La umana commedia
post n.1
Storie parallele
(ieri e oggi)
Ieri
Decameron: le 10 giornate
Reduce da un breve ciclo di lezioni frequentato qui a Firenze all’Università dell’Età Libera (la mia), non riesco a liberarmi dal pensiero della grande analogia tra il mondo rappresentato dal Boccaccio nel suo Decameron e il mondo raccontato, rappresentato e vissuto da tutti noi in questa grande ribalta teatrale del mondo da noi abitato.
Tutti conosciamo la Commedia di Dante che così meritamente ci sta spiegando la nostra dolce e cara blogghista Eunoè che trovate qui linkata (dio mio) sotto “e quindi uscimmo a riveder le stelle”; è il viaggio di salvezza dalla selva selvaggia di questa “aiuola che ci fa tanto feroci” alla “candida rosa” del Cielo Empireo, là dove Dante finalmente vede “la forma general di paradiso”.
Aiutato dalle indicazioni e dalle suggestioni del relatore del corso Prof.Duranti, riandando ai lunghi anni di studi trascorsi nella scuola prima dietro i banchi e poi dietro la cattedra, sento profonda l’esigenza di attentamente valutare quest’altro messaggio di salvezza che ci viene da un certaldese, figlio naturale di un ricco banchiere e che aveva 8 anni quando Dante, assistito da Beatrice figlia, in quel di Ravenna, si ricongiunse per la seconda volta e definitivamente con la Beatrice celeste che così aveva pregato:
Tu m’hai di servo tratto a libertade
Per tutte quelle vie per tutti i modi
Che di ciò fare avei la potestate.
La tua magnificenza in me custodi,
sì che l’anima mia che fatta hai sana,
piacente a te dal corpo si disnodi. (Paradiso XXXI, 85-90).
Boccaccio aveva dunque 8 anni nel 1321 e 35 nel 1348, “quando nell’egregia città di Firenze, oltre ad ogni altra italica nobilissima, pervenne la mortifera pestilenza…”.
Scrive queste parole quando ancora metà delle case eran rimaste “di famiglia vote”. Fiorentini deceduti:96.000; la metà della popolazione! Poco prima, gli era morto il padre, che l’aveva richiamato dagli ozi di Napoli per la crisi dell’Ambrosiano, volevo dire della Banca dei Bardi e si era dovuto assumere l’amministrazione familiare. Nonostante ciò, trova il tempo (1349-51) per scrivere, non con il computer, ma a lume di candela e penna d’oca, 100 novelle, incastonate in una cornice storica vera perché direttamente vissuta.
Anche lui si trova in una selva selvaggia e aspra e forte o, se si vuole, in una Firenze simile a quella del post alluvione 1966 (io c’ero). La situazione veramente ancora una volta “a dir qual’era è cosa dura”. Come se ne esce? Per Dante si muovono, da lassù, 3 donne benedette (Maria, Beatrice, Lucia), una delle quali scende nell’atrio sottostante al Paradiso, si presenta a Virgilio e lo manda in soccorso, come tutti ben sappiamo. La commedia (=dramma, teatro della vita) si risolve con l’intervento divino.
Qui no: la commedia rimane dal principio alla fine nell’ambito umano, in termine filosofico “immanente”. Non è una differenza da poco, a così breve distanza dalla “divina” – che lui Boccaccio amò tanto da copiarla 3 volte di sua mano, da capo a fondo. Insomma mentre in Firenze, Toscana e tutta (vedremo) l’Europa le città si riempiono di cappelle e santuari votivi dedicati alla madonna salus infirmorum ( anche al mio paese c’è “la madonna del morbo”), questo certaldese figlio di mercante, inventa 2 ville in quel di Fiesole, ci manda 10 giovani con i loro inservienti, e facendoli raccontare, investiga la vita e il suo significato, studia gli uomini “come sono” e dall’insieme dei loro comportamenti estrae un succo della storia umana che fa scrivere ai critici parole come queste:
la disgregazione sociale superata nella socialità serena e decorosa della brigata è uno schema in cui si riflette il motivo centrale del Decameron.
In altre parole, per uscire dalla selva selvaggia e aspra e forte di questo casino di mondo, occorre mettersi insieme e cercare al nostro interno, con le sole nostre forze, la via d’uscita, se ce n’è una.
Oggi.
Pentadecadone: le 5 decadi
Anno 2050: la terra morirà.
Mi vesto da certaldese ed abbozzo il mio Decameron che si chiamerà, provvisoriamente, Pentadecadone, 5 decine d’anni, quanti ne rimangono tra noi e la peste nera che colpirà il Pianeta Terra nel 2050, quando la terra morirà, secondo la relazione pubblicata dal WWF.
