martedì 22 febbraio 2005


Odissea svizzera 
La Svizzera mi piace per due cose, una cosa che si vede e una che non c’è: le montagne innevate del 17-20 febbraio 2005 e i monumenti ai caduti che qui non ci sono, ma che riempiono le piazze dei più sperduti insediamenti umani in tutto il resto d’Europa..
L’unica caduta è stata la  mia a 2500 m. con un po’ di nebbia per il tipico giramento di testa che prende a molti nella doppia circostanza (altitudine e nebbia). Mi era già successo many years ago a Cervinia tra il Plateau Rosa e Plan Maison: allora ci volle il toboga; questa volta è bastata una pasticca di zucchero di Lucignolo, al secolo Pierfrancesco Martini.

Per la cronaca: il nome Odissea deriva dal fatto che il gruppo di sciatori cambia comprensorio ogni giorno, col pulman al seguito che a fine giornata ti porta alla destinazione del giorno seguente, nuovo albergo. Così era stato 3 anni fa con l’Odissea Francese (Deux alpes, Val Thorens, Les Menuires…); questa volta si è trattato di un Odissea posta su tre direzioni radiali: Laax-Flims-Falera, poi Davos-Klosters, infine Valbella-Churwalden. L’albergo a Chur, un amore di centro storico medioevale (vedi foto). L’ultimo giorno gli ulissidi non rientrano in albergo: si cambiano in pulman e prendono immediatamente e direttamente la via del ritorno. Mordi e fuggi. Tre giorni intensivi: il lunedì tutti al lavoro, anche Bianca che ha lasciato gli sci sepolti sulla neve fresca di Klosters: li riprenderà a primavera. La neve fresca e farinosa; proprio così: era caduta per noi fino al giorno prima del nostro arrivo. Non una lastra di ghiaccio; non avevo mai fatto tante nere divertendomi così, senza patemi (Io sono tecnicamente e anagraficamente da piste rosso-azzurre); ci siamo scapicollati su pendenze, dicono i miei esperti maestriTrail Ducci e Martini, superiori alla nera della Gran Risa. Mi sento come Bush quando passa in rivista il suo esercito ammazzasette. Tanto è vero che il biancore del sole risplendente sulla neve ha un potere euforizzante.

Per la cronaca va segnalata l’organizzazione svizzera: quando Bianca è rimasta bloccata sulla neve fresca, senza sci e nell’impossibilità di muoversi, assenti per circostanze impreviste tutti i compagni del gruppo fiorentino, è stata avvistata dall’elicottero di ronda, recuperata col toboga, senza spesa di alcun genere.

Nota di geografia: Chur si trova lungo la strada che va da Lugano a Zurigo, lato est della Svizzera; lingua tedesca.

Alla magia della neve dedico due poesie e il gran finale de "I morti" di Joyce. Le poesie sono le prime regalatemi da google. 

             
La neve è una poesia.
Una poesia di un candore smagliante.
In gennaio ricopre la metà settentrionale del Giappone.
Lì dove viveva Yuko la neve era la poesia dell'inverno.
Contro il volere del padre, nei primi giorni del gennaio 1885 Yuko intraprese la carriera di poeta.
Decise di scrivere solo per celebrare la bellezza della neve. Aveva trovato la propria strada. Sapeva
che quella vita sfolgorante non l’avrebbe mai stancato.
 
Nei giorni di neve prese l'abitudine di uscire assai presto di casa e incamminarsi verso la montagna.
Per comporre le sue poesie andava sempre nello stesso posto. Si sedeva a gambe incrociate sotto un
albero e rimaneva così per ore e ore, vagliando in silenzio le diciassette sillabe più belle del mondo.
Poi, quando infine sentiva di possedere la sua poesia, la vergava su carta di seta.
Ogni giorno una nuova poesia, una nuova ispirazione, una nuova pergamena. Ogni giorno un
paesaggio diverso, una luce nuova.
Ma sempre l'haiku e la neve. Fino al calar della notte.
Rientrava sempre per la cerimonia del té. 
              Chôsui (Giappone)

La bianca betulla
La bianca betulla
sotto la mia finestra
s'è coperta di neve
come d'una coltre d'argento.
Sui rami piumosi
dalla cimosa di neve
si sono sciolti i fiocchi
d'una bianca frangia.
Sta ritta la betulla
nella quiete assonnata
e arde la neve
nel fuoco dorato.
Ma l'alba,pigra
girando intorno,
cosparge i rami
d'un argento nuovo.
poesia dall'Ucraina (S. Esenin)


A few light taps upon the pane made him turn to the window. It had begun to snow again. He watched sleepily the flakes, silver and dark, falling obliquely against the lamplight. The time had come for him to set out on his journey westward. Yes, the newspapers were right: snow was general all over Ireland. It was falling on every part of the dark central plain, on the treeless hills, falling softly upon the Bog of Allen and, farther westward, softly falling into the dark mutinous Shannon waves. It was falling, too, upon every part of the lonely churchyard on the hill where Michael Furey lay buried. It lay thickly drifted on the crooked crosses and headstones, on the spears of the little gate, on the barren thorns. His soul swooned slowly as he heard the snow falling faintly through the universe and faintly falling, like the descent of their last end, upon all the living and the dead.


Un battere leggero sui vetri lo fece voltare verso la finestra. Aveva ripreso a nevicare. Assonnato guardava i fiocchi neri e argentei cadere di sbieco contro il lampione. Era venuto il momento di mettersi in viaggio verso l'ovest. I giornali dicevano il vero: c'era neve dappertuto in Irlanda. Neve che cadeva su ogni punto dell'oscura pianura centrale, sulle colline senz'alberi; cadeva piana sulle paludi Allen e più a occidente sulle fosche onde rabbiose dello Shannon. E anche là, sul cimitero deserto in cima alla collina dov'era sepolto Michael Furey. S'ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle tombe, sulle punte del cancello e sui roveti spogli. E l'anima lenta gli svanì nel sonno mentre udiva la neve cadere lieve su tutto l'universo, lieve come la discesa della loro ultima fine su tutti i vivi, su tutti i morti."
(James Joyce - "I morti" in Gente di Dublino, 1907

Un ricordo anche agli "impressionisti sulla neve" della bellissima mostra di Torino: ore e ore al freddo con le mani via via riscaldate al braciere mobile del loro piccolo carretto.
Le foto nell'Albo, alla cartella "neve". Prova anche qui direttamente.

Nessun commento:

Posta un commento