Dalla Toscana è partito il treno per Auschwitz per onorare la memoria del 27 gennaio 1945. Ho fatto anch'io questo viaggio e saluto con il cuore tutti i partecipanti. Aggiungo una riflessione per tutti loro e per quelli che leggono qui. E' una pagina di un bel libro uscito da poco.
L’olocausto giornata della memoria, anzi "delle memorie"
Non
dimenticare le stragi naziste è un dovere di tutti, non soltanto degli ebrei.
Qualsiasi livello di antagonismo arabo-israeliano si sia raggiunto, nessun
arabo ha il diritto di simpatizzare con il nemico del proprio nemico, perché il
nazismo è nemico di tutti i popoli.
E questa è una cosa.
Però
Israele sfoga i suoi rancori su un altro popolo chiedendo ai palestinesi e a
qualsiasi altro arabo di pagare il prezzo di crimini che non hanno commesso.
E
questa è un’altra cosa.
Gli
israeliani si vantano di fronte al mondo di essere i primi profughi ed esiliati
nella storia dell’umanità, fino al punto di trasformare questo attributo in un
segno distintivo. Però sono completamente incapaci di comprendere che anche
altri possono possedere lo stesso senso.
Non è
crudele affermare che il comportamento dei sionisti contro il popolo
palestinese è paragonabile alle pratiche naziste applicate contro gli stessi
ebrei.
Non è crudele affermare che il comportamento
israeliano e quello del movimento sionista nei rapporti internazionali
strappano proprio di bocca il commento:
commerciano con il sangue delle vittime ebree. Con i soldi e
l’equipaggiamento ricevuti in risarcimento delle vittime del nazismo uccidono
un altro popolo.
Dunque non
è crudele nemmeno affermare che il modo in cui Israele commemora le vittime del
nazismo è caratterizzato dal ricatto emotivo; in quanto saturare gli israeliani
tramite il senso dell’olocausto spinto all’eccesso e contemporaneamente tramite
il bisogno di vendicarsi non del proprio carnefice ma di un’altra vittima,
ossia il popolo palestinese, è un obiettivo politico.
il sionista
arrogante non si vergogna di vantare che la perdita di 6 milioni di ebrei, o
giù di lì, gli è valsa una patria.
(Mahmud Darwish, Una trilogia palestinese, Feltrinelli
ed., 2014, p.46-47)
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