lunedì 30 giugno 2003

La stazione di Barcellona

 


La stazione di Barcellona


Questo pezzo di Paola è stato scritto il 9 Maggio, all’arrivo in Andalusia. Infatti eravamo arrivati, due giorni prima, da Firenze-Peretola all’aereoporto di Barcellona nel primo pomeriggio; ci siamo immediatamente trasferiti alla stazione ferroviaria per comprare i biglietti del trenhotel Barcellona-Granada, in partenza alle 21. Abbiamo avuto così modo di stare nella stazione per alcune ore, tutto il tempo per leggere, girellare, fare uno spuntino e osservare, come ha fatto Paola, che ha scritto questi appunti che, pubblicati ora, non perdono niente del loro valore. Allora eccola LA STAZIONE DI BARCELLONA vista da Paola "Due giorni fa ero alla stazione di Barcellona. Per la prima volta. Al primo sguardo mi è parsa una stazione come un’altra, piuttosto grande, abbastanza buia, con tante poltroncine di ferro tutte in fila. Mi sono seduta e, mentre Urbano gironzolava alla ricerca del binario giusto per proseguire il viaggio, mi sono guardata intorno, come si fa sempre in queste occasioni. Ho notato subito un gran numero di anziani, mayores, come dicono qui; viejo è considerato piuttosto offensivo, come da noi del resto. E mentre li osservavo con piu‘ attenzione ho scoperto, anche dal tono della conversazione, pacato, quotidiano, che erano persone, a volte coppie, che almeno in parte non erano li‘ ad aspettare un treno, ma avevano scelto quella sala abbastanza tanquilla per passare un po‘ di tempo tra loro, a chiacchierare. Cosi‘ lui dondolava il bastone, lei gli teneva la mano sul ginocchio e tutti e due ascoltavano il vicino con quell’interesse un po‘ scontato che si riserva a chi si conosce bene, lui e le sue storie. Piu‘ in là due vecchietti di bassa statura, vestiti di abiti grigi con molte lavature sulla trama logora scambiavano poche battute su un argomento di interesse comune nella loro bella lingua antica che che richiama i suoni dolci della poesia trobadorica. Cosi‘ ho visto la stazione di Barcellona come un piccolo spaccato della condizione degli anziani con pochi mezzi economici, forse anche perché nelle grandi città i luoghi dove gli anziani si possono ritrovare a passare il tempo senza spendere nulla si sono fatti sempre piu‘ rari. Forse esperimentano cosi‘ anche l’emozione di un viaggio mancato. A conti fatti, non dispiace che una stazione fatta per il movimento delle partenze e degli arrivi possa diventare anche un posto dove ci si ritrova a farsi compagnia, conversando e magari trovando un nuovo amico. Mi ricordo un vecchio signore vietnamita, professore universitario, che trovammo nel patio-bar di un museo, ad Hanoi (pochi anni fa).; per sua dichiarazione veniva a cercare la compagnia di stranieri con i quali scambiare idee e impressioni sul piu‘ vasto mondo che le sue condizioni economiche non gli consentivano di visitare personalmente. Parlava un perfetto francese. Un vero signore."

sabato 21 giugno 2003

Ricevo dal mio amico e fedele lettore Mauro Misuri:


Rete 4


Berlusconi nel 1985 aveva solo una rete di televisioni locali che
trasmettevano non contemporaneamente gli stessi programmi. Era una
furbata che permetteva di violare la legge, visto che allora era
vietato a soggetti privati di possedere televisioni nazionali.
Ma Berlusconi si mette d'accordo con Craxi che gli fa un decreto
legge apposta.
E fin qui, lo sapevamo già...

Cosi' Berlusconi ha finalmente tre televisioni nazionali vere. Ma
molti storcono il naso perche', essendo possibili solo 11 reti
nazionali, e' un po' anomalo che un solo imprenditore se ne prenda
tre. Non siamo nel Far West che il primo che arriva si prende
tutto...
Nel 1994 la Corte Costituzionale con la sentenza 420, stabiliva in
difesa del pluralismo, che un unico soggetto privato non potesse
detenere tre reti nazionali, concedendo un periodo di transizione e
rimettendo il problema al legislatore per una soluzione definitiva
entro e non oltre l'agosto 1996.
Arriva il 1996, scade nell'indifferenza generale la decisione
della Corte Costituzionale e Berlusconi continua ad avere tre tv.
Nel 1997 la legge Maccanico stabiliva che un soggetto non potesse
detenere piu' di due reti, e che, finche' non ci fosse stato
un "congruo sviluppo" via satellite e cavo, Rete4 avrebbe potuto
continuare a trasmettere via etere, quest'ultima decisione in
palese contrasto con le decisioni della Corte Costituzionale che
aveva deciso per un termine
definitivo entro l'agosto 1996.
D'Alema, una volta diventato capo del governo, decide di risolvere
la questione e indice una gara per l'assegnazione delle concessioni
delle reti nazionali.

La commissione nominata dal Ministero e' presieduta da un avvocato di
Mediaset. Berlusconi si aspetta che finalmente possa detenere
legittimamente, con un regolare mandato dello Stato, le sue tre reti
e relative frequenze. Nel luglio 1999 si svolge questa gara
d'appalto, per partecipare si richiedono requisiti spaventosi e
sembra chiaro che nessuno riuscira' a scombinare i giochi.


Invece, colpo di scena.
Arriva un tipo con uno scatolone enorme pieno di documenti e dice:
"Buon giorno sono Francesco Di Stefano di Europa 7, vorrei due
reti nazionali, grazie."
Panico! E chi e' questo? E' pazzo?
No, non e' pazzo, e' il loro peggior incubo.
Iniziano a mettergli i bastoni tra le ruote:

"Le manca il certificato 3457!"

"No e' qui!"

"Il modulo 13 bis compilato in 8 lingue?"

"Ne ho due, bastano?"

Ma poi trovano la furbata: "Il bando di gara richiede di avere 12
miliardi di capitale versato per rete, lei ne ha solo 12, puo'
chiedere una sola tv."

"Balle!" Risponde il signor Di Stefano, "dodici miliardi sono per
concorrere non per ognuna delle due frequenze". Ricorre al Tar e poi
al Consiglio di Stato e vince.
Insomma alla fine gli devono dare una concessione per una rete
nazionale e presto anche una seconda perche' ne ha diritto e a
Berlusconi ne tolgono una, non che la debba chiudere, deve
traslocarla sul satellite che ormai e' ricevuto da 18 milioni di
italiani.
Ma a questo Di Stefano non gli vogliono dare proprio niente.
Evidentemente lui deve essere uno che da piccolo lo allenavano ad
abbattere i muri con la cerbottana perche' avvia una serie di
procedimenti giudiziari spaventosa.
Ingiunzioni, diffide, cause penali, civili, regionali, Commissione
Europea. E vince tutti i ricorsi, tutti gli appelli, tutte le
perizie.
E alla fine arriva alla Corte Costituzionale che nel novembre
2002, sentenza numero 466-2002, ha stabilito inequivocabilmente che:
- Retequattro, dal 1 Gennaio 2004 dovra' emigrare sul satellite
- le frequenze resesi disponibili dovranno essere assegnate a Di
Stefano!

L'avete sentito dire al telegiornale?

Abbiamo chiesto a Di Stefano come si sentisse in questa storia e
ci ha risposto con un lieve sorriso:

"Nonostante siano trascorsi ben nove anni dalla decisione della
Corte Costituzionale Mediaset continua a detenere e utilizzare
appieno tre reti nazionali su un totale di sette concessioni
assegnate sulle undici assegnabili (comprese quelle Rai).
Il fatto che un soggetto, a cui e' stata data una concessione (in
concessione si da' un bene pubblico, in questo caso le frequenze),
non riceva poi materialmente il bene e' un avvenimento che non ha
precedenti al mondo.
Nel luglio 1999 Centro Europa 7 aveva fatto richiesta di due
concessioni, una (Europa 7) l'ha ottenuta, per l'altra (7 Plus) c'e'
stato un diniego, in quanto non ritenuta idonea per la mancanza del
requisito del capitale sociale.

Una sentenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto esistente il
requisito del capitale sociale, per cui siamo in attesa di una
seconda concessione, anche se il Ministro Gasparri prende tempo.
Nel frattempo Centro Europa 7 per iniziare le trasmissioni, si e'
dotata di una struttura di oltre 20.000 mq, di otto grandi studi di
registrazione per le proprie eventuali produzioni, di una library di
oltre 3000 ore di programmi e di tutto cio' che e' necessario per una
rete televisiva nazionale con 700 dipendenti.

Questa preparazione e' stata necessaria poiche' la legge
stabilisce che, entro sei mesi dall'ottenimento della concessione, la
neo-emittente ha l'obbligo di iniziare le trasmissioni.

Attualmente Centro Europa 7 e' una societa' praticamente ferma,
non ha alcun introito, poiche' non e' stata messa in condizione di
operare, ma ha avuto, e continua ad avere, pesanti oneri per la
gestione della struttura, l'adeguamento della library, l'adeguamento
tecnologico, le ingenti spese legali, i costi dei dipendenti..."

