Con Dante, prima e dopo cena (II)
Dante al Circolo di Via Maccari (Firenze zona Isolotto).
Venerdi 13 bella serata al Circolo di Via Maccari con la Compagnia teatrale “Il Trebbo” (trivio, luogo di incontro tra il poeta, l’attore, lo spettatore). Ed è risultato vero. Mi son trovato perfettamente a mio agio con Dante poeta e Toni attore, io spettatore plurale presente nella sala del Circolo “Pampaloni”, abbracciato al poeta e all’attore nel ballo finale liberatorio che sanciva il superamento della quinta bolgia piena della pece vischiosa della corruzione che sempre minaccia di seppellirmi in quel gran calderone del mondo pieno, oggi come allora, di “ruffian, baratti e simile lordura”. Dante ha ridato – a me spettatore plurale - la spinta per superare le paure, affrontare la lotta, col lume della ragione impersonata da Virgilio, in modo da venir fuori da questa drammatica disperante attuale situazione politica.
Toni Comello è parso rappresentare molto bene quel fascino del palcoscenico fra arte, cultura e un po’ di mistero che per me amante del cinema in bianco e nero aveva a suo modo rappresentato, certo in una veste meno colta e sapiente, ma sempre molto seducente, il caratterista Aldo Silvani, vecchio attore felliniano e di quanti hanno messo in scena ambienti di teatro. Ma Toni Comello non è un semplice attore caratterista, è un grande intellettuale che t’incanta con una rievocazione storica delle vicende d’Italia e del mondo da lasciarti per mezz’ora a bocca aperta e occhi spalancati. Almeno così è successo a tutti i presenti. Finita la rievocazione mimata della storia d’Europa nel momento in cui essa vede la fine del sistema feudale basato sulle “stelle fisse” dell’Impero e del Papato per iniziare l’avventura dei liberi Comuni, si trasforma – con un naturalissimo trapasso in dissolvenza – da storico a capocomico e guida la schiera degli attori in un’avventura che presto coinvolge tutti i presenti in una euforia di partecipazione che li fa sentire davvero “triplicati” ciascuno nella triplice veste di poeta, attore e spettatore, visivamente fissata dal ballo finale: il poeta rappresentato dalla musica, attori e spettatori tutti i presenti mescolati nella danza liberatoria.
Il teatro classico che divide il palco dalla platea qui è scomparso, anzi non è mai apparso: fin dall’inizio gli attori ci avevano chiesto un posto sulle sedie accanto a noi…Tutti al lavoro, tutti partecipi in questo grande “arzanà dei veneziani”.
Presenti attori: Ole Meyer, traduttore dell’intera Divina Commedia in lingua danese, Charles Adler, un intellettuale che ha lasciato l’America per Firenze dopo aver conosciuto l’opera dantesca, Giancarlo Ponticelli, un Virgilio autorevole dalla voce profonda, e poi i giovani: Angelo Rea, Francesco Bettone, Gennaro Zanglieri, Letizia Sacco, i diavoli scatenati di Malebolge.
Sullo sfondo la vicenda di un politico intelligente e onesto di settecento anni fa condannato due volte a morte dai “barattieri”, ladri crudeli e disonesti, che prima lo tradiscono e poi lo incolpano dei delitti da loro stessi perpetrati. Una storia terribilmente allusiva.
La condanna per bocca di Rubi-Cante pazzo, perché questa fu la storia:
Nota storica
In nome di Dio, amen.
Io Messer Cante dei Gabrielli da Gubbio, onorevole Potestà della Città di Firenze … nell’anno del Signore 1302, al tempo del Santissimo Padre Papa Bonifazio VIII, … Essendomi venuto alle orecchie sulla base di pubbliche dicerie che Dante Alighieri, durante il tempo del suo Priorato o dopo,
1 - aveva commesso per sé o per altri Baratterie, illeciti lucri, inique estorsioni in denaro o altre cose
2 – che lui o chi per lui aveva ricevuto denaro o altra utilità per far eleggere Priori o Gonfalonieri, ufficiali di distretto, per stanziamenti a favore di rettori e ufficiali del comune di Firenze;
3 – che aveva commesso frodi e baratterie di denaro o cose in danno del Comune di Firenze;
4 – che aveva fatto spendere denari contro il Sommo Pontefice e per impedire la venuta di re Carlo D’Angiò;
5 – che aveva commesso o fatto commettere frode, falsità, dolo, malizia, baratteria e grave estorsione e aveva operato per dividere la città di Pistoia causando l’espulsione da detta città dei Neri fedeli alla Chiesa Romana, staccandola dall’alleanza con Firenze, dalla soggezione alla Chiesa romana e a re Carlo, paciaro in Toscana;
ordino che detto messer Dante, insieme a Palmerio, Orlanduccio e Lippo,…
venga multato di 5.000 fiorini piccoli, che restituisca quello che ha illegittimamente estorto.
Se non obbedisca alla condanna entro il terzo giorno da oggi
Che tutti i suoi beni siano confiscati, devastati e distrutti; e devastati e distrutti restino di proprietà comunale; che, anche se pagante, resti fuori della provincia di Toscana a confino per due anni; che sia escluso per sempre dai pubblici uffici come falsario e barattiere, che paghi la condanna o no.
Tale è la nostra sentenza di condanna. (dalla sentenza del 27 gennaio 1302) In nome di Dio, amen.
noi Cante, predetto Podestà, diamo e proferiamo la sotto indicata Condanna:
Messer Andrea de Gherardini
Messer Lapo Saltarelli
Messer Palmerio Altoviti
Messer Donato Alberti
Lapo Ammuniti
Lapo Blondo
Gherardino Diodati
Corso di Alberto Ristori
Innami dei Ruffoli
Lapo Becca
Dante Allighieri
Orlanduccio Orlandi
Messer Simone Guidalotti
Messer Guccio Medico
Guido Bruno dei Falconieri In nome di Dio, amen.
contro i quali si è proceduto a seguito della inquisizione del nostro ufficio e della nostra Curia per il fatto pervenuto alle orecchie nostre e della stessa nostra Corte « fama publica referente »;
…che se qualcuno dei predetti in qualsiasi tempo cadrà in potere del detto comune, sia bruciato col fuoco finché muoia. (dalla sentenza del 10 marzo 1302)
Questi sono i bandi e gli sbandimenti profferti e pronunciati dal nobile cavaliere Rayneri di Zaccaria di Qrvieto, Regio Vicario nella città di Firenze e nel distretto, contro i sottoscritti
ghibellini e ribelli:
per il Sesto di Porta San Piero nella città di Firenze, tutti di casa Portinari e tutti di casa Giochi, eccetto Lamberto Lapi e Filippo Ghepardi; Dante Alighieri e figli, contro tutti e ciascuno dei quali sopra nominati, dai settanta anni in giù e dai quindici anni in su, …essendo stati legalmente condannati per la contumacia di loro, se in qualsiasi tempo verranno in potere nostro e del Comune di Firenze, siano condotti sul luogo di giustizia e quivi sia loro tagliata la testa dalle spalle, così che muoiano. (dalla sentenza di Bando Maggiore del 6 novembre 1315)
( scritto con la collaborazione di Paola, ndr)
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