Le donne dell'Iran
(Esfahan, mattina di sabato 26 settembre, all'entrata di una scuola femminile)
Ho camminato per le strade di Shiraz, Yazd, Esfahan e ancor più che le moschee e i palazzi, maestosi e attraenti nella loro bellezza orientale, guardavo le donne, sole, a coppie, a gruppi, ma sempre infagottate nei loro mantelli neri o, nei casi migliori, avvolte nel piccolo soprabito che le copriva quasi fino al ginocchio, là dove spuntavano gli immancabili pantaloni. La stagione era calda, metà settembre, ma raramente ho visto un piede nudo nel sandalo, mai una testa scoperta. L'attrice del filmetto per famiglie che ho visto in un'affollata sala di Esfahan, molto elegante, con un grazioso soprabito e tacchi alti, portava il foulard perfino la notte, quando andava a dormire. Però l'argomento del film non sarebbe dispiaciuto nemmeno qua da noi. La giovane coppia in crisi decideva di scambiarsi i ruoli: lui a casa a districarsi nelle faccende domestiche e nella cura dei due figli, lei a dirigere la piccola azienda di famiglia per la gestione di una sala per banchetti di nozze. Alla fine il risultato è quasi femminista: lei si rivela una manager superiore al marito, lui si arrende e desidera ardentemente far pace e detti pure lei le condizioni. Il tutto piuttosto ingenuo e cinematograficamente scontato, ma a suo modo significativo. Mi è anche capitato di vedere un matrimonio nel momento in cui le donne restano sole e si danno alla pazza gioia, spogliandosi dei mantelli e mostrandosi con vestiti così scollati, aderenti e rilucenti di lustrini che difficilmente verrebbero indossati da noi in simili occasioni. E i balli, le grida, il tripudio di gioia liberata che è d'uso in queste occasioni. Per cui, traendo una più che probabile conclusione, viene da dire che la coltre nera che avvolge queste donne e tanto le imbruttisce resta un funesto quanto superficiale mezzo di repressione che in sostanza intacca poco la vitalità e il desiderio di affermare le proprie esigenze imprescindibili. So che le donne iraniane sono presenti largamente nelle scuole, nei pubblici uffici (non possono diventare giudice) in vari ambienti di lavoro, ho visto nel cortile di una scuola superiore gruppi di ragazze che chiacchieravano vivacemente tra loro e si affollavano e si affollavano intorno al nostro piccolo drappello di turisti, desiderose di scambiare parole e di respirare un'aria diversa.
Poi è arrivata un'arcigna insegnante a portarle via, ma loro hanno continuato a ridere e a fare cenni amichevoli da dietro le finestre chiuse.
In poche parole quello che si percepisce con sufficiente chiarezza è un livello di maturazione di capacità di autonomia che con difficoltà viene trattenuto e imprigionato in forme rigide destinate secondo me a non durare a lungo. Il personaggio di Soheila, la nostra brava guida iraniana, impersona bene questa situazione. E' una donna giovane e attraente, divorziata da vari anni, che si guadagna la vita con un lavoro che fa con passione. E nessuno la giudica male, anzi è rispettata e apprezzata. In questo la situazione di Soheila non è diversa da quella di una donna sola in un paese europeo. Mi fermo un momento perché non voglio lasciarmi prendere la mano da queste impressioni positive. "La gabbia d'oro" di Shirin Ebadi, premio nobel per la pace 2003 e oggi anche firmataria dell'appello a mobilitarsi contro la censura dell'informazione qui in Italia, e "Un matrimonio a Tehran" di Azadeh Moaveni svelano retroscena piuttosto cupi della situazione politica iraniana e del resto gli avvenimenti recenti del dopo elezioni del giugno scorso parlano chiaro in fatto di repressione. "Morale della favola", come dice spesso Soheila, è che da una parte c'è una volontà politica che non esita a imporre un regime intollerante a vari livelli, dall'altra però c'è la presa di coscienza di una popolazione in buona parte matura, anche culturalmente, che è in disaccordo con questo regime e sceglie, quando può, di battere strade iverse. In questo senso va la lotta silenziosa delle donne che anche giornalmente, nelle piccole cose quotidiane, fanno quello che possono per recuperare quello che pretende di togliere loro una visone maschilista e arretrata nel tempo. (Paola)
Ho letto ambedue i libri , che mi avevi suggerito a suo tempo. Il tuo giudizio mi conferma ciò che penso del problema delle donne nei paesi islamici. La situazione in molti di questi paesi è col tempo destinata a mutare. Ciò che sc rivi è come sempre bello.A presto Orni
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