giovedì 11 aprile 2013



Grillo, il Movimento 5 stelle, e la Nonviolenza 
 Alberto L’Abate*

Grillo, durante il suo comizio elettorale finale, in Piazza San Giovanni a Roma, ha dichiarato  di voler portare avanti  una “rivoluzione nonviolenta”. Ed effettivamente quella che sta portando avanti è una rivoluzione senza armi, pacifica, che si collega bene all’appello di Stéphane Hessel, l’ispiratore del movimento degli “indignati”, rivolto a suscitare una “rivoluzione mondiale nonviolenta”, per costruire un futuro basato su uno sviluppo compatibile con le risorse della terra e dei popoli, e su una alternativa economica più equa, giusta, ed ecologica.

Il positivo Cinquestelle
Se si va a vedere infatti il suo programma elettorale, e quanto emerge dalle sue dichiarazioni,  dai suoi comizi, e dalle tante  interviste  ai giornalisti stranieri, non si può che essere d’accordo con quanto dice e propone. E’ quasi impossibile, per una persona che si dichiari nonviolenta, non convenire con le sue critiche,  anche veementi e pungenti, contro la finanziarizzazione dell’economia, contro il predominio dei mercati, e le feroci – per i loro risultati - speculazioni delle banche. Oppure  con quelle che mettono in luce l’assurdità del portare avanti i mega progetti, che distruggono il territorio, violentano le popolazioni che vi vivono, e si prestano a grandi speculazioni, spesso anche inquinate dall’intervento di forze mafiose, come  il progetto della TAV in Val di Susa  (Piemonte), e di tutta la programmazione ferroviaria italiana  che tende a privilegiare i treni  veloci, e costosi,  a lunga distanza, (tra Milano, Roma e Napoli),  ed a sacrificare quelli locali e regionali, e quelli notturni che collegano il Sud con il Nord. E come non convenire con lui, e con le sue preziose battute,  sull’assurdità di puntare ancora, da parte di molti dei nostri politici, sull’energia basata sul nucleare, o su altre fonti energetiche dure, non riproducibili (vedi rigassificatori), mentre si trascura – noi che ne siamo naturalmente forniti -   le potenzialità delle fonti energetiche rinnovabili, come il sole, il vento, le maree,  o quelle  del risparmio energetico attraverso un buon sistema di raccolta differenziata dei rifiuti?. E sull’importanza, per il futuro del nostro paese, di uno sviluppo economico basato su una sistemazione idrogeologica del nostro territorio, o sulla riparazione delle tante scuole, o strutture pubbliche,  non a norma, e non sul procedere della cementificazione del territorio per la costruzione di case che restano invendute, o per il mantenimento di grandi impianti che inquinano e attaccano la salute  degli abitanti che vivono accanto a questi. E come non essere d’accordo con le proposte, che il  suo movimento intende presentare al Parlamento,   di ridurre le spese del  nostro apparato politico, pletorico e sprecone, ed eliminare l’acquisto degli F35, cosa già fatta da vari paesi del mondo, compreso recentemente anche gli USA, o quella di  ritirare le nostre truppe da luoghi, come l’Afganistan, dove, in teoria, dovremmo  combattere contro il terrorismo, ma, in realtà, attraverso l’uccisione dei tanti civili di quei paesi, o la nostra collusione con politici locali corrotti,  non facciamo che dare miccia al terrorismo stesso?.
Ed effettivamente molti dei membri attivi dei movimenti nonviolenti  italiani, persone che Capitini definirebbe  “persuasi” della nonviolenza, hanno collaborato al Movimento 5 Stelle, l’hanno votato,  ed alcuni di essi  partecipano normalmente alle attività che, nelle varie zone del nostro territorio, questo organizza  per mettere a fuoco i problemi e le iniziative più importanti  da portare avanti in quella zona, in attesa di presentarsi alle elezioni locali quando queste ci saranno.

L'ambiguità Cinquestelle: linguaggio, coscienza, nonviolenza, strabismo.

