martedì 18 ottobre 2011

La causa prima di tutte le guerre

Contraccettivi e sovrappopolazione globale - di Daniele Raimondi



«Immagini una provetta piena di cibo. A mezzogiorno in punto, lei ci mette dentro un’ameba. Questo organismo unicellulare si divide in due, producendo una cellula gemella ogni minuto così, a mezzanotte, dentro la provetta ci sono solo amebe e niente cibo. A che ora, secondo lei, la provetta era per metà occupata dalle amebe e per l’altra metà dal cibo? Quasi tutti dicono alle sei del pomeriggio, cioè a metà tra mezzogiorno e mezzanotte. Ma la risposta corretta è a mezzanotte meno un minuto. E fino a quel momento le amebe pensavano: “Ehi, va tutto bene”. Tra poco ci sarà più gente di quanto la Terra possa sostenere».



Questa dichiarazione è stata rilasciata dalla scrittrice, poetessa e attivista ambientale canadese Margaret Atwood, intervistata da Vanity Fair il 2 giugno 2010. Con la consueta ironia, volta a sensibilizzare le masse su temi etici e politici, l’aforisma intende mostrarci il vero significato di crescita esponenziale e le vere conseguenze di tale fenomeno, se rapportato alla vita degli organismi che popolano un determinato habitat.



Sul nostro pianeta (che per quanto grande è pur sempre finito), siamo noi le amebe nella provetta: lo sviluppo tecnologico e il benessere di cui disponiamo ha portato, negli ultimi 50 anni, ad una crescita demografica senza precedenti che, aggravata dal conseguente aumento nelle richieste di risorse, potrebbe condurre rapidamente ad una condizione di gravissima insostenibilità. Le stime disponibili mostrano come la popolazione terrestre raggiungerà i9.3 miliardi nel 2050 e i 10.1 miliardi nel 2100, sospinta principalmente dagli alti tassi di crescita delle regioni meno sviluppate del pianeta, principalmente Africa ed Asia.



Una simile situazione potrebbe aggravare una serie di problemi già esistenti, come la scarsità dell’acqua potabile, l’esaurimento delle risorse naturali, l’innalzamento dei livelli di inquinamento e la perdita di interi ecosistemi a causa della deforestazione, fino a causare guerre che potrebbero mettere in crisi economia, welfare e stati di diritto. Su questi apocalittici scenari esiste da tempo un dibattito che ha avuto contributi illustri, tra cui quelli di Malthus, Galton e B. Russell.



Nel 1974 Isaac Asimov aveva sollevato il problema, guardando angosciato anche solo ai primi anni del 21esimo secolo: “In tutta la storia della terra ci sono stati dei periodi in cui una determinata specie [...]ha temporaneamente incrementato la sua popolazione. [...] Un aumento delle risorse alimentari, il buon clima, il calo del numero dei predatori , ne ha determinato il successo. Ma sempre, successivamente la popolazione è diminuita ancora, e sempre allo stesso modo, per un aumento del tasso di morti. La sovrappopolazione di una specie viene limitata dalla morte per fame [e malattie legate alla malnutrizione, ndr]. Non temete, la stessa cosa accadrà all’umanità. Il tasso di morti aumenterà, e moriremo di fame, malattie e violenza. Ma accidenti, dobbiamo proprio controllare il nostro numero alla stessa maniera delle altre specie animali? Noi possediamo qualcosa che le altre specie non hanno: la mente. Possiamo elaborare delle previsioni. Possiamo pianificare. Possiamo individuare delle soluzioni più umane. E la soluzione più umana è abbassare il tasso di nascite. Nessuna specie mai, ha volontariamente diminuito il proprio tasso di nascite allo scopo di contenere la popolazione, perché semplicemente non sapeva niente del tasso di nascite, di come controllarlo e che ci fosse un problema di sovrappopolazione».



Tra tutte le possibili proposte per fronteggiare il problema della sovrappopolazione globale, quella del controllo delle nascite sembra essere la più attuabile, se applicata in maniera uniforme e democratica, garantendo il rispetto dei diritti inalienabili e mantenendosi quindi ben lungi da deliri eugenetici e da allucinanti campagne di sterilizzazione forzata (proposte e praticate, per i motivi più disparati, in varie parti del mondo). Dato che al mondo il 40% delle gravidanze è non pianificato, si potrebbe prima di tutto puntare sull’informazione e sulla sensibilizzazione delle masse, cercando di imbastire un sistema di pianificazione delle nascite a livello globale, basato sulla duplice e rinnovata consapevolezza sia degli aspetti della genitorialità che dellasovrappopolazione, magari usando i birth credits (proposti da Michael Arth) in modo da distribuire democraticamente (basandosi sulla responsabilizzazione dei futuri genitori) il giusto numero di permessi di concepire figli, a livello mondiale.



