Storie di donne rom
Il libro di Paola è stato presentato da Franca Rinaldelli e Mariella Maglioni a Bibbiena sabato 10 dicembre alle 17 presso la Biblioteca comunale per iniziativa del Circolo Peter Levy
Locandina di Giovanni Caselli
E' stato il mio secondo incontro col circolo Peter Levy e devo dire che mi sono sentito tutte e due le volte nei panni "curiali" di cui parla Machiavelli in una famosa lettera, quando, rientrando in casa, dopo una giornata di lavoro o di ozio forzato (dopo la sua caduta in disgrazia...) si mette a leggere i classici che lo immergono in un altro mondo o in un mondo altro da quello del gioco a tric trac o della zara o dello scopone tra urli e berci dell'osteria dell'Albergaccio che si sentivano fino a S.Casciano. Mi dice Stefano che il Circolo conta 72 iscritti. Incarico da qui Mariella a farmene un po' la storia, perché sono curioso e vorrei poter intervistare Bill, cioè il Prof. William Dodd, il signore silenzioso che ci accoglie nella sala della Biblioteca comunale di Bibbiena, Presidente del Circolo. Chi era e che cosa rappresentava Peter Levy, chi è e che cosa rappresenta Bill, come è approdato in Casentino e che cosa ce lo tiene legato.
Nell'attesa di avere il testo o i riferimenti di Franca Rinaldelli, metto qui un appunto che mi ha consegnato Mariella Maglioni, che è partita dalla locandina di Giovanni Caselli che raffigura un uomo e una donna "rom". Mariella è partita da questi due personaggi soffermandosi in particolare sugli occhi e sul modo di guardare della donna. Non tento neppure di rievocare le suggestioni che ci ha comunicato riguardo ai due personaggi perché rischierei di sciuparne l'acutezza.
La parola a Mariella:
Scrivere un libro come
quello di Paola Galli sulle donne rom è un atto anticonformista con
un significato che va al di là del libro stesso, delle circostanze che lo hanno
fatto nascere e che impone delle fruttuose riflessioni: ci rimanda al necessario quanto inevitabile
incontro con lo straniero, quello che
per svariati motivi arriva da terre e culture lontane, ma anche quello che vive in ognuno di noi e che il libro di
Paola ci aiuta a ricercare. Quella parte sconosciuta e spesso inconoscibile,
che continua comunque a dirigere i nostri passi e le nostre scelte e che non
sempre abbiamo la forza di accettare.
Quello che voglio
sottolineare, nel percorso fatto da Paola, sono due atteggiamenti
fondamentali: l’apertura e la curiosità
per la diversità, la voglia di cercare
al di là dei pregiudizi un po’ più di verità, nel tentativo di unire, creare
intese, offrire ospitalità.
Paola ci invita a fare
un passo avanti. Ci invita agli Incontri, come vengono chiamate le
brevi interviste rilasciate dalle donne rom che Paola frequenta. Piccole finestre che si aprono su un mondo,
fugaci quanto acuti ritratti di persone la cui vita è segnata da due stigmi
forti come quello di essere donna e quello di essere rom, che creano una
visibilità di segno negativo. Donna
soggetto minore, spesso subalterna, esclusa dall’istruzione, povera, venduta,
oggetto di violenza, sola, emarginata.
Rom e cioè storicamente esclusa, non desiderata, separata, ritenuta
pericolosa e in molti casi sterminata.
L’ideologia razzista non ne distingue né la cultura né l’appartenenza,
non conosce l’itinerario dei suoi viaggi, la sua lingua, la sua musica. Lei è una zingara, uguale a tutti gli altri e
come tale da tenere a distanza.
Paola ci invita a
cambiare il nostro sguardo, ci invita a conoscere per apprezzare, per
rispettare, per ospitare. Acquisire uno
sguardo che ricerca le cause, perché vuole l’incontro. Uno sguardo che ama la diversità e che non la
scusa quando diviene negativa, ma che le offre comunque ospitalità.
Molti i temi emergenti
dal libro: i matrimoni imposti, le spose
bambine, la subalternità sociale e la supremazia domestica, il sincretismo
culturale, i tentativi di adattamento e di integrazione, la lotta per la
sopravvivenza, la solidarietà.
Molte le donne
incontrate, dodici madri e dieci figlie, tutte molto diverse l’una dall’altra
con famiglie diverse, storie diverse, ma potremo dire un destino simile, se non
proprio uguale. Un destino che non è
difficile immaginare viste le condizioni in cui spesso sono costrette a vivere,
un destino che il libro di Paola ci rende tangibile.
“A forza di essere
vento”, come scrive De Andrè, ci ricorda che la lotta per un’ identità negata è la storia di molti uomini e di molte
donne rom. Come dice Liza, una delle
donne intervistate “Rimpiango solo che tutto sia sempre così difficile, che non
si possa fare le cose col respiro, senza l’ansia di non sapere se domani ci
sarà il necessario per vivere. E’ come
stare sull’acqua, non sei mai in equilibrio”. (continua)
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