Da la Repubblica Firenze 15 gennaio 2011 pag. 1
La notizia
L’inaugurazione: Per ricordare La Pira una statua in marmo rosso (all’Isolotto)
E perché solo Giorgio e non anche Mario?
Mario Fabiani, sindaco di Firenze, era a Roma nel novembre del 1950; a lui furono assegnati per il biennio 1951-52, 2 miliardi e 400 milioni dal Comitato di attuazione dell'INA-Casa, come amministratore di una delle 19 aree, distribuite su tutto il territorio nazionale, in cui costruire i nuovi quartieri, in genere alla periferia di grandi città (Cesate a Milano, Falchera a Torino, Mestre a Venezia, Panigale a Bologna.
...Dopo la visita a Roma il sindaco incaricò gli ingegneri Burci (dell'IACP), Giuntoli del Comune, Poggi e gli architetti Pastorini, Pellegrini e Tiezzi di redigere il piano urbanistico dell'area...)
(Daniela Poli, Storie di Quartiere, ed. Polistampa 2004, p.73).
Cito da wikipedia(http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Fabiani)
Bilenchi ricordò inoltre che, nel periodo di Giorgio La Pira sindaco, vi furono regolari incontri tra La Pira e Fabiani, incontri ai quali partecipavano solitamente anche Bilenchi e Tristano Codignola (La Pira chiamava questo gruppo la sua giunta parallela). Bilenchi riferisce che alcune tra le più clamorose iniziative di La Pira, come la proposta di far convenire a Firenze i sindaci dell' Est europeo e i sindaci di città americane, partirono da suggerimenti di Fabiani.
...Ci accomunava, dirà effettivamente La Pira commemorando Fabiani, l'idea che, in tempi di guerra fredda e di virulento scontro ideologico Est-Ovest, fosse necessario mettere Firenze a servizio della coesistenza pacifica, della unità e della giustizia dei popoli. Per questo La Pira descriveva il suo ventennale rapporto con Fabiani come una convergenza operosa.
Il mattino del 15 febbraio 1975 si era svolta in Palazzo Vecchio una seduta straordinaria del consiglio comunale. Giancarlo Zoli, figlio di Adone ed esponente fiorentino della DC, disse che Fabiani "amava gli uomini e gli uomini lo amavano". Piero Pieralli, per il gruppo del PCI, disse: "Siamo fieri di ogni istante della sua vita". Su richiesta dei familiari, alla commemorazione in consiglio comunale non partecipò il gruppo del MSI.
E allora perché non metterli insieme? Il professore siciliano e l'operaio empolese?
Nota:
Ho letto l'articolo di Enzo su Repubblica del 15
(Non posso in coscienza accogliere l'invito del sindaco Matteo Renzi alla cerimonia di scoprimento della scultura dedicata a Giorgio La Pira situata nel piazzale della Chiesa dell'Isolotto. I motivi sono diversi.Il primo riguarda il senso della mitizzazione statuaria e della santificazione di soggetti umani che emergono per il loro eroismo.
Un secondo rilievo critico riguarda il bisogno che la persona di Giorgio La Pira resti viva in mezzo a noi.Un terzo rilievo riguarda l'anima dell'Isolotto e della città.
Citazione di La Pira: "Finché non mi trovai a contatto con i movimenti dei lavoratori, occupati e disoccupati, dei senza casa, dei poveri, ero come un turista. Il turista che viene a Firenze passa accanto alla città e non sa cos'è la città. Così io, ero passato accanto a tante cose, anche al lavoro, ma non l'avevo capito. Facevo preghiere affettuose al Signore ma non mi arrabbiavo. Ora mi arrabbio anche nella preghiera").
Io c'ero quel giorno dell'agosto 1969 e rimasi molto male nel vedere La Pira confuso tra la folla dei sanfedisti che erano venuti a restaurare l'ordine e il diritto di proprietà, forti della sanzione della Legge concordataria, rappresentata nella circostanza dal vescovo e dalla Prefettura. "Ma perché - pensai guardando quell'omino piccolo e mite - non sei rimasto in S.Marco a pregare per tutti noi, vincitori e vinti? Che bisogno avevi di venirci a ricordare che "ubi episcopus ibi ecclesia?" Cosa vuol dire esser professori e sapere il latino! Ma non lo hai citato tutto, il latino. Anch'io ho studiato e potrei citare tanto altro latino - dei testi conciliari e soprattutto dei 4 vangeli - per affogarci dentro il "tuo" vescovo senza buttar via la "nostra" chiesa. Ma te lo risparmio. Oggi sei in paradiso e la tua chiesa presto ce ne consegnerà la certificazione formale. Al termine di queste riflessioni preferisco rileggere l'italiano della poesia di Neruda, non per dispetto a te, ma per il nostro comune affetto al compagno Mario. E' vero che lo consideravi un amico, la tua giunta parallela? Sicuramente, con lui, ti troveresti meno solo.
