Le Gualchiere di Remole
Venendo da Pontassieve via Rosano verso Bagno a Ripoli, sulla destra, verso il fiume. C'è un cartello indicatore. Me lo fa notare Paola, in tempo per infilarmi con la Punto nella stradina interna sterrata. Eccole le più grandi delle quattro grandi gualchiere che facevano ricchi i mercanti fiorentini e ricercato il fiorino d'oro in tutte le plaghe d'Europa. Leggo sul cartello posto dal comune di Firenze che furono costruite alla metà del trecento per ragioni igienico sanitarie. Cioè, penso io, sostituirono altri piccoli impianti fatti a ridosso se non dentro la città. Collego la cosa con la pestilenza del 1348 che si portà via più della metà della popolazione di Firenze. Uno su due. Che tempi. Tra le vittime il grande storico Giovanni Villani, tra gli scampati Giovanni Boccaccio che dalla peste fa cominciare il suo Decamerone. un pezzo di storia patria che sta andando in malora. Ma è ancora recuperabile. Coraggio, Comune di Firenze, che sei il proprietario anche se il luogo è in zona di Bagno a Ripoli. Che bel museo ci verrebbe. Anche per farci capire per bene come funzionavano questi marchingegni che producevano le più belle stoffe d'Europa, si capisce al prezzo del duro lavoro dei ciompi, salariati con pochi diritti e meno potere.
Le Gualchiere, presso la localita' Remole, sono opifici medioevali appartenenti alla corporazione dell'Arte della Lana, nei quali venivano trattati, grazie alla forza dell'acqua dell'Arno, i panni di lana. All'antico edificio erano annessi altri locali adibiti alle diverse lavorazioni: pescaia, diga, cateratte, il porticciolo per le imbarcazioni che trasportavano i tessuti. Il mestiere del gualchieraio che oggi non esiste piu', era praticato fin da tempi remoti a Bagno a Ripoli. La gualcatura o follatura o sodatura, era una fase importante della lavorazione della lana. I tessuti venivano imbevuti di sostanze acide e messi in "pile", recipienti di pietra, alle cui sommita' si trovavano aste con un pesante maglio: mosse dalla forza dell'acqua le aste spingevano il maglio sulle pezze, rendendole compatte, piu' spesse e resistenti. Le tele ancora umide venivano poi trasportate, via fiume, a Firenze per altre operazioni di finitura. Ma i gualchierai, oltre all'attivita' che competeva loro, custodivano le gualchiere e si tramandavano il mestiere di generazione in generazione; erano iscritti anche all'Arte della Lana e quindi sottoposti a tutti i vincoli imposti dalla Corporazione, almeno fino al 1782, anno della sua soppressione. Cio' che resta oggi dell'antico edificio non e' in buono stato di conservazione, tuttavia sono in atto progetti di restauro.
Dubbi e curiosità mai espresse che hanno trovato risposta nell’interessante volume, pubblicato a cura della Camera di Commercio di Firenze, "Gualchiere. L’Arte della lana a Firenze" (Edifir). Le gualchiere erano strutture medioevali che sfruttavano l’acqua del fiume per la lavorazione dei panni di lana, e quel moncone di pietra a San Niccolò è ciò che resta di una di queste costruzioni, adibita in seguito a mulino ad acqua (di questo, sì, avevamo riferimento certo in un dipinto ottocentesco del Gelati) e infine a impianto per la risalita dell’acqua. La storia delle gualchiere ci rivela in sostanza il passato di Firenze e delle zone a monte dell’Arno come centri di produzione di tessuti, da cui il nome di molte strade (Piazza del Tiratoio, via dei Saponai, corso de’ Tintori, vicolo della Seta, via dei Cardatori) e la fortuna di molte importanti famiglie fiorentine, come gli Albizi.
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