venerdì 3 novembre 2006

Le 365 giornate di Napoli


"Li arruolano appena diventano capaci di essere fedeli al clan. Hanno dai dodici ai diciassette anni, molti sono figli o fratelli di affiliati, molti altri provengono da famiglie di precari. Sono il nuovo esercito dei clan della camorra napoletana. Vengono dal centro storico, dal quartiere Sanità, da Forcella, da Secondigliano, dal rione San Gaetano, dai Quartieri Spagnoli, dal Pallonetto, vengono reclutati attraverso affiliazioni strutturate in diversi clan. Per numero sono un vero e proprio esercito. I vantaggi per i clan sono molteplici, un ragazzino prende meno della metà dello stipendio di un affiliato adulto di basso rango, raramente deve mantenere i genitori, non ha le incombenze di una famiglia, non ha orari, non ha necessità di un salario puntuale e soprattutto è disposto a essere perennemente per strada. Le mansioni sono diverse e di diversa responsabilità. Si inizia con lo spaccio di droga leggera, hashish soprattutto. Quasi sempre i ragazzini si posizionano nelle strade più affollate, col tempo iniziano a spacciare pasticche e ricevono quasi sempre in dotazione un motorino. Infine la cocaina, che portano direttamente nelle università, fuori dai locali, dinanzi agli alberghi, alle stazioni della metropolitana. I gruppi di baby-spacciatori sono fondamentali nell'economia flessibile dello spaccio perchè danno meno nell'occhio, vendono droga tra un tiro di pallone e una corsa in motorino e spesso vanno direttamente al domicilio del cliente. Il clan in molti casi non costringe i ragazzini a lavorare di mattina, continuano infatti a frequentare la scuola dell'obbligo, anche perchè se decidessero di evaderla sarebbero più facilmente rintracciabili. Spesso i ragazzini affiliati dopo i primi mesi di lavoro vanno in giro armati, un modo per difendersi e farsi valere, una promozione sul campo che promette la possibilità di scalare i vertici del clan; pistole automatiche e semiautomatiche che imparano a usare nelle discariche di spazzatura della provincia o nelle caverne della Napoli sotterranea.

Quando diventano affidabili e ricevono la totale fiducia di un capozona, allora possono rivestire un ruolo che va ben oltre quello di pusher, diventano `pali'. Controllano in una strada della città, a loro affidata, che i camion che accedono per scaricare merce a supermarket, negozi o salumerie, siano quelli che il clan impone oppure, in caso contrario, segnalano quando il distributore di un negozio non è quello `prescelto'.

Anche nella copertura dei cantieri è fondamentale la presenza dei `pali'. Le ditte appaltatrici spesso subappaltano a imprese edili dei gruppi camorristici, ma a volte il lavoro è assegnato a ditte `non consigliate'".

Da `Gomorra' di Roberto Saviano.

Trovato qui

2 commenti:

  1. 333 pagine tutte da lèggere.

    Da incorniciare pure l'articolo di D'Avanzo oggi su Repubblica.

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  2. Eccolo qui:



    La scena ora sembra peggiore e peggiori gli attori. I ragazzi di Pasolini ancora erano parte di un sistema comunitario. Giusto o ingiusto, progresso o sviluppo, che fosse, era qualcosa. Questi che ho di fronte sono come precipitati in un vuoto assoluto di socialità. Nelle loro vite, l'egemone sottocultura criminale ha scavato a fondo lasciando in movimento soltanto il simulacro della loro mediocre, feroce e impaurita individualità, che appare loro principio e fine di ogni cosa. Per questi disgraziati figli della Napoli conquistata dal lazzarismo - più che una condizione economica, un atteggiamento psicologico, uno spirito morale - c'è soltanto (come per i camorristi) l'affermazione di sé.



    Ogni rapporto - amicizia, amore - è possesso e misura del dominio. È potere sugli altri, l'unica cosa - a quanto pare - per cui valga la pena vivere (o morire). Ne è la conseguenza il pavoneggiarsi perenne, l'esibirsi sempre e comunque, il rumoreggiare, il vociare, il prevaricare, l'aggredire anche senza motivo. Pariare in modo esagerato in cuollo a uno non è esibire se stessi contro l'altro, dominando l'altro, possedendolo? Questa nuova condizione (o la si può chiamare ideologia?) scaccia la sopravvivenza antica di un modo di vita della plebe, ragione di molti problemi irrisolti ma di qualche non disprezzabile peculiarità.



    Nell'intrico dei vicoli, lungo le grandi tangenziali, nei quartieri delle periferia non c'è più traccia di quella plebe che pure fu, come sempre ha sostenuto Raffaele La Capria, immaginazione, fantasia, vitalità, "humus fertilizzante" capace di custodire le radici della città, la sua memoria, la sua cultura, il passato da cui è venuto fuori il carattere dei napoletani, con i loro vizi e le loro virtù. Il nuovo plebeismo violento di oggi non sa da dove viene, non sa dove vuole andare, non ha nulla da ricordare, non ha nulla da custodire. Riconosce nell'orizzonte vuoto, un solo senso: il potere come principio di tutti i rapporti. È questa appare la più disastrosa vittoria della camorra. È una vittoria che afferri anche là dove questo processo di deculturazione dovrebbe e potrebbe essere contenuto.







    Per Roberto o Papiluccio questa appartenenza a una sottocultura criminale è così evidente da non potere essere nascosta a se stessi. Dice: "Siamo tutti camorristi. Lo penso anch'io. "Camorristi" nella capa. Io me ne rendo conto. Studio, mi sento un tipo responsabile, considerato i tempi e queste strade. Sono istintivo. Ho la tendenza a prendere fuoco e so che è sbagliato, so che è pericoloso, so che uno scatto d'umore nel momento sbagliato può costare caro. Cerco di stare lontano dai guai.



    Sono capace di abbassare lo sguardo e venire via quando incontro un "malamente" epperò mi accorgo, nei momenti di maggiore lucidità, di avere la stessa aggressività di quelli là. Mi muovo in ogni cosa che mi tocca fare come in una sfida continua. Mi accorgo di guardare a lungo quel tipo fermo accanto a me nel traffico. Mi sorprendo a voler sopra di ogni altra cosa che abbassi lo sguardo. È una cosa senza senso, è vero, lo so. Perché lo faccio? Perché mi piace. Mi fa sentire bene".

    (3 novembre 2006) Per leggerlo tutto:

    http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/cronaca/esercito-napoli-1-/esercito-napoli-1-/esercito-napoli-1-.html

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