lunedì 29 novembre 2004

Eutanasia
di un’assemblea studentesca


Sabato 27 novembre 2004: il 9 mi porta dall’Isolotto alla stazione, il 17 mi scarica in viale dei Mille nei pressi dello stadio Franchi di Campo di Marte. Un mese prima quattro giovani ginnasiali fiorentine m’avevano chiesto la disponibilità a trattare della eutanasia nella assemblea studentesca di fine mese. Avevano trovato il mio nome in Internet, sito di Libera Uscita. Adesso sono qui con Paola in Via Malta, di fronte al cavalcavia pedonale che unisce Viale Mazzini agli impianti sportivi, costeggio lo stadio militare, la pista di atletica leggera dove fervono i preparati per la Maratona di domani, domenica 28: il cielo è coperto ma non piove né pioverà, gli alberi del viale portano evidenti i segni del tornado di una settimana fa, la temperatura è mite. Alle nove siamo al Palazzetto, come da programma: una trentina di studenti stanno di fronte ad un cancello. “Ci scusi cominceremo alle 9,30 perché siamo in attesa dei professori che devono venirci ad aprire”. I prof. Arrivano alle 9,45. Approfitto della sosta per curiosare un po’ all’interno del Palasport che da poche settimane porta il nome di Mandela: Nelson Mandela Forum. Questo battesimo mi piace.Il Palazzetto è immenso, ovale, dispersivo: seimila posti o giù di lì: ad un tratto mi si rianima, si riempie di gente, in pochi minuti diviene un grande uovo pigolante e in mezzo una band e in mezzo Fabrizio De André: 1997, una serata indimenticabile. La prima volta che vedevo “re carlo tornava dalla guerra” dal vivo. Mi ricordo che fumava in continuazione e io pensavo:”ma se deve cantare, si rovina la voce”. Invece si stava rovinando i polmoni.Tanasia volontaria. Da allora non ero più rientrato in questo immenso spazio ovale. Eccolo di nuovo vuoto, triste, umido non ancora freddo. Entrano gli studenti, un centinaio; si siedono sui gradini a lato della maratona. Quattro sedie davanti a loro attendono prima un tavolino rimediato dietro i soppalchi e poi i 4 relatori invitati: il medico, l’insegnante di diritto ecclesiastico, il prete, il rappresentante di Libera Uscita. Mi colpisce uno dei quattro relatori che chiede spazientito chi è il responsabile dell’organizzazione, dà una mano a sistemare il tavolo, incomincia a parlare. E’ il medico: lavora – ci dice - in un reparto di rianimazione; grande comunicativa, sa farsi intendere con quel microfono sordo e a tratti inutile (se appena lo avvicini alla bocca), crede nel suo mestiere è competente e devess’essere bravissimo come pochi nelle tecniche rianimatorie; ne avrò una chiara impressione di conferma nel breve scambio di vedute avuto con lui fuori del Palazzotto, all’uscita. E’ sicuro di sé stesso, della sua medicina, del giuramento di Ippocrate; non crede ai trattamenti eutanasici disposti per Legge, descrive la malattia e la morte con efficacia e precisione. Credo che abbia una fiducia infinita e definitiva nelle capacità di lenimento del dolore della moderna medicina. E qui si ferma: almeno così credo d’aver capito. Ripeto “credo”, perché parla rivolto agli studenti, a me di spalle o di tre quarti e l’altoparlante mi rimanda spezzoni di frasi. Non dev’essere comunque in totale sintonia col prof. Morino. Stesso problema acustico durante l’intervento del prof. di Diritto ecclesiastico, simpatico, il più preparato dei quattro, buona prossemica e grande comunicativa. Tanto in lui calore meridionale nelle sue parole-gesto quanto nel medico razionalità e scanzonatura fiorentina nelle sue definizioni-epigrammi. Cita Socrate, si muove agile tra tutti i riferimenti storici, cita a memoria tutte le attuali legislazioni relative ai trattamenti eutanasici, rintuzzando garbato e deciso i tentativi di intromissione-intersezione del medico del corpo e di quello dell’anima. Mi risparmierà la fatica di ripetere concetti importanti nella fase finale dell’assemblea quando tutti sono un po’ stanchi.
Il prete, sulla quarantina, affabile e modesto, quasi timido: si sente che sta un po’ stretto, lui giovane prof. di filosofia in una facoltà teologica, nei panni del portavoce di una dottrina anticata, imposta a lui dai “porporati” (definizione di Montanelli) romani, otri vecchie contro il vino nuovo del progresso scientifico e del diritto civile ormai affermato qui da noi in Occidente (non sto parlando del ministro castelli). A fine incontro gli lascerò volentieri una copia del fascicolo “Anche in Italia l’eutanasia”, recente e aggiornato e in più, non richiesto, gli metto tra le mani il documento dei Valdesi che qui a Firenze sono una bel gruppo, sede in Via Manzoni, chiesa in Via Lamarmora, accanto agli scolopi. “Perché non c’è solo Ratzinger né un’unica scuola teologica” - dico sorridendo. Annuisce, non so quanto per cortesia e quanto per convinzione. In questa situazione l’ho visto comunque a disagio. Tipi come lui si saranno trovati certo meglio in questo stesso palazzotto pieno, tempo addietro, dei fedeli osannanti alla madonna di Medjugorie, presenti cento “porporati” e la veggente Marija Pavlovic. Anche la vita ha bisogno di terapie di lenimento dei dolori.
Ma il mio buon prete ha parlato troppo a lungo e togliendo al sottoscritto quarto relatore lo spazio e la voglia. Fortunatamente il prof di diritto, come già detto sopra, aveva anticipato idee e concetti eutanasici di grande livello e di sicura competenza.
Nonostante tutto, dopo due ore e tre quarti quei cento studenti,divenuti ottanta , sono ancora lì, attenti pazienti battenti i denti dal fresco-umido che piano piano è entrato nelle intersezioni tra ossa e muscoli. Vedo un paio di coppie che si riscaldano a distanza ravvicinata: ci sorridiamo; lenimento del dolore; senza, per ora, accanimento terapeutico.
Riflessione fuori campo: se è vero che la storia, nel bene e nel male, la fanno le minoranze, eccole qui, nel bene: un quarto degli studenti, un centesimo dei prof., in maggioranza femmine
A loro suggerisco due libri di Elena Gianini Belotti: “Dalla parte delle bambine”, “Adagio un poco mosso” (come dire: dalla parte delle vecchie signore indegne).
Nella circostanza ho portato con me il secondo, ed. Feltrinelli, costituito da 7 racconti di cui l’ultimo “La Gita”, eutanasico. Da leggere. A fine riunione mi hanno chiesto titolo autore editore.


