maccari qui all'Isolotto. Ora è a Gaza e scrive. Leggendo mi emoziono, mi ritrovo di nuovo a Hebron, in Shuhada street, rivedo Aida il lager ONU di Betlemme, lì dal 1948, ora chiuso dentro un muro di dodici metri, riattraverso la valle del Giordano con seimila sionisti che ingrassano le loro serre con l'acqua tolta a centocinquantamila beduini tosati nell'anima e nel portafoglio come le loro pecore impedite di pascolare dove è scritto "zona militare", quasi ovunque. E poi Qalchilia, Nablus, Gerusalemme est...Un incubo.
E l'Europa è merda, e l'ONU in inglese UN, United Nothing. E tanti miei miei amici si preoccupano per i Cinquestelle. Pfui.
Ma Maya esiste, è grande e ci riscatta tutti. Con lei la speranza ha ancora fior del verde. Un abbraccio, Mariù.
Ciao a tutt*,
dopo quasi due anni ho deciso di ritornare a Gaza per
cercare in qualche modo di supportare questo popolo e documentare un po
quello che succede...questa volta parteciperò alla raccolta del grano
con i contadini della striscia
I contadini di Gaza hanno bisogno della presenza di
internazionali per poter raccogliere il loro raccolto se no gli
israeliani cercano in qualche modo di impedirglielo.
La
presenza di internazionali fa diminuire gli attacchi dei militari al
confine, non so se tutt* voi sanno che i contadini palestinesi della
striscia di Gaza devono andare a coltivare nelle zone vicino al confine
perchè è l'unica parte di terra non costruita, però per loro è
pericoloso perchè i militari israeliani cercano in vari modi di
fermarli..
Oggi per esempio un altro gruppo di internazionali è
stato chiamato da dei contadini perchè dal confine gli israeliani hanno
dato fuoco al loro campo e così è stato bruciato tutto il loro raccolto
di grano.
Gli internazionali che sono andati lì mi hanno raccontato che la
famiglia di contadini era disperata perchè hanno perso un anno di
lavoro.
Proprio domani avrebbero dovuto raccogliere il grano e
gli israeliani hanno aspettato che il grano fosse pronto per poi dargli
fuoco.
Domani andrò lì e potrò raccontare meglio questa storia, io con
altri internazionali saremo presenti al raccolto del poco grano rimasto
per evitare che possano essere attaccati di nuovo.
Altra
storia sempre di questo pomeriggio è di un giovane contadino
palestinese che è stato sparato alla testa dai militari israeliani che
stavano a 300 metri da lui...ovvero fuori dalla zona di confine.
Il motivo? non si sa...forse giocavano a tiro al bersaglio
Queste
sono le storie di questa gente e in questi giorni che starò qui vorrei
condividerle con voi e vi pregherei di condividerle anche voi con le
persone che conoscete.
Vi prego di non scrivere MAI il mio nome e cognome ma solo MAYA...è molto importante!
Potrei avere dei problemi..
In allegato un'altra storia di questa terra...di questo popolo.
un caro saluto e buona notte
Maya
Allegato all'email di Maya:
Allegato all'email di Maya:
I resti dell’aeroporto internazionale Yasser Arafat di Rafah
L’aeroporto è stato inaugurato dal Presidente Yasser Arafat
nel 1998, costruito con i fondi di vari paesi europei e bombardato nel dicembre
del 2001 da incursioni aeree e terrestri dall’esercito israeliano, doveva
essere stato maestoso e arredato con cura perché ci sono le pareti distrutte di
almeno una decina di edifici di architettura marocchina, con pareti in mosaico
di vari colori e anche una moschea, della quale rimane una cupola dorata
completamente intatta simbolo della speranza di un popolo che chiede solo di
vivere in pace nella propria terra.
L’obiettivo
degli israeliani di distruggere definitivamente quel sito e ciò che rappresenta
è chiaro, ovvero un luogo di scambi, relazioni e di libertà di movimento.
Gli accordi di Oslo sono firmati nel 1993 dal Presidente del
OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina)Yasser Arafat e il primo
ministro israeliano Yitzhak Rabin. Nello specifico l’accordo prevede il ritiro
delle forse israeliane dalla striscia di Gaza e dalla West Bank e affermava il
diritto palestinese ad un proprio governo in queste zone attraverso la
realizzazione di un governo temporaneo.
Ventuno anni dopo la situazione in Palestina è peggiorata
giorno dopo giorno e questo luogo pesantemente bombardato 13 anni fa e rimasto in questo modo ne è la
prova, rimangono ancora gli scheletri di una decina di scheletri di edifici che
resistono all’oblio della memoria. oblivion of memory.
Questo luogo
desertico unisce il passato e il
presente, lo dimostrano i beduini che usano questi edifici per tenere i
loro cammelli e piantare alberi di ulivo, di
grano e di alcune verdure e lo dimostrano anche le piante di fichi d’india dai quali spuntano
dei fiori gialli in contrasto con il paesaggio lunare. Questa pianta è cara ai
palestinesi perché resiste alla terra rocciosa e arida, un po’ come fanno loro
che resistono nelle situazioni più difficili.
Ovviamente anche un paesaggio spettrale di questo tipo è
regolarmente controllato da una torretta e dalle apparecchiature israeliane, in
modo da evitare gli attacchi dei cammelli, delle lucertole e i dei pochi
beduini che la abitano. Nulla sfugge al loro controllo.
Dei ragazzi si avvicinano e non capiscono che senso abbia
andare a vedere l’ennesimo luogo distrutto dai bombardamenti israeliani, scherzano sul fatto che non partono aerei da
lì e noi gli rispondiamo che pensavamo che il nostro volo partiva da lì.
Ma questo ex
aeroporto è un simbolo dell’occupazione militare e “culturale” israeliana che cerca e di controllare un territorio e i
suoi abitanti, che decide chi far entrare e chi far uscire.
L’aeroporto rappresenta il punto di unione e scambio tra
vari paesi, rappresenta la possibilità di scegliere dove e quando partire.
Dal dicembre del 2001 agli abitanti della striscia di Gaza
questo è negato perché lo stato di Israele ha deciso che loro non hanno più
diritto a spostarsi e che neanche le persone di altri paesi hanno diritto ad entrare, se non con
particolari e ristretti permessi. E’ stato deciso che non solo le persone, ma
neanche le merci (alimenti, medicine, giochi, ecc.) hanno possibilità di
movimento ne in entrata e ne in uscita.
Le persone e le merci sono equiparate, anzi le merci hanno
più valore rispetto ai gazawi perché la maggior parte sono prodotte in Israele
e farle entrare nella striscia di Gaza è fonte di guadagno per lo stato di
Israele.
I resti di questo aeroporto, le piattaforme israeliane che
si intravedono in mare, il muro di separazione, le torrette di avvistamento con
l’adiacente zona cuscinetto mostrano chiaramente la totale chiusura via aerea,
via mare e vie terra di questa striscia di terra e l’impossibilità di muoversi
di questa gente.
Chi avrebbe mai pensato che si potesse chiudere il mare,l’
aria e la terra? Nella striscia di Gaza questo è possibile.
La striscia di Gaza rappresenta il totale controllo di uno
Stato su un popolo, quello palestinese, e il muro e le torri che vediamo tra i
resti di questo aeroporto ce lo ricordano chiaramente.
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