lunedì 21 febbraio 2005


malcom


Il 21 febbraio 1965 Malcom viene invitato a tenere una conferenza ad Harlem, ma non ha neppure il tempo di iniziare a parlare. Davanti ad un’inorridita Betty, che è in attesa del quinto figlio, e delle quattro bambine terrorizzate, l'ultima delle quali ha solo un anno, due uomini iniziano a sparare verso il palco con fucili e pistole senza che gli uomini della scorta possano intervenire. Mentre Malcom, colpito da 16 proiettili, si accascia al suolo, i due sparatori, Thomas Hagan e Reuben Hayden, si fanno largo tra la folla con le armi in pugno.

Riferimenti:  *.*     *.*   

Il negro dei campi e il negro da cortile

Ecco com’era il negro da cortile. A quei tempi era chia­mato house nigger. Del resto li chiamiamo cosi anche og­gi, visto che abbiamo ancora fra i piedi parecchi di questi niggers da cortile.

Questo servo ama il suo padro­ne e vuole vivere vicino a lui. Pur di fare ciò è disposto a pagare affitti tre volte superiori per poi andare in giro a vantarsi: «Sono l’unico negro qui! » «Sono l’unico negro in questo settore». « Sono l’unico negro in questa scuola». Ma se non sei altro che un negro da cortile! E se qualcu­no viene da te e ti propone di separarti dal padrone, tu ri­spondi le stesse cose che diceva il negro da cortile nella piantagione. «Che vuol dire separarsi? Dall’America? Da questo buon uomo bianco? Dove lo trovi un posto meglio di questo? » Ecco cosa ti dice il negro da cortile:

« Io in Africa non ci ho mica lasciato niente! » Ma sì, vai, in Africa ci hai lasciato il cervello!

In quelle stesse piantagioni c’era il negro dei campi: le masse. I negri che lavoravano nei campi erano sempre più numerosi di quelli che erano addetti alla casa del padrone. Nei campi si viveva come all’inferno, si mangiavano gli a­vanzi. Mentre in casa si mangiavano tutte le parti buone del maiale, al negro nel campo non toccavano altro che le interiora. Oggi le chiamano chitt’lings, ma a quei tempi le chiamavano col loro vero nome, e cioè budella. Ecco cosa eravate voi: dei mangiatori di budella. Alcuni lo sono an­cora.

Il negro dei campi prendeva legnate dalla mattina alla sera, abitava in una capanna, anzi una baracca, e indossa­va vecchi abiti smessi. Odiava il padrone, vi assicuro che odiava il padrone. Era intelligente. Dunque, mentre il ne­gro da cortile amava il suo padrone, quello dei campi, e si trattava della maggioranza, lo odiava. Quando la casa bru­ciava, non muoveva un dito per spengere l’incendio e an­zi pregava perché si alzasse il vento, un bel vento forte. Quando il padrone si ammalava, il negro dei campi prega­va perché morisse e se qualcuno andava da lui a dirgli:

« Separiamoci! Corriamo via! », lui non domandava certo: «Dove?», ma rispondeva: «Qualsiasi posto sarà sempre meglio che qui! » Oggi in America ci sono parecchi negri dei campi e io sono uno di quelli. Le masse sono composte di questi negri dei campi e quando vedono che la casa del padrone piglia fuoco non li sentite dire che «il nostro go­verno è nei guai». Loro dicono: «Il governo è nei guai! »Immaginatevi un po’ un negro che dice: «il nostro gover­no». Ho persino sentito uno che diceva « i nostri astronauti». Non lo lasciano neanche avvicinare alla fabbrica dei missili e lui dice « i nostri astronauti »! « La nostra marina»... Ma quello che dice queste cose è un negro che ha perso il cervello, ve lo dico io, proprio uno che ha per­so il cervello.

Cosi come il padrone di schiavi del passato si serviva di Tom, il negro da cortile, per tenere a bada i negri dei cam­pi, lo stesso padrone di schiavi oggi ha a sua disposizione i moderni zii Tom, gli zii Tom del ventesimo secolo, per tenere sotto controllo voi e me, per mantenerci passivi, pacifici e non violenti. E' proprio Tom che vi rende non violenti. E' come uno che va dal dentista. Questi si appre­sta a strappargli un dente: quando comincia a tirare biso­gna reagire per forza ed è per ciò che il dottore vi mette in bocca un po’ di novocaina che vi rende insensibili dafi­dovi l’impressione che non vi stia facendo niente. Il pa­ziente sta li seduto e poiché ha assorbito tutta quella do­se di novocaina, soffre pacificamente. Il sangue gli scorre giù dalla mascella e lui non sa cosa gli sta succedendo per­ché c’è chi gli hà inségnato a soffrire: pacificamente.

L’uomo bianco vi fa la stessa cosa per le strade, quando vuole riempirvi la testa di botte, sopraffarvi senza aver paura che voi vi ribelliate. Per impedire appunto che vi ri­belliate, prende questi vecchi « zii Tom » religiosi perché insegnino a voi e a me, proprio come fa la novocaina, a soffrire pacificamente. Non è che cessiate di soffrire: sof­frite solo pacificamente! Come ha messo in evidenza il re­verendo Cleage, essi dicono che dovete far scorrere il vo­stro sangue per le strade. E una vergogna! Sapete che lui è un predicatore cristiano e se è una vergogna per lui, po­tete immaginare cos’è per me.

Nel nostro libro, il Corano, non c’è nessun insegna­mento a soffrire pacificamente. La nostra religione ci inse­gna ad essere intelligenti. Siate pacifici, gentili, obbedite alle leggi, rispettate chiunque, ma se qualcuno leva la ma­no contro di voi, mandatelo al cimitero. Questa è una re­ligione come si deve, e infatti è la religione del buon tem­po antico, quella di cui parlavano i vecchi: occhio per oc­chio, dente per dente, testa per testa, vita per vita. Que­sta è una religione come si deve e nessuno protesta perché viene insegnata, all’infuori del lupo che ha in mente di di­vorarvi.

Questo è il modo in cui si comporta l’uomo bianco in America. Lui è il lupo e voi siete le pecore. Tutte le vol­te che un pastore, dico un pastore, insegna a voi e a me di non distaccarsi dall’uomo bianco e nello stesso tempo di non combatterlo, ebbene, quel pastore per voi e per me non è altro che un traditore. Non buttate via una vita, ma difendetela perché è la cosa migliore che avete. Però se dovete rinunciarvi, che sia alla pari!

Il padrone prendeva Tom e lo vestiva bene, lo nutriva bene e gli dava persino un po’ d’istruzione: un po’. Gli regalava un cappotto lungo e un cappello a cilindro e cosf tutti gli altri schiavi lo guardavano con invidia. Poi si ser­viva di lui per controllare gli altri. La stessa strategia di cui si serviva in quei tempi, lo stesso uomo bianco l’ado­pera oggi: prende un negro, un cosiddetto negro, e lo ren­de famoso, gli suona la grancassa, gli fa tutta la pubblicità possibile fino a farlo diventare celebre, fino a farne un portavoce e un leader dei negri.

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