Ma ora altro colpo di scena: Gasparri si sta muovendo per salvare
Rete 4.
Il D.D.L. Gasparri, art. 20 comma 5 e art. 23 comma 1, realizza in
pratica un condono, riconoscendo il diritto di trasmettere
a "soggetti privi di titolo" che occupano frequenze in virtu' di
provvedimenti temporanei, discriminando cosi' le imprese come Europa
7 che hanno legittima concessione, il tutto sempre al fine di
salvaguardare Retequattro.

Infatti, quest'ultima potra' continuare a trasmettere, in barba
alla sentenza del '94 e del 2002 della Corte Costituzionale e della
legge 249/97, pur non avendo ormai da quasi quattro anni la
concessione, mentre Europa 7 non potra' mai trasmettere, dimenticando
che nel luglio 1999 c'e' stata una regolare gara dello Stato per
assegnare le concessioni,
gara persa da Retequattro e vinta da Europa 7.

Si realizza quindi un ennesimo gravissimo stravolgimento del
diritto.
In pratica, chi ha perso la gara (Retequattro) puo' continuare
tranquillamente a trasmettere, e chi l'ha vinta (Europa 7), perde
definitivamente tale diritto.
Non vi sembra straordinario?
Travolti da un miracoloso afflato civico i deputati del Polo
bocciano alla Camera dei Deputati il decreto Gasparri proprio laddove
vuol tagliare la gola a Europa 7.
E' chiaro che le urla di Berlusconi di questi giorni sono anche
per ricompattare i suoi, che se lo mollano adesso...
Ora bisogna vedere cosa fa il Senato... e poi la legge deve
tornare alla Camera...
E poi bisogna vedere se Ciampi la firma una legge del genere.
Saremmo all'oltraggio definitivo del concetto stesso di stato di
diritto.
Un conto e' fare una legge per non finire in galera, un conto e'
fare una legge per prendersi qualche cosa che appartiene a un altro.
Si comincia cosi' e poi si pretende il Jus Primae Noctis.
Quindi, cara cittadina, caro cittadino, sappi che in questo
momento si sta giocando una partita incredibile. Se questa legge
passa quel che e' tuo e' suo.

Vedi tu se riesci a far girare questa mail. Internet non conta
niente in borsa ma siamo comunque una decina di milioni...


venerdì 20 giugno 2003

Il trenino Algesiras-Granada


 


Il trenino Algesiras-Granada


 



31 Maggio. Simone rientra in Italia, per fine ferie. Tappe del rientro: Siviglia-Jimena con la macchina della Sig. Julia, Jimena-Granada col trenino che costeggia per un gran tratto l’Hozgarganta, Granada-Barcellona col tren-Hotel (cuccette), Barcellona-Peretola con la Meridiana. Sui biglietti aerei e loro costi vedi in coda.


Il trenino Algesiras-Granada l’ho preso all’andata con Paola ed è molto divertente: è un tracciato sicuramente ottocentesco, tutto in fondovalle, senza gallerie o ponti, segue i torrenti come un serpentello transumante. Mi ricorda certi trenini delle linee secondarie tipo, per un toscano, l’Arezzo-Stia o l’Arezzo-Sinalunga; ma questo può reggere almeno in parte il confronto col trenino rosso del Bernina che da Tirano-Italia si arrampica a S.Moritz.


Mentre Simone è in viaggio, Barbabianca e Paola, a Siviglia, se ne vanno a vedere gli Alcazares, palazzo fortezza del sultano moro e poi del re cristiano, interessante mistura delle due civiltà: Come sempre, al paragone, il sultano fa più bella figura del re.


Parliamo del trasporto aereo.


Biglietto di sola andata Firenze-Peretola-Barcellona: euro 101 cd, tasse comprese.


Abbiamo ottenuto questi prezzi, telefonando alla Meridiano (199...) e aspettando che la signorina al computer trovasse i posti scontati. In effetti ci ha trovato due posti per il 7 maggio e uno per il 13. Questo è il motivo per cui Simone ci ha raggiunto il 14 a Jimena.


Per il ritorno di Simone, sempre via telefono (0039...) abbiamo trovato un biglietto scontato da Barcellona a Firenze-Peretola per il primo Giugno: 148 euro.


Paola e Barbabianca sono ritornati da Siviglia a Milano Malpensa, via Barcellona, con l’Iberia. Il biglietto via internet per il 3 di giugno. Prezzo sola andata, euro 290 cd; prezzo andata e ritorno, euro 207 cd.


Così, per risparmiare soldi abbiamo comprato due biglietti ida y vuelta, andata e ritorno. I biglietti del ritorno da Milano Malpensa a Siviglia, stabilito d’ufficio per il 10 giugno, sono rimasti inutilizzati.


Prima domanda ai lettori: perché questo sistema?


Seconda: i biglietti sono nominativi, ma è possibile farli utilizzare da persone diverse?


Grazie a chi vorrà darci un chiarimento.

mercoledì 18 giugno 2003

Sevilla vista da Paola







Sevilla





vista da Paola








Confesso che, per un pregiudizio favorito da un’informazione turistica piuttosto superficiale e ovvia, mi aspettavo Sevilla bella, ma molto colorata e chiassosa, quasi un po’ pacchiana e molto, troppo turistica. Invece Sevilla è una città elegante con belle vie antiche dove si accostano l’una all’altra splendide case con piccole terrazze dalle inferriate sporgenti, spesso rese piu’ misteriose e antiche da tende ricamate, e case piu’ modeste, ma sempre armoniose nei colori giallo, ocra, bianco. E turistica lo è, ma con misura e compostezza. I grandi resti del passato moresco, la torre del Oro, la Giralda appaiono piuttosto appartati e fuori tempo in questa città vivace e piena di gente che va e viene. La risistemazione dell’antico minareto a campanile della cattedrale non gli ha giovato. L’eleganza sobria dell’architettura araba rischia di essere soverchiata dalla mole asimmetrica e disarmonica di una delle cattedrali piu’ grandi d’Europa. Negli Alcazares reali la mescolanza fra motivi architettonici occidentali e la ricchezza contenuta e geometrica del mudejar è invece realizzata al meglio, anche se si notano nelle varie sale diversità di stili. Quali riflessioni si potrebbero fare su queste diversità e sulle rispettive culture? Tante che ci vorrebbe un libro a parte. Certo che in questi palazzi e nei loro giardini profumati si respira ancora la cultura araba, o quel poco che ne sappiamo noi europei. Camminando lungo il piccolo canale d’acqua che unisce fra loro le varie fontane, elemento simbolico che non manca mai, si gustano ancora una volta la pace e la linearità dell’Alhambra. Dispiace non poter incontrare qualche personaggio importante di questa antica civiltà per potere intavolare un discorso sui problemi del passato e del presente. Taversando il Guadalquivir che è un bel fiume, verde e maestoso con ponti antichi e moderni, ci si trova in Triana, un quartiere molto attraente. Vecchio, ma non proprio antico, di origini popolari, è stato via via abbellito e allo stato attuale è un luogo titpico pieno di bar e ristoranti per lo più semplici e insieme atractivos, come dicono qui, dove, alla brezza consolante che spira del fiume, si mangiano vari tipi di tapas di cui il pescaìto frito è indubbiamente il re.


In questi posti si tira molto tardi la sera. I sivigliani d’estate escono alle nove di sera per respirare un po’ di frescura e del resto gli orari dei pasti qui sono del tutto meridionali. Ho notato che a Sevilla i negozi, i bar e i ristoranti non sentono il grande imperativo di modernizzarsi. Per la maggior parte sono ancora così come sono nati diversi anni fa e hanno un’aria vissuta che pare non dispiacere a nessuno: quadri e oggetti alle pareti, vestiario sempre molto informale per chi serve i clenti, qualche volta accompagnamento di chitarra. La visita è stata piuttosto breve e pochi giorni non sono certo sufficienti per conoscere una città. Resta però l’immagine, una specie di fotografia interiore in cui le grandi sale ombrose rivestite di graffianti ricami di gesso e marmo parlano di profondo sapere scientifico e di infinita pazienza artigiana, in un tempo che resta proiettato lontano e come immobilizzato, mentre più piccole appaiono le sagome delle graziose abitazioni ocra bianche e azzurre di Triana che si affacciano sul bel fiume verde in un elegante sfolgorio di luci serali dove la gente si gode la vita chiacchierando intorno ai tavolini affollati.

lunedì 16 giugno 2003

Festa di S. Fernando a Siviglia

La morte di Ignazio


30 maggio Festa di S.Fernando, patrono di Siviglia.