Ma detto questo, e grazie al loro strepitoso successo elettorale, che vede questo come il partito – anche se rifiuta questa definizione – più votato in assoluto del nostro Parlamento,    se si va a  vedere più a fondo i modi con i quali Grillo ed i suoi stanno cercando di portare avanti, a livello parlamentare, questi obbiettivi, i dubbi sulla definizione di questo come “nonviolento” sono moltissimi, soprattutto se si tiene in mente l’insegnamento di Gandhi che “il seme sta all’albero come i mezzi stanno ai fini”, e cioè sulla necessaria  congruenza tra  mezzi e fini.
Il primo dubbio, anche se sicuramente non il più importante,  nasce dallo stesso linguaggio usato da Grillo che non si limita a criticare giustamente  i suoi avversari, ma li insulta a piè sospinto apostrofandoli nel peggiore dei modi possibili.  E questo fa venire in mente invece l’importanza data dalla nonviolenza a quello che viene definito il linguaggio “io”, e cioè, dato che il nonviolento non cerca di distruggere l’avversario ma il suo obbiettivo di fondo è quello di convertirlo, invece di offenderlo e mettere a fuoco gli elementi negativi del comportamento dell’altro (esempio: sei disonesto,  ti comporti male, ecc.) cerca di fare comprendere all’avversario che il suo comportamento è dannoso per la collettività, e che mette in difficoltà anche la persona che lo critica (esempio:  il tuo comportamento mi fa soffrire), e che ci sarebbero altri comportamenti, definiti dalla  nonviolenza come “progetto costruttivo”, che sarebbe meglio suggerire  piuttosto che offendere l’avversario e lasciarlo allo stato iniziale.
Il secondo dubbio è nel rifiuto di Grillo di riconoscere l’importanza della coscienza individuale, in questo caso nel suo tentativo di imbrigliare gli eletti nel suo movimento impedendo loro di votare “secondo la loro coscienza”, e non secondo quella di Grillo o di Casaleggio. L’obiezione di coscienza è una delle armi più forti ed importanti della nonviolenza che si collega all’altra arma, ancora più  potente,  della disobbedienza civile. Non per nulla uno dei primi insegnamenti per far capire la nonviolenza alle persone è quello di educarle a disubbidire agli “ordini ingiusti”. E’ vero che l’articolo 67 della Costituzione Italiana, che Grillo vorrebbe eliminare, o almeno emendare, è servito anche  a molti parlamentari a cambiare casacca vendendosi al miglior offerente, ed è perciò comprensibile che Grillo ne abbia paura. Ma quello stesso articolo riconosce anche  la libertà di coscienza del parlamentare, e c’è il rischio, eliminando quell’articolo,  “di gettare il bambino con l’acqua sporca”,   come  dice il proverbio. Le riserve verso il riconoscimento  dell’obiezione di coscienza nel nostro paese si sono sempre trincerate dietro il rischio che dietro  di questa ci potessero essere comportamenti dettati da viltà, interesse,  o da paura. Eppure se si va a  vedere le leggi più importanti nel settore della pace e della nonviolenza approvate  dal Parlamento italiano, come, ad esempio,  quella per il riconoscimento del servizio civile alternativo al servizio militare (772/1972),  o quella che ha  riconosciuto che il servizio militare ed il servizio civile alternativo dovessero essere di uguale lunghezza (230/1998), od ancora quella  che riconosce che la difesa della patria potesse essere fatta anche senza l’uso delle armi, attraverso forme  di “difesa non armata, nonviolenta” (64/2001),  sono tutte leggi che sono costate  mesi e talvolta anche anni di carcere agli obbiettori di coscienza che si rifiutavano di fare il servizio militare, i primi, o di fare il servizio civile più lungo di quello militare, i secondi, o, infine di pagare le tasse  che vengono utilizzate  per le spese militari, nel terzo caso; in questo ultimo con le conseguenze non di andare in  prigione,  ma con  sequestri di mobili, stipendi, auto,  o altro materiale di casa (ad esempio anche intere enciclopedie) per un valore  molto superiore a quello delle tasse originarie.  Ma  questo atto di  obiezione di coscienza  non sarebbe stato sufficiente ad ottenere le leggi su citate se non ci fosse stato il ricorso alla Corte Costituzionale  da parte degli avvocati difensori degli obbiettori, e sentenze storiche di questa Corte che riconoscevano questo diritto. E questo apre il discorso ad una strategia valida per la nonviolenza  di cui parleremo in seguito.
