Sabato 10 novembre, uscendo dalla Fortezza da Basso dov'era in corso il Social Forum, mi sono imbattuto in Alberto L'Abate che se ne stava seduto con la moglie su una sponda di pietra davanti alla porta di uscita. Parlando è venuto fuori il discorso sull'ultimo suo libro...Gli ho passato la mia email ed ora ce l'ho sul computer. Gli rubo, per chi passa di qui, la prima pagina.
Alberto L’Abate
L’Arte della Pace
Introduzione al CD curato dall’IPRI-Rete CCP ad integrazione
del testo che riporta gli atti del convegno di Vicenza organizzato da questa
organizzazione con il Comune di Vicenza e con la Casa per la Pace.
Introduzione
Nell'accingermi a scrivere l'introduzione a questo CD che
integra, per le notizie sull'IPRIRete Corpi Civili di Pace, e sulle
associazioni che lo compongono, il bel lavoro fatto da Matteo Soccio nella cura
del libro che riporta gli atti del Convegno di Vicenza (3-5 giugno 2011) su “La
prevenzione dei conflitti armati e la formazione dei corpi civili di pace”, mi
sono caduti gli occhi su uno dei libri della mia biblioteca che attendevano di
essere letti, e cioè: “L'arte della guerra” di Sun-Tzu (1997, 2002). La
curiosità mi ha spinto a leggerlo e devo dire che la lettura mi ha molto
colpito, tanto da suggerismi di dare, a questo nostro lavoro, proprio il titolo
opposto, e cioè “L'arte della Pace”. Sun-tsu è stato un importante generale
vissuto circa 25 secoli fa in Cina, che oltre a guidare l'esercito del suo
paese e vincere moltissime battaglie per conto del suo sovrano, ha anche scritto
questo manualetto sulla strategia della guerra che è diventato di ispirazione a
grandi personaggi della storia come Napoleone e Mao Tse-Tung. Il lettore dirà:
“Ma che c'entra questo con la pace e la prevenzione dei conflitti?”. In realtà
c'entra molto perchè molte delle lezioni di questo comandante, che è molto
influenzato dalla filosofia taoista, possono essere trasferite anche nel campo
della lotta e della ricerca per la pace. Tra queste, per non indicarne che
alcune: 1) la sua stigmatizzazione delle alte spese militari che rischiano, se
vengono anteposte ad altre voci di spesa del bilancio statuale, di indebolire
il paese invece di renderlo più forte; 2) l'importanza di avere una strategia
che tenga conto del quadro politico internazionale e nazionale, e che si basi
su una buona conoscenza del territorio nel quale il conflitto si sviluppa; 3)
l'importanza dello spiazzamento dell'avversario, del coglierlo impreparato alla
mossa che noi faremo, che lui non deve assolutamente prevedere; 4) l'importanza
di riuscire a vincere l'avversario anche senza combattere, togliendo a lui il
desiderio di fare lo stesso: “il vero combattente, in definitiva, vince senza
attaccare, e non si lascia trascinare nel conflitto” (Sun-Tzu, 2002, pp.
30-31); 5) infine il disinteresse che, secondo Sun-tsu, i comandanti, ed i suoi
soldati, dovrebbero avere verso la gloria, la carriera, ed anche verso il denaro,
perché dovrebbero combattere solo per il benessere del proprio popolo.
Ci sono anche altri insegnamenti che meriterebbero essere
citati, ma che trascureremo per non allungare troppo questa parte introduttiva.
Ma vorrei per lo meno elencarli perché sono rilevanti, sia per una politica
della nonviolenza, sia per il comportamento delle persone che facciano parte di
corpi civili di pace di cui abbiamo trattato nel convegno citato : a)
l'importanza del coraggio e di non aver paura della morte, ma anche l'essere
coscienti che non è valido ricercarla (si veda, su questo, l'importanza che
Gandhi, in molti dei suoi scritti, dà a questa virtù per essere dei buoni
“sathyagrahi”); b) l'aspettare che siano gli avversari a fare la prima mossa
ma, sulla base del principio dello judò, tipico delle arti marziali cinesi,
attendere l'irruenza dell'avversario per ritorcergliela contro (si veda su
questo le molte pagine che Sharp dedica a questo tipo di azione all'interno
delle lotte nonviolente -Sharp,1973, vol. III, pp. 657- 698); c) l'importanza
di conoscere bene sia se stessi che gli altri, quelli contro cui dobbiamo
combattere. Scrive Sun-tzu, a questo proposito: “conoscere l'altro e se stessi
- cento battaglie senza rischi; non conoscere l'altro, e conoscere se stessi –
a volte vittoria, a volte sconfitta; non conoscere l'altro, né se stessi – ogni
battaglia è un rischio certo” (Ibid., p.35). Ma passiamo ora ad analizzare i
cinque insegnamenti che abbiamo indicati all'inizio.
1) Il primo (assurdità di alte spese militari nei confronti
di quelle civili) purtroppo avrebbe dovuto essere tenuto presente anche
dall'attuale governo, cosiddetto tecnico, che ha ridotto tutte le spese
(sanitarie, sociali, culturali, ecc.) tranne quelle militari che sono restate
nella loro interezza (solo cambiando alcune voci tra spese per il personale e
quelle per le armi). Il nostro paese, infatti, pur avendo una spesa militare
per abitante doppia rispetto a quella della Spagna, e superiore di un terzo a
quella tedesca, unico tra i paesi occidentali che di fronte alla crisi
economica che ha colpito il mondo hanno ridotto anche le spese militari,
(questo è avvenuto sia per gli USA, che per la Gran Bretagna e la Germania) non
l'ha fatto rischiando di portare la nostra società sulla soglie di gravi conflitti
sociali e sindacali. E questo al di là degli indicatori - ad esempio il
cosiddetto “spread” - che si stanno riducendo nella loro negatività, ma che non
rappresentano affatto la reale situazione della popolazione del paese che è
impoverita anche a causa delle tasse,
e tra la quale la disoccupazione cresce ogni giorno di più anche a causa di un
ceto imprenditoriale che, in gran parte – si pensi a Marchionne e la Fiat -
invece di pensare al benessere del paese, pensa solamente ai propri guadagni ed
ai propri interessi. C'è solo da augurarsi che su questo punto il governo
futuro, quello che dovrebbe sostituire, appena si avranno le elezioni
politiche, il governo “tecnico”, sia più cosciente dell'attuale di questo
problema, e tenga in maggior conto l'avvertimento di questo famoso ed invitto
generale.
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