Quello che ho detto:

Noi Beatrice, per grazia di Dio, Regina di Olanda, Principessa di Orange-Nassau, etc.,etc.etc.
Porgiamo ringraziamenti a tutti coloro che vedranno o sentiranno questo scritto.
Dal momento che abbiamo considerata giusta la richiesta di includere una norma per l’esenzione dalla responsabilità criminale per i medici che, avendo osservato tutti gli adempimenti della cure necessarie, rischiano di essere perseguiti dalla legge per aver posto fine ad una vita su richiesta o per aver assistito nel suicidio un’altra persona, intendiamo qui provvedere ad una modifica di legge e ad una riforma delle procedure.


Il reato come previsto nel primo paragrafo non sarà punibile se è stato commesso da un medico che ha soddisfatto le prescrizioni della cura dovuta, come previsto dall’articolo 2 della Legge sull’Eutanasia su richiesta e sul Suicidio assistito
(letto da Sara, del comitato studentesco).

Eluana, a cui ho dedicato questa occasione di incontro, a nome mio e del comitato studentesco:


Ventinove anni, di cui otto passati in stato vegetativo. Eluana, vittima di un incidente stradale, è stesa su un lettino, apre e chiude gli occhi ma non vede, non parla, non si muove. Respira, però, da sola, il suo cuore batte ma non può cibarsi e la sua vita è legata ad un sondino che la nutre. Il padre della ragazza ora chiede il diritto ad una "morte dignitosa" che viene negata dal tribunale di Lecco e dalla Corte d'Appello di Milano: l'alimentazione è un atto assistenziale dovuto, non si tratta di accanimento terapeutico.


Il mio testamento biologico,
perché contemporaneamente documento giuridico preciso nella terminologia medica e allo stesso tempo portavoce di una esperienza diretta.