La Cattedrale è in festa; oggi non si vede né l’interno né la Giralda; la chiesa è occupata dalle autorità, clero e militari, secondo una tradizione dio e patria che affonda le sue radici ben dentro il terreno della storia di Spagna. Ci godiamo per una mezzoretta la cerimonia, come uno spettacolo di teatro storico e va bene cosi’. La tomba di Cristobal Colombo la vedremo nei prossimi giorni: bellezza di un viaggio turistico organizzato senza il biglietto di ritorno, senza scadenze prefissate. Viva la pensione. Nel pomeriggio, col biglietto di ieri del City tour, valido 24 ore, uno studente ci accompagna a piedi per vie e palazzi situati a ridosso della cattedrale di S.Fernando. In spagnolo e poi in inglese dà spiegazioni che piacciono a Barbabianca perché fanno capire la storia attaverso l’architettura. „ Siamo nel Quartiere Sancta Cruz, da quella grande croce in ferro che vedete al centro della piazza. Al tempo dei Mori questo era il quartiere degli ebrei e si chiamava la Juderia. Quando, nel 1248, i cristiani conquistano Siviglia, cacciano i Mori, ma non i Judii i quali anzi, rendendo omaggi e doni al re cattolico ne conquistano i favori, ottengono l’appalto delle esazioni fiscali, aumentando ricchezza e potere. Diverse moschee diventano sinagoghe. Piu’ tardi, nei momenti di crisi, divennero bersaglio dei cristiani che, ridotti alla miseria e tormentati dalla fame, trovarono nei giudei una via di sfogo e un mezzo di rapina, dando luogo a periodici pogrom, fino a che anche i giudei non finirono banditi con regolare decreto regale. Le moschee divenute sinagoghe si trasformano in chiese e oggi ne potete vedere almeno tre, ben riconoscibili a un occhio attento“. A ridosso del quartiere, sulle rive del Guadalquivir, accanto alla Torre dell’Oro, vediamo un inconfondibile palazzo circolare, bianco e rosso, addobbato con bandiere e manifesti; è l’arena di Siviglia, dove son passati i piu’ grandi toreri, osservati da un pubblico esigente come lo è per l’opera lirica quello di Parma. Stasera c’è la corrida, anzi le corride (mai un solo toro): biglietti da 10 a 40 euro. Barbabianca e Simone ne spendono 4,50 a testa per la visita guidata all’arena. Due secoli di corride, tanti tori uccisi contro un solo torero, il muso di due grandi valorosi tori imbalsamato alle pareti, tante fotografie e didascalie; i tori e i cavalli di stasera sono già nelle scuderie dell’edificio (vengono portati il giorno prima)… La giovane bella prosperosa guida sivigliana risponde a tutte le domande e chiarisce tutti i dubbi. La sera, su una TV locale, Barbabianca, non Simone né Paola; segue la corrida da capo a fondo ed ora ha un’idea piuttosto chiara del come e qualmente. Il torero, giovane, bravo e già sulla via della fama. Uno spettacolo, indubbiamente. La notte Barbabianca tarda a prender sonno e, nel dormiveglia, rivisita i luoghi della storia che un po’ confusamente possono così essere riassunti: Se è vero che „la violenza è la levatrice della storia“ – qualcuno l’ha scritto – beh, in questa parte del pianeta c’è, da tempo, un reparto di ostetricia molto ben attrezzato e ottimamente funzionante; qui hanno visto la luce Fenici, Romani, Cartaginesi, Visigoti, Vandali, Mori, Giudei, Cristiani… Al tempo dei cristiani la levatrice, per non rimanere disoccupata, si scatena contro altri cristiani dichiarati Eretici. Torquemada, confessore della regina Isabella la cattolica, diviene primario del reparto, francescani e domenicani ottimi medici e paramedici. Si aprono proiezioni e dipendenze nella americhe da poco scoperte. E’ la lotta del bene contro il male. Il torero che lotta contro il toro, il prete che sacrifica l’agnello rendono omaggio alla grande levatrice. E quando il toro non basta, la guerra civile (1936-39), due milioni di morti ammazzati. Anche Aznar, ci dice Delicebaltic nel suo blog, calca da torero questa eterna arena insanguinata, alleandosi con Bush, in questa ennesima guerra santa del bene contro il male. Ma il toro non vuol morire, piu’ lo ammazzi e piu’ rinasce. Alle cinque di ogni sera spinge il suo cuore in alto e sparge sull’arena il sangue di Ignazio: tutti i giorni, alle cinque in punto, Ignazio muore. Caro Ignazio, forse è giunto il momento: lasciamo in pace il toro, chiudiamo questo reparto di ostetricia, licenziamo la levatrice e utilizziamo le nuove tecniche che la scienza ci mette a disposizione: rendiamo il parto indolore con l’acqua della ragione, l’aria della tolleranza, la terra della giustizia, il fuoco della verità. Amen. Buonanotte da Barbabianca .

Il nido di Valdezorras (Siviglia)


Il nido



28 maggio Ci spostiamo a Siviglia. Un’ora e mezzo di macchina e siamo a Valdezorras, a due passi dall’aereoporto da cui decolleremo al momento del ritorno. La casita di campagna di Victoria e Bartolomeo è una bella villetta monopiano, del colore giallo ambra sivigliano, è recintata e chiusa da un bel cancello in ferro: e‘ contornata da un bel prato all’inglese abbellito da fiori e piante tipo due grandi bouganville che coprono parte delle pareti esterne; a fianco una pergola con grappoli d’uva già in fase avanzata; al di là del prato c’è un secondo recinto con un aranceto e un pollaio: proprio cosi‘; sei galline vere che fanno uova fresche e allietano la vita di un gallo che canta vittoria a tutte le ore della notte. Una gattina grigia è l’inquilino privilegiato che ha il diritto di entrare in casa , dalla finestra appositamente lasciata semiaperta durante la notte. Una citazione va fatta alla coppia di uccellini che hanno scelto di nidificare all’uscita del tubo della caldaia di cucina, davanti all’entrata, a 2 metri da terra. Con Victoria abbiamo tirato via il nido, ma poi, visto che c’era la covata già pennuta e pronta a volare, l’abbiamo rimesso a posto. Dieci giorni piu‘ tardi, volati gli uccelli, tolto il nido, una seconda coppia ha cominciato a portare paglia per la seconda covata. Evidentemente è giudicato, come è vero, un posto sicuro da gatti, serpi e rapaci. Ma Vittoria e Bartolomé dovranno far capire ai pajaros che nella casita si puo‘ fare una sola covata all’anno. Vittoria insegna latino in un liceo di Siviglia, collega di Tina che insegna lingua e letteratura spagnola. Bartolomeo è ordinario di filologia latina all’Università; la sua sede si trova in un bell’edificio ottocentesco e precisamente nella antica tabaccheria dove Carmen la sigaraia incontro‘ la prima volta il suo bel sergente… Non molto distante la bottega di Figaro. 29 maggio Visita della città, col Sevilla tour, il bus scoperto, a due piani, con l’auricolare che in italiano ti segnala luoghi e monumenti. Ci si fa subito un’idea topografica che ci sarà utile nei giorni seguenti. Paola mi sta dicendo che hanno messo il bus city tour anche a Firenze. Ci siamo promessi di prenderlo alla prima occasione utile. La sera ci diamo appuntamento con Victoria e Bartolomeo al big store di Sevilla, El Corte Ingles, tipo i magazzini Lafayette di Parigi. Ne esce una meravigliosa serata sivigliana, in compagnia di Bartolomé., sivigliano doc e Victoria, nata in Galizia, fidanzata a Madrid, sposa e madre (di 2) a Sevilla ormai da una vita. Dopo un giro di ricognizione in macchina lungo strade e stradine via via illuminate dalle luci notturne, ci troviamo a passeggiare nel Quartiere di Triana, oltre il Guadalquivir. Come dire S.Frediano a Firenze, in Oltrarno. Triana (dall’Imperatore Traiano che nacque da queste parti) è il quartiere operaio ottocentesco, divenuto un centro attraente, pieno di ambienti suggestivi, al chiuso e all’aperto, dove la gente si ritrova in pacifica lieta compagnia, godendosi la pace in serate ideali come questa che noi stiamo vivendo. Passiamo davanti alla chiesa di S.Anna, dalle pareti esterne color ambra, suggestiva nella sera di maggio, e ci troviamo nel bel mezzo di un concerto bandistico, dentro la chiesa barocca all’inverosimile, con in trono una S.Anna carica di ori e gioelli che la nonna di Cristo non aveva mai visto neppure in vetrina. Note solenni, onde musicali ampie e riposanti; non piu’ sentite nelle chiese italiana da quando un papa, mi sembra Pio X, proibi’ gli strumenti di ottone all’interno delle chiese. La serata si conclude con un delizioso sit in alla „Esquina del Puente“, all’Angolo del Ponte, sulle sponde del Guadalquivir, tavolini all’aperto, frittura di pesce: pescaito povero, pesce azzurro, alici e affini, fresco e croccante come non succede spesso. Una delizia. Con poche lire una cena veramente ricca, anzi rica, come dicono loro. „Rico“ per dire pieno di qualità, riferito alle cose piu’ svariate. La erre va pronunciata raddoppiata, come in Sicilia. Il Ponte è storico, intitolato a isabella II: il Ponte Vecchio di Siviglia. Raccomandato da Barbabianca: bar ristorante „La Esquina del Puente“, proprio addossato all’ultima arcata, Quartiere di Triana.