LONDRA — Manca solo di conoscere l'ora, che verrà resa nota domani, dal WWF. Un ultimo dettaglio prima di aspettare la fine del mondo, che gli esperti World Wildlife Fund, prevedono tra 48, forse 50 anni, non oltre il 2050.
Chi s'aspettava di dover leggere tra le righe della ricerca che la catastrofe sarà provocata dallo scontro tra la Terra e un asteroide o con la Luna, come qualche scienziato ha ipotizzato, è rimasto deluso, ma anche molto spaventato. Per la ragione che di tempo a disposizione, ne è rimasto davvero poco.
Il rapporto del WWF individua un solo responsabile per la distruzione del nostro pianeta: l'uomo. E' lui la causa di tutto. Il suo incosciente comportamento porterà all'estinzione di molte specie animali, all'inquinamento delle risorse idriche, alla morte dei pesci nei mari e alla scomparsa delle foreste. In altre parole, alla fine del genere umano, prevista per il 2050. Una visione catostrofica alla quale gli esperti dell'organizzazione internazione per l'ambiente non sono pervenuti per caso, ma sulla base dei dati scientifici, che abbracciano gli ultimi tre decenni, durante i quali si sono registrare delle radicali mutazioni causate dallo sfruttamento delle risorse naturali. D'altro canto i numeri sono chiari: nel 1970, anno preso come base di riferimento per la ricerca, nel Mar del Nord venivano pescati 264 mila tonnellate di merluzzi, mentre nel 1995 appena 60 mila. L'inquinamento atmosferico è aumentato notevolmente tanto che negli Stati Uniti, che è il paese con la più alta percentuale di emissione nell'aria di anidride carbonica, ogni anno vengono perduti 12,2 ettari di terreno coltivabile, in Gran Bretagna 6,29, in Etiopia 2,5 e un ettaro in Burundi; le foreste, dal 1970 al 2002, sono diminuite del 12 per cento.
I dati sono inconfutabili e confermano che s'arriverà ben presto a una riduzione delle risorse idriche d'acqua dolce e di ossigeno. Dobbiamo fare in modo che l'uomo non saccheggi più la Terra, che riduca drasticamente il suo sfruttamento. In caso contrario, assisteremo alla fine del mondo». Occhi puntati all'Earth Summit di Johannesburg, anche se le posizioni tra i paesi che hanno aderito al vertice, sono molte diverse tra loro. Soprattutto quella degli Stati Uniti, fortemente contraria a una riduzione dei consumi. E dire che un cittadino americano sfrutta il doppio delle risorse di un cittadino britannico e 24 volte di più di un abitante dell'Africa.
lunedì 8 luglio 2002 (www.iltempo.it)
Come si vede la sceneggiatura si articola su 2 piani paralleli che si alternano secondo la legge dantesca del contrappasso per analogia: ieri la peste nera, oggi il consumismo (WWF), che ci consuma e divora.
Il nostro analfabeta di ritorno, tessera n. 625, lo chiama comunismo, lo stupid white man lo identifica col terrorismo, la tessera n. 626 lo evoca a tutte le ore su Mediaset con lo spell (formula magica) “consigli per gli acquisti”.
Le fonti che, come Virgilio nella Divina Commedia, spandon di parlar sì largo fiume, qui nel Pentadecadone, le chiamerei Giovanni Sartori e Noam Chomsky.
Il primo dà alla peste il nome di bomba demografica, il secondo di impero nordamericano. Come avremo agio di vedere.
Comunicazione di servizio a tutti i cyber-passanti:
questa seconda storia può essere fatta a più mani, attraverso i commenti o tramite email.
Quello che qui appare va considerato una bozza ed è suscettibile di continue riformulazioni; a cominciare dal titolo. I Promessi Sposi partirono col titolo di Fermo e Lucia se non erro. Pentadecadone, per es., potrebbe divenire Decalustro, i 10 lustri che ci separano dalla fine annunciata dal WWF.
La umana commedia
fine post n.1
Come certo già immagini, questa idea mi sembra meravigliosa, anche perché può alimentare quel dialogo e quello scambio di idee a cui ogni "blogger" aspira. La penna, o meglio la tastiera, di uno come te, che da tempo si occupa di argomenti letterari e di attualità, può essere (per me lo è) un grande stimolo alla lettura, alla conoscenza, un domani anche all'impegno. Complimenti! E divertente la battuta sull'Ambrosiano! Anche se il tuo discorso è molto serio. Buona giornata!
RispondiEliminaRicevuto. Stiamo un po' a vedere.
RispondiEliminaRileggendomi noto una inesattezza là dove detto "nel 2050, quando la terra morirà". Correzione: "quando l'umanità scomarirà". Ci chiarirà il concetto Giacomo Leopardi nel "Dialogo del folletto e di uno gnomo".
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