sabato 7 luglio 2007

Viaggio in Sicilia (VI)



Di Girolamo Editore

Trapani 2007

pp. 189

Euro 16,50



scheda del libro


L'abbiamo ordinato oggi da Feltrinelli.  Nel frattempo ho letto una pubblicazione di Anna Puglisi su Felicia Impastato e mi piace citare due paginette:





La mafia in casa mia

Io e Umberto Santino avevamo conosciuta la signora Impastato il giorno del funerale di Peppino, quando assieme a centinaia di compagni venuti da Palermo e dai paesi vicini abbiamo seguito i suoi poveri resti. Felicia stava ritta, vestita di nero, senza una lacrima, accanto al figlio Giovanni e alla sorella Fara che per quindici anni aveva ospitato Peppino cacciato da casa dal padre che, amico e parente di mafiosi, non sopportava l'attività del figlio. Davanti ai resti del figlio Felicia aveva preso la ferma decisione di chiedere giustizia per la sua morte, di chiudere la porta di casa ai parenti del marito {che era morto otto mesi prima) e di non dare ascolto ai loro tentativi di tapparle la bocca e di convincerla a non mettersi con noi. Da allora Felicia parla soltanto con chi sa essere dalla parte di Peppino, e parla per denunciare i mafiosi responsabili della sua morte.

Felicia scopre la realtà della mafia dopo il matrimonio che l'aveva fatta entrare in una famiglia mafiosa di Cinisi.

Nell'intervista-storia di vita Felicia afferma: «E poi non lo capivo proprio che cosa significava questa mafia, questa delinquenza» .

Appena sposata scopre d'avere la mafia in casa. Un fratello del marito, dal soprannome indicativo: Sputafuoco, era gabellato in un feudo; il marito della cognata, Cesare Manzella, faceva parte della cupola mafiosa degli anni sessanta e morì con lo scoppio di un'automobile imbottita di tritolo, durante la guerra tra i Greco e i La Barbera. In casa del cognato lei conosce Luciano Liggio, allora latitante a Cinisi. Il marito pretende che vada con lui in casa di Gaetano Badalamenti «e -dice -litigavamo ogni volta. E mi ci portava e vedevo la casa piena di gente e lui rimaneva soddisfatto, mio marito».

Nell'introduzione a La mafia in casa mia scriviamo: Una donna divisa, così si racconta Felicia Impastato, moglie di un «amico degli amici» e madre di quel figlio, scacciato da casa, amato con paura e trepidazione, difeso da quel padre ma pure allontanato da casa anche dopo la morte del marito...; e poi, dopo l'assassinio e il tentativo di infangarne l'immagine e cancellarne la memoria, difeso pubblicamente, varcando la soglia di casa, recandosi dai magistrati, parlando con i giornalisti che hanno saputo rompere le «regole professionali» che accordano interesse solo ai «morti eccellenti" più illustri e meno scomodi.

Felicia, mentre è in vita suo marito, è una donna divisa perché, pur condividendo le idee del figlio, tanto da non poter sopportare gli amici del marito che non ha mai ricevuto a casa sua, pur ammirando la dirittura morale di Peppino e la sua intransigenza, è una donna della sua generazione e di un ambiente dove i comportamenti, specialmente quelli di una donna, sono condizionati dal giudizio degli altri.

Lei ammette che avrebbe dovuto lasciare quel marito ma- dice -«chi mi aiutava?». E ricorda le lotte continue in casa con il marito. I patemi ogni volta che, assente il marito, di sfuggita veniva a trovarla il figlio a cui, di nascosto, preparava da mangiare, non perché gli mancasse il nutrimento a casa della zia, ma perché, madre-nutrice, così lo sentiva più vicino. Le sue corse dai compagni di Peppino per convincerli a non distribuire i volantini preparati dal figlio in cui si denunciava la mafia di Cinisi.

E si giustifica, forse di fronte a noi che la intervistiamo o forse di fronte alla memoria del figlio, dicendo che ai suoi tempi non si usava abbandonare la casa del marito. Ora sì, ora avrebbe saputo farlo. Felicia Bartolotta Impastato, pur essendo una donna proveniente da una famiglia mafiosa, rappresenta un caso  a sé. Più che alle altre donne di ambiente mafioso che hanno collaborato con la giustizia può paragonarsi a Francesca Serio, la madre di Salvatore Carnevale, che però non proveniva da un ambiente mafioso. Entrambe sono segnate dalle scelte dei figli: hanno cercato di contrastarle nella consapevolezza dei rischi mortali che correvano, ma le hanno profondamente condivise e hanno voluto continuarle dopo la loro morte.

(pag.132-133-134)


Cara Anna, Paola ancor prima di me ha letto "La mafia in casa mia"  e "Donne mafia e antimafia". Un abbraccio da me e da lei.  Santino mi dice nell'email che i miei fascicoli  "Dante in Casentino" e "Processo a Dante" li ha trovati "interessanti". Io dò molto valore al suo giudizio. Paola aspetta ora un tuo giudizio su "Identità intermedia" che vi è arrivato per posta in questi giorni.

2 commenti:

  1. Ciao capito qui da te per caso seguendo la parola Politica su splinder...mi piacciono la tua testa e i tuoi pensieri...



    a presto , taxidriver

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  2. Peccato, mio tassista, che dobbiamo fare tanta parte di strada in salita e a piedi. In compenso ci facciamo i muscoli. Buona serata (anche stasera splendida qui a Firenze)

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