sabato 14 giugno 2003

Jimena in Andalusia


Jimena in Andalusia


I miei fiumi


Sabato 24, Domenica 25 Algesiras, Jimena. Week end di riposo, nella casetta bianca, col terrazzo panoramico, il giardino fiorito, il grande albero di limone, sotto il castello moresco. La domenica mattina passeggiata con bagno sul fiume Hozgarganta, acque pulite provenienti dal parco nazionale e prive di sostanze inquinanti. Per Barbabianca il bagno nel fiume ha un valore apotropaico (scaccia spiriti maligni) quasi liturgico. „Divieto di balneazione“ c’è scritto sulle rive dell’Arno, a Firenze, ma tanti tanti anni fa quanti bagni nell’Arno, in Casentino, al pozzone di Pontidarno, là dove il Solano confonde le acque venute giu’ da Secchieta e Montemignaio con quelle che l’Arno si è trascinato dal Falterona. Il bagno sull’Hozgarganta costituisce un ritorno all’antica madre, fonte della vita. La vita che a volte mettevamo a rischio quando, bambini in preda alla sete, si andava nel punto dove il fiume faceva piu’ corrente e si bevevano due sorsi, dopo aver recitato lo spell, la formula magica: „Acqua corrente ci beve il serpente, ci beve il mio dio ci posso bere anch’io“. „Febbri intestinali“, stabili’ il Dott. Batisti. Era un principio di tifo. Mi ricordo – a 9 anni - la febbre a 40 e la tortura al braccio, quando il dottore me lo trapano’ mezzo prima di trovare la vena per il prelievo del sangue. Da Siviglia arriva l’email: „La casa di Puerto S. Maria (Cadice) è disponibile per voi da domani per 3 giorni. Un abrazo. Tina. Addio Jimena. Si preparano le valigie e via con la Peugeot 1800 diesel, Simone alla guida, lungo lo Stretto, dal Mediterraneo all’Atlantico, una fila lunga km di mulini a vento, uno spettacolo. A Tarifa il mare e’ coperto di tavole a vela: un paradiso per i surfisti. Lo stesso vento si scatena sulla baia di Cadice e ci impedisce di fare una bella nuotata atlantica come nei desideri. Con Simone ci tuffiamo in acqua sulle onde lunghe della riva ma solo per pochi minuti, tanto per poter dire che ci siamo bagnati nell’Atlantico. Passeggiamo un po’ sulla spiaggia insieme a pochi altri sfaccendati, osservando i pescatori che ogni tanto sfilano la canna piantata sulla rena e lanciano il mulinello. Granelli di sabbia pizzicano la pelle delle gambe: una sensazione estramediterranea. Ritorniamo nella bella villetta di Tina e Victor, nuova di 2 anni, pulita e curatissima, e ci rifacciamo tuffandoci nella piscina condominiale, tutta libera per noi. Meglio il nostro Mediterraneo, che sia Stintino, il golfo di Baratti o la Zinzulusa. Il giorno dopo saliamo sul battello di linea che collega porto S.Maria con Cadice, attraversando tutta la baia. Ci troviamo a bordo affogati tra alcune centinaia di bambini delle elementari in visita di istruzione alla storica e bella città. Il giro sul Cadiz-tour, bus scoperto tipo Londra, dura soltanto uina mezzora, perché Cadice è piccola, 350.000 abitanti; un grande scoglio rotondo proteso nel mare, ancora difeso da mura e bastioni incombenti sulla spiaggia sottostante, bianca e bellissima. Pescatori che lanciano il mulinello dalle antiche garitte: chilometri di filo. Il lungomare in effetti è pensile: si cammina lungo una passeggiata mattonellata, per metà giardino ombroso con piante enormi risalenti alla scoperta dell’America. Su questi bastioni alti 100 metri una torretta di guardia ogni 50 passi. Troppo bella e strategica per vivere in pace; per secoli qui si e’ vissuto sempre in guardia; al tempo dei Romani era la terza per importanza, dopo Roma e Cartagine. E poi Visigoti, Vandali, mussulmani, cristiani, inglesi contro francesi … (Trafalgar è da queste parti), i filibustieri contro i galeoni provenienti dal Nuovo Mondo. Non c’è pace sullo stretto.

venerdì 13 giugno 2003

Tangeri


Tangeri


La Medina di Tangeri L’ultima nostra Medina, colorata e vivace, porto franco, città aperta, patria della libertà e della licenza fino agli anni cinquanta, meta e miraggio di contrabbandieri, finanzieri, bordellari, artisti maledetti di tutte le new ages… Eccola qui, oggi, piena di gente in festa (è venerdi) e di botteghe aperte. Una venditrice di poveri ortaggi non vuole essere fotografata e te lo dice con espressioni irriverenti. Irriverenza contro irriverenza, Piu‘ avanti le esposizioni di spezie, piante aromatiche, dolci e profumi, dai colori cosi‘ forti che sembrano artificiali: basta un accenno di intesa e non c’è nessun problema per fotografare. Rifacciamo le stradine in discesa e siamo subito al porto e poi sul lungomare, grande e bello, alberato e ombroso; e‘ l’ora del psseggio. Di fronte si vede l’Europa a due passi: Cadice, Tarifa, Algesiras: 2 mondi tanto vicini e cosi‘ diversi. Diversità sirena del mondo – dice il poeta. Turismo scuola di vita, lezione di tolleranza, relatività delle tue certezze. Africa, addio. L’orologio si sposta in avanti di 2 ore. Lasciamo alle spalle una giornata festiva, ci troviamo di fronte l’inizio dell’week end. E la festa continua. Vecchia Europa, siamo di nuovo da te (ore 12 del 24 maggio 2003). Col nostro viaggio, deciso il giorno dopo le bombe suicide di Casablanca, abbiamo sconfitto il terrorismo, quello di chi ci vorrebbe eternamente spaventati e chiusi in casa: Bush e compagnia.

Lo spirito dell'Islam



Lo spirito dell'Islam


22 Maggio Da Marrakech a Rabat, via Casablanca. L’Agenzia tiene evidentemente conto degli attentati suicidi di una settimana fa e ci evita la sosta notturna a Casablanca, milioni di abitanti, concentrazione di modernità e sottosviluppo, brodo di cultura dei dannati della terra. Durante la sosta per il pranzo e le esigenze idrauliche, con Paola ho modo di mettere i piedi nell’acqua dell’oceano, dopo aver camminato a lungo sulla spiaggia libera, ampia, bella e sudicia la sua parte. Per arrivarci abbiamo dovuto deviare due volte, respinti dai guardiani posti a custodia degli spazi occupati in via permanente dai grandi alberghi prospicienti il litorale, tutti attrezzati con piscine di acqua marina, costruite per il conforto di turisti che non intendono inoltrarsi piu‘ di tanto nei bassifondi prospicienti o affrontare le onde lunghe con le frequenti mareggiate: mare virtuale. Viva Stintino, viva il golfo di Baratti. Sulla spiaggia libera tanti giovani che giocano a calcio. Assenza delle ragazze. Sulla via del ritorno un delizioso, come sempre, thè alla menta in un piccolo accogliente bar popolare dove avventori indigeni giocano a dama. Di nuovo in pulman: ecco la zona residenziale, ville nel verde, con piscine, consolati. banche, agenzie di rappresentanza…Costeggiamo i bastioni possenti, cinquecenteschi, color mattone, della vecchia Medina di cui immaginiamo le viuzze strette e tortuose descritte nelle guide, finchè arriviamo là, sulla baia, fuori città e la vediamo, la Grande Moschea (1993), dono di Hassan II, architetto francese, minareto alto 216 metri, raggio laser – la notte – in direzione della Mecca, 90 mila m. quadrati. Miraggio di fronte al deserto del paradiso mussulmano. Noi infedeli la possiamo ammirare solo da fuori. L’interno lo vediamo nelle illustrazioni. Il buon Hasam commenterà poi sul pulman: tanto sperpero è contrario allo spirito dell’Islam, ma dobbiamo riconoscere che è una grande opera d’arte. Rispondiamo, tutti d’accordo, „guacà“, rendendo omaggio soprattutto alla prima parte della sua riflessione. E via verso Rabat, la capitale amministrativa del Regno. La strada segue per un po‘ la costa e poi si inoltra tra campi coltivati, impianti di irrigazione, boschi di eucaliptus, oliveti, campi mietuti di cereali, lunghe distese di fragole, piante di patate, di pomodori e via cosi‘: è una vista che rallegra il cuore. Sosta idraulica a Larache, antica ma recente piazzaforte militare francese ( ricordo i marocchini de La Noia di Moravia e la versione filmica con Sofia Loren) dove Paola trova il modo di chiacchierare, in francese, con una vecchietta che torna dal mercato e che a un certo punto si mette a cantare una canzone. Regalo del viaggio, non previsto dalle agenzie turistiche. Ed eccola, Rabat: le grandi mura della città vecchia le hanno costruite gli Almohadi nel lontano 1197. Tra il 1609 e il 1610 i profughi andalusi musulmani, cacciati dalla Spagna da Filippo III, arrivarono a Rabat e si insediarono sull’altra sponda del fiume Bou Regreb, costruendo una ulteriore lunga muraglia fortificata e rafforzata da torri e bastioni, ricongiungendosi alla Medina dal lato sud: sono le mura degli andalusi. Dalla terrazza del nostro albergo si gode la vista di tutto questo. Uno spettacolo: il fiume, le due città, col tramonto sulla foce verso l’oceano e le prime luci della sera. Davvero un incanto. Dalla finestra della nostra camera, anzi, proprio sotto, ci sono le fermate-capolinea dei bus cittadini con tutto il movimento della gente che va e viene per le faccende quotidiane. Vita vissuta, vita vera. Ma altrettanto vero è il contrasto tra noi turisti occidentali serviti e riveriti, ben alloggiati sotte le 4 stelle, e la gente, povera e dignitosa, che ti scorre di fianco. Il fast food turistico di Rabat, il giorno dopo: Primo - visita guidata al palazzo del giovane re, 39 anni, moglie di Fes, primogenito nato da pochi giorni. La residenza, racchiusa tra mura e cancelli, è accessibile ai turisti che si fermano pero‘ davanti ai portoni della residenza vera e propria. Qui dentro, ci spiega la guida locale, monarchica convinta, risiede un intero paese, composto dalle 500 famiglie che accudiscono il palazzo reale. Secondo – visita al mausoleo di Mohammed V, padre dell’indipendenza dai francesi, sepolto sopra la collina adiacente al nostro albergo, sulle rive del fiume, panoramica sulla grande terrazza, splendida nel tramonto, punteggiata dalle colonne di una antica moschea mai finita, e coronata dalla torre trigemina della Giralda di Siviglia e della Koutoubia di Marrakech, troncata a mezzo dal terremoto cosiddetto di Lisbona del 1750. Bella questa mescolanza di storia e geografia: le colonne a cielo aperto mi richiamano il foro romano, Orazio che passeggia sulla Via Sacra al momento dello struscio, preda dell’importuno attaccabottoni che non lo vuol mollare…qui invece gli andalusi in fuga dai cattivi, ma davvero, cristiani di Siviglia, accolti come fratelli e tutta l’acqua che è passata sotto i ponti del Tevere e del Bou Regreb. Historia magistra vitae. Tangeri – siamo alla fine – non è da meno quanto a vicende e vicissitudini umane.

