Fabrizio Gatti
Io clandestino a Lampedusa
Ripescato in mare e rinchiuso nel centro di permanenza temporanea, l'inviato dell'Espresso Fabrizio Gatti ha vissuto una settimana con gli immigrati in condizioni disumane. E' stato poi liberato con il foglio di via.
di Fabrizio Gatti
Un nome inventato e un tuffo in mare. Non serve altro per essere rinchiusi nel centro per immigrati di Lampedusa. Basta fingersi clandestino e in poco tempo ci si ritrova nella gabbia dove ogni anno migliaia di persone finiscono il loro viaggio e dove nessun osservatore o giornalista può entrare. La via più veloce per infiltrarsi nella Cayenna dell'Unione europea prevede un salto dagli scogli e qualche ora in acqua. Se non si vuole partire dalla Libia e rischiare di affondare con le barche sovraccariche, non esistono alternative. Così ho scelto un nome straniero e uno stratagemma preso in prestito da Papillon, il mitico film del 1973: per fuggire dalla Cayenna, quella vera, Steve McQueen si butta dalle rocce e si affida all'Oceano aggrappato a una zattera di fortuna. Solo che qui lo scopo non è scappare ma farsi prendere. Ed è ciò che mi è successo: ripescato da un automobilista, catturato dai carabinieri sul lettino del pronto soccorso e rilasciato la settimana dopo, la sera di venerdì 30 settembre. Libero, con la possibilità di andare a lavorare in qualunque città d'Europa come clandestino, nonostante i precedenti penali e una condanna nel 2004. Comincia e finisce così il diario di otto giorni da prigioniero nell'inferno di Lampedusa.
Leggi l'articolo. Ne vale la pena.
intervista audio a Fabrizio Gatti. La sto ascoltando mentre scrivo. Molto professionale, fa onore al giornalismo. Bravo Fabrizio! (E' davvero bravo).
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