mercoledì 18 giugno 2003

Sevilla vista da Paola







Sevilla





vista da Paola








Confesso che, per un pregiudizio favorito da un’informazione turistica piuttosto superficiale e ovvia, mi aspettavo Sevilla bella, ma molto colorata e chiassosa, quasi un po’ pacchiana e molto, troppo turistica. Invece Sevilla è una città elegante con belle vie antiche dove si accostano l’una all’altra splendide case con piccole terrazze dalle inferriate sporgenti, spesso rese piu’ misteriose e antiche da tende ricamate, e case piu’ modeste, ma sempre armoniose nei colori giallo, ocra, bianco. E turistica lo è, ma con misura e compostezza. I grandi resti del passato moresco, la torre del Oro, la Giralda appaiono piuttosto appartati e fuori tempo in questa città vivace e piena di gente che va e viene. La risistemazione dell’antico minareto a campanile della cattedrale non gli ha giovato. L’eleganza sobria dell’architettura araba rischia di essere soverchiata dalla mole asimmetrica e disarmonica di una delle cattedrali piu’ grandi d’Europa. Negli Alcazares reali la mescolanza fra motivi architettonici occidentali e la ricchezza contenuta e geometrica del mudejar è invece realizzata al meglio, anche se si notano nelle varie sale diversità di stili. Quali riflessioni si potrebbero fare su queste diversità e sulle rispettive culture? Tante che ci vorrebbe un libro a parte. Certo che in questi palazzi e nei loro giardini profumati si respira ancora la cultura araba, o quel poco che ne sappiamo noi europei. Camminando lungo il piccolo canale d’acqua che unisce fra loro le varie fontane, elemento simbolico che non manca mai, si gustano ancora una volta la pace e la linearità dell’Alhambra. Dispiace non poter incontrare qualche personaggio importante di questa antica civiltà per potere intavolare un discorso sui problemi del passato e del presente. Taversando il Guadalquivir che è un bel fiume, verde e maestoso con ponti antichi e moderni, ci si trova in Triana, un quartiere molto attraente. Vecchio, ma non proprio antico, di origini popolari, è stato via via abbellito e allo stato attuale è un luogo titpico pieno di bar e ristoranti per lo più semplici e insieme atractivos, come dicono qui, dove, alla brezza consolante che spira del fiume, si mangiano vari tipi di tapas di cui il pescaìto frito è indubbiamente il re.


In questi posti si tira molto tardi la sera. I sivigliani d’estate escono alle nove di sera per respirare un po’ di frescura e del resto gli orari dei pasti qui sono del tutto meridionali. Ho notato che a Sevilla i negozi, i bar e i ristoranti non sentono il grande imperativo di modernizzarsi. Per la maggior parte sono ancora così come sono nati diversi anni fa e hanno un’aria vissuta che pare non dispiacere a nessuno: quadri e oggetti alle pareti, vestiario sempre molto informale per chi serve i clenti, qualche volta accompagnamento di chitarra. La visita è stata piuttosto breve e pochi giorni non sono certo sufficienti per conoscere una città. Resta però l’immagine, una specie di fotografia interiore in cui le grandi sale ombrose rivestite di graffianti ricami di gesso e marmo parlano di profondo sapere scientifico e di infinita pazienza artigiana, in un tempo che resta proiettato lontano e come immobilizzato, mentre più piccole appaiono le sagome delle graziose abitazioni ocra bianche e azzurre di Triana che si affacciano sul bel fiume verde in un elegante sfolgorio di luci serali dove la gente si gode la vita chiacchierando intorno ai tavolini affollati.

1 commento:

  1. Però mi ci potevi portare a Sevilla eh? Io qua al caldo a morire, al lavoro tutto il giorno... Grazie eh..

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