Giacobbe lotta contro dio (Dorè)
Chi è venuto prima? Dio o il bisogno nostro di Dio? (Time, 29 nov.2004)
Il nuovo genoma: l’ultima scoperta americana: dio è un genoma del nostro DNA. L’ultimo numero di Time si apre così:
"The god gene. E’ il nostro DNA che ci spinge a cercare un potere più alto? Che ci si creda o no, alcuni scienziati dicono sì, che è così. "
Mi sembra la scoperta dell’ombrello: Feuerbach l’aveva già detto a suo padre pastore protestante: non dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza; ma l’uomo crea dio a sua immagine e somiglianza; gli americani hanno scoperto il dio-bush vincitore delle elezioni, i palestinesi conoscono bene il dio-Sharon, grande spazio mediatico vien dato dai primi due al dio-Bin Laden, signore del coltello alla gola. Sotto questa trinità giace in questo momento il pianeta terra: al di sopra dei tre c’è Polemos, la Guerra: la gran madre di tutti gli Imperi; il suo messaggero la Paura con i piedi alati: posta prioritaria elettronica che ha messo nel museo la vecchia carrozza postale a cavalli.
Chi detiene il controllo del genoma controlla il nostro DNA, ha in pugno il nostro cervello.
Quello che conta perciò non è l’aspetto filosofico, ma le conseguenze pratiche di questo bisogno umano che sicuramente c’è: lo dicono tutti, anche Marx e Freud. Se per il primo è una droga antidolore e per il secondo una illusione anti paura, il problema concreto è, per noi, quello dello spacciatore di questa droga, del venditore di queste illusioni.
Il Vaticano è così potente da noi perché si è garantito, con l’eliminazione paziente determinata metodica dei concorrenti storici, il monopolio dello spaccio; la gang che domina gli States ha dato l’ultimo colpo agli avversari con l’overdose della nuova miscela “twintowers”, spacciatore incaricato l’amico di famiglia principe saudita. In questo momento viaggiano sulla cresta dell’onda: il card. Ruini vede già il “superamento del laicismo” grazie al terrorismo islamico che ha risvegliato l’identità cristiana (Marco Politi su “Repubblica” 4 dic. Pg.23) e si prepara ai trionfi del prossimo papato.
Machiavelli nostro se la ride tra le ossa e ci sbatte sotto il grugno per l’ennesima volta il cap. XVIII del suo Principe.
Tantum religio potuit suadere malorum.
Chi mi legge pensa: guarda che ateo. Niente vero. Io non ce l’ho con la droga, ma con lo spacciatore che, attraverso essa, mi rende suo schiavo (dellospacciatore non della droga). Io voglio il self service della droga-sentimento religioso. Questo sentimento religioso è profanato dalle caste e reso veleno per le nostre anime da tutte le religioni organizzate, soprattutto quelle fondate su libri sacri e su dogmi irreformabili. Il mio è un dio vivente, anche se ignoto.
Ma come faccio a dire di essere credente? Il card. Ruini griderebbe al miracolo e indirebbe una festa per il ritrovamento del figlio perduto e ritrovato. Si son presi il vocabolario. E chi si impossessa di una parola tiene sotto tutti coloro che fossero costretti a usarla (Philip Dick)
Tutto questo insolito sproloquio per presentare un articolo di Lea Meandri e un invito di Enzo Mazzi al prossimo Forum di febbraio. Lo trovi qui.
Aggiungo una precisazione: qualcuno dice che il fallimento delle teorie non violente deriva, fra le altre cose, dal fatto che i programmi dei movimenti sono stati troppo egemonizzati dall’illuminismo settecentesco e dall’economicismo novecentesco. Può essere vero, ma solo in parte: il fatto è che il "Principe" ( che so, Wolfowitz) legge Machiavelli, se lo tiene sul comodino, lo venera come un libro sacro e lo mette in atto. Il Principe crede nel suo dio, lo insinua, lo inocula, nell’inconscio collettivo, nelle religioni ed è più bravo di noi per il buon motivo che può usare mezzi che a noi sono vietati ed assolda intermediari di tutto rispetto. Non sempre si viene sconfitti per aver sbagliato; a volte si è sconfitti proprio perché onesti. Il centro sinistra può aver perso la Sicilia perché aveva tentato di sconfiggere la mafia con Falcone e Borsellino, ma la mafia è stata più forte. Certo la mafia approfitta delle debolezze altrui, usa mezzi nascosti, striscia come una serpe. E sa che la vittoria assolve da tutti i delitti. Il vincitore si prende la ragione (=giustificazione), prima fra le spoglie di guerra, e non finirà mai di fronte alla corte internazionale: è un concetto che ho sentito esprimere da Mac Namara nella sua lunga e compiaciuta intervista confessione sulla guerra in Vietnam. L’America di Bush deve vincere a tutti i costi perché sa che altrimenti finisce al tribunale di Norimberga, che sanzionerebbe la forca per tutti i Presidenti degli USA, compreso Jimmy Carter, parola di Noam Chomsky.
Se per vincere ci vuole ancora una volta l’atomica, avanti con l’atomo. E noi facciamo i meravigliati scandalizzati per Abu Graib o per un soldato che finisce un "terrorista" ferito. E teniamo i nostri soldati a reggere il moccolo a petrolio.
Finisco davvero. Il resto, meno personale, lo trovi ancora qui.
Anzi, no: non ho finito.
Io penso di essere nello stato d’animo di una grande parte dell’umanità che oggi, scioccata dalla vittoria del diodellaguerra americano si trova disorientata ma non rassegnata.
Io dunque penso di essere Giacobbe che combatte contro dio, quel dio lì (nota 1): durò tutta una notte e ne uscì fuori con le anche rotte.
Stiamo tutti lottando contro il dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe o contro quello di Bush, di Sharon, di Bin Laden?
Stiamo lottando contro il dio di Mosè, di Cristo e di Maometto o contro quello del Ku Klux Klan, del Vaticano, dellArabia Saudita?
Giacobbe rimase solo, e un uomo lottò contro di lui fino allo spuntar dell'aurora. Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore; e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. Quegli disse: "Lasciami andare, che é spuntata l'aurora". Rispose: "Non ti lascerò partire se non mi avrai benedetto". Gli domandò: "Qual è il tuo nome?". Rispose: "Giacobbe". Riprese: "Non più Giacobbe sarà il tuo nome, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto". Giacobbe allora gli chiese: "Dimmi il tuo nome, ti prego!". Gli rispose: "Perché chiedi il mio nome?". E qui lo benedì. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel, "perché -- disse -- ho visto Dio faccia a faccia eppure la mia vita è rimasta salva".
(Genesi 32, 23-31. La lotta di Giacobbe con l'Angelo)
Mi sento in lotta contro dio in questa notte di rigurgito violento ed assassino.
Ma come faccio a dire di sentirmi Israele? Un altro vocabolo rubato.
Nessun commento:
Posta un commento