E qui arriviamo al terzo dubbio sulla strategia di Grillo e dei grillini  sulla base dei principi e delle tecniche della nonviolenza. Chi ha lavorato maggiormente sulla costruzione di una politica nonviolenta è stato sicuramente Gandhi che viene considerato, da tutti gli indiani,  come il “Padre della Patria” per il contributo fondamentale dato da lui all’ottenimento dell’indipendenza dell’India. Ma poi al governo dell’India  è andato un suo collaboratore Nerhu, che però ha portato avanti una politica che ha scimmiottato il modello di sviluppo occidentale, e che con la nonviolenza gandhiana non aveva assolutamente nulla a che fare. Ed ancora peggio sua figlia Indira che ha addirittura messo in prigione molti  dei più importanti seguaci di Gandhi, come Jayaprakash Narayan, detto familiarmente JP, che aveva avuto il coraggio di condannare apertamente il suo nepotismo, dato che Indira aveva nominato come suo successore suo figlio Rajv.  Ma sia Vinoba che JP, i due diretti eredi di Gandhi, hanno sviluppato una teoria molto importante per il ruolo della nonviolenza in un sistema democratico, e cioè “la nonviolenza come terza forza”: secondo loro cioè la nonviolenza non deve puntare né ad essere al governo né all’opposizione, ma, sulla base di un proprio programma elaborato dal movimento  collettivamente,  deve  appoggiare sia il governo che l’opposizione per l’approvazione di leggi che vadano nella direzione desiderata dallo stesso  movimento, e  per opporsi alle altre. Questa impostazione  è estremamente importante perché non  elimina la democrazia, né svuota il Parlamento del suo ruolo, ma aiuta il governo e l’opposizione ad essere meno chiuse reciprocamente,  dando vita   ad  un ponte tra di loro  che aiuta questo  dialogo. Sulla linea della nonviolenza gandhiana anche Capitini parla di aggiunta nonviolenta alla politica, prevedendo, a tutti i livelli, dal Comune  al Parlamento, il ruolo della nonviolenza come controllo di chiunque sia al potere, in modo da evitare che vengano prese decisioni che vadano  contro la volontà della popolazione, e fatte nell’interesse di pochi. Anche per Capitini il ruolo della nonviolenza non viene visto come gestore del potere ma come “controllo dal basso”, come “aggiunta” e non come negazione della politica. Egli  non prevede affatto di eliminare il “Parlamento”, o il “Consiglio Comunale”  ma di aiutarli  a svolgere un ruolo più valido suggerendo loro  proposte elaborate dalla base, ad esempio, nei comuni, attraverso i COS (Centri di Orientamento Sociale). Questi, che si sono estesi in molte città italiane, riunivano in assemblea le cittadinanze dei vari comuni, in genere ogni quindici giorni, per discutere  e prendere decisioni, o approvare  mozioni, una volta sui problemi locali e l’altra sui problemi mondiali. Ma i grandi partiti di allora, la DC da una parte ed il PC dall’altra, non avendo piacere di essere controllati dalla base, hanno fatto di tutto perché queste esperienze si chiudessero, come è successo. Ambedue queste forme  di azione, la “nonviolenza come terza forza” o quella  della nonviolenza come “controllo dal basso” puntavano a  rendere più valido il sistema democratico arricchendolo di un’altra posizione e di altre idee. Invece certe posizioni attuali di Grillo e del suo movimento sembrano andare in direzione del tutto opposta impedendo il funzionamento del sistema democratico,  non dando la possibilità al partito di maggioranza relativa (il PD), della cui coalizione  fa parte anche il partito di Vendola (SEL) che ha un programma molto simile al suo,  di dar vita ad un governo che faccia almeno le più urgenti riforme che permettano di andare a votare con una legge elettorale migliore, e di migliorare la situazione economica dei gruppi più poveri in grave stato di stress che non possono attendere altro tempo. Invece di appoggiare questo governo a nascere, Grillo, almeno finora,  spinge perché il PD ed il PDL  facciano un governo insieme, per poi accusarli di “inciucio” sperando così di screditarli del tutto ed aumentare il proprio elettorato,  ed  arrivare, alle prossime elezioni, a  fare esso stesso il governo, per svuotare il Parlamento, dice Grillo, e dar vita ad una democrazia diretta, di tipo informatico. In termini tecnici Grillo sembra seguire la politica del “tanto peggio, tanto meglio” che è del tutto in contrasto con l’impostazione nonviolenta che è quella del “gradualismo”, del fare un passo alla volta cercando di uscire dall’attuale  crisi  con l’aiuto di tutti e non da soli.