mercoledì 11 giugno 2003

Marrakech - cena al caravanserraglio dei turisti

 


Chez Ali


Cena al caravanserraglio turistico


(Vedi sotto, lunedi 9 giugno, La Medina di Marrakech). Stavo dimenticando, forse non per caso, la grande serata Chez Ali ( da Ali, alla francese). Grande cena-baraccone, dentro un recinto appositamente costruito, atrezzato a vecchia fortezza o caravanserraglio. Una cena-spettacolo che si ripete una-due volte al giorno: sembra uno studio cinematografico, con attori e spettatori, tutti ridotti al rango di comparse. Coll’aggravante che gli attori, costretti a ripetere la stessa parte per infinite volte, hanno assunto ormai l’aspetto di manichini meccanici e ripetitivi. Anche il cammello che ti porta a giro sull’arena per 8 minuti dentro un baldacchino sembra impagliato: sicuramente impagliato lo sguardo del cammelliere, stanco, assente, assonnato che, senza guardare, ti spinge sul predellino: „che me tocca fa’ pe’ ccampà“. Fast food turistico. Sapore naif, invece, lo ripeto, alla cena di Fes. Le uniche cose genuine che Barbabianca ricorda a Chez ali: l’agnello al tegame, dal sapore veramente eccezionale, due bottiglie di vino locale – fatte fuori immediatamente dalla coppia anziana di Las Vegas e non piu’ sostituite, la serata fresca subtropicale che ti accarezza la pelle ancora calda del sole meridiano della piazza die serpenti. Diciamo che Marrakech vale come centro di riferimento per chi intende farne base di partenza per una escursione verso sud nel deserto, a bordo di un fuoristrada o verso nord ovest, nell’alto Atlante per una escursione sui quattromila. Per la prima della due avevamo già preso contatto – mesi addietro, dall’Italia - con una agenzia di italiani qui residenti: www.cobratour… Alla prossima occasione.


Desaparecidos


LE DUE FESTE delle Lame ( comune di Ortignano-Raggiolo, toscana profonda, fra la croce del Pratomagno e il convento della Verna, ai bordi del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi). Mariella qui alle Lame è doppiament in festa: da una parte le maestre del Corsalone, qui riunite a festeggiare la fine dell’anno scolastico, dall’altra l’Ulivo che ha vinto le elezioni in Friuli, Val d’Aosta, Brescia, Pescara, Ragusa, Siracusa…Sotto la loggetta della bella casa in pietra, seicentesca, leggo ad alta voce Giorgio Bocca in prima pagina di Repubblica, mentre Mariella ammannisce a Stefano e Barbabianca i succulenti avanzi della sera precedente: faraona al forno, cervo in umido, sformato di asparagi, dolce alla frutta, speciale, fatto dalle mani sapute della maestra Ilva. Bisogna sapere che il cuore di Stefano e Mariella batte a sinistra, nel profondo del petto, da generazioni, come dire ancor prima di esistere. Leggere sulla prima pagina di Repubblica: „ELEZIONI: HA VINTO L’ULIVO, Illy trionfa in Friuli, al centrosinistra 7 Provincie su 12“ li fa andare su di giri. Barbabianca è altrettanto contento, ma si giudica piu‘ disincantato. Mentre lui si affatica a sostenere che primo compito di tutti gli italiani è trovare il leader - non il fuhrer - della destra ( alla chirac o addirittura alla Thatcher) perché l’alternanza è essenziale alla sinistra e perché Berlusconi, Bossi e Fini sono inconcialibili tra loro e improponibili in se stessi, Stefano conclude con un dato di cronaca e una riflessione che piace a Barbabianca. La cronaca di Stefano. „Domenica sono entrato in un grande magazzino dove si fanno svendite e saldi di articoli sportivi. Mesi addietro lo trovavi pieno di gente curiosa e acquirente; ieri ho visto pochi clienti piuttosto pensierosi e pochi commessi piuttosto malinconici. La gente non ha soldi da spendere. La riflessione di Stefano. „ La Casa delle Libertà ha perduto perché le persone hanno percepito nel proprio portafoglio, (che occupa un posto notoriamente molto vicino al cuore, NDR) di essere stati defraudati, in questi 2 anni, del 20% del loro reddito. Questi soldi saranno pur finiti da qualche parte. Tremonti e Berlusconi sanno sicuramente dove“. Questo breve ragionamento ha chiarito la situazione a Barbabianca, piu‘ che gli articoli di fondo di Massimo Giannini, Paolo Rumiz, Gianluca Luzi…Questo ragionamento ha assunto probabilmente, nella mente degli elettori, una forza superiore alle preoccupazioni da tanti e in tanti modi espresse negli ultimi tempi circa la vendita di musei, scuole statali, TV pubbliche, aziende in salute ( Nuova Pignone, Fiat), principi costituzionali, assistenza sanitaria, pensioni. Mancano le indulgenze e le madonne che piangono, ma si rimedia con la richiesta di mettere tra i sommi principi della carta europea le radici giudaico-cristiane. La semplice riflessione fatta, in ipotesi, dagli elettori, toccandosi il petto o i fondelli è decisiva, perché, se vera, determinerà la svolta definitiva di coloro che votarono per la Casa delle Libertà e che adesso si sono detti: „fermiamoli finchè siamo in tempo“. Amici, compagni e camerati: FERMIAMOLI, PERCHE‘ SIAMO ANCORA IN TEMPO. Guacà? D’accordo? FIRMATO: I DISAPARESIDOS (Il 20% degli Euro scomparsi.)

