domenica 18 gennaio 2004

LagazuoiSo...

 



Lagazuoi



Son tornato dalla Val di Fassa. Una settimana con gli amici casentinesi, in gran parte vecchie conoscenze. La montagna sacra: il Sella, weblog per una settimana, e tutt'intorno valli e passi, mille logs e links sospesi tra cielo e terra che ci trasportano in questa favola bianca, mi sento il Barone Rampante di Italo Calvino che vede il mondo passando di albero in albero, di seggiovia in ovovia, di skilift in funicolare, tra vecchie amate montagne che per me si sono sollevate dai fondali marini, si sono levigate al soffio dei venti, lavate e scavate tra pioggie e tormente e ora sono qui, Sassolungo, Civetta, 5 Torri, Tofane, Marmolada, piene di dolomie, polvere di mare immersa nell'azzurro del cielo, vette dentate e scintillanti al sole. O Natura Natura!
Salire la mattina dal Col Rodella, trovarsi di fronte il Saslong, grande Sassolungo,e il passo Sella, ricordi di estati lontane, e giù tra gli abeti del Plan de Galba fino a Selva, risalire sul Ciampinoi per scivolare in lunga diagonale fino a Santa Cristina per raggiungere le piste assolate del Seceda, scivolare fino a Ortisei e poi via, come pazzi, verso il passo Gardena, giù fino a Colfosco e Corvara e Arabba e Belvedere per il rientro appena in tempo giù in picchiata su Canazei. E la volta che Massimo vuole arrivare a Predaces, via La Villa, attraverso il Pralongià spazzato dal vento, giù per la Gran Risa (la rossa, troppo più bella della nera, checché ne dicano gli amanti dei paletti) verso Santa Croce - bellissima pista, posta sotto la protezione di S.Cristoforo o chi per lui, antica chiesetta con monastero, uno strudel favoloso preso a S.Leonardo anni fa, delizia di Paola, spuntino al sacco e rientro veloce sul raccordo anulare del Sellaronda per non rimanere a piedi (grazie a Mario che ci mette sull'avviso).


Ma la giornata più bella è stata giovedi 15 gennaio: dopo il primo tentativo andato a vuoto per le condizioni di scarsa visibilità del mercoledi 14, ecco la discesa dal Col Rodella fino al Lupo Bianco e Belvedere con la lunga bella interminabile discesa verso Arabba, la città del Cardinal Merry del Val, grande luminare del potere ecclesiastico primo 900, la risalita verso Val Badia, la lunga pista dalle grandi mammelle, che ti porta attraverso il passo di Campolongo su una lunga, interminabile seggiovia sullo spiazzo del Kerz, oggi solatio e senza vento, poi il Pralongià e la lunga bella discesa all'Armentarola, il sogno delle notti precedenti, il soggetto dei discorsi dei giorni passati, la promessa finalmente mantenuta del Massimo trisolino, l'umbro-casentinese più doc dei doc, nostro mentore. L'assalto allo skibus di italiani e austroungarici, la corsa attraverso Val Parola, il Falzarego, la funivia sospesa nel vuoto lungo l'unica campata ed eccoci sulla vetta del Lagazuoi. Ottant'anni prima, altri italiani e austroungarici hanno coabitato insieme sulla stessa cima per lunghi inverni, l'un contro l'altro armato. Fotografie e cartelli ricordano la storia; gli occhi nostri, in questo momento distratti e frettolosi, vedono le grandi feritorie ancora aperte sui fianchi della montagna; siamo di nuovo qui, i pronipoti, vicini e stretti l'uno all'altro, in diverso atteggiamento. Ma servirò l'amaro alla fine del pranzo, dopo il dolce. Quello che ci aspetta ora è il clou della giornata, la discesa "fuori pista" verso il rifugio Scotoni, mitico per tutti gli sciatori, il grappino, l'Armentarola, i cavalli al traino, la risalita verso il Kerz e la via del ritorno del Sellaronda arancione, ripassando da Arabba attaverso Porta Vescovo (il Cardinal M.del Val), con le debite imprecazioni di Valeria, Giuseppe e mie per lo stato "francese"della pista nelle parte alta (Sapete cosa sono le bosses?).
Grande giornata, grandi momenti.


Non come allora, 1915-18.
Ciò che segue è dedicato ai soldati della prima guerra mondiale e. in questo momento, ai soldati israeliani obiettori di coscienza. agli americani obiettori di coscienza, ai politici inglesi e americani dimissionari perché contrari alla guerra, a Rachel Corrie, ai pacifisti, a tutti i palestinesi.


Apriamo la scatola magica di Internet.


Lagazuoi
prima guerra mondiale
Note storiche...


