martedì 20 gennaio 2004

Di palo in frasca....


Di palo in frasca.


E’ colpa mia se Wolfowitz è ebreo? E’ Merito mio se Einstein è ebreo? E’ colpa nostra se Israele fa una politica di m. e appesta il M.O.? E’ merito nostro se alcune centinaia di soldati e ufficiali israeliani si sono ricordati la poesia di Brecht “generale il tuo carroarmato è potente ma ha bisogno di un guidatore?” Se gli arabi sono semiti, chi più antisemita al mondo? Quando penso a Sharon mi viene in mente la sindrome di Stoccolma; mi sbaglio: la sindrome del bambino violentato che da grande diventa violentatore.
Fa bene Diario” a mettere nella sua home page il cursore-detonatore della bomba demografica che rovescia sul pianeta esseri umani destinati a peste fame guerra morte e distruzione?
Caro Vojtila, “ma perché dare alla vita chi poi di quella consolar convenga?”
Perché le donne maomettane si nascondono sotto i vestiti e quelle cristiane “vanno mostrando con le poppe il petto”? Posso abbozzare una risposta (balzana)? Maometto non dichiara peccato il sesso, le donne si sentono libere e l’uomo le deve incatenare per garantirsene la proprietà privata; il Vaticano condanna e blocca il sesso, inibisce da “dentro” le donne e risparmia all’uomo nostrano la fatica della vigilanza coatta o guardiania. Grande merito del Concilio di Trento e annessa Controriforma.
Che ci fa una donna nuda tra quei beceri di Biscardi? si parla di pallone mentre si guardano poppe e chiappe! (In Dante si chiama contrappasso per analogia: una cosa tonda richiama altri tondi ). Se Biondo Ape riscuote già la pensione perché condannarlo a condannarci a vita alle zuppe agrodolci fatte con la risciacquatura delle minestra all’anilina di Gian Burrasca? E' un po' che non vedo il cardinal Tonini.
Meglio sospendere; Paola mi annuncia che è partita la videocassetta de “La grande Illusione” (in prestito gratuito da parte della Biblioteca di Quartiere. Grande biblioteca, nel suo piccolo: un giorno o l’altro gli dedicherò un post).



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Riprendo dopo “La grande illusione”, con il cuore che dà più ordine ai pensieri. Prima di risedermi al PC ho aperto il Mereghetti e letto ad alta voce – per Paola - la scheda che qui trascrivo:


Prima guerra mondiale: dopo inutili tentativi di fuga, il capitano d'aviazione De Boëldieu(Fresnay)e il luogotenente Maréchal (Gabin) vengono trasferiti alla fortezza di Winterborn dove ritrovano il capitano Von Rauffenstein (Stroheim) che li aveva abbattuti. Costretto da un incidente a lasciare l'aviazione, Von Rauffenstein vive in un mondo di regole cavalleresche che i tempi hanno sconfitto, ma a cui si dimostrerà sensibile De Boëldieu, capace di sacrificare la vita perché Marechal e Rosenthal (Dalio) possano tentare la fuga.
Von Rauffenstein tratta molto umanamente i prigionieri, che, proprio in virtù di tale particolare condizione, compiono un nuovo tentativo di evasione: due vi riescono, mentre De Boëldieu resta ucciso da von Rauffenstein.
Durante il faticoso cammino verso il confine svizzero, i due fuggitivi sono costretti a rifugiarsi in un casolare di montagna abitato da una giovane vedova di guerra e dalla sua bimba. Nel breve periodo di permanenza, la donna e Maréchal s’innamorano e, al momento della partenza, il vuoto del loro cuore è solo parzialmente colmato dalla promessa del prigioniero di tornare alla fine della guerra. Con la passiva complicità di una sentinella tedesca che finge di non vederli, i due francesi riescono poi a entrare nel territorio svizzero.
Renoir contempla con malinconia la fine dell’aristocrazia, dei suoi ideali e del suo senso dell’onore; ma guarda al futuro con lo spirito di solidarietà interclassista incarnato da Maréchal. Toccante il tema dell’amicizia che vince le barriere di classe e di nazione, e impossibile non commuoversi alla scena in cui von Stroheim (forse nella sua interpretazione più grande) coglie l’unico fiore del castello per onorare il nemico che ha fatto uccidere. Uno dei più bei film pacifisti che siano mai stati girati( anche se dopo la guerra alcuni cretini lo accusarono di collaborazionismo). La colonna sonora è di Joseph Kosma ( il musico di Prévert, mi dice Paola), e uno dei capolavori di Renoir. Vinse la coppa della giuria del festival di Venezia, scatenando le ire della critica fascista .



Nota a margine: La grande Illusione fu proibito in Italia dalla censura fascista e venne proiettato solo nel 1947, se si esclude una proiezione alla Triennale di Milano nel 1940.
"La storia della Grande Illusione è rigorosamente autentica e mi è stata raccontata da alcuni amici con cui ho fatto la guerra - parlo naturalmente della guerra del '14 - e in modo particolare da Pinsard. Pinsard era nell'aviazione da caccia, io invece in una squadriglia da ricognizione. Io facevo delle fo-to delle linee tedesche e lui mi salvò varie volte la vita intervenendo quando i caccia tedeschi co-minciavano a serrarmi troppo da vicino. Anche lui fu fatto prigioniero sette volte, e anche lui riuscì ad evadere. Dalle sue evasioni è nata La Grande Illusione... Una storia di evasioni, però, anche se appas-sionante, non basta a fare un film. Bisogna sceneggiarla. Ecco perché Charles Spaak collaborò con me. Fu una collaborazione facile, senza drammi. Ai legami di amicizia che ci univano, s'aggiungeva quello della nostra fede profonda nell'uguaglianza e nella fraternità degli uomini... "
(JEAN RENOIR nel 1958, in occasione della riedizione del film, presentandolo dallo schermo).



La Grande Illusione


Francia (1937)

Regista:
Jean Renoir

Soggetto:
Charles Spaak e J. Renoir

Sceneggiatura:
Charles Spaak e J. Renoir

Fotografia:
Christian Matras.

Scenografia:
Eugène Luoriè

Musica:
Joseph Kosma

Attori Principali:
Jean Gabin (ten. Maréchal), Pierre Fresnay (cap. de Boieldieu), Erich von Stroheirn (cap. Von Rauffenstein), Marcel Dallo (Rosenthal).


Per le recensioni dei critici dell'epoca apri qui.


Come si vede son saltato di palo in frasca.

3 commenti:

  1. grande, grande film, grazie per la rinfrescata. Stefano

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  2. Belle, come al solito, e toccanti le tue considerazioni, soprattutto il confronto Islam- Cristianesimo sul sesso. Anche se non conosco tutto ciò di cui parli, i tuoi post sono un'occasione per documentarsi.

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  3. Caro Stefano, Paola che, come sai, è di bocca fine, trova qualche difettuccio anche in questo grande film di Renoir: i personaggi non protagonisti trascurati - un po' come comparse - La vita dei prigionieri è rappresentata in modo poco realistico ( i 2 sulla strada della fuga, la contadina "contessa"). Quanto a me l'ho trovato un po' lento, ma il mio vecchio cuore si commuove sempre a momenti così intensi di vita vissuta (dopo quello che avevo appena scritto sulla prima guerra mondiale). Comunque, prima di questo ne aveva fatti 8 - il primo nel 31 - e dopo altri 17 - l'ultimo nel 69. (Mereghetti) Grazie, Renoir. Ci vediamo presto: è arrivata la mia Punto multijet common rail.

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