Nel gennaio 1951 Neruda incontrò il sindaco Fabiani, in palazzo Vecchio:
E quando in Palazzo Vecchio, bello come un’agave di pietra, salii i gradini consunti, attraversai le antiche stanze, e uscì a ricevermi un operaio, capo della città, del vecchio fiume, delle case tagliate come in pietra di luna, io non me ne sorpresi: la maestà del popolo governava. E guardai dietro la sua bocca i fili abbaglianti della tappezzeria, la pittura che da queste strade contorte venne a mostrare il fior della bellezza a tutte le strade del mondo. La cascata infinita che il magro poeta di Firenze lasciò in perpetua caduta senza che possa morire, perchè di rosso fuoco e acqua verde son fatte le sue sillabe. Tutto dietro la sua testa operaia io indovinai. Però non era, dietro di lui, l’aureola del passato il suo splendore: era la semplicità del presente. Come un uomo, dal telaio all’aratro, dalla fabbrica oscura, salì i gradini col suo popolo e nel Vecchio Palazzo, senza seta e senza spada, il popolo, lo stesso che attraversò con me il freddo delle cordigliere andine era lì. D’un tratto, dietro la sua testa, vidi la neve, i grandi alberi che sull’altura si unirono e qui, di nuovo sulla terra, mi riceveva con un sorriso e mi dava la mano, la stessa che mi mostro il cammino laggiù lontano nelle ferruginose cordigliere ostili che io vinsi. E qui non era la pietra convertita in miracolo, convertita alla luce generatrice, né il benefico azzurro della pittura, né tutte le voci del fiume quelli che mi diedero la cittadinanza della vecchia città di pietra e argento, ma un operaio, un uomo, come tutti gli uomini. Per questo credo ogni notte del giorno, e quando ho sete credo nell’acqua, perchè credo nell’uomo. Credo che stiamo salendo l’ultimo gradino. Da lì vedremo la verità ripartita, la semplicità instaurata sulla terra, il pane e il vino per tutti.
Aggiornamento del 18 gennaio
Scrive Mauro (Sbordoni) a Enzo (Mazzi):
Son d'accordo con Urbano. Certi momenti li ho vissuti direttamente. In duplice veste. Allora , quando morì Fabiani, ero giornalista dell'Unità e scrissi un articolo sul suo funerale che ebbe una partecipazione di popolo di una compostezza e intensità incredibile (tutto il popolo. compresi i negozianti del centro). E poi come consigliere comunale partecipai alla sua commemorazione. Ricordo i vari discorsi. In particolare quello di G.Carlo Zoli (uomo "modesto" che tuttavia in quell'occasione dette il meglio di sé) e quello di Piero Pieralli. La poesia di Neruda la pubblicammo integralmente su l'Unità. Fabiani era un grande. Era stato in URSS ed era antisovietico(forse proprio per questo si potrebbe dire, ma quanti altri comunisti - a partire da Togliatti- erano stati in URSS e non avevano capito!); aveva fatto i suoi anni migliori della vita, dai 22 ai 30 nel carcere speciale fascista e ne era uscito con la TBC ma non fu mai animato da risentimenti nei confronti di nessuno. Addirittura dopo la Liberazione si adoperò per reintegrare nella vita civile molti fascisti che erano stati epurati. La sua memoria non è stata poi recuperata come dovrebbe...Siamo un paese che non vuole ricordare...Forse non sarebbe male se la Comunità dedicasse un giorno una memoria anche a lui. Non era un santo...ma sicuramente fu un giusto! Se per caso vi venisse qualche idea fatemelo sapere ché POTREI METTERMI IN CONTATTO CON LA SUA BIOGRAFA CHE ADESSO VIVE A PERUGIA. Per oggi basta . Ti saluto e ringrazio Urbano.
E io ringrazio Mauro.
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