venerdì 17 giugno 2005

Il popolo non si muove per raziocinio ma per bisogno



Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli (1799)

Assaggio storico sulla controversia post-referendaria (2005)



Sono andato a rovistare (browser) tra i bit per ritrovare il punto in cui Vincenzo Cuoco, grande storico della grande sfortunata rivoluzione di Napoli - 1799 - usciva nella frase "il popolo agisce in base ai bisogni non in base alle idee"; così me la rimandavano i miei ricordi scolastici. Questo perché mi serve a capire (cercar di capire) i risultati dell'ultimo referendum, di cui leggo da ogni parte a ogni piè sospinto. Ma particolarmente interessante è per me l'interscambio interno al gruppo di Libera Uscita che frequentemente riporto nel blog. Chi è il bue: il popolo che rifiuta il referendum o coloro che ce l'avrebbero voluto mandare? ecc.



La frase l'ho trovata al cap.VII, ultimo paragrafo. Eccolo:



Se il re di Napoli avesse conosciuto lo stato della sua nazione, avrebbe capito che non mai avrebbe essa né potuto né voluto imitar gli esempi della Francia. La rivoluzione di Francia s'intendeva da pochi, da pochissimi si approvava, quasi nessuno la desiderava; e, se vi era taluno che la desiderasse, la desiderava invano, perché una rivoluzione non si può fare senza il popolo, ed il popolo non si move per raziocinio, ma per bisogno. I bisogni della nazione napolitana eran diversi da quelli della francese: i raziocini de' rivoluzionari eran divenuti tanto astrusi e tanto furenti, che non li potea piú comprendere. Questo pel popolo. Per quella classe poi che era superiore al popolo, io credo, e fermamente credo, che il maggior numero de' medesimi non avrebbe mai approvate le teorie dei rivoluzionari di Francia. La scuola delle scienze morali e politiche italiane seguiva altri princípi. Chiunque avea ripiena la sua mente delle idee di Machiavelli, di Gravina, di Vico, non poteva né prestar fede alle promesse né applaudire alle operazioni de' rivoluzionari di Francia, tostoché abbandonarono le idee della monarchia costituzionale. Allo stesso modo la scuola antica di Francia, quella per esempio di Montesquieu, non avrebbe applaudito mai alla rivoluzione. Essa rassomigliava all'italiana, perché ambedue rassomigliavan molto alla greca e latina.



Ma il bello è anche al cap.XXV, perché mi dà una risposta al grande problema dell'Italia d'oggi: Chiesa e Stato, laici e fondamentalisti, clericali e anticlericali...

Cap. XXV

La condotta di molti repubblicani era tanto piú pericolosa quanto che si restringeva alle sole parole: mentre si minacciavano i preti, si lasciavano; ed essi ripetevano al popolo che gli agenti del governo l'aveano piú colla religione che coi religiosi, perché, mentre si lasciavano i beni, si attaccavano le opinioni. Si avrebbe dovuto far precisamente il contrario, ed allora tutto sarebbe stato nell'ordine.

Traduzione ad usum sui. (Barbaalba pro domo sua)

La condotta di molti laici è tanto più pericolosa quanto più essa si restringe alle sole parole: mentre si minacciano i Ruini, i Baget Bozzo, si lasciano a loro tutti i privilegi, le esenzioni fiscali, il segreto bancario, l'8/°°°, le antenne radio-TV, le cattedre di catechismo nelle scuole pagate coi nostri soldi; così essi ripetono al popolo che i laici ce l'hanno più colla religione che coi religiosi. Questo essi possono fare, perché, mentre si lasciano e anzi si accrescono i loro beni, si attaccano le opinioni. Si dovrebbe fare precisamente il contrario e allora tutto sarebbe nell'ordine.

Cioè: posso imprecare contro il card. Ruini, dir bravo a D.Gallo, ma se non tolgo a Ruini tutti i privilegi di cui l'ho materialmente fasciato, Ruini, nel mentre che metterà la mordacchia a D.Gallo, potrà dire che i laicisti ce l'hanno con la santa religione, di cui lui è l'unico legittimo rappresentante da noi riconosciuto ( a tutti gli effetti:economici, giuridici, di rappresentanza).




Per VINCENZO CUOCO,SAGGIO STORICO SULLA RIVOLUZIONE DI NAPOLI 1806  vedi qui.

