mercoledì 1 dicembre 2010

Riforma universitaria cercasi


Sono d'accordo

I TORTI DELLA GELMINI SULLA RIFORMA UNIVERSITARIA… MA NON SONO SOLO SUOI –

Che le facoltà navigassero in piena merda lo sapevamo già da Prodi e anche da prima di lui (forse da prima di Craxi, per dare un periodo più o meno preciso). Chi i tagli non li ha fatti prima, ha dato segnali sbagliati facendo credere che l’università fosse un’isola eternamente felice, deresponsabilizzando coloro che amministrano. Chi ha fatto i tagli, sbagliati e atroci (come sbagliata e atroce - ma soprattutto iniqua poiché toglie solo al settore pubblico – è la riforma Gelmini), ha preso in mano una situazione portata alle estreme conseguenze e lo ha fatto malissimo. Nessuno però parla del marcio reale che ha portato le facoltà a essere prima circhi ridicoli dei baroni e dei loro amici, parenti, conoscenti e leccaculo; poi edifici vuoti senza passione e senza soldi. Questo marcio, questo stato di cose mafioso ha permesso la formazione di cattedre inutili, l’assegnazione di posti in eccesso e la totale falsificazione di concorsi (per dottorati così come per docenza o ricerca) che ha portato all’assunzione di personale in eccesso, spesso per niente all’altezza, e alla formazione di una mentalità malata e incancrenita per la quale "insegno gratis, ti faccio il favore gratis perché tanto prima o poi il concorso me lo farai vincere". Chi ha insegnato gratis lo ha fatto spesso perché non aveva alternative o perche sapeva di dover pagare un prezzo per la vincita del suo concorso (spesso appositamente indetto per le persone prescelte). Questa mentalità ha attecchito nelle facoltà e nelle menti portando alla situazione attuale, oltremodo peggiorata dai tagli. Va benissimo che i ricercatori e gli studenti si rendano conto che le cose non vanno, devono protestare con tutte le loro forze, ma dovrebbero cogliere l’occasione per riflettere sul meccanismo marcio e mafioso che sta anche dentro le loro menti e dentro ogni singolo istituto universitario e che ha governato la loro mancata carriera. Perché la loro mancata carriera non è colpa di Gelmini, di Fabio Mussi, Giuseppe Fioroni, Letizia Moratti, Iervolino o Berlinguer… questo limbo eterno in cui la meritocrazia è sempre stata esclusa ha origini interne ben più radicate. Va benissimo la lotta contro le riforme sbagliate e contro i tagli atroci, ma sarebbe bene che tale lotta fosse affiancata a una lotta ben più dura, contro quella mentalità e quella prassi mafiose che hanno permesso che nelle facoltà italiane si spendesse e spandesse come se i soldi fossero eterni e al servizio dei baroni, dei loro parenti e dei loro amici, lasciando le casse vuote. Se facciamo una lotta facciamola tutta, consapevoli che i ministri vanno e vengono (si spera) e che purtroppo il marcio rimane, molto spesso nella prassi delle nostre menti. (Matteo Tuveri)


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