L’ultimo dubbio, prima delle conclusioni finali, è quello sullo “strabismo” di Grillo, e finora anche del suo movimento, che mette esattamente sullo stesso piano “destra” e “sinistra”, senza tener in alcun conto: 1)  le validissime indicazioni del compianto Norberto Bobbio, che ha mostrato come, al loro fondo, le due posizioni sono molto diverse, le destre impegnate a conservare   gli squilibri sociali considerati come una molla dello sviluppo, le sinistre invece  impegnate a superarli per andare  verso società più ugualitarie; 2) del reale andamento della storia del nostro paese nel quale tutte le più importati innovazioni nel settore della pace, della nonviolenza, ed anche della lotta contro la mafia, si sono avuti, o come abbiamo visto, per i sacrifici di tanti obbiettori di coscienza che lottavano per una società nonviolenta, oppure per iniziative di base di gruppi organizzati che  si sono uniti, superando i propri settorialismi e egoismi, per fare forti pressioni dal basso che hanno portato alla approvazione di  leggi: 1) che hanno messo sotto  controllo il commercio delle tante  armi da noi costruite, e vendute,  permettendo anche, almeno sulla carta,  una riconversione in civile dell’industria bellica  (la 185/1990); 2)  oppure quella, per iniziativa di “Libera” (l’associazione di Don Ciotti) che ha permesso  di  sequestrare i beni mafiosi e metterli a disposizione della società civile (la 109/1996). Ma se si va a vedere quali erano i governi che hanno accettato le pressioni degli obbiettori e dei movimenti di base, ed hanno varato le leggi corrispondenti, si potrà vedere che erano  tutti governi dei quali facevano parte partiti del centro sinistra o della sinistra (vedi L’Abate, L’Arte della Pace, in “Inchiesta on line”, gennaio 2013). Dire perciò che  i partiti di “destra” o di “sinistra” sono tutti uguali, e comportarsi sulla base di questa impostazione, ha di fatto portato a Grillo ed al Movimento 5 stelle moltissimi voti di persone di sinistra che hanno creduto alla sua propaganda, ed  ha aiutato le destre italiane, ad esempio dando in mano ai leghisti, sia pur per pochissimi voti, il governo del Piemonte; hanno fatto vincere al Movimento 5 stelle, grazie ai voti delle destre, importanti comuni come quello di Parma; ed infine hanno anche aiutato Berlusconi a superare i grandi squilibri che c’erano tra il PDL ed il PD e ad appoggiare  la sua straordinaria rimonta alle ultime elezioni che ha messo   il PD ed i suoi alleati nelle attuali difficoltà a dar vita ad un governo stabile. Con questo non voglio assolutamente dire che il risultato delle ultime elezioni, e la crisi attuale del PD,  non sia stato dovuto, in gran parte, anche alle posizioni equivoche ed oscillanti di Bersani, dapprima impegnato a cercare  di dare continuità al governo Monti, arrivando, solo alla fine, a criticarlo ed a parlare della necessità di un profondo  cambiamento. Questa indecisione di Bersani  gli ha alienato molti voti, che sono andati in gran parte al Movimento 5 Stelle,  ma questo  passaggio  è stato aiutato anche dalla propaganda di Grillo e dal suo strabismo politico, che  ha avuto un peso non indifferente sulla incerta situazione politica attuale del paese e sullo stallo in cui siamo precipitati. 