martedì 10 giugno 2003

La Medina di Marrakech


La Medina di Marrakech


21 maggio – La Medina di Marrakech. Un centro storico diverso da quello di Fes. Piu‘ ampio, piu‘ moderno. Tanti negozi, tanti bazar, l’erboristeria berbera. Il quartiere degli ebrei per metà in mano a negozianti arabi che hanno occupato il posto dei tanti che sono emigrati in Israele dopo il 1948. Fa impressione la presenza dei quartieri „Judii“ in tutte queste grandi cittä marocchine; nell’Andalusia cristiana non c’è rimasto piu‘ niente; qui tra i mussulmani nessuno li ha mai molestati. Ma allora, perché Sharon? Di quanto successo tra mori ebrei e cristiani in Andalusia ne riparleremo da Siviglia. Della visita guidata la parte piu‘ interessante per noi è stata la mostra mercato all’erboristeria berbera: ambiente pulito, profumo di spezie odorifere, imbonitore simpatico, acquisto di anticalli, antirughe, antieczema, antidiarrea, antistipsi, viagra marocchino (2 boccettine di liquido rosso per Barbabianca…), antiinsonnia, anti sinusite, anti Sars…Divertente: ogni due prodotti acquistati un terzo in regalo; alla fine un regalo piu‘ bello perché avevamo raggiunto il 1000 dirham (100 euro): un bel piatto con tanti sacchettini di prodotti in miniatura: ce l’hanno ora Mariella e Stefano alle Lame, dove mi trovo in qiesto momento, in fuga dalla canicola di Firenze. La signorina che ci guida, vestita all’occidentale, ci fa vedere un gran palazzo di cui ricordo, nel giardino, le tombe di una dinastia: sono pietre tombali, rettangolari, messe in terra, tutte in una direzione, eccetto due. La direzione è…(indovinare); le due vaganti sono di cristiani, che qui fanno la figura di poveri cristi. Cosa non fanno fare i dogmi religiosi. E poi c’è la casa del Visir, il primo ministro di non so che periodo e quale dinastia: casa da sogno, fontane e rivoli d’acqua dappertutto, 4 mogli e un numero indefinito di concubine. E‘ inutile che voi cristiani cattolici sgraniate gli occhi…Solo che qui dove puoi avere 4 mogli, non vedi una gamba scoperta, non dico una coscia, tanto meno un ombelico. Le uniche gambe viste durante tutto il viaggio sono quelle alla cellulite della vecchia signora uruguaia di cui ai precedenti post. A Siviglia, carica di chiese, madonne e santi, ombelichi al vento e gambe giovani in libertä. C’è qualcosa che non quadra, di qua e di lä dallo Stretto. La discussione con Paola su questo argomento apre questioni di storia, costumi, tradizioni e contraddizioni tali che, per pigrizia e per compassione di chi legge, rimando ad altra occasione. Un pensiero ad Amina, nigeriana, e proseguiamo il nostro cammino. Ma eccola qui la torre Koutoubia, minareto di 70 metri, classico esempio di architettura marocchino-andalusa. Sapro‘ com’è fatta quando a Siviglia saliro‘ sulla Giralda, la sorella trigemina. La terza la vedremo fra due giorni a Rabat, ma ridotta a metà dal famoso terremoto di Lisbona del 1750 o giu‘ di li‘. Infatti qui in Marocco non c’è verso di vedere dall’interno una mochea o un palazzo reale. In Inghilterra la regina ti fa vedere a pagamento anche il bagno di camera sua. Accanto alla Koutoubia la piazza dei serpenti, un caldo da morire, pochi serpenti rintontiti; via senza vento. La vedrà la sera Simone col suo amico Scott: Ma Simone non racconta mai nulla: leggetela sulle guide. Li‘ c’è scritto che vederla la sera dalle terrazze dei bar circostanti è un vero spettacolo. 21 maggio – La Medina di Marrakech. Un centro storico diverso da quello di Fes. Piu‘ ampio, piu‘ moderno. Tanti negozi, tanti bazar, l’erboristeria berbera. Il quartiere degli ebrei per metà in mano a negozianti arabi che hanno occupato il posto dei tanti che sono emigrati in Israele dopo il 1948. Fa impressione la presenza dei quartieri „Judii“ in tutte queste grandi cittä marocchine; nell’Andalusia cristiana non c’è rimasto piu‘ niente; qui tra i mussulmani nessuno li ha mai molestati. Ma allora, perché Sharon? Di quanto successo tra mori ebrei e cristiani in Andalusia ne riparleremo da Siviglia. Della visita guidata la parte piu‘ interessante per noi è stata la mostra mercato all’erboristeria berbera: ambiente pulito, profumo di spezie odorifere, imbonitore simpatico, acquisto di anticalli, antirughe, antieczema, antidiarrea, antistipsi, viagra marocchino (2 boccettine di liquido rosso per Barbabianca…), antiinsonnia, anti sinusite, anti Sars…Divertente: ogni due prodotti acquistati un terzo in regalo; alla fine un regalo piu‘ bello perché avevamo raggiunto il 1000 dirham (100 euro): un bel piatto con tanti sacchettini di prodotti in miniatura: ce l’hanno ora Mariella e Stefano alle Lame, dove mi trovo in qiesto momento, in fuga dalla canicola di Firenze. La signorina che ci guida, vestita all’occidentale, ci fa vedere un gran palazzo di cui ricordo, nel giardino, le tombe di una dinastia: sono pietre tombali, rettangolari, messe in terra, tutte in una direzione, eccetto due. La direzione è…(indovinare); le due vaganti sono di cristiani, che qui fanno la figura di poveri cristi. Cosa non fanno fare i dogmi religiosi. E poi c’è la casa del Visir, il primo ministro di non so che periodo e quale dinastia: casa da sogno, fontane e rivoli d’acqua dappertutto, 4 mogli e un numero indefinito di concubine. E‘ inutile che voi cristiani cattolici sgraniate gli occhi…Solo che qui dove puoi avere 4 mogli, non vedi una gamba scoperta, non dico una coscia, tanto meno un ombelico. Le uniche gambe viste durante tutto il viaggio sono quelle alla cellulite della vecchia signora uruguaia di cui ai precedenti post. A Siviglia, carica di chiese, madonne e santi, ombelichi al vento e gambe giovani in libertä. C’è qualcosa che non quadra, di qua e di lä dallo Stretto. La discussione con paola su questo argomento apre quesioni di storia, costumi, costumi, tradizioni e contraddizioni tali che, per pigrizia e per compassione di chi legge, rimando ad alta occasione. Un pensiero ad Amina, nigeriana, e proseguiamo il nostro cammino. Ma eccola qui la torre Koutoubia, minareto di 70 metri, classico esempio di architettura marocchino-andalusa. Sapro‘ com’è fatta quando a Siviglia saliro‘ sulla Giralda, la sorella trigemina. La terza la vedremo fra due giorni a Rabat, ma ridotta a metà dal famoso terremoto di Lisbona del 1750 o giu‘ di li‘. Infatti qui in Marocco non c’è verso di vedere dall’interno una mochea o un palazzo reale. In Inghilterra la regina ti fa vedere a pagamento anche il bagno di camera sua. Accanto alla Koutoubia la piazza dei serpenti, un caldo da morire, pochi serpenti rintontiti; via senza vento. La vedrà la sera Simone col suo amico Scott: Ma Simone non racconta mai nulla: leggetala sulle guide. Li‘ c’è scritto che vederla la sera dalle terrazze dei bar circostanti è un vero spettacolo.

venerdì 6 giugno 2003

Il Marocco di Viviana


Il Marocco di Viviana


 


Segue da


18 Maggio - Algesiras-Ceuta-Fes


Nel post sottostante del 18 Maggio avevo saltato le seguenti righe, in attesa del nulla osta della Viviana, la figliola della Silvana e di Natalino d'Avena:


" Ma ritorniamo a bomba. Idris è un perfetto gentiluomo parigino, come quello descritto dal Berchet nella scolasticamente famosa “Lettera semiseria di Crisostomo”: parola. Mentre la Viviana è una perfetta marocchina, occhi e incarnato e...fantasia. Se gli metti il turbante e la lasci nella medina di Fes non la ritrovi più. I due figlioliolini, femmina e maschio, Jasmine e ...? sono più marocchini di Mohammed VI, figlio di Hassan II, figlio di Mohammed V, il padre della patria, discendenti da Maometto. Se la Viviana mi dà il permesso metterò la foto".



Mi arriva ora la risposta. E' uno scoop e mi affretto a pubblicarla:



