mercoledì 3 dicembre 2014

Isolotto: una Comunità tra Vangelo e Diritto canonico

La pastorale, dichiaratamente missionaria, fu posta a fondamento del rapporto tra sacerdoti e abitanti del quartiere. Tutto ciò che veniva attuato non faceva riferimento a dogmi o a teoremi dottrinali: l’intento era quello di superare gli steccati tra credenti e non credenti, tra buoni e cattivi, gli steccati politici e le divisioni derivanti dalle diverse esperienze delle persone venute, nel nuovo quartiere, dalla città (rimasti senza casa a causa della guerra e quindi sfollati), dalla provincia (Casentino, Valdarno, Mugello), dal Sud Italia e dall’Istria (molti erano profughi da questa terra che, un tempo italiana, era da poco passata alla Jugoslavia), tutte persone venute a Firenze in cerca di lavoro.
Con Enzo ci trovammo d’accordo di non portare con noi i nostri familiari: la nostra famiglia sarebbe stata la gente.
L’intento era quello di operare perché si potesse creare una nuova identità del territorio dove il fondamento fosse soprattutto la fraternità, l’accoglienza reciproca, la partecipazione di tutti per risolvere i problemi, anche materiali, propri di un nuovo quartiere, nato come un fungo nel novembre 1954, privo di negozi, di strade, di scuole, di chiesa, di tutti i servizi essenziali.

Un altro elemento di non poco conto fu quello di esercitare gratuitamente il ministero in tutti i suoi aspetti, ossia di rifiutare “tariffe” sia per la messa, sia per tutti i sacramenti. Le offerte erano raccolte solo durante le funzioni domenicali con lo scopo di eliminare così il “do ut des” e di favorire lo spirito di “famiglia” sia da parte dei sacerdoti che da parte dei partecipanti alla liturgia e agli altri atti religiosi.
Proprio per cercare di eliminare questo giro di denaro legato alle prestazioni dei sacerdoti fu ciclostilata e distribuita alle famiglie una lettera di cui riporto alcune parti:
“I sacerdoti di questa parrocchia offrono ogni giorno a Dio la messa e il Divino Ufficio per tutti i parrocchiani, senza esclusione o restrizione alcuna, per le loro necessità spirituali e corporali e per i loro defunti… Non è possibile chiedere la celebrazione o l’applicazione della messa solo per sé e non si possono fare in alcun modo offerte dirette: né per la celebrazione della messa, né per l’amministrazione dei sacramenti, né per l’espletamento di altre mansioni sacerdotali, né per alcun altro motivo. In tal modo i sacerdoti sono indotti a vivere più perfettamente e ad esprimere meglio la loro missione nella Chiesa, che è missione di paternità, quindi di amore disinteressato e universale.
Al tempo stesso è offerta ai fedeli la possibilità di esprimere meglio il loro vicendevole amore fraterno, che proprio li deve qualificare come discepoli di Cristo…. Il denaro, così, non serve più ad affermare o a sostenere l’individualismo religioso… infatti il fedele non contribuisce più alle spese della Chiesa in vista del proprio interesse anche se spirituale…Il fedele è invitato concretamente a vedere nella Chiesa la sua “vera” famiglia… a sentirsi corresponsabile della propria famiglia e dei suoi bisogni… Tutto questo si realizza meravigliosamente attraverso l’atto sacro dell’offerta del proprio denaro durante la messa domenicale, atto col quale i cristiani partecipano attivamente all’Offertorio della messa…” (documenti della Pastorale: Emp 0001-0098)

La liturgia vide, fin dal  22 dicembre 1957, giorno della consacrazione della chiesa, l’altare staccato dal muro e rivolto verso la navata. Si diceva la messa in latino, ma un gruppo di giovani si dava il cambio, alle varie messe della domenica, per leggere la traduzione in italiano, traduzione che veniva preparata settimana per settimana. Nella chiesa c’erano due altari laterali: in uno veniva alloggiato il Santissimo e nell’altro veniva tenuto aperto un grande libro della Bibbia come invito alla lettura da parte di coloro che frequentavano la chiesa.
(pp 20-21 del libro)



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