Anche Richard Dawkins, a poca distanza da Asimov (nel 1976), si è occupato del problema: «È una semplice verità logica che, senza un’emigrazione in massa nello spazio, [...]un ritmo delle nascite incontrollato porterebbe inevitabilmente a un ritmo di morti orribilmente alto. È difficile credere che questa semplice verità non venga compresa da quei capi che proibiscono ai loro seguaci di usare metodi efficaci di contraccezione. Esprimono una preferenza per metodi “naturali” di controllo della popolazione e otterranno effettivamente un metodo naturale: si chiama morire di fame. La contraccezione talvolta viene attaccata perché considerata innaturale. È vero, è fortemente innaturale. Il problema è che anche lo stato assistenziale è innaturale. Penso che la maggior pare di noi creda che lo stato assistenziale sia una cosa positiva, ma esso non può esistere se non esiste anche un controllo delle nascite (innaturale), altrimenti il risultato finale sarà una miseria ancora maggiore di quella che si ha in natura». Dawkins ha spostato però l’attenzione verso un altro punto, comunque legato al problema dell’istruzione: l’opposizione irrazionale all’utilizzo di metodi contraccettivi, indispensabili per ogni sistema volontario di controllo delle nascite.



Tra le principali religioni, la maggiore ostilità verso la contraccezione si ha nel cristianesimo: la Chiesa Cattolica, in particolare, si è sempre strenuamente opposta a questa pratica. Nonostante il breve spiraglio che si è intravisto in una recente intervista a Ratzinger, l’opposizione ai metodi contraccettivi è piuttosto sedimentata, dato che già nell’enciclica Casti Connubii, promulgata nel 1930 da Pio XI, si legge: «Qualsiasi uso del matrimonio esercitato in modo tale che l’atto sia deliberatamente frustrato nel suo naturale potere di generare la vita è una offesa verso la legge di Dio e verso la natura, e coloro che indulgono [in tali comportamenti, ndr]sono marchiati con la colpa di un grave peccato».



Nel Vademecum per i Confessori, Riguardo Alcuni aspetti morali della vita coniugale, viene ribatido: «La contraccezione, direttamente opposta alla trasmissione della vita, tradisce e falsifica l’amore altruista e proprio del matrimonio [...] e va contro il disegno di Dio dell’amore» e «la Chiesa ha sempre insegnato il male intrinseco alla contraccezione, cioè di ogni atto coniugale reso intenzionalmente infecondo. Questo insegnamento deve essere conservato definitivo ed immutabile».



Nell’Enciclica Humanae Vitae, rilasciata da Paolo VI nel 1968 si legge, nel paragrafo intitolato«Conseguenze dei metodi artificiali [di contraccezione]»: «Un altro effetto che desta preoccupazione è che un uomo che cresce abituandosi all’uso di metodi contraccettivi potrebbe dimenticare il rispetto dovuto alla donna e, disgregando il suo [di lei] equilibrio psico-fisico, redurla ad un mero strumento per la soddisfazione dei suoi [di lui] desideri». Ai credenti non resta quindi che applicare le già citate tecniche naturali per attuare il cosiddetto Natural Family Planning, rigorosamente basato su metodi approvati dalla Chiesa, quali l’astinenza (principalmente) e l’utilizzo dei periodi di infertilità naturale della donna (mestruazioni, allattamento, menopausa).



Dal tipo di risposta che l’umanità darà a questo problema, dipenderà probabilmente ilfuturo stesso del genere umano. Sicuramente, anche se ormai abbiamo capito che Dio non apprezza i condoms, c’è comunque motivo di credere che sarebbe quantomeno un po’ stizzito se il suo popolo eletto facesse una brutta fine proprio per non averli usati, secondo la famosa massima di Bertrand Russell: «La maggior parte degli uomini preferirebbe morire piuttosto che riflettere. In fondo è quello che fanno».



 Daniele Raimondi (Newsletter di "Cronache laiche")



1 commento:

  1. Mi è piaciuto tutto.Ricordati dei "limiti dello sviluppo" che fu la risposta del MIT al club di Roma. Orni

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