giovedì 10 maggio 2007


Lectio magistralis (II)


IL DOLORE INUTILEDI FRANCO TOSCANI


da: l’Ateo n° 3 – maggio 2007

Riportato sul “Il Punto” n.34 periodico online di Libera Uscita

(le sottolineature sono del Barba)

La medicina non è stata immune da questo modo di pensare, che si intravede da aforismi del tipo “Si deve soffrire se si vuole guarire”, “Il medico pietoso fa la piaga purulenta”, oppure “Di dolore non si muore, ma d'allegrezza sì”.

Sedare dolorem sarà anche stato sempre considerato opus divinum: tuttavia ben poco la medicina si è sforzata di provvedervi. A parziale sua discolpa sta il fatto che il dolore è un sintomo importante, uno degli elementi cruciali per individuare e monitorare una malattia, tanto più quando l’unico strumento diagnostico disponibile erano le mani e gli occhi del medico.

Oggi però abbiamo a disposizione mezzi di indagine molto precisi, ed il sintomo dolore è utile solo per un primo inquadramento diagnostico: ciononostante, l’abitudine a sottostimarlo e a curarlo poco e male è ancora la regola.

Eppure è da molto tempo che si conoscono farmaci analgesici di grande efficacia. Il succo essiccato del Papaver Somniferus, pianta originaria dell’Asia Minore, e chiamato “oppio” da Teofrasto, era conosciuto ed usato dai Sumeri nel terzo millennio a.C. ed è nominato nel papiro egizio di Ebers, della metà del secondo millennio, e in alcune tavolette assire del settimo secolo. Probabilmente era conosciuto anche da Omero, che cita un phàrmakon usato da Elena per lenire il dolore proprio e quello degli eroi che la circondavano. Ippocrate, Democrito, Galeno e Plinio ne parlano nei loro scritti, ed Andreas, medico di Tolomeo Filopatore, lo prescriveva nella pratica oftalmica.

Dioscoride, vissuto nel I sec. D.C., conosce l’uso dell’oppio, della cannabis, del solanum e del giusquiano, e ne fa uso per rendere il malato insensibile al dolore. L’hakim Albucasi ne descrive minuziosamente la estrazione dalla capsula del papavero. Gli Arabi l’introdussero in tutta l’Asia e i crociati ed i medici ebrei in Occidente, dove era caduto nell’oblio durante i secoli bui. Raimond de’ Viviers, medico di Clemente VII, ne consiglia l’uso regolare al pontefice. Nel ‘500, Paracelso, grande prescrittore e consumatore in proprio di oppio (che definiva “chiave dell’immortalità”) ne raccomandava l’uso per gli effetti sonniferi ed analgesici. In pieno ‘600, l’inglese Thomas Willis dimostrò che esso agisce sul sistema nervoso centrale, deprimendo le funzioni della corteccia. Sydenham, uno dei padri della medicina moderna, inventore e degustatore del laudano (una soluzione alcolica di oppio) scrisse nel 1680: “Tra i rimedi che la Misericordia Divina ha donato all’uomo per lenirne le sofferenze, nessuno è così universale ed efficace come l’oppio”. Tra i suoi allievi, Dower, più noto come corsaro al servizio della corona d’Inghilterra, inventò la “polvere di Dower”, somministrata ai feriti della sua ciurma dopo la battaglia. “Spugne soporifere”, a base di oppio erano usate da alcuni chirurghi fino al Seicento. E’ noto che gli interventi chirurgici sono molto dolorosi: ciò malgrado, anche l’anestesia ha stentato ad essere accettata.

L’etere fu scoperto da Raimondo Lullo nel ‘200, ma non fu utilizzato fino al XIX secolo. Il Paré, uno dei più grandi chirurghi del passato, respinse ogni forma di anestesia. Nel XVII secolo il barbiere-chirurgo Bailly de Troyes cercò di anestetizzare i suoi pazienti, ma le corporazioni mediche insorsero e lo fecero condannare da un tribunale.

Nell’ottocento viene scoperto ed utilizzato il protossido d’azoto, l’etere, e il cloroformio, e, grazie a loro, l’anestesia permise lo sviluppo della chirurgia moderna, nonostante idroterapeuti, omeopati e suffragette vi si opponessero giudicandola come pratica innaturale.

Anche la religione entrò nella polemica: quando nel 1847 James Young Simpson la introdusse nella pratica ostetrica, il clero calvinista scozzese considerò il parto indolore un insulto alla Bibbia. Young si difese sostenendo che persino il Padreterno addormentò Adamo quando gli tolse la famosa costola, ma ci volle la Regina Vittoria, aiutata dal cloroformio a partorire il suo ottavo figlio, a mettere a tacere la protesta.

Tutto ciò è cosa del passato?

Assolutamente no: oggi si conosce tutto sull’uso degli analgesici, sui loro meriti e sul modo di usarli. L’anestesia è un cardine della moderna medicina, ed altre discipline, come l’algologia e la medicina palliativa, hanno fornito conoscenza e regole per il controllo del nemico atavico.

Eppure in molti paesi, tra i quali l’Italia, il dolore è sottostimato, poco considerato e pochissimo curato, tanto che il Ministero della salute ha intrapreso azioni concrete per convincere i medici a trattarlo.

Medici cattivi? Crudeli? Ignoranti? Mala sanità? Assolutamente no: semplicemente figli inconsapevoli di un modo d’essere e di pensare vecchio di secoli.

(continua)

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