venerdì 20 maggio 2005

Balzac





E' nato il 20 maggio 1799 a Tours (+ Parigi 1850)

Leopardi aveva 11 mesi      (+ Napoli 1837)

Vite brevi e tanto diverse. Grandi tutti e due.


"Il compito dell'arte non è di imitare la natura, ma di esprimerla.

La rassegnazione è un suicidio quotidiano

L'avarizia inizia dove finisce la povertà 

 Il giornalismo è un inferno, un abisso di iniquità, di menzogne, di tradimenti, che è impossibile attraversare e dal quale non si può uscire mantenendosi puri.
( dedicato ai mass media di regime, ai giornalisti enbedded)

L'abbigliamento è l'espressione della società (dedicato a Pitti moda).

Ciò che rende l'amicizia indissolubile e raddoppia il suo fascino è un sentimento che manca all'amore: la certezza (
dedicato a Paola che, da moglie divenuta amica, mi dà la certezza dell'amore)

Il romanzo è la più grande creazione moderna. Succede alla commedia che, con le sue vecchie leggi, non è oggi più possibile. Il romanzo abbraccia il fatto e l'idea con invenzioni che esigono lo spirito di La Bruyère e la sua morale incisiva, i personaggi trattati come li intendeva Molière, le grandi macchinosità di Shakespeare e la riproduzione della sfumature più delicate della passione, unico tesoro che ci abbiano lasciato i nostri antenati. Perciò il romanzo è di molto superiore alla discussione fredda e matematica, all'arida analisi del diciottesimo secolo.

Il caffè carezza la gola e mette tutto in movimento: le idee caricano come i battaglioni di un grande esercito; il combattimento inizia. I ricordi si dispiegano come stendardi. La cavalleria leggera si lancia in superbo galoppo. L'artiglieria della logica avanza con i suoi ragionamenti e le sue concatenazioni implacabili, i motti di spirito fischiano come proiettili. I personaggi prendono forma e si distinguono l'uno dall'altro. La penna scorre sulla carta, il combattimento  raggiunge una violenza estrema, poi  muore con un fiotto di sangue nero come in un campo di battaglia che svanisce sotto una nuvola di polvere."


Balzac ne bevve più di 60.000 tazze nello scrivere la Comédie Umaine. Sempre caffè doppio.


Chi di noi, che sia stato a Parigi, non ha visitato Père Lachaise? C’è anche Balzac.  Se vuoi rivedere il posto clicca qui e troverai, insieme a Balzac e Chopin, Edith Piaf, Yves Montand, J.P. Sartre e tutti gli altri.


Mi ha sempre colpito il giudizio di Engels: in una lettera del 1888, indirizzata a Margaret Harkness, poteva addirittura affermare di aver imparato molto di più dalla lettura della Comédie Humaine, in merito alla ascesa della borghesia, di quanto non avesse appreso "da tutti gli storici professionisti, gli economisti e gli statisti del periodo, messi insieme"


Suggerimento di lettura


Illusioni perdute 

 

Ad Angoulême, nella stamperia che nel 1793 Séchard rileva a un prezzo irrisorio grazie alla connivenza di un repubblicano, c’è un problema da risolvere: il proprietario è analfabeta. Sono gli stessi eventi storici che gli hanno consentito di avere la stamperia a porvi rimedio. A stampare i decreti che sanciscono la pena di morte per i cittadini che nascondono i nobili è infatti un conte che, pur di non abbandonare le proprie terre, lavora come proto alle dipendenze di Séchard nascondendosi in attesa di tempi migliori. Un prete lo sostituisce dopo il 1795 fino a quando la religione cattolica non viene ristabilita da Napoleone. "Più tardi il conte e il vescovo si sarebbero incontrati sullo stesso banco della Camera dei pari", commenta lapidario il narratore. Qualche anno dopo nella stessa stamperia lavorano due giovani amici, David, il figlio di Séchard, e Lucien, poeta ricco solo del proprio talento. Legati da un profondo affetto, i due sono specialmente accomunati dall’insoddisfazione per una realtà che non risponde ai loro desideri. David vi si rassegna, confortato almeno dalla realizzazione del suo sogno d’amore e dalla speranza in un’invenzione che li renderà ricchi. Lucien si trova invece catapultato a Parigi dove conosce, grazie a una condotta spregiudicata nel mondo del giornalismo, un successo rapido e folgorante e, per la stessa ragione, un’altrettanto rapida e inesorabile rovina. Ma "lo splendido contrasto" tra la vita di David in provincia e quella di Lucien nella capitale, su cui Balzac dice di costruire il romanzo, risulta smentito dai fatti. Esso viene infatti negato da una morale secondo cui ciò che conta è solamente il non coltivare illusioni che possano precludere una visione disincantata della realtà. Per il fatto di non saper vedere correttamente, vale a dire per la loro incapacità di percepire la complessità del reale e di valutare gli effetti delle loro scelte alla luce dei meccanismi sociali e politici, i protagonisti dovranno assistere al massacro delle loro illusioni. Faranno in questo modo i conti con una realtà che premia chi sa affrontarla nella sua durezza senza rifugiarsi nel conforto delle illusioni. Proprio come hanno saputo fare i proti che nella stamperia di Séchard si sono pazientemente avvicendati pagando alla storia un pedaggio necessario alla loro riabilitazione o come tutti coloro che, senza scandalizzarsi, accettano il loro ruolo in una società che in nulla diverge da un teatro: la realtà sta infatti dietro le quinte, mentre il palco è fatto per raccogliere gli applausi che spettano a chi ha saputo recitare bene o comunque meglio degli altri. Illusioni perdute, in questa bella traduzione di Minsenti corredata da note accurate e da una postfazione ben informata, si offre dunque al lettore come romanzo fondamentale del percorso balzachiano, sia per gli importanti temi trattati sia per la maestosa rappresentazione della società francese, proposti con tutto il vigore di un’arte narrativa e di uno stile nel pieno della loro maturità.


Daniela Schenardi


 

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