Concludendo
Eppure, da molti punti di vista, la situazione, rispetto al precedente peso dei vecchi politici, è notevolmente migliorata e rinnovata: grazie al Movimento 5 stelle, ed alle primarie del PD e di SEL, c’è stato un notevole ringiovanimento del nostro Parlamento (l’età media della Camera è scesa dai 54 ai 45 anni, e quella del Senato dai 57 ai 53), e, soprattutto è cresciuta notevolmente la presenza,  tra gli eletti, del genere femminile (dal 20% al 31%); non siamo ancora alla parità, come sarebbe giusto per una reale rappresentanza del paese, ma ci siamo avvicinati. Ma queste novità non sono sufficienti a far funzionare bene la macchina politica del nostro paese. La giovinezza e la non esperienza di molti degli eletti potrebbe anche tramutarsi in una loro incapacità a fare scelte coraggiose, talvolta anche  disubbidendo ad ordini ingiusti (come, ad esempio,  il tentativo di Grillo di togliere loro il diritto al voto di coscienza).  Ma mi auguro che non sia necessario arrivare a queste disobbedienze, e che Grillo stesso ed il suo consulente Casaleggio capiscano che, se vogliono realmente portare avanti quella rivoluzione nonviolenta  promessa da Grillo, non basta basarsi sull’informatica, e nemmeno avere un programma congruente con una società nonviolenta,  ma che  è necessario anche utilizzare metodi di trasformazione congruenti con i dettati ed i principi della nonviolenza attiva. Per questo sarebbe importante che sia  loro, che  gli  eletti della loro lista,  studiassero  e tenessero   presenti gli insegnamenti di Gandhi e di Capitini. Parlando della  rivoluzione nonviolenta Capitini l’ha definita  come “rivoluzione aperta”,  sostenendo che questa necessita  una “politica aperta”, non legata agli interessi propri e del proprio gruppo, ma come “aggiunta” alla politica del Parlamento fatta attraverso organismi di base (COS) che formassero continuamente la cittadinanza a comprendere a fondo i meccanismi ed requisiti di una politica valida, e stimolassero e controllassero gli eletti a tutti i livelli, ed il Parlamento tutto, ad agire per il bene della collettività, e della pace nel mondo.  Attualmente il Movimento 5 Stelle sembra fare esattamente il contrario: richiede i voti di tutti perché diano ad esso il governo del paese, accetta i voti degli altri per far eleggere i propri membri alle cariche importanti,  ma non appoggia altre forze, anche non troppo distanti  come obbiettivi dalla propria (come il PD  ed  il SEL suo alleato), a mettere su un governo stabile, sia pur transitorio, per fare quelle riforme urgenti, indispensabili a far andare avanti il processo democratico del nostro paese, cambiare l’attuale  legge elettorale che  rischia, se riutilizzata, di lasciare il paese nelle stesse condizioni attuali, ed a prendere decisioni fondamentali per rimettere in  moto l’economia del paese, per poi andare a votare di nuovo, ma con una legge migliore.  Se questo atteggiamento non cambia, e non si arriva, al più presto,  a costituire un governo per fare queste cose,  temo che queste elezioni, malgrado tutti gli aspetti  innovativi detti prima, saranno ricordate come una sciagura nazionale, e serviranno a screditare ancor  più la politica, ed a far nascere  forme di protesta che con la nonviolenza non avranno nulla a che fare, nemmeno a parole.   
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*L’autore insegna “Metodi di analisi e ricerca per la pace”,  nei corsi di  “Transcend: Università internazionale, on line, per la teoria e la pratica della pace” diretta da Johan Galtung , premio Nobel alternativo per la Pace. 
 Un obbiettivo programmatico sul quale l’autore  di questo articolo non concorda con Grillo ed il suo movimento è la sua rimessa in discussione dell’Euro. Il problema, secondo l’autore dell’articolo, non è la moneta, ma la mancanza di  una   Europa realmente democratica. Le decisioni prese attualmente dal Parlamento Europeo non sono infatti cogenti, e   non sono   portate avanti se gli Stati che aderiscono all’Europa non le accettano. Questo mostra  una notevole mancanza di potere politico, e di democrazia reale, dell’Europa attuale.


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