venerdì 6 gennaio 2012

Palestina mon amour:Qalqilia

La via dolorosa per andare al lavoro da Kalchilia nella propria terra occupata "illegalmente" da Israele.

Sette giorni nella Palestina militarmente occupata. Un viaggio militante; emozioni non programmate né previste; come dire "non me l'aspettavo". Un conto è guardare il mare dalla riva e leggere sull'orizzonte: "Conflitto arabo-israeliano" un conto è salire in barca con mascherina e bombola di ossigeno e immergersi dentro; appunto, ho rivisto "mare dentro", la vita e la morte, la speranza che non muore e la disperazione che non si arrende. La Bibbia attualizzata, quella del vecchio testamento che distrugge intere città e devasta grandi territori, quella del nuovo testamento che ha spostato la nascita del bambino dalla grotta di Betlemme al lager di A'ida, lì vicino, l'annuncio degli angeli ai pastori dal "campo del pastore" alle sedi delle Ong e dei movimenti pacifisti israelo-palestinesi. Ma un conto è dire Ong e Movimenti, un altro dire Ali M. Jiddah, Omar, Mike, Mustafà, Maer... Un conto dire Hebron, un conto vedere la larghissima via fantasma svuotata per far passare indisturbati 40 coloni ebrei che fanno jogging su e giù, protetti da 400 soldati mitrati e torrettati; una via buttata tra le strade adiacenti, limitata da case fantasma prospicienti i suk superaffollati, le strade strette e sudicie piene di negozi, cavalli, asini e taxi..; un conto dire Chalkilia, un conto vederne il muro che tutta la circonda (tutta vuol dire tutta), separata dai propri orti e proprietà; e vedere l'uscita dal lager la mattina dalle 5 in poi, lungo un corridoio recintato e labirintico come quando sei in coda  alla funivia che ti porta da Canazei al Lupo Bianco e al Sellaronda: lunghe file di gente che va al lavoro dagli israeliani, perché il lavoro è l'unica possibilità di uscire legittimati; davvero "il lavoro rende liberi" almeno per otto ore, fino al rientro sotto controllo la sera stessa.  Un incubo per me che per troppe volte ho condotto squadre di ragazzi del tecnico commerciale  a Dacau, Mauthausen, Ebensee, Gusen, Aushwitz; ma in questi sette giorni ho visto più filo spinato di tutti quelli messi insieme. La sera c'era la luna,  quasi piena e molto luminosa; con i pastori non più erranti ma rinchiusi dentro le stalle insieme alle pecore rimaste senza pascoli; e le stelle della bandiera d'Europa stanno a guardare.  (Continua).

2 commenti:

  1. Ci farebbe piacere condividere le vostre opinioni sul viaggio in Palestina se fate qualcosa in merito fateci sapere
    Guido

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  2. "E'stato un vero viaggio; un itinerario della conoscenza, compiuto da un gruppo che a Roma abbiamo salutato come l' Italia che vorremmo". Così hanno scritto due di noi. Ed è la verità. Ma la notte faccio sogni un po' strani-ti.

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