Disposizioni generali
Dispongo che.interventi oggi comunemente definiti "provvedimenti di sostegno vitale" e che consistono in misure urgenti quali, ad esempio, la rianimazione cardiopolmonare, la ventilazione assistita, la dialisi, la chirurgia d'urgenza, le trasfusioni di sangue, l'alimentazione artificiale, non siano messi in atto, qualora il loro risultato fosse, a giudizio di due medici, dei quali uno specialista:
• il prolungamento del mio morire;
• il mantenimento di uno stato d'incoscienza permanente;
• il mantenimento di uno stato di demenza avanzata.
In particolare, nel caso io fossi affetto da una malattia allo stadio terminale, da una malattia o una lesione cerebrale invalidante e irreversibile, da una malattia implicante l'utilizzo permanente di macchine o altri sistemi artificiali e tale da impedirmi una normale vita di relazione, rifiuto qualsiasi forma di rianimazione o continuazione dell'esistenza dipendente da macchine e non voglio più essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico.
Chiedo inoltre formalmente che nel caso fossi affetto da una delle malattie sopra indicate siano intrapresi tutti i provvedimenti atti ad alleviare le mie sofferenze, compreso in particolare l'uso di farmaci oppiacei, anche se essi rischiassero di anticipare la fine della mia vita.
Disposizioni particolari - Eutanasia
Nella prospettiva, inoltre, di un'auspicata depenalizzazione, anche nel nostro paese, dell'eutanasia, nel caso in cui anche la sospensione di ogni trattamento terapeutico non determini la morte, chiedo che mi sia praticato il trattamento eutanasico, nel modo che sarà ritenuto più opportuno per la conclusione serena della mia esistenza.


Quello che non ho detto o fatto:

( per inagibilità dell'ambiente e/o per mancanza di tempo)

- proiezione del video con interviste sull’eutanasia di Montanelli, Hack e altri (durata pochi minuti, intenso ed efficace);
- ascolto del canto di Calaf della Turandot “All’alba vincerò” dal film mare dentro;
- ascolto della canzone “nera sombra” dal film c.s.
- drammatizzazione concordata in precedenza con tre ragazze della Legge Olandese: Noi Beatrice, regina d’Olanda…
- con chiara allusione analogica a Beatrice-Turandot.
- Ricordo di Giorgio Conciani: avrebbe richiesto un intervento preciso, particolareggiato, di una certa durata.


Considerazioni finali:


NO:
La dirigenza scolastica, primo fra tutti il Consiglio di Istituto, per aver mandato 100 studenti a passare il tempo equivalente alla durata elle lezioni in un locale fatto per 6.000 persone, rari nantes in gurgite vasto (oceano dentro), avendo a disposizione-butto là- l’Auditorium della Cassa di Risparmio a due passi dalla scuola, il cinema atelier Alfieri a tre passi, il Teatro delle Laudi a quattro passi, tutti locali messi a disposizione degli anziani che frequentano a Firenze i corsi dell’Università dell’età libera.


SI’:
Gli studenti (la minoranza presente, lievito nella massa):
attenti, presenti, pazienti, liberi e autonomi nella scelta dell’argomento.


Un’impressione forte:
La ragazza che ha parlato al microfono della situazione in famiglia, dove un componente(il padre?), colpito da tumore in fase terminale, chiede la dolce morte che probabilmente non potrà avere.


Una constatazione consolante:
all’uscita un’altra studentessa, parlando con me e Paola, sommessamente accenna al caso del padre che, su richiesta, era stato aiutato dal medico, consenzienti e riconoscenti tutti i familiari.


Nota su Giorgio Conciani
Nel novembre del 1995 l'ordine dei medici di Firenze aveva infatti radiato Giorgio Conciani per "motivi etici", con l'accusa di aver prescritto cocktail di farmaci ad aspiranti suicidi.
"Era molto depresso dopo la radiazione dall'albo e la grave malattia che lo avrebbe progressivamente portato all'immobilità assoluta", ha spiegato all'Ansa Ferruccio Conciani. "Spesso mio padre aveva manifestato l'intenzione di togliersi la vita e alle mie osservazioni rispondeva che le idee di un uomo vanno rispettate. (Repubblica 7 maggio 1997)

NB. Il post sottostante serve come annotazione a completamento di questo.

2 commenti:

  1. ho letto con grande piacere e alla fine con una punta di commozione

    grazie

    marisa

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  2. Sestini, il segretario di Libera Uscita, pubblicherà il resoconto su Il Punto, notiziario dell'Associazione.

    Ci vediamo.

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