Carissimi, ho visto il vostro sito e mi sono sbellicata dal ridere. Mi sarebbe piaciuto farvi da guida. Nel labirinto della medina non mi perdo mai e sono sempre felice di uscire in jellabah a fare finta di essere marocchina. Certi segreti della medina li ho mostrati io a Romain -Hakim (Romano-il saggio) e alla Jasmina (Yasmina-Jasmine-Gelsomina) alle sei di mattina quando i venditori di endia (i fichi d'india) hanno già preparato i loro succulenti, spinosi e colorati frutti (tra l'altro pochissimo cari e senza dubbio biologici!!) e i mulattieri/spazzini gridano per le vie sbel sbel perché le donne scendano i secchi dell'immondizia e loro buttino il tutto nell'unico fiume che attraversa fes. Si chiamava qualcosa come "la perla" ora lo chiamano l'immondizia. Tutto il sistema fognario dell'VIII secolo dopo cristo è in rovina. Le fontane di zelliges, coi loro mosaici antichi degni di figurare in un museo comme gli Uffizi, sono anch'esse in rovina. Per proteggere quelle che restano, dall'incuria o dalla miseria d'acqua degli uomini, sono chiuse: così vengono utilizzate direttamente come raccoglitori di immondizia. Più che la triplice immagine della divina commedia, la medina mi fa pensare al binomio Miseria e Splendore. Purtroppo la miseria è quella di oggi e lo splendore quello della civiltà arabo-andalusa di ieri (spero che non vi siate persi l'Alhambra di Granada: "no hay en la vida nada como la pena de ser ciego en granada"). La medina è un museo vivente, un corpo che respira, si muove, invecchia e resiste alla storia. Avete visto i pali segnaletici delle strade a senso unico per i muli??? L'unico mezzo di locomozione e di rifornimento/sviamento merci di questa grande metropoli artigianale e commerciale sono gli asini e i muli. L'anno scorso c'è mancato poco che ammazzassimo un bambino e il suo asino per la strada cha va a Tetouan: il suo asino si è bloccato di brutto in mezzo alla strada proprio dopo la curva!! I miei bimbi adorano andare a spasso in medina sui muli e gli asini: non costa quasi nulla e alla fine si sono appassionati e adorano cavalcare di tutto (non solo i cavalli ma anchein riva al mare i dromedari!!). La medina mi fa pensare a Firenze (sono gemellate): quando ai tempi di Dante le varie botteghe artigianali funzionavano esattamente così: il quartiere della lana, quello del cuoio, quello dei metalli: nessuno elemento della pecora qui va perso, con le corna ci fanno i pettini, certi strumenti musicali. Il massimo è alla festa del montone (la ait chebira, la festa grande): per le vie, dopo il sacrificio, si vendono quintali di teste e zampetti. Immagini truculentissime di sacrifici antichi, che mi hanno fatto rivivere tutti i maiali che ho visto uccidere in piazza da Natalino. E' un universo ancora primitivo, dove il rito ha il sapore delle cose antiche. Penso spesso coi buoni odori di peperoni e melanzane fritte che escono dalle case nel tempo assolato dell'estate alla mia infanzia rurale degli anni '60. Purtroppo non ho ricordi più antichi. Ma la medina sta morendo di sovraffollamento, miseria da sotto-sottoproletariato di ex-contadini sradicati e sbandati venuti via dalle campagne spinti dalla siccità. Non hanno più né il sapere né la coscienza delle loro origini (come gli italiani del resto!!) e non hanno avuto niente dal loro urbanizzamento. L'anno scorso alle 22,30 di sera abbiamo assistito dal crocevia sulla fontana dove alloggiamo quando siamo in medina (la casa della mamma di driss è nel vecchio quartiere andaluso) a guerre di quartiere tra bambini inferociti armati di bastoni, sassi e machete (qui anche i coltelloni sono bestialmente artigianali). Qualche mamma li chiamava con voce flebile dalla finestra. Mi son domandata che mamme fossero: ho pensato ai ragazzi selvaggi di Borroghs. Le mamme si sono scapigliate l'indomani sempre sotto l'incrocio della fontana: una era la sorella di quello che era stato ricoverato in ospedale perché con un machete gli avevano aperto il viso, donna dimessa, vestita e col capo coperto come una suora, donna smarrita, sopraffatta dalla vita. L'altra doveva essere la mantenuta d'un ladro o una prostituta istituzionalizzata con regolare matrimonio: violenta, arrogante, con tre o quattro chili d'oro tra braccialetti, orecchini e collane. Ho sognato per molti anni di comprarmi una casa antica nella medina ma la medina è stata abbandonata dai suoi veri abitanti. Quando capiranno che hanno abbandonato un museo nelle mani dei ladri, dei disoccupati, degli ignoranti e dei miserabili sarà troppo tardi: anche la casa di Driss è ormai pericolante. Vendevano la casa accanto: l'ha comprata un "furbo" che voleva farci stanze/appartamenti per questi disgraziati (famiglie intere, qui i figli unici non ci sono!!, che vivono tutti in una stanza e usano l'acqua corrente gratuita della fontana). I beni culturali non gli hanno permesso di fare questo scempio e allora lui ha tolto tutti i travi intarsiati, vecchi 10 secoli, per rivenderli: la casa è crollata con le prime piogge dell'inverno. Ma nella medina le case sono come gli esserei umani, si sorreggono l'un l'altra. Vi potrei raccontare ancora tante cose ma ho molto lavoro (sto organizzando per il 20 giugno un convegno su Proust in Italia). Vi abbraccio forte a quest'estate

ps Se mettete la foto dei bimbi sul sito mi farà molto piacere. Purtroppo Driss non parla mai con loro l'arabo, stanno facendo solo grossi progressi in italiano. Baci

Viviana

Da Fes a Marrakech


 


20 Maggio: da Fes a Marrakech


 



I compagni di viaggio: siamo 27 in un pulman da 54; questo ci permette di reggere le 12 ore comprensive di soste tecniche idrauliche e di imprevisto surriscaldamento del motore in maniera quasi accettabile. Non sono comunque ore perse, perché l’attuale vista panoramica che permettono gli autobus delle grandi linee mi consente di farmi un’idea men che approssimata delle condizioni idrogeologiche e della situazione agricola di questa parte del Marocco interno e centrale che corre da Nord a Sud lungo le montagne dell’Atlante, che ci rimangono costantemente a fianco sulla sinistra per tutta la durata del tragitto. Sono montagne non del tutto spoglie e garantiscono sufficienti precipitazioni che vanno ad alimentare i fiumi e torrenti, frequenti e ricchi di acque spesso irreggimentate da dighe e distribuite da impianti di irrigazione moderni e funzionali. Ho modo di osservare piantagioni di fragole, patate, pomodori; oliveti che mi richiamano l’Andalusia dell’altro ieri, senza dimenticare i vigneti che a tratti spuntano a riempire intere vallate. E’ il vino locale che abbiamo avuto modo di gustare alla cena tipica di Fes e che ritroveremo a quella “troppo tipica” di Chez Ali, a Marrakech. A proposito di vino, le parole captate da una guida che illustrava a turisti francesi le meraviglie dell’Alhambra di Granada, mi hanno già reso edotto che la storia della proibizione degli alcoolici per i mussulmani ha lo stesso valore di quella che obbliga(-va) i cristiani a mangiar pesce invece di carne ogni venerdi: niente a che fare coi sacri testi.


Non mancano intere estensioni di campi coltivati a cereali; in questo momento in Marocco è in atto la trebbiatura, in gran parte fatta col mietitrebbia.


La sosta forzata in aperta campagna per il surriscaldamento del motore ci pone a confronto con frotte di ragazzini che spuntano uno dopo l’altro da un gruppo di case assolate, tra vie polverose. Di dove vieni, come ti chiami. mi dai un soldo...


La polvere è un’altra esperienza del Marocco. L’asfalto copre soltanto le strade principali ed anche in quelle lascia scoperte due ali ai fianchi: sono le piste asinarie. Il vento ci ha fatto compagnia – gradevole – durante tutto questo maggio. Funzionalità del loro modo di vestire, uomini e donne.


Ed eccola Marrakech, soprattutto ecco l’hotel Atlas, 4 stelle e 500 camere, enorme, posto in una zona moderna, grandi viali asfaltati questi e pure alberati; qui il vento non porta polvere: doccia e cena e poi a nanna. La nostra camera tripla, come tutte le altre, è ampia e confortevole, con doppi servizi: una sorpresa piacevole.


Nel frattempo abbiamo messo a fuoco i compagni di viaggio:


6 brasiliani: due coppie di Bahia, una coppia di Rio de Janeiro; sulla quarantina; gli uomini delle due coppie che stanno sempre insieme fanno gli ingegneri civili ( li vedo spesso indicare edifici ed architetture varie con cenni di intesa); delle donne non so: una è sorridente e più espansiva, l’altra sta un po’ più sulle sue, conscia della sua discreta avvenenza ( sono molto innamorati, quasi da luna di miele);


La coppia di Rio de Janeiro: quarantenni, medici: pediatra lui, addetta alla rianimazione lei. Lui più tranquillo e simpatico, lei parla un po’ troppo (Paola);


6 messicani: 3 coppie di più che mezza età; chiacchiere e risate, in continuazione per tutti e sei i giorni; ma non antipatici;


nordamericani: 4 di Las Vegas: una coppia retired, molto retired, e una coppia omosex femminile, da riparlarne;


la terza coppia: lei dell’Alaska, lui di Denver (Colorado). Lia – dell’Alaska – è un tipo: sotto i quaranta, capelli corti a spazzola, mascolina, simpatica, talketive, manda trattori e macchine movimento terra, caterpillar e affini. Vista foto con lei su una maximoto da highway interamericana; lui introverso, quasi troppo: con Simone faranno terzetto fisso a tavola e in viaggio: affinità elettive?


2 argentini: coppia anziana, da vedere: lui un gran buzzo in fuori, eccessivo: piatti di pastasciutta giorno e sera alla Aldo Fabrizi o disfunzione organica (addominali elasticizzati); è un piccolo industriale che vende macchine per certo tipo di impiantistica che non ricordo; fa acquisti senza lesinare tanto sul prezzo; lei robusta, bassotta, calzoncini larghi e alti alla coscia, gambe alla cellulite; non si rende conto (commento di Paola) del mondo che va a visitare, con le donne coperte da capo a piedi. Comunque la sua vista non provoca libidine. Nel corso del viaggio, sempre in mutandine short, si rivelerà colta e piuttosto intelligente: “per la contraddizion che lo consente”.


1 signora argentina, vedova di un italiano; dignitosa e triste;


1 seconda signora simile alla precedente con cui fa coppia a tavola; messicana.


3 italiani: Barbabianca, Paola, Simone: i maschi hanno più l’aspetto di nordeuropei; lei un dicreto esemplare tra Mediterraneo e centro Europa: non male.


Siamo a 25, con Paco e Hasam 27: mi pare che siamo tutti.




21 maggio


La Medina di Marrakech (segue)


giovedì 5 giugno 2003

Marocco-Fes



Marocco 2


 


18 Maggio - Algesiras-Ceuta-Fes


 




Savàh hèl hir – buon giorno. Inshallah, “grazie a dio” siamo tornati.