Le vette dominanti da vicino la strada delle Dolomiti e proteggenti gli accessi alla Val Badia e quindi alla Val Pusteria, furono conquistate gradualmente e al prezzo di duri sacrifici da parte delle truppe della 17a Divisione della quarta Armata, risalenti dalla conca di Cortina. Prima "Cima Bois", poi "Cima Falzarego" furono prese e fortificate dai nostri soldati, ma la barriera rocciosa, vero fortino naturale, formata dal "Lagazuoi", dalla "Cima e Torri di Fanis", dal monte "Castello", impedì la conquista della testata di Val Travenanzes e ogni ulteriore avanzamento verso le valli del Gader. Il "piccolo Lagazuoi", posizione di destra del cosiddetto sbarramento di Valparola, completato dal Sasso di Stria a sinistra, dalla posizione trincerata "Vonbank" nella depressione del passo e dal retrostante Forte di Valparola, fu oggetto di ripetuti attacchi delle nostre truppe alpine che ne conquistarono l'anticima e il caratteristico "cengione" a metà costa: la Cengia Martini, dal nome del Maggiore Martini, comandante il Battaglione di Alpini che la occupò e la fortificò. Dalla caratteristica cime ove ora vi è la stazione d'arrivo della funivia che parte dal passo Falzarego, gli austriaci cercarono di fare sloggiare con ogni mezzo le sottostanti nostre truppe aggrappate alla cengia. Le larghe ferite aperte nella parete strapiombante e distinguibili dal colore più chiaro della roccia e i ghiaioni depositati alla base, testimoniano della guerra di mine scatenate dai nostri nemici. Nel fondo del passo di Valparola occhi attenti possono ricostruire l'andamento della trincee austriache che si appoggiavano ad alcuni grossi massi scavati internamente e trasformati in veri "blockhaus". Il "Sasso di Stria", vera spina nel fianco per i nostri battaglioni assaltanti il Col di Lana e la sella del Sief dal bosco di Castello, costituì per tutto il periodo del Fronte un formidabile caposaldo fortificato austriaco: tra l'altro una galleria lunga 500 metri e aperta con feritoie verso il Falzarego, lo difendeva dalle provenienze da quella parte. Occupato parzialmente da un battaglione di Alpini nei primi giorni di guerra, fu abbandonato per ordini superiori e non fu mai più ripreso nonostante sforzi generosi come quello guidato dal tenente Fusetti che con un colpo di mano militar/alpinistico, ne conquistò la vetta e, attaccato da forze soverchianti, preferì morire sul posto con i suoi soldati piuttosto che arrendersi: le ossa "sbiancate" del tenente Fusetti sono da qualche parte nei profondi crepacci che segnano la parte superiore del Sasso. La grande croce sulla vetta ricorda il sacrificio dei valorosi. Il Forte di Valparola, colpito dai grossi calibri italiani nelle prime settimane di guerra, fu volontariamente smantellato dagli austriaci e i pezzi di artiglieria furono mimetizzati tra le rocce della zona chiamata "Tra i Sass": il Forte, illuminato di notte come se fosse ancora in efficienza costituì per mesi lo "specchietto per le allodole" per i grossi calibri italiani che continuarono a sprecarci munizioni preziose. Tutte le posizioni dovettero essere abbandonate dalle forze italiane nei primi giorni di Novembre 1917, a seguito dei fatti di Caporetto.
Vedi qui.



...ossa sbiancate dal sole e dal gelo, ossa disperse in un mondo di vivi...
Dedicato ai soldati della PRIMA GUERRA MONDIALE, di ogni Patria, sbriciolati dalle esplosioni, le ossa dei quali biancheggiano tra i sassi nei ghiaioni delle Alpi Centro-Orientali.
vedi qui.


Lettere dal fronte


"Vi sono truppe allo scoperto, sotto il tiro del cannone nemico, con 15° sotto zero, e si vuole che avanzino. Muoiono gelati a centinaia e ciò è ignorato dal paese. Gli ufficiali più arditi hanno crisi di pianto di fronte alla vanità degli sforzi, davanti all'impossibile.
Lettera di un generale dissidente a Giolitti, 1915


" Siamo balzati fuori tutti insieme: siamo a 1.000m dalle prime trincee tedesche. Il rumore dalla fucileria e del bombardamento è infernale. Un proiettile scoppia a 2m da me: una scheggia mi ammacca l'elmetto, ma non sono ferito. Altri 15m e un altro proiettile mi cade ai piedi. Abbiamo conquistato la prima linea: un centinaio di tedeschi, con le mani alzate, corrono verso di noi. Non riesco a impedirmi di sparargli addosso. Molti miei compagni sono morti, non abbiamo più ufficiali. Anche le trincee adesso sono piene di tedeschi che sono morti."


Fronte occidentale


"Non si creda agli atti di valore dei soldati, non si dia retta alle altre fandonie del giornale, sono menzogne. Non combattono, no, con orgoglio, né con ardore; essi vanno al macello perché sono guidati e perché temono la fucilazione. Se avessi per le mani il capo del governo, o meglio dei briganti, lo strozzerei".


(B.N. anni 25, soldato; condannato a 4 anni di reclusione per lettera denigratoria,1916)



leggi qui: leggi attentamente.

2 commenti:

  1. Ti ringrazio per il tuo racconto sulla prima guerra mondiale: una serie di testimonianze, solo apparentemente "minori", le voci dei soldati, che difficilmente si trovano nei libri di storia.

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  2. Molto suggestiva anche la descrizione della gita sulle Dolomiti.

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