lunedì 30 giugno 2008

E sempre torno a riveder le stelle

Quando vengo in Casentino


Antares





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La vedo sempre qui dalle Lame guardando verso sud in direzione Arezzo. Di questi tempi fa a gara con Giove, lì a fianco un po' sulla sinistra. Quellq che vedo ha impiegato 600 anni per arrivare fino ai miei occhi. Al sole bastano pochi minuti. E' la regina della costellazione dello Scorpione.

 Antares significa “rivale di Marte” perché con il suo colore arancione, questa gigante rossa sembra proprio voler gareggiare con il pianeta rosso.


Leggo da  wikipedia.



Antares è  stella di dimensioni enormi: il suo diametro è circa 500 volte più grande di quello del nostro Sole, e messa al suo posto arriverebbe all'orbita di Giove. Poiché la sua massa è di "solo" 15-18 volte quella del Sole, la sua densità è bassissima, cosa tipica per le stelle giganti e supergiganti, e i suoi strati esterni sono assimilabili ad un vuoto spinto. Gli strati esterni sono anche freddi (per una stella), e ciò le dà il colore rosso. Nonostante la bassa temperatura, il diametro enorme le permette di avere una luminosità totale circa 10.000 volte superiore a quella del Sole, e nonostante la grande distanza (600 anni luce) è una delle stelle più brillanti del cielo.


Quando Dante era in Casentino:


 Lo sol sen va", soggiunse, "e vien la sera;

non v'arrestate, ma studiate il passo,

mentre che l'occidente non si annera".  63

  Dritta salia la via per entro 'l sasso

verso tal parte ch'io toglieva i raggi

dinanzi a me del sol ch'era già basso.  66

  E di pochi scaglion levammo i saggi,

che 'l sol corcar, per l'ombra che si spense,

sentimmo dietro e io e li miei saggi.  69

  E pria che 'n tutte le sue parti immense

fosse orizzonte fatto d'uno aspetto,

e notte avesse tutte sue dispense,  72

  ciascun di noi d'un grado fece letto;

ché la natura del monte ci affranse

la possa del salir più e 'l diletto.  75

  Quali si stanno ruminando manse

le capre, state rapide e proterve

sovra le cime avante che sien pranse,  78

  tacite a l'ombra, mentre che 'l sol ferve,

guardate dal pastor, che 'n su la verga

poggiato s'è e lor di posa serve;  81

  e quale il mandrïan che fori alberga,

lungo il pecuglio suo queto pernotta,

guardando perché fiera non lo sperga;  84

  tali eravamo tutti e tre allotta,

io come capra, ed ei come pastori,

fasciati quinci e quindi d'alta grotta.  87


 
Poco parer potea lì del di fori;

ma, per quel poco, vedea io le stelle

di lor solere e più chiare e maggiori.
  90

  Sì ruminando e sì mirando in quelle,

mi prese il sonno; il sonno che sovente,

anzi che 'l fatto sia, sa le novelle.  93

  Ne l'ora, credo, che de l'orïente

prima raggiò nel monte Citerea,

che di foco d'amor par sempre ardente,  96

  giovane e bella in sogno mi parea

donna vedere andar per una landa

cogliendo fiori; e cantando dicea:  99

  "Sappia qualunque il mio nome dimanda

ch'i' mi son Lia, e vo movendo intorno

le belle mani a farmi una ghirlanda.  102

  Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno;

ma mia suora Rachel mai non si smaga

dal suo miraglio, e siede tutto giorno.  105

  Ell'è d'i suoi belli occhi veder vaga

com'io de l'addornarmi con le mani;

lei lo vedere, e me l'ovrare appaga".  108

  E già per li splendori antelucani,

che tanto a' pellegrin surgon più grati,

quanto, tornando, albergan men lontani,  111

  le tenebre fuggian da tutti lati,

e 'l sonno mio con esse; ond'io leva' mi,

veggendo i gran maestri già levati. 

(Purgatorio XXVII, 61-114)


Queste immagini ci riportano alle nottate passate da Dante tra Casentino, Mugello e Romagna in quegli anni terribili che vanno dal 1302 al 1308 (v. p.49 "La disperat ricerca di una via del ritorno" e capitolo che segue sul mio "Ivi è Romena").

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