Tunisia, Tozeur (terzo giorno)
Giovedì 13 maggio 2004, a Tozeur, la perla del deserto. E' stata un'altra lunga piena giornata. Tra Douz e Tozeur c'è un mare sotterraneo che emerge, per i turisti, proprio ai due lati della strada asfaltata che unisce le due città: due lunghe strisce d'acqua salata, azzurra da una parte, rossastra dall'altra, e intorno il deserto piatto appunto come il mare sottostante.
Tozeur ha un'architettura elegante, stile proprio e specifico, basato su un disegno dei muri esterni fatto con i mattoni incastrati ad angolo, in modo da fare come una trina. Questa per esempio è la Medina, il vecchio centro città. Siamo dentro una grandissima oasi di palme da dattero, in una camera d'albergo con vista sul cortile interno (piscina e giardino) e più lontane le dune, oltre l'oasi. Uno spettacolo.
La casa museo del ricco signore di fine ottocento ci ricostruisce gli interni d'un epoca con un certo gusto. La Medina elegante e pulita, più rarefatta e fredda, contrasta nella mia mente con quella di Fez, in Marocco, bella e terribile di vita lottata prima che vissuta, profondamente coinvolgente. Ma, per oggi, preferisco questa, senza l'assedio dei mendicanti.
Appena il tempo di rifocillarci e via verso le montagne di Tamerza dove l'acqua scaturisce dalla roccia, come toccata dalla verga di Mosè. Una valle profonda coperta di palme, un ruscello perenne che scorre, ranocchi veri che squazzano nell'acqua e il paese di Chebica, abitato dai Getuli prima dei Romani, distrutto nel 1969 da una pioggia torrenziale durata due giorni che prima ha sfondato i tetti di foglie di palma, inzuppati fradici, e poi a dilavato via le pareti d'argilla. Oggi il paese è giù a valle, fornito d'acquedotto e attrezzato per ricevere la moderna manna del turismo. Cioè noi. Che però proseguiamo per le montagne, superiamo il passo e ci troviamo alla "grande" cascata di Kebili, mi pare si chiami così.Ritorno a Tozeur, stanchi morti e soddisfatti.
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