Possiamo ristabilire il contatto.


Riprenderei con la cronaca ragionata del viaggio. Guacà? D’accordo? (la c di guaca va pronunciata come la jota spagnola o la c aspirata fiorentina). Questa espressione araba è dedicata ad Hasam, la nostra guida marocchina, giovane, simpatico, intelligente, nativo di Tetuàn, un grande paese bianco addossato alla montagna, visto dal pulman dopo un centinaio di km dal confine. Da lì la guarnigione spagnola guidata dal generalissimo Franco era partita, nel 1936?, per rovesciare il governo repubblicano spagnolo. Questa parte di Marocco è stata spagnola fino agli anni 50.


Fes è stata dunque la prima delle antiche capitali da noi visitate ed è rimasta la prima nell’ordine di gradimento e simpatia da parte di Paola, mia e, credo, anche di Simone.


Sono contento di poter dare questa testimonianza perché Fes è la città natale di Idriss. Idriss vive in Francia non so da quanto tempo e fa l’insegnante di chimica o qualcosa di simile in una scuola superiore di Caen, in Normandia. Si dà il caso che Idris sia il marito legittimo e monogamico di Viviana, la quale è figliola della Silvana. La Silvana è la mia cugina del cuore, insieme alla Ila; ricordi di ragazzo al pascolo delle pecore in Marcannella, un bel prato tra le querce, sotto Montanino che sta sotto Camaldoli. Non lontano dal Rustichello, albergo ristorante che tutti gli abitués della zona conoscono bene. La Silvana e la Ila erano cugine che vivevano a Guzzigli. Guzzigli era come la fattoria rappresentata da Olmi nell’Albero degli zoccoli, né più né meno, a me capitava di passarci il mese di agosto – anni 44-47 – quando i Salesiani mi permettevano l’unico mese di vacanza. La Silvana mi ricorda sempre la volta in cui guardando la luna con gli occhi incantati di Ciaula sentì da me la profezia: un giorno gli uomini ci andranno. Detto da un ragazzino di 11 anni...Mi sono così guadagnato tanta stima e considerazione che adesso tutte le volte che capito in casentino ho un posto a tavola con menù a base di ravioli con spinaci e ricotta o tortelli di patate. Privilegio dei profeti.


Ma ritorniamo a bomba. Idris è un perfetto gentiluomo parigino, come quello descritto dal Berchet nella scolasticamente famosa “Lettera semiseria di Crisostomo”: parola. Mentre la Viviana è una perfetta marocchina, occhi e incarnato e...fantasia. Se gli metti il turbante e la lasci nella medina di Fes non la ritrovi più. I due figlioliolini, femmina e maschio, Jasmine e ...? sono più marocchini di Mohammed VI, figlio di Hassan II, figlio di Mohammed V, il padre della patria, discendenti da Maometto. Se la Viviana mi dà il permesso metterò la foto".


Me la son presa comoda perché nel frattempo sono arrivato a Fes, ho preso possessso della camera a 3 dell’albergo a 4 stelle Menzab Zalagh, ho cenato, e me ne sto sulla terrazza a contemplare il vallone sottostante e, più lontana, la medina, il centro storico, la parte antica, con accanto la cupola del palazzo reale dal tetto verde e più su la città nuova. Sotto di noi, in basso, tre postazioni di Lava-taxi, come i nostri lavavetri: 3 secchi d’acqua portati a mano dalla vicina fonte e olio di gomito. I taxi sono Fiat Uno rossi, con un baldacchino portabagagli sopra. Si chiamano petit taxi e si distinguono dai taxi mercedes stile antico che concorrono con loro al trasporto di polli e passeggeri. Gli stessi Fiat Uno li ritroveremo in tutte le altre città.



NB. Per questo post e quello precedente ho usato il sistema ùsteron-proteron: postato dopo ma avvenuto prima: uno sfizio come un altro.




mercoledì 4 giugno 2003

  Dopo u...




 


Dopo una lunga apnea da computer, anzi, ordenador, mi ripresento.


 



Savàh hel hir


Buon giorno da Barbabianca


 




La Medina di Fes


 




19 maggio – visita alla medina di Fes – accompagnati dalla guida locale, un trentacinquenne sorridente e ben pasciuto, smaliziato la sua parte. Ci fa vedere la porta centrale del Palazzo reale e poi ci accompagna per le stradine della Medina, mettendoci alle costole, in funzione di angelo custode anti smarrimenti Alì, una faccia da povero cristo, brutto come la fame e buono come il pane (unico desiderio confessato alla Paola: trovare una ragazza che ci stia, ma tutte gli dicono di no). E’ lui che ci procura un ciuffetto di menta al momento di entrare nella zona delle concerie, per resistere al puzzo. Se qualcuno si perde deve rimanere fermo dov’è: le guide sapranno ritrovarlo. ( Capisco perché la Casba di Algeri durante la omonima battaglia di Pontecorvo era sicuro rifugio dei guerriglieri; impenetrabile ai francesi). A proposito, il Marocco parla francese: soddisfazione per Paola che lo parla perfettamente. E per Barbabianca che contro Bush tifa Chirac per far rima con Iraq. Le due ore passate nella Medina rappresentano la quintessenza del nostro viaggio in Marocco: una sintesi concentrata e conclusiva, un flash da elettrochoc che ti fa intravedere verità sommerse, storie antiche e finora nascoste, emozioni in presa diretta; rapporto carnale con l’intimità di un popolo intero: la conoscenza in senso biblico. Ti passano davanti il cortile luminoso della “più antica Università del mondo” (al tempo di Timbuctù, prima di Oxford e Salamanca), la tienda o il suq (mercato) degli artigiani del metallo – secoli di manualità di battitura e incisione – il suq dei tappeti con due soste distinte, una specifica per i tappeti berberi – e poi la ceramica e infine le stoffe: qui Simone compra il caftan, il grande mantello a cappuccio,poi le babbucce a punta e se ne va così in giro per l’intera giornata. Però, questi giovani! Il giro finisce con la visita alle conce. Da lì al pulman un km di stradine, vicoli, sottopassi, gallerie, odore di terra e polvere, travi di legno del tempo di Timbuctù, seguiti e perseguiti da venditori mendicanti- bambini, giovani,e anche qualche adulto - che ti tengono incollato per interminabili minuti e cercano il tuo sguardo per stabilire il contatto e conquistare 1 euro. Due occhi che ti guardano, senza odio né rancore, durante il tuo interminabile rifiuto; occhi di sconfitti e perdenti della vita alla quale non si rassegnano a rinunciare; la forza dell’istinto di sopravvivenza di madre Natura: a qualsiasi costo. Per Barbabianca è stato il trauma negativo del viaggio; cacciato dalla mente come un incubo notturno, non confessato a nessuno, neppure a Paola che lo viene a sapere con la lettura di questo post. Il rovescio della medaglia nei bassofondi di Casablanca, pochi giorni prima, qualche km di distanza: uomini come questi hanno smesso di chiedere, hanno sostituito il ciondolo di metallo, la collanina di ambra, con il corpetto esplosivo e si sono abbracciati a te, per portarti via con sè in un giardino da re, dove scorre il latte e il miele, le ragazze ti sorridono e i turisti sono loro, finalmente: sorridenti, ben pasciuti, senza pensieri.


La sera dello stesso giorno, ai bordi della Medina, cena al ristorante Al Fassia; un grande patio sotto il cielo, arcate e pareti rivestite di azulejos, le piastrelle azzurre, l’incanto delle sere estive, l’aria fresca, camerieri sorridenti, non servili; diciamo professionali.


Ricordo del menù gli spiedini di agnello, il Kebab; una carne di pollo ruspante simile alla scottiglia che una vita fa ho assaporato alla Buca di Stia (oggi non esiste più, intendo La Buca). E poi un dolce, misto di salato: un sapore nuovo, originale, buono. Tutto questo mentre “l’orchestra andalusa” ci regala un sottofondo acustico, armonico e non assordante: violino, mandola, cembalo, tamburo. Le facce e le mani dei suonatori richiamano il trincetto del calzolaio, il martello dello stagnino, la ruota del vasaio, la sella del somaro.


E poi il prestigiatore che mangia il fuoco, l’equilibrista che sulla testa porta tutti i pesi che per secoli, per finire con le ballerine: la prima fa la danza del ventre e mangia pure il fuoco, la seconda è una danseuse populaire: semplici, con la bella vita quasi panciuta, le gambe piuttosto tozze. tanti fratellini da aiutare.


Tra i turisti c’è un gigante americano – body building – in calzoni corti e maglietta da sollevatore pesi: l’equilibrista se lo prende con sé e si diverte, ci diverte col confronto.


Le ballerine richiamano dietro le quinte quattro o cinque delle donne ai tavoli e ce le riportano dopo quasi una mezzora vestite e inghirlandate per una festa simulata di fidanzamento o matrimonio.


Una serata magnifica.


La Medina di Fes: inferno, purgatorio, paradiso.


Prendere appunto: da non mancare.