martedì 12 agosto 2003

Lettere a Giulia - di Giampiero Taverna



 


Un libro da leggere


Ho finito di leggere un bel libretto scritto da un Signore che capita di incontrare alla Coop di Bibbiena in questi giorni: un’amica, che ci ha imprestato il libro, ci racconta dell’autore che abita solo in una casa in mezzo al bosco qui nello stesso comune di Ortignano. La figliolina Giulia che abita a Praga è la destinataria delle lettere del padre.
E’ un libro da leggere perché fa capire la musica a tutti, bambini e non più bambini. E mentre lo leggi ti senti cullato da un sottofondo musicale malinconicamente sereno e tanto affettuoso.
Nelle lettere è citato Guido Monaco, cioè Guido d’Arezzo, cioè Guido di Talla, un paesino a due passi da Ortignano. Sempre Casentino è…


Eccone un estratto, con citazioni sparse.


Casale di Lastri, 17-10-99


Carissima bambina mia,
quello che sto per raccontarti, una "Storia della musica" molto veloce e a grandi linee, non lo troverai nelle varie Storie della musica che sono state pubblicate; perché io vedo il passato anche il più remoto con gli occhi (dovrei dire orecchi") di uno che ha dedicato tutto il suo lavoro alla musica contemporanea, cioè la musica che si scrive ai nostri giorni, e quindi ha superato tutti gli schemi formali, che per tanti secoli la musica è stata costretta a rispettare.
Per me la musica è sempre esistita! Ancor prima della comparsa dell'uomo sulla terra. Alla luce dell'evoluzione del linguaggio musicale (di cui ti parlerò in seguito) si può tranquillamente dire che molti animali si esprimono con dei "suoni": non parliamo degli uccelli perché questo è fin troppo evidente; ma anche, per esempio, i delfini comunicano con dei suoni e così tutti i primati; li avrai sentiti allo zoo oppure alla televisione. Hanno una gamma vastissima di suoni che oltre tutto variano a secondo l'umore: hanno persino un "rullo di timpani" quando si battono il torace e che, guarda caso, vuoI esprimere rabbia e furore (come spessissimo fanno anche i timpani in orchestra). Sono sicuro che anche l'uomo primitivo modulava i suoi grugniti a secondo di quello che voleva esprimere. D'altronde anche un bambino che chiama ripetutamente una mamma distratta, varia in molti modi il suo richiamo "mamma!" e i vari modi possono essere già tradotti in veri e propri suoni:
……………….
La musica degli antichi Greci e dei Latini (soprattutto scritta per cerimonie religiose) era costituita da segni, chiamati "neumi", posti sulle parole del testo che indicavano il salire o scendere della melodia, quasi impossibili a decifrare per chi non avesse conosciuto già quella melodia.
Eccoti un esempio di musica scritta in quel modo che risale al secolo 900:
…………………..
Fu il monaco Guido d'Arezzo a mettere un po' di ordine verso il 1100! Notò che in un canto molto conosciuto all'epoca, ogni strofa cominciava con una nota ascendente nell'ordine: ut (=do), re, mi, fa, sol, la. Eccotelo:


ut queant laxis resonare fibris mira gestorum famuli tuorum
solve polluti labii reatum, Sancte Joannes


E questo canto veniva insegnato ai fanciulli, come scrive lo stesso Guido d'Arezzo, in modo che lo sapessero bene a memoria e potessero così intonare ogni inizio di strofa con la sillaba corrispondente: ecco svelato il mistero perché le note si chiamano così.
Poi restava da mettere a posto il ritmo così che non dipendesse solo dal testo; ma ci vollero altri secoli se pensi che nel 1504 la musica si scriveva ancora così:
…………….
(inizio dell'Harmonice Musices Odhecaton, una raccolta di musiche di vari compositori dell' epoca fatta da un musicista - editore che si chiamava Petrucci).
Mi accorgo ora che questa letterina è diventata una letterona lunghissima. Ti lascio riposare con tanti , baci e poi riprenderemo il discorso, babbo.


Casale di Lastri, 21-10-99


Carissima Giulia,
mi accorgo ora di essermi dilungato molto sull'argomento della nascita della musica. Ma in compenso ora saresti in grado di poter scrivere una melodia tu stessa: per esempio prendi un testo come: «Evviva, evviva, che bella giornata!»: gli accenti di questo (chiamiamolo pure) testo suggeriscono un ritmo di tre+tre+tre+tre e cioè evvìva, evvìva, che bèlla giornàta: potresti allora metterci delle note: per esempio
…………………
Questa si chiama scrittura moderna: anche in questo esempio, se levi il testo, ti resta una melodia che suggerisce un senso di contentezza e di piacere. Però levando il testo c'è assoluto bisogno di scrivere le battute…
le battute (ti ho già spiegato il significato di questo termine) perché se io scrivessi così:
…………………..
la melodia acquisterebbe tutto un altro aspetto e sarebbe impossibile rimetterci quel testo! Dovresti adoperare un testo nel quale gli accenti siano quattro+quattro+quattro. Per esempio:
……………………………..
(che sarebbe bello lo stesso, ma tutta un'altra cosa).


Tutto questo per farti capire che quando nei secoli si è sviluppata la musica per soli strumenti c'è stato bisogno di trovare un punto di riferimento per poter suonare insieme: e così è nata la scrittura moderna organizzata in battute uguali per tutti. Molti musicisti hanno scritto libri sull'argomento, ma si è dovuto aspettare il 1600 e i primi anni del 1700 per trovare una teoria che mettesse tutti d'accordo: cioè quella della divisione dei valori delle note secondo lo schema che ti ho scritto già nella seconda lettera.


Poi c'è stato anche il problema della cosiddetta "tonalità": cioè che tutti gli strumenti, oltre a suonare insieme, suonassero tutti note, anche diverse tra loro, ma tutte appartenenti alla stessa tonalità per non creare delle stonature tra uno strumento e gli altri. Anche questo prohlema è stato risolto molto lentamente nei secoli 1500, 1600 e 1700. Finalmente c'è voluto Johann Sebastian Bach, il più grande musicista di tutta la storia secondo me, a mettere ordine definitivamente. Negli anni intorno al 1722 egli raccolse in un volume dodici preludi con relative "fughe" (il termine te lo spiegherò forse in seguito) ognuno dei quali era scritto in una delle dodici tonalità (ambito armonico come ti dicevo) possibili sul clavicembalo considerando definitivamente la divisione dell' ottava dal do al do superiore in dodici intervalli: do, do#, re, re#, mi, fa, fa#, sol, sol#, la, la#, si, do. Nel 1740 raccolse altri dodici preludi e fuga: così abbiamo avuto quel gran tesoro che Bach chiamò Clavicembalo ben temperato (cioè ben accordato). Pensa che sembra (almeno così vuole la leggenda) che abbia scritto il primo volume addirittura senza avere un clavicembalo a disposizione: così a tavolino, come io sto scrivendo questa lettera. Che chiudo qui con tanti baci,
babbo.Un libro da leggere


Da Giampiero Taverna, Lettere a Giulia per capire la musica, Simonelli ed. Mi 2001, euro 15,50.

1 commento:

  1. molto carino,peccato non céntri nullamia sorella :)mi farebbe piacere avere qualche lavoro-io non ho nulla...ne soldi nelavoro,ma mio padre era uno dei 10 direttori piú famosi almondo?

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