3 commenti:

  1. Penso sia un po' anacronistico confrontare i repubblicani del XIX secolo con i laici di oggi. Anche perchè Un po' mi dispiace confontare Capezzone con Mazzini. Inoltre credo sia esagerato dire che gli italiani ce l'hanno con i religiosi e/o con la religione. Penso che il problema sia estremamente gonfiato e politicizzato. In questo referendum la Chiesa era parte in causa, come lo era la scienza. Non la Chiesa in quanto istituzione, ma come portatrice di determinati valori che coinvolgono sicuramente più Italiani di quanto ne coinvolga Pannella. E i valori della Chiesa, anzi delle religioni, non sono forse gli stessi su cui si fonda lo stato laico? In realtà queste divisioni presunte sono solo il frutto di una concezione mentale umana che divide in "sfere" la società per orientarvisi. L'interazione reale tra queste sfere è naturale e necessaria, i valori civili non si possono realmente dividere. E' il dialogo che fonda la società, la democrazia. Nel XIX secolo l'odio per i religiosi o per la religione poteva esserci, un altro contesto storico: uno stato teocratico fermava il sogno di un'Italia unita. Tuttavia quest'odio era radicato in poche persone, nei repubblicani più intransigenti, non nel popolo. Oggi la Chiesa è parte integrante del dialogo sociale, della democrazia. La maturità di uno Stato sta nell'accettare questo dialogo,non nel trincerarsi dietro la "non ingerenza". Ecco perchè in fondo, già prima del referendum e a prescindere dal suo esito, consideravo questa prova, questo dibattito, come un grande confronto che c'è stato, una cosa positiva. E non mi si dica che il dibattito non c'è stato perchè gli italiani non hanno votato. Volenti o nolenti, con questo sitema referndario, l'astensione è un voto. Chi sostiene il contrario stia attento: domani potrebbe averne bisogno.

    RispondiElimina
  2. Grazie delle considerazioni. Il problema penso che sia più interno alla chiesa che allo stato. Tu usi il termine chiesa quando io penso vaticano. Non si tratta di odio. Nessuno vuol male al parroco della sua zona. Sta di fatto che il vaticano tende a imporre le sue regole religiose prima sui preti e fedeli dissidenti, ma poi anche sui non classificati. Si dà troppo da fare per insegnare la morale anche a chi in chiesa non va. Le libertà civili entrano in crisi quando le regole religiose entrano nelle Leggi dello Stato. Lo pensiamo in tanti.

    RispondiElimina
  3. "E i valori della Chiesa, anzi delle religioni, non sono forse gli stessi su cui si fonda lo stato laico?"

    No, Assoultra, secondo me l'errore sta proprio nel voler sovrapporre ciò che deriva da una parte (non tutta!) della teologia cattolica e i fondamenti di uno Stato laico. Questa sovrapposizione è del tutto strumentale: si cerca di far passare l'idea che se una certa visione teologica non diventa automaticamente legge cadiamo o nel caos, o nel far-west, o nel peccato , quindi non ci sarebbe spazio per nient'altro. Non è affatto così, termini come "difesa della vita" non debbono per forza avere il marchio di fabbrica della chiesa cattolica per essere credibili, chi ha proposto il referendum lo ha fatto perchè crede che difendere la vita significhi difendere il diritto di cura di molti malati, il diritto alla maternità di molte coppie sterili, il diritto alla salute del futuro figlio...

    Questi non sono forse valori che coinvolgono tutti?

    La Chiesa oggi non è parte integrante della democrazia, anzi tramite il nuovo compendio al catechismo invita ad ubbidire a "Dio piuttosto che agli uomini", anche se con questo si dà la zappa sui piedi da sola, in quanto, anche se fa di tutto per apparire come un monolite inscalfibile,al suo interno non tutti si dicono in linea con l'equazione "embrione = persona", anzi, vi è chiaramente chi sostiene che questo presupposto non ha alcun fondamento teologico, quindi, a chi si dovrebbe ubbidire?

    Il dialogo la Chiesa dovrebbe averlo con i fedeli, non con le istituzioni, avanzando la pretesa, come farebbe un qualsiasi partito politico, di affermare per legge le proprie convinzioni. Oggi la Chiesa è più che mai agguerrita nel pretendere privilegi, potere e soprattutto fondi pubblici, che sono la vera cosa che le interessa.

    Poi, mi fa sorridere che si consideri il 75% di non-votanti come astensionismo attivo, quando tutto ci conferma invece che c'è stato un profondo disinteresse riguardo al tema proposto dal referendum, per vari motivi, che hanno concorso tutti a far fallire il referendum. Inoltre: i morti i cui nomi non sono stati ripuliti dalle liste, i militari in missione di peace-keeping, i residenti all'estero che non hanno ricevuto il materiale per votare, astensionisti consapevoli pure loro?

    Insomma, la verità è molto più complessa di come la fai apparire.

    "Avere bisogno dell'astensione"? No, grazie. Indurre all'astensione per boicottare un referendum lo trovo un espediente di basso livello. Il confronto ci sarebbe stato se ci si fosse scontrati sul "SI" e sul "NO", si è scelto diversamente, ne prendiamo atto, a dimostrazione di quanto poco importi alle gerarchie vaticane il "come": come si vince, come si